Categoria: Ambiente

  • OLI 360: AMBIENTE – Posti barca, posti asilo e buchi nell’acqua

    Allora Signora, lo vuole comprare un bel posto barca a Chiavari? – il sorriso accattivante è quello del venditore di lungo corso
    No grazie. Non sono interessata. Ma mi tolga una curiosità: quanto ha pagato la sua azienda per gli oneri di urbanizzazione?
    Ma che razza di domanda è questa? – il sorriso sfiorisce, al suo posto un franco disappunto.

    Fiera di Genova, Salone delle Identità Territoriali, 24 novembre, diversi stand per promuovere qualsiasi cosa: dalla donna imprenditrice, all’essenza alla lavanda, al canestrello, fino all’acciuga di Camogli, e perché no? Anche il posto barca. Un evento tra mercatino del Tirolo, fiera gastronomica, Ted Conference: in cerca di identità, appunto.

    L’agente di posti barca risponde vago alla domanda accennando a milioni di euro a favore del Comune di Chiavari. Il progetto – brochure alla mano – dovrebbe fare incassare all’ente pubblico una bella cifra: 149 posti barca e 147 posti auto. Quindi sarebbe interessante sapere con precisione il beneficio effettivo per chi non ha un natante da parcheggiare, giusto per persuaderlo che il porticciolo vale la candela.
    E se un posto barca corrispondesse a un posticino in un asilo nido?
    O a un posto a letto in residenza protetta per un anziano?

    In Liguria ce ne sono pochi – mi dice un’amica che va in barca – in Francia è pieno.
    Ride dei circa 350 posti barca in costruzione a Ventimiglia, poco lontani da Villa Hanbury e dal confine.
    Il cantiere, visto dall’alto pare un cratere sul mare, destinato a soddisfare le voglie di approdo anche dei pirati.
    Tre anziani seguono imperturbabili l’avanzamento lavori.
    Forse hanno capito che il buco nell’acqua esiste.
    (Giovanna Profumo – foto dell’autrice)

  • OLI 356: ILVA – Genova chiama Taranto, la parola a un delegato

    L’ho giudicato il peggior datore di lavoro che io abbia mai conosciuto in tutta la mia vita di imprenditore e di politico successivamente. Una persona che guarda esclusivamente ai suoi interessi – lo dico, non ho niente da nascondere – in un modo che io non ho mai visto uguale “fregandosene” dell’ambiente, della città, dei rapporti, della parola, degli impegni: non li ha mai rispettati, mai, mai, con nessun colore politico. E ha aggiunto: ho l’impressione che lui abbia il coltello della parte del manico e ancora è una controparte molto pericolosa. Queste sono alcune delle dichiarazioni di Sandro Biasotti – presidente della Regione Liguria dal 2000 al 2005 – su Riva in occasione dell’incontro sul caso acciaio del 26 ottobre a palazzo Tursi.
    In azienda, durante le assemblee sindacali, spesso è stato definito bandito.
    Un suo dirigente ha più pacatamente osservato: io lavoro per soldi, Riva fa la stessa cosa.
    In molti gli riconoscono un potere divino, fuori dal controllo di istituzioni e sindacato. Tant’è che spesso, nell’immaginario collettivo, la parola Riva sfuma dal primo piano del fondatore Emilio, alle ciminiere di Taranto, quasi fosse un moloc. E’ un fatto che le dichiarazioni di Biasotti restituiscono un’immagine dei politici con le armi spuntate e sono di una pesantezza inaudita.
    Per questo è importante quanto ha dichiarato Federico Pezzoli, delegato Fiom all’ILVA di Genova Cornigliano, che ha sentito l’esigenza di inquadrare di chi stiamo parlando: della famiglia Riva con la quale se è così difficile per le istituzioni rapportarsi – visto l’andazzo – altrettanto difficile lo è per il sindacato, alla luce del momento contingente di crisi acuta, ma è il nostro datore di lavoro, non ce lo siamo scelto e con lui dobbiamo, proviamo a confrontarci.
    Federico Pezzoli è uno dei 1750 dipendenti rimasti. Nel 2005 eravamo 3000, oggi siamo 1750, 1150 dei quali impiegati nei contratti di solidarietà: quindi la paura è tanta e la preoccupazione è forte, non siamo certamente insensibili a tutto quello che sta emergendo, i dati sono sconvolgenti, per questo è importante manifestare il sentimento che vige all’interno dello stabilimento. In gioco, dice Pezzoli, è l’intera filiera che alimenta l’industria manifatturiera italiana, fermare il ciclo integrale di Taranto genererebbe 7 miliardi di extra costi per l’approvvigionamento dell’acciaio. Pezzoli ha spiegato che le ripercussioni sul fronte occupazione sarebbero devastanti. I dipendenti del gruppo in Italia sono almeno 20.000, ma conteggiando l’indotto il numero si può raddoppiare. Per questo la nuova AIA rappresenta per il delegato della FIOM un buon punto di equilibrio che consente la riduzione dell’inquinamento, senza assestare un colpo mortale alla produzione. Pezzoli si è detto veramente sgomento dai dati sulla mortalità 2003 – 2009 emersi dallo studio Sentieri, ed ha ricordato che la Fiom-Cgil si è costituita parte civile nel processo a carico della famiglia Riva. Quindi sì alla richiesta degli investimenti necessari per il risanamento ambientale (rispetto ai quali la FIOM dell’ILVA di Taranto ha presentato e fatto votare una piattaforma piattaforma ndr). Utile però riflettere sulle ragioni che hanno provocato un disastro che non si limita, secondo il delegato, alla gestione Riva, presente dal 1995, ma anche al periodo in cui la gestione era pubblica. E’ stata ricordata l’omessa vigilanza da parte dei governi nazionali e delle istituzioni pugliesi, senza fare sconti nemmeno al sindacato tarantino. Il delegato ha salvato l’Accordo di Programma applicato a Genova Cornigliano rispetto al metodo, ma sul merito questo è stato il suo bilancio: l’Accordo ha permesso la trasformazione dell’area a caldo di Cornigliano potenziando quella a freddo, nessuno è stato licenziato, però la forza lavoro è scesa da 2700 persone a 1700 attraverso 7 anni di CIGS, CIGO e CdS. Ed ha aggiunto che se si fosse optato per un forno elettrico ecocompatibile forse oggi i problemi del sito genovese non esisterebbero.
    La scorsa settimana l’azienda ha richiesto la messa in cassa integrazione per tredici settimane, a decorrere dal 19 novembre, per 2000 dipendenti dell’area a freddo dello stabilimento di Taranto.
    (Giovanna Profumo – disegno di Guido Rosato)

  • OLI 353 – ILVA: Genova-Taranto, ieri e Oggi

    “Trenta per cento: l’incremento stimato di leucemie e tumori a Taranto rispetto alla media italiana”
    Ricavo questa frase da un box pubblicato in un articolo dal titolo “SOS Taranto – cinquant’anni di veleni, ancora nessun colpevole”. Viene intervistato il procuratore capo del tribunale di Taranto, vengono forniti nel dettaglio i dati delle emissioni inquinanti. Si parla di diossina, del quartiere Tamburi, di un incremento allarmante dei tumori. Non ho sotto gli occhi una rivista scientifica, ma un’uscita del settimanale Oggi datata 14 gennaio 2009. Quasi quattro anni fa.
    Ancora prima, nel 2008, Nichi Vendola, aveva fatto stampare un libro con con la Taranto avvelenata illustrata dai bambiniE qui, a Genova, nel Maggio 2008, Alessandro Langiu, in occasione del Festival delle Energie Collasso Energetico, aveva messo in scena “Venticinquemila granelli di sabbia” trascinando il pubblico – davvero esiguo – nel quartiere Italia che del Tamburi era fotocopia teatrale.
    Informazioni, spettacoli off – è il caso di dirlo – libri, ci sono stati accessibili come ciliegie sull’albero. E quello che si legge adesso sui giornali pare essere il risultato del disinteresse di chi non voleva sapere.
    Da marzo, OLI 338, ad oggi anche i lavoratori dell’ILVA di Genova sono stati trascinati nell’incubo insieme a quelli di Taranto. Genova è legata al destino del Siderurgico e le scelte che verranno prese da qui ai prossimi giorni saranno determinanti per tutto il gruppo ILVA.
    Le vittime? Sempre i soliti, lavoratori e cittadini, che a qualcuno farebbe comodo veder schierati l’uno contro l’altro una guerra che impedisce di riflettere e soprattutto di cogliere la sfida che ci dice che è possibile produrre acciaio e salvaguardare l’ambiente.
    Per chi volesse approfondire, questa settimana, a Genova, due appuntamenti importanti.
    Oggi – mercoledì 24 ottobreore 20.30 in via Monticelli 25 r, (civico 9) il Centro Documentazione Carlo Giuliani proietterà il video La svolta, donne contro Ilva . Dopo la visione, dibattito con Aris Capra Responsabile dello sportello sicurezza Cgil.
    Venerdì 26 ottobre alle ore 17.00, Il caso acciaio – Ambiente e Lavoro sono la stessa cosa. Salone di rappresentanza di Palazzo Tursi -Via Garibaldi. Introduce e presiede: Santo Grammatico (Presidente Legambiente Liguria) Interverranno: Stefano Bernini (Vice Sindaco di Genova) Sandro Biasotti, (Senatore della Repubblica) Maria Maranò, (Legambiente Taranto) Stefano Bigliazzi (responsabile Centro Azione Giuridica Legambiente) Liguria Stefano Sarti (Vice Presidente Legambiente Liguria) Federico Pezzoli (RSU Ilva Cornigliano) Federico Valerio (Chimico Ambientale) Conclude Stefano Ciafani (Vice Presidente Nazionale Legambiente) .
    (Giovanna Profumo – disegno di Guido Rosato)

  • OLI 353 – AMBIENTE: Un cantiere stravolge il Rio Bagnara

    Argine del Rio Bagnara ad aprile 2005

    Mentre le inchieste sui tragici eventi dell’alluvione di Genova sconvolgono e indignano, ci sono anche “piccoli” problemi che destano preoccupazione presso cittadini attenti e affezionati al loro territorio.

    Argine del Rio Bagnara ad ottobre 2012

    Abito nel Levante, dove silenziosamente spesso si procede ad interventi che paiono di poco conto ed invece pezzetto per pezzetto compromettono il territorio. E’ stato dato infatti il permesso di costruire sulla sponda destra del Rio Bagnara, appena sopra il viadotto di Corso Europa e di seguito naturalmente pare che in tale area sia prevista una nuova strada di accesso alle palazzine in via di realizzazione. L’area un tempo era costituita da fasce ulivi e muretti a secco, ora predomina un cantiere aperto che ha cancellato per sempre la tipica bellezza del territorio ligure, provocando ferite indelebili sulle antiche fasce, tagli e sradicamenti definitivi di alberi, in prevalenza vecchi ulivi, che con le loro radici trattenevano la terra stessa, evitando l’effetto franoso. C’è stato anche uno smottamento del terreno dovuto al cantiere, così l’argine di pietra antica del Rio Bagnara si è inclinato e vi sono comparse delle brecce, da cui scendono a valle i detriti del cantiere soprastante. Lo spazio era già compromesso da tempo perché sopra l’alveo del rio è presente un’area tombinata, cioè un pezzo di rio ricoperto e occupato da manufatti, che potrebbero costituire un ulteriore ostacolo per lo scorrere del torrente in caso di forti piogge.
    Con quali criteri queste opere sono state autorizzate, se si sta verificando la correttezza delle procedure, se si è tenuto conto della distruzione di un altro pezzo di ambiente tipico e unico del nostro paesaggio: ecco, sono tutte domande poste alle Istituzioni, che non hanno ancora ricevuto risposta.
    (Ester Quadri)

  • OLI 352: AMBIENTE – Come acqua che scivola sui tetti

    L’estate è ormai finita e se non ci assilleranno più le ondate di caldo dai nomi mitici ora inizieranno altre piogge esotiche dalle bizze nefaste, mentre gli annunci meteo dei media già ci tamburellano peggio della grandine.
    Così se poco tempo fa l’Italia bruciava per la siccità, il vento e la mano dell’uomo, adesso forse dovremmo vedere, Dio non voglia, persone e case spazzate via dalle tempeste. Nei prossimi mesi la nostra vita sarà scandita da un bollettino di guerra ineluttabile, forse sott’acqua paesi, strade e ponti.
    Ci saremo dimenticati degli incendi, dei parchi distrutti e fino all’afa estiva nessuno se ne ricorderà più.”Quanti sono stati condannati e quanti stanno scontando la pena per essere stati colti in flagrante ad appiccare un fuoco?” si domandava Giovanni Sartori sul Corriere della Sera del 24/8, invocando misure urgenti per combattere lo scandalo degli incendi impuniti. Era passato da poco ferragosto e faceva ancora caldo, mentre una burrasca distruggeva gli alberi centenari di uno dei giardini botanici più belli d’Europa, Villa Taranto a Verbania.
    Sullo stesso giornale Ernesto Galli della Loggia tre giorni dopo definiva il nostro un paesaggio “preso a schiaffi”, elencando immagini e costi dell’incuria delle coste calabresi per l’abusivismo, il degrado e i gioielli storico-artistici imprigionati da una crescita urbanistica cancerosa quanto brutta. Tanti i luoghi bellissimi che non esistono più e per sempre, dalle riviere liguri ai golfi della Sardegna, dalle piccole alle grandi città, raramente riuscite a scampare ad una modernizzazione spesso devastatrice.
    Non solo stiamo perdendo i “luoghi del cuore”, un patrimonio millenario, ma stiamo perdendo anche una gigantesca occasione economica, un possibile futuro di lavoro per i nostri figli. Un dibattito a cui hanno partecipato esperti, appassionati , anche difensori dell’operato delle Soprintendenze: a Genova la Corte dei Conti ha quantificato in due milioni e mezzo di euro i danni per l’Acquasola, indagando i funzionari di quell’ente.
    Tre regioni estese come la Campania, il Veneto e la Lombardia sono sparite in questi anni: il ministro dell’agricoltura Catania ha firmato a luglio la campagna contro il “consumo di suolo agricolo” ed ha presentato un disegno di legge, che chissà se vedremo in Parlamento.
    Tanto aveva fatto sperare la modifica del Titolo V della Costituzione che tutela il Paesaggio con l’art.9: si demandava alle Regioni, a chi lo abitava, la cura del territorio. Certo avrebbe avuto uno sguardo più attento.
    La cementificazione delle coste, gli abusi edilizi, le alluvioni, i boschi divorati dal fuoco ci raccontano un’altra storia.
    Il Giornale della Giunta regionale Liguria del 4 settembre, n.137, comunica che “Nel 2012 gli incendi boschivi in Liguria sono aumentati rispetto alla media degli ultimi otto anni, ma sono diminuiti gli ettari di bosco distrutti”. Ovvero sono bruciati soltanto mille ettari di verde secondo la Protezione civile. Che bellezza.
    Intanto dalla Regione Liguria la delibera con discussione del 13/9/2012 sottolinea “l’esigenza di addivenire ad una maggiore omogeneizzazione delle discipline vigenti avuto riguardo ai regimi normativi applicati dall’Autorità di bacino del fiume Magra; (..) la necessità di un maggiore coordinamento tra pianificazione di bacino e la pianificazione di livello comunale, ..la necessità di garantire mediante la previsione di un’apposita verifica di compatibilità tra le limitazioni d’uso della pianificazione di bacino e le previsioni urbanistiche comunali; (..) con particolare riferimento agli aspetti relativi alla problematica della impermeabilizzazione del suolo, nonché all’individuazione di idonee modalità per la conduzione delle attività agro-forestali”.
    Buone intenzioni, aspettando le prossime piogge d’autunno in Val Magra e in Via Fereggiano. 
    (Bianca VergatiFoto Paola Pierantoni)

  • OLI 351: PRIMARIE – Laura Puppato, anima e PD

    Pochi sanno che c’è. Infatti Laura Puppato  non è stata ancora ospite delle trasmissioni televisive che, in prima serata, fanno la fortuna dei politici del paese. Se non fosse per un’intervista a Concita de Gregorio su Repubblica della sua candidatura alle primarie del PD non si parlerebbe nemmeno sulla carta stampata. Alcuni l’hanno liquidata con leggerezza: è “un’anima bella”, hanno detto, e lei ha risposto: se serve, ci sono. Contattarla è stato facile: una telefonata al Consiglio Regionale Veneto, un altro recapito e la sua disponibilità a rispondere a domande scritte.

    Di lei si era accorto Beppe Grillo che cinque anni fa l’aveva premiata come primo sindaco d’Italia a Cinque Stelle. Sua, garantisce Puppato, l’idea dei politici dipendenti dei cittadini e non del comico che l’aveva fatta propria.
    Quelle che seguono sono le sue riflessioni, elemento utile per chi nelle primarie ci crede.
    1) Su La Repubblica del 13 settembre scorso Laura Puppato ha parlato delle primarie del Pd come di una battaglia fratricida. Perché allora ha deciso di partecipare? 
    Proprio per questo. Credo nella sana competizione delle idee e anche in un diverso modo di fare politica. In queste primarie stava accadendo che la contrapposizione tra vecchio e nuovo togliesse di mezzo i temi su cui fondare la rinascita del Paese, mettesse in secondo piano l’Italia che vorremmo. Molte persone semplici che sono il vero patrimonio delle primarie, visto che è quello il loro luogo per fare politica dal basso, si stavano allontanando. Correre ai ripari voleva dire parlare concretamente e generosamente a loro, candidando le idee e un nuovo modello di politica, più sobria e più coerente.
    2) La discussione di questi giorni è: Primarie aperte o no? Lei da che parte sta? 
    Il Pd non può permettersi di chiudere, di mettere i tornelli alle primarie, perderebbe la grande occasione di mandare agli italiani un messaggio di democrazia che nessun altro partito oggi è in grado di proporre. In un certo senso la sua identità e la sua capacità di essere partito traino del Paese verrebbero messe in discussione, non faremmo più la differenza, saremmo assimilati agli altri…. E Dio solo sa quanta sia oggi la necessità di credere ancora ad un politica capace di mettersi in gioco, senza infingimenti e con le regole che esistono.
    3) Duecentocinquantamila euro a candidato è il tetto massimo di spesa per partecipare alle primarie: pochi o tanti? E come intende regolarsi? Cosa ne pensa di una campagna di trasparenza sui finanziamenti?
    Cominciamo da qui, abbiamo parlato di sobrietà e coerenza? Bene questa è la “prova del 9”, niente effetti speciali e nessuno spreco, 250mila euro sono una cifra molto, molto alta persino eccessiva anche per l’Italia. Daremo un messaggio di grande spessore morale e politico scegliendo la trasparenza nei finanziamenti – che devono essere numerosi e limitati negli importi, per evitare condizionamenti futuri – e garantendo anche in questo caso di “fare le cose normali”, senza eccessi comunicativi e montagne di costi… Personalmente molto treno, tanti incontri e tantissimi volontari che credono in quello che propongo e nel cambiamento di uno stile.  
    4) Alleanze: quali quando con chi… 
    Dobbiamo partire da noi, dal Pd. Soprattutto se resterà malauguratamente questa nefanda legge elettorale, il rischio reale è che la coalizione non abbia capacità di governo soprattutto al Senato e questo renderebbe instabile un Paese che ha bisogno delle certezze politiche come del pane quotidiano. Serve infatti una coalizione “di governo” per una legislatura che sia anche costituente. L’alleanza di tutto il centrosinistra mi sembra naturale, come pure il dialogo con tutti quei soggetti e movimenti della società civile che hanno dato vita alla battaglia referendaria del 2011.
    5) Nell’intervista a Repubblica si è domandata come sia possibile fare dell’anagrafe un fattore discriminante per fare politica. Lei in proposito come la pensa? 
    Penso che l’età non possa essere un discrimine ma è impossibile non chiedere maggiore rappresentanza politica ai giovani che, in larga parte, ne sono rimasti esclusi. Sono diventata sindaco della mia città a 45 anni, senza alcuna esperienza politica precedente. In generale credo che un amministratore e un parlamentare diano il massimo nel corso dei primi due mandati. Inoltre il ricambio fa bene alla democrazia, spezza eventuali rapporti di potere che nel tempo potrebbero incrinare la bontà delle scelte di un amministratore. Gli spazi per i politici di lungo corso non mancano fuori dell’emiciclo ed anzi sarebbe una ottima occasione per esse utili in altre forme alla politica e alla formazione dei nuovi politici.
    6) L’anima verde, ha detto, salverà il paese. Il Pd, oltre a quella di Laura Puppato, ha un’anima verde? 
    Attraverso l’esperienza vissuta nel Forum Ambiente del Pd ho conosciuto e ho lavorato con tantissimi democratici con l’anima verde che, forse, non risulta ancora così evidente nel progetto politico del Pd per il futuro dell’Italia. Le tematiche ambientali devono essere centrali per l’agenda di governo, come avviene da un ventennio nei G*8 e nei G*20, basti pensare all’arretratezza culturale e politica su questi temi che ha vissuto il nostro Paese a causa di governi distratti, sciagurati e di nessuna prospettiva. Dobbiamo recuperare il tempo perduto perché ambiente e’ lavoro e quindi occupazione che manca, ma e’ anche welfare e qualità della vita. Non si tratta solo di alimentare una generica green economy ma di apportare innovazione in tutti i settori dell’economia, delle politiche urbane compreso il trasporto di merci e persone, il riciclo di rifiuti e il recupero della materia prima, l’efficientamento energetico e la stessa pubblica amministrazione.
    7) Il buon governo: potrebbe indicare i primi cinque punti? 
    In pochi punti direi: 1) Il lavoro attraverso: a) l’immediata attivazione del programma per l’efficientamento energetico in 9 settori studiato da Confindustria nel 2010, che prevede l’incremento in 10 anni di 1 milione e 600 mila posti di lavoro; b) parziale e totale defiscalizzazione per le imprese, soprattutto PMI, che investono su innovazione, ricerca, prototipazione e in nuove assunzioni di giovani e donne. Il costo aggiuntivo per la seconda parte visto che la prima sarà in attivo, lo desumerei dal recupero dell’evasione ed eventualmente da una piccola patrimoniale, qualora necessaria e solo sui redditi oltre il milione di euro. 2) Il sostegno alla famiglia. L’Italia è al penultimo posto in Europa quanto a spesa per la famiglia, alla quale viene devoluto solo il 1.2% del PIL metà circa di quanto avviene in Europa. Intendo recuperare la soluzione proposta dal “forum delle famiglie” in Italia che considera di rendere esente da imposte, fino al valore lordo del reddito percepito, il costo medio di ogni nuova vita moltiplicandolo per il numero dei familiari a carico. Questo importerebbe fin da subito incrementi di reddito variabili tra i 200 e gli oltre 1000 euro/mese/famiglia. Il corrispettivo costo lo desumerei dall’abbattimento per pari importo delle spese militari. 3) La riforma della Pubblica Amministrazione, passa attraverso un avvio di procedure semplificate, e trasparenti in tutti i procedimenti amministrativi. Siamo agli ultimi posti in EU nel colloquio informatico con la P.A. e questo implica un onere economico di 8 mld di euro inutilmente sprecato in tempi morti, viaggi e costi collaterali. . La P.A. deve fornire risposte entro tempi certi, mai superiori ai 30 giorni prevedendo sanzioni e indennizzi in caso di mancata applicazione di questa regola. Così si torna ad un rapporto corretto con il cittadino e le imprese. 4) Giustizia. Sono in gioco i diritti fondamentali dei cittadini e della democrazia, la giustizia giusta, celere e garantita deve essere obiettivo primario per la prossima legislatura. Nell’ultimo decennio abbiamo assistito ad un indebolimento del sistema, riducendo risorse, attivando leggi volte ad impedire la correttezza e la conclusione dei procedimenti giudiziari, riducendo le pene e incrementando la prescrizione così demotivando i giudici. Anche in questo caso e’ importante che chi investe in Italia sappia che potrà contare su un sistema di regole chiare e applicate in modo indiscutibilmente celere, garantendo il giusto tempo di risposta anche giudiziaria. Direi che 180gg rispetto agli attuali 4/7 anni possano bastare. 5) Approviamo i diritti civili che la società si attende: regolamentazione delle unioni di fatto e dei matrimoni tra persone dello stesso sesso, con tutto ciò che ne deriva in termini di riconoscimento sociale, sussidiarietà, eredità, etc. è una necessità sociale, riconosciuta dalla Costituzione e messa in atto nelle moderne democrazie; rispetto della 194 su tutto il territorio nazionale, testamento biologico e modifica della legge 40 sulla fecondazione assistita.
    8) La buona politica: cosa vorrebbe “l’anima bella” Laura Puppato dal Pd?
    I cittadini devono tornare protagonisti del presente e del futuro del nostro Paese e i politici devono tornare ad essere credibili esempi della qualità di una Nazione bella come l’Italia. Solo così rinascerà la fiducia, non è’ solo un problema di mercati ma di patto tra cittadini e politica. Quindi il Pd per cui lavoro intendo sia il partito coraggioso ed aperto che esprime coerenza e concretezza nella sua linea politica, e si fa giudicare rendendo chiari gli obiettivi che intende raggiungere.
    9) Come si fa a vincere le primarie? 
    Credo molto nella voglia di partecipazione delle persone che non hanno smesso di sperare che si possa fare di più e di meglio per l’Italia. Si vince solo se si saprà suscitare attenzione ed entusiasmo in chi lavora in silenzio per il bene comune: volontari di associazioni, amministratori onesti, madri e padri di famiglia, studenti che investono nel futuro, giovani e lavoratori incerti sul domani, ma tenaci. Il mio appello va a tutte le persone libere che vogliono cambiare un sistema degradato e intendono farlo ora per garantire non un sogno ma una realtà più equa e giusta di cui abbiamo disperato bisogno.
    10) Come convivono la sua anima cattolica con quella di sinistra?
    La laicità da quando faccio politica per me non è solo un principio da seguire ma un metodo. Sono una credente consapevole che la società è molto cambiata negli ultimi anni e ritengo che i politici che la rappresentano debbano saper accogliere e fare proprie le nuove istanze del vivere civile. Mi ritrovo molto nelle parole del card. Carlo Maria Martini laddove dice che la verità, quand’anche scomoda, va perseguita.
    (Giovanna Profumo – foto dell’autrice)

  • OLI 349: PORTO ANTICO – Chi si occupa della marea nera?

    E’ evidente, e come tutte le cose eclatanti, è sfuggito a più di uno sguardo. Sarà sfuggito a molti dei 65mila che hanno visitato il Suq, appena concluso, rispecchiandosi durante queste luminose serate estive in un mare nero come la pece, in cui i cefali – tipici di solito come i piccioni veneziani a piazza San Marco – sono scomparsi. Non se ne saranno accorti neppure coloro che percorrono quotidianamente la sopraelevata, che da qualche tempo vedono le banchine srotolarsi sopra un mare cupo color terriccio. E magari non tutti quelli che stanno leggendo se ne sono resi conto ancora, ma il mare all’Expò è diventato nero, proprio nero, e da qualche tempo. Qualche notizia fresca si trova, da qualche ora, soltanto su la Repubblica e relativo blog: http://genova.repubblica.it/cronaca/2012/06/26/news/fiorisce_l_alga_oscura_mare_nero_al_porto_antico-37978141/: la macchia nera si estende nel bacino del Porto Antico di Genova, tra i Magazzini del Cotone ed il Museo del Mare. Da quanto riportato si legge che la Capitaneria di Porto, l’Arpal e l’Università sono intervenute solo sabato scorso (il 23 giugno), a fronte di un fenomeno che è iniziato da almeno una decina di giorni. Le cause della chiazza nera sono ancora in corso di accertamento: tra le più probabili, la fioritura di un’alga che produce polline nero, tingendo il mare. All’acqua nera, in questi ultimi due giorni si è aggiunta la spazzatura che galleggia in superficie: depositata durante l’anno dal Rio Carbonara, che sfocia presso Ponte Morosini, sale a galla dal fondale in circostanze particolari. Ma chi deve occuparsene, a questo punto? Per legge (Legge 84/94 e D.M. 14.11.1994, poi precisati dalla Circolare prot. N. 5201164 datata 13 marzo 1996 del Ministero dei Trasporti e della Navigazione), la competenze sulla salute dell’acqua portuale sono ripartite tra attività anti-inquinamento, riservata all’Autorità Marittima, ed attività di disinquinamento delle acque, che spetta invece all’Autorità Portuale. L’autorità portuale dovrebbe poi dare il servizio in appalto; in particolare, a Genova, se ne occupa la Sepg, Servizi Ecologici del Porto di Genova, società partecipata dell’Autorità Portuale. Altro ente preposto a vigilare sulla qualità delle acque costiere è la Regione, che tramite l’Arpal ha il compito di monitorare l’ecosistema costiero. I custodi delle acque portuali sono numerosi e ben definiti dalla normativa, ma è certo che qualcuno non ha vigilato abbastanza, o non si è mosso con zelo sufficiente: la marea nera con tanto di spazzatura galleggiante è ancora un mistero senza spiegazione e dipinge un’immagine decadente, che stride con la definizione di Liguria come “regina delle bandiere blu”.
    (Eleana Marullo – foto dell’autrice)

  • OLI 339: AMBIENTE – Cartoline dalla passeggiata di Nervi

    “Lovely!”, esclama la bionda turista che fotografa con il suo ipad tutto quanto vede intorno in passeggiata a Nervi: un incantevole visione a picco sulla scogliera frastagliata, il mare che si frange, le tamerici, il pitosforo profumato e il vecchio porticciolo dalle case colorate, un percorso che ti porta ai Parchi maestosi sia pure trascurati, con il roseto quasi una bozza di colori.
    Non ti aspetti perciò angoli di degrado e d’incuria, che invece vi sono, dovuti a cittadini che gettano carta, bottigliette, vaschette del gelato sulle rocce, ma presenti anche presso stabilimenti balneari, chioschi, società sportive. Già, pure le innumerevoli società sportive, “ presidio del territorio” come amano definirsi, ammucchiano materiale fatiscente, assi, corde marce insieme a tanniche e ferri rugginosi, c’è soltanto da scegliere di fronte a vecchi depositi di legno serrati dai lucchetti. E trovi barche in ogni anfratto, al di fuori delle collocazioni consentite sulle quali oltre al permesso si paga l’occupazione suolo pubblico.
    C’è poi chi non paga nemmeno il canone e allora dichiara di fare manifestazioni per beneficenza, ma pretende dall’assessore al Demanio il dragaggio del porticciolo per una previsione di costi intorno ai cinquecentomila euro: tanto quanto il fondo stanziato per il ripristino di tutto il litorale del Levante.
    Dunque i cittadini hanno delegato le Istituzioni a concedere spazi pubblici, ad occupare un bene comune quali il mare, le spiaggia, ora interdetti da cancellate e questi spazi sono trattati spesso come sopra. La concessione contempla il buon ordine dello spazio ottenuto insieme alla manutenzione della spiaggia e spesso invece vedi cicche vecchie di anni con rimasugli del bar soprastante.
    Le mareggiate non c’entrano, si tiene in ordine giusto giusto nei dintorni, poi ci deve pensare il Comune.. A quando una verifica puntuale della manutenzione del Demanio privatizzato?
    Spiccano nelle arcate sottostanti poveri giacigli, immaginabili rifugi di disperati: l’Italia è anche questo.

    (Bianca Vergati – foto dell’autrice)

  • OLI 338 – ILVA: Taranto, Genova tra occupazione e ambiente

    Ilva. Sono scesi in piazza in ottomila a Taranto per difendere lo stabilimento siderurgico. Tutti operai. L’hanno fatto perché “il cancro è solo eventuale, ma se la fabbrica chiude la fame è certa”, così ha dichiarato uno di loro al giornalista del Corriere della Sera.
    A muoverli, pare, non tanto il sindacato, quanto il padrone del più grande stabilimento siderurgico europeo. Quello che dà a loro il pane.
    Su il Fatto quotidiano la sintesi della perizia che fotografa la situazione ambientale nella cittadina pugliese: “Le emissioni dello stabilimento Ilva causano malattie e 90 morti l’anno nella popolazione di Taranto” questo hanno stabilito “i medici nominati dal gip Patrizia Todisco nella perizia epidemiologica per comprendere lo stato di salute dei tarantini in relazione agli inquinanti emessi dallo stabilimento siderurgico.” Il record di decessi e malattie croniche “spetta al quartiere Paolo VI”.
    Alta, tra i dipendenti dello stabilimento siderurgico, è la preoccupazione per le conseguenze che l’indagine aperta in procura sull’inquinamento causato dall’Ilva potrà avere sul loro posto di lavoro. E se c’è l’ansia dei padri per le malattie dei figli, ostinata e contraria è quella per la perdita del lavoro. Ambiente e occupazione a Taranto fanno fatica a parlarsi in questi giorni.
    Ed anche l’accordo di programma di Cornigliano, nella dichiarazione di un operaio tarantino, diventa un esempio preciso: “A Genova l’Ilva ha chiuso l’area a caldo e la gente è rimasta a spasso. Questo non deve accadere pure a Taranto”.
    Nichi Vendola è alla ricerca dell’equilibrio “fra la vita di una grande azienda, il più grande polo siderurgico d’Europa, e il diritto alla vita e alla salute della comunità tarantina, a cominciare dai residenti che vivono nei quartieri a ridosso dei parchi minerari, del grande insediamento industriale”.
    Genova, che queste vicende le conosce bene, pare distante un oceano da Taranto e molto distratta.
    Anche inconsapevole di quanto Cornigliano dipenda a livello produttivo dallo stabilimento pugliese. Quell’inchiesta riguarda anche lei.
    (Giovanna Profumo – disegno di Guido Rosato)

  • OLI 333: GRONDA – Un muro di trentotto quesiti

    La vicenda della Gronda autostradale di ponente si arricchisce in questi giorni di un nuovo capitolo che lascia presagire un terremoto sul progetto dell’opera. Datata 27 gennaio, arrivata a Genova sul tavolo del sindaco il 3 febbraio, ma resa nota al pubblico solo il 23 febbraio, una lettera del Ministero dell’Ambiente boccia di fatto il progetto, ponendo ben 38 punti di incertezza, chiamiamola così, domande alle quali le parti interessate (regione, provincia, comune e società autostrade) dovranno rispondere entro pochi giorni, 45 a partire dalla data della lettera.
    Nel documento del ministero si parla di mancanze gravi, specialmente della mancanza nello studio dell’opera della cosiddetta “opzione zero” (per dirla semplice se l’investimento vale la candela), fase completamente omessa dalla Società Autostrade e che adesso, con la sua mancanza a fronte di un progetto già definitivo, rappresenta una voragine nella corrispondenza formale dei requisiti di progettazione.
    Di solito una serie così lunga di richieste di chiarimento viene prodotta a fronte di un progetto preliminare. I cui costi sono una frazione minima di quelli di una progettazione definitiva. La buona pratica vuole che per progettare un’opera si faccia prima un progetto “approssimativo”, corredato di una serie di dati per supportare il parere tecnico positivo e l’utilità dell’opera. A fronte della presentazione del progetto preliminare, il ministero fa quasi sempre delle osservazioni e delle prescrizioni, delle quali si tiene ovviamente conto nel progetto definitivo, che dettaglia in modo più puntuale l’opera stessa. Nella Gronda la fase “preliminare” è stata saltata, con gravi costi per la comunità, in quanto una bocciatura del progetto significherebbe uno spreco tra i 100 e i 150 milioni di euro (stimati dai comitati), cifra che sarebbe stata molto inferiore se fosse stata seguita la procedura corretta. Chi pagherebbe quindi questa somma? Facile a dirsi: noi.
    Ci sono poi una lunga serie di mancanze nella prevenzione dei danni da amianto, per lo sversamento delle acque di lavaggio nei cantieri di trasformazione dello smarino della galleria finirebbe nei fiumi, nel calcolo dei flussi degli autoveicoli, nella scelta del tracciato, visto che intende connettere due punti passando per un largo arco invece che per la retta che li congiunge, allungando di molto la distanza da percorrere. Sull’amianto i due nogronda Paolo Putti e Mauro Muscarà, supportati da Mauro Solari, ingegnere chimico, rincarano la dose facendo notare che non esistono siti in Italia per lo stoccaggio delle scorie, che quindi non si capisce dove potrebbero essere messe le enormi quantità di questo materiale estremamente cancerogeno ricavato dalla galleria di 14 chilometri che si intende scavare.
    Ci sono poi i problemi per le falde acquifere, se ne perderebbero a decine, tutto, a detta dei comitati, per costruire un’opera inutile rispetto ai reali problemi del traffico stradale genovese.
    La conferenza stampa dei comitati no-gronda si è svolta a Genova sabato 25 febbraio 2012 presso lo studio dell’avvocato Granara , che sta guidando il ricorso al Tar. Il bello è che praticamente tutti i punti di richiesta del ministero ricalcano le perplessità già indicate dallo studio delle carte effettuato, principalmente, dall’ing. Roberto Campi, no gronda di datata esperienza, e affidate al Wwf che le ha poi presentate a Roma.
    Affidiamo alla registrazione completa della conferenza stampa la documentazione delle ragioni dei no gronda e del ministero.

    (Stefano De Pietro)