Categoria: OLI 287
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OLI 287: VERSANTE LIGURE – SETTIMO: NON RUBYRE
Il Clero sarà brusco?La Chiesa or si oppone?Riparlerà Bagnasco?Rituonerà Bertone?Più non mi riconosco:per la Liberazioneda Papi & sottoboscoconfido in un sermone.Confessional finisco(però, che depressione!).Versi di ENZO COSTAVignetta di AGLAJA -
Oli 287: Egitto – Un appello ai popoli e ai governi del mondo libero
In rete si moltiplicano gli appelli per portare il mondo a conoscenza della situazione di repressione e censura che in questi giorni sta strangolando la rivolta della popolazione egiziana contro la dittatura di Mubarak. L’’Istituto per i diritti umani del Cairo (CIHRS) denuncia l’uso della forza sui manifestanti pacifici e le operazioni di censura sul web e sulla telefonia mobile. L’Associazione egiziana per il supporto allo sviluppo democratico (Easd) chiede il rilascio dei manifestanti arrestati e reclama chiarezza riguardo alle morti durante gli scontri . Il Comité de Solidarité avec la Lutte du Peuple Egyptien coordina manifestazioni di solidarietà in Francia. Riportiamo, tra tutti, il messaggio che l’Egyptian National Coalition ha fatto circolare nei giorni scorsi, dopo i sanguinosi scontri del 28 gennaio, Giorno della rabbia egiziana.Facciamo appello a tutti voi di sostenere le richieste del popolo egiziano per una vita migliore, per la libertà e la fine del dispotismo. Vi invitiamo a sollecitare che questo regime dittatoriale fermi il massacro del popolo egiziano,perpetuato in tutte le città, prima fra tutte Suez. Noi crediamo che il sostegno morale e materiale offerto al regime da parte del governo americano e dei governi europei abbia contribuito alla repressione del popolo egiziano.
Ci appelliamo ai popoli del mondo libero perché sostengano la rivoluzione non-violenta del popolo egiziano contro la corruzione e la tirannia. Chiediamo anche alle organizzazioni della società civile in America, in Europa e nel mondo intero di esprimere la loro solidarietà al l’Egitto, attraverso manifestazioni pubbliche, in particolare nel fine settimana che segue la Giornata della rabbia popolare (28/01/2011), e denunciando l’uso di violenza contro il popolo.
Ci auguriamo che tutti voi sosteniate le nostre richieste di libertà, di giustizia e cambiamento pacifico.
Egyptian National Coalition -
OLI 287: STORIA – Dopo l’ultimo testimone, ne verranno altri

Judisches Museum, Berlino. foto Paola Pierantoni Lo storico David Bidussa pubblicò Dopo l’ultimo testimone nel 2009. Due anni e qualche giorno dopo il 27 gennaio, domenica scorsa, il suo libro è stato ancora al centro di un incontro presso il Palazzo Ducale di Genova nell’ambito della commemorazioni del giorno della Memoria. L’appuntamento è stato organizzato dalla Fondazione Palazzo Ducale, dal Centro Primo Levi, dalla Comunità di Sant’Egidio e dall’Archivio di Stato di Genova. Quest’ultimo ha recentemente ricevuto in dono due importanti fondi storici, il primo dalla Prefettura di Genova che raccoglie documentazione della Repubblica di Salò, delle confische dei beni dei cittadini genovesi di origine ebraica dal ’43 in poi, il secondo dalla Corte Straordinaria d’Assise, riguardante i processi svoltisi sino al ’47, con qualche strascico l’anno successivo, per imputazione di collaborazionismo, chiusi nella quasi totalità con l’amnistia.
Alcuni di questi documenti prendono voce grazie ad un gruppo di attori del Teatro Stabile di Genova. Anche il nome di Brenno Grandi, che campeggia alle spalle degli oratori, tra i quali anche Luca Borzani e Doriano Saracino oltre David Bidussa, si fa corpo e spazio in tutta la violenza e disprezzo gratuito che gli fecero mandare a morte famiglie di genovesi. Bastano poche parole e ci si accorge che passando per via Montallegro, alle spalle della famigerata Casa dello Studente, si è catapultati nell’odissea della famiglia Sonnino. Solo Piera sarà l’unica naufraga a tornar viva di tutti i componenti tradotti nei campi di concentramento, i due genitori e i sei figli. Le sue parole limpide, lucide, compite, scritte a macchina dieci anni dopo il ritorno a Genova, rimarranno chiuse per quasi mezzo secolo in una cartelletta rossa, sino a che sua figlia, Maria Luisa, non contatterà il periodico Diario, che le pubblicherà integralmente nello speciale della Memoria 2002. Nel 2004 il diario di Piera Sonnino diventerà un libro, dal titolo Questo è stato, una famiglia italiana nei lager.
Il tono marziale e dolorosamente freddo della documentazione burocratica, che enuncia i beni sottratti, dal pianoforte Woodstock, alla macchina da cucire ritraibile Singer, è stemperato dalla malinconia della musica e della voce di Eyal Lerner che apre il cammino all’ascolto nell’uditorio. Tutti i partecipanti danno un contributo a focalizzare l’opera di Bidussa, chi per punti, come Borzani, mettendo in evidenza come le domande che lo storico si pose due anni fa non abbiano ancora oggi trovato una risposta esaustiva. Borzani evidenzia tre passaggi fondamentali in quest’opera, primo, il significato di “Giorno della Memoria”, non inteso come commemorazione delle vittime della Shoah, ma come riflessione dei vivi, come non appiattimento nella conciliazione delle memorie.
In secondo luogo la difficoltà a riconoscere nuovamente una normalità e a riuscire ad esternare ciò che è stato sia da parte del fronte burocratico statale con le amnistie (tendenza di pacificazione apatica e acritica insita nell’animo italiano), che da quello emotivo dei sopravvissuti.
Terzo punto, che guarda al futuro, quale possa essere un rapporto tra emozioni e ragione, memoria e storia, che non solo salvaguardi le testimonianze del passato, ma dia una loro ragion d’essere nel e al presente. La morte dell’ultimo dei testimoni non deve la vittoria di idee antistoriche sul nazismo, né tantomeno l’estensione della zona grigia, coltre nella quale non si intravedono più neanche i contorni di tragedie recenti o vicine come quelle dei Balcani, del Darfur, del Rwanda.
(Alisia Poggio) -
OLI 287: GIORNATA DELLA MEMORIA – I bambini di Terezin
La notizia viene dal consigliere comunale Antonio Bruno: i giardini di via Laviosa a Pegli verranno intitolati ai bambini che persero la vita nel lager di Terezin.
La richiesta era stata fatta all’Amministrazione da un cittadino, iscritto all’A.N.P.I., sostenuta e sollecitata da alcuni consiglieri comunali sensibili, valutata ed accolta dall’apposita Commissione Toponomastica del Comune di Genova ed infine approvata dalla Giunta.
Dopo questo cammino faticoso e necessario ci sarà nel vasto territorio di Genova un luogo aperto, visibile e arioso, un giardino, dedicato ai quindicimila bambini che nella fortezza – lager di Terezin si videro rubare il futuro e la vita. Solo in cento sopravvissero.
Un luogo vivo che alimenterà il ricordo e i segni dell’immane tragedia che fu l’Olocausto, il male assoluto, che di certo si fa bene a celebrare ogni anno con riflessioni e solenni cerimonie, ma che non può essere racchiuso nei nobili rituali di un giorno, nelle affermazioni impegnate e impegnanti di personalità della cultura e delle Istituzioni.
Onore quindi al cittadino che ha fatto la proposta e a chi l’ha sostenuta. E al Comune di Genova, nelle sue articolazioni, che aprirà un suo spazio importante – i giardini sono importanti, anche se ogni tanto lo dimentichiamo – perché i bambini di Terezin continuino a vivere e forse a trovare un po’ di pace negli sguardi, negli interrogativi e nei pensieri, dei bambini, dei genitori, dei pensionati, dei viandanti che quello spazio frequenteranno.
La notizia dell’avviarsi concreto di questo progetto è giunta proprio un giorno prima della data ufficiale della Giornata Della Memoria. Mi è sembrato uno di quei segnali invisibili, subliminali, che costellano quotidianamente la nostra vita e, attraverso il fuoco delle emozioni, ci richiamano alla coltivazione della memoria, per non farla appassire, per ricercare le linee di distinzione fra il bene e il male, perché il “mai più” venga impresso in noi, come il numero che marchiava i deportati e seviziati nei lager nazisti e fascisti.Dalla fine del 1941 alla liberazione nella fortezza – lager di Terezin furono reclusi gli ebrei cecoslovacchi destinati al campo di sterminio di Auschwitz. Tra di loro 15.000 bambini e ragazzi.
La loro presenza è testimoniata dalla commovente produzione di migliaia di disegni e di centinaia di poesie. Questi documenti sono stati nel tempo oggetto di affettuoso studio e hanno rivelato capacità creative straordinarie, maturità di pensiero precoce, straziante consapevolezza della tragedia nella quale si era immersi e insopprimibile anelito alla vita.
Ma soprattutto la musica trovò spazio nel dolore e nella tragedia, anche per il concentrarsi a Terezin di un consistente e validissimo numero di musicisti. Vennero creati un coro e un’orchestra con ampia partecipazione di bambini e ragazzi. Vennero eseguite opere di Smetana e Mozart e venne composta un’opera originale, Brundibar, usata fra l’altro dai nazisti a scopi propagandistici.
Quasi tutti i componenti dell’orchestra e del coro trovarono la morte a Terezin e ad Auschwitz.
Ci rimasero, cenere che non si consuma e fumo che non si disperde, la musica e l’insegnamento. E un pugno di poesie. Una tra tutte:Pesanti ruote ci sfiorano la fronte
e scavano un solco nella nostra memoria.
Da troppo tempo siamo una schiera di maledetti
che vuole stringere le tempie dei suoi figli
con le bende della cecità.
Quattro anni dietro a una palude
in attesa che irrompa acqua pura.
Ma le acque dei fiumi scorrono in altri letti,
in altri letti,
sia che tu muoia, sia che tu viva.
Non c’è fragore d’armi, sono muti i fucili,
non c’è traccia di sangue qui: nulla,
solo una fame senza parole.
I bambini rubano il pane e chiedono soltanto
di dormire, di tacere e ancora di dormire…
Pesanti ruote ci sfiorano la fronte
e scavano un solco nella nostra memoria.
Neppure gli anni potranno cancellare
tutto ciò.
di anonimo
(Angelo Guarnieri) -
OLI 287: Donne – Altri ritratti
Padova, gennaio 2011, Mostra “Da Canova a Modigliani”.La tela “Sogni” di Vittorio Corcos viene spiegata dalla guida che indica sguardo e fronte della giovane donna come punti essenziali del quadro. E’ la mente la chiave di lettura, perché questo ritratto del 1896, trasmette a chi lo guarda aspirazioni e “sogni” di una donna orgogliosa e colta. Non sono sogni romantici, qui è la consapevolezza che muove il quadro. La modella è Elena Vecchi, sulla panchina accanto a lei dei libri.Genova, Raccolta Frugone, nella tela “Al caffè” di Alessandro Milesi la donna – la tazzina in una mano – legge il giornale spalancato come un grembiule sulle sue ginocchia, siamo nel 1890. Anche qui una donna che pensa e legge.Alla ricerca di altri ritratti di donne, a dispetto di quelli proposti dalla cronaca nazionale recente, se ne possono trovare decine, in una mostra di immagini che racchiuda intelligenza e amor proprio delle donne italiane. Le fotografie genovesi della scorsa settimana offrono la rabbia, talvolta divertita, delle donne genovesi al flash mob tenutosi alla stazione Brignole del 27 gennaio, per chiedere le dimissioni del presidente del consiglio. Ma altri scatti verranno prodotti di certo durante le future iniziative a calendario per chiedere la fine del “puttanaio” salito alle cronache nel mese appena trascorso.Consapevoli che così non si può andare avanti le donne – accanto ad ognuna di loro sarebbe auspicabile la presenza di un uomo – si stanno organizzando per una grande manifestazione il 13 febbraio in tutte le piazze d’Italia.Mentre il Popolo Viola sarà ad Arcore il 6 febbraio per ribadire la richiesta di dimissioni. E a San Remo per cantare “Bella Ciao”, canzone esclusa dagli organizzatori dell’evento che hanno preferito inserire per il 150 anni dell’unità d’Italia “L’italiano” di Cotugno e l’ormai leghista “Va pensiero”. Che chissà cosa ne penserebbe Verdi (acronimo all’epoca di Viva Vittorio Emanuele re d’Italia) di sapere la sua aria più nota adottata come inno della Lega.Ai molti ritratti di donne, va aggiunto quello della Speranza di Giotto. Che spinge alcune persone a volere cambiare ciò che spesso pare immutabile.(Giovanna Profumo) -
OLI 287: POLITICA – Mignottocrazia alla romana
Mentre ch’er ber paese se sprofonna
tra frane, teremoti, innondazzioni
mentre che so’ finiti li mijioni
pe turà un deficì de la Madonna.Mentre scole e musei cadeno a pezzi
e l’atenei nun c’hanno più quadrini
pe’ la ricerca, e i cervelli ppiù fini
vanno in artre nazzioni a cercà i mezziMentre li fessi pagheno le tasse
e se rubba e se imbrojia a tutto spiano
e le pensioni so’ sempre ppiù basseUna luce s’è accesa nella notte.
Dormi tranquillo popolo itajiano
A noi ce sarveranno le mignotteGiuseppe Gioachino Belli (?!)Da qualche giorno circola in rete questo sonetto a firma di Giuseppe Gioachino Belli (Roma, 1791 – 1863), sul quale si stanno sprecando commenti e riflessioni tra il serio e il faceto:
http://www.google.it/search?q=Mentre+ch%27er+ber+paese+se+sprofonna&ie=utf-8&oe=utf-8&aq=t&rls=org.mozilla:it:official&client=firefox-a
Molti lo prendono per buono, ma non occorre essere consumati filologi per capire che il grande poeta vernacolare c’entra ben poco con la paternità di questa sintesi di vita italiana, se non per aver fornito lo spunto all’anonimo autore di questa contraffazione amaramente ironica.
Gli anacronismi abbondano: nella Roma papalina gli atenei non facevan ricerca più di tanto, né i cervelli più fini migravano all’estero a cercare i mezzi, né i pochi musei e scuole cadevano a pezzi, né si percepivano pensioni per tutti, né alte né basse.
Si tratta semplicemente di uno dei tanti divertissement con cui si cerca di esorcizzare il baratro in cui è sprofondato “er ber paese”, sempre più ridotto a zimbello del resto del Globo. Uno strumento di resistenza intellettuale, stimolo per mantener desta l’attenzione, aprire gli occhi, reagire.Sulle mignotte nel Belli (tra le citazioni, ovviamente, non compare questo componimento):
http://it.wikipedia.org/wiki/Mignotta(Ferdinando Bonora)
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OLI 287 – SOCIETA’: Una denuncia da 2,5 milioni di Euro
I giornali non amano linkare, si sa. Non lo fanno sulla carta, tantomeno sui loro siti web. Così la storia di Dante Svarca, attivista ateo prima ancora che funzionario pubblico, deve essere approfondita andando a leggere direttamente il suo blog, per cercare le conferme ad un articolo del Secolo XIX (*) che lo dipinge un po’ come “macchietta” e un po’ come impegnato in un “lungo contenzioso per svariate cause civili”, accanto ai più famosi Luigi Tosti, il giudice di Camerino che non voleva il crocefisso in aula, e altri atei impegnati nella loro campagna di laicizzazione della vita civile. Ma l’articolo non dipinge una situazione molto seria, semmai materiale per il chiacchiericcio del giorno dopo, davanti al caffè.
Invece è molto interessante uno dei molti link mancanti nell’articolo del Secolo, quello relativo al pdf della denuncia (**) fatta al Tribunale di Ancona, in relazione al reato di “abuso della credulità popolare”, dove si pone l’attenzione del giudice anche all’uso di questo raggiro fatto dal Vaticano per ottenere soldi pubblici: “Segnalo, infine, che quest’anno si terrà in Ancona il Congresso Eucaristico Nazionale e che, per tale evento, la chiesa di Ancona ha chiesto un contributo pubblico di ben 3,5 milioni di euro. Da notizie di stampa ho appreso che è stato concesso un contributo statale di 2,5 milioni di euro, quindi un contributo a carico di tutti i contribuenti siano essi cattolici, credenti in altre religioni o non credenti. L’erogazione di tale somma appare ingiustificata, trattandosi di una semplice riunione interna di una confessione religiosa, anche se maggioritaria, ma ciò appare ancora più ingiustificato qualora venisse accertato, con indagini ordinate da codesto Ufficio, che durante il rito eucaristico non avviene alcun fatto magico e l’ostia consacrata sia in tutto uguale a quella non consacrata e, in particolare, il DNA contenuto nelle due ostie sia sempre quello del grano da cui proviene la farina. Ritenendo violata la laicità dello Stato e, come cittadino che paga le tasse, danneggiato economicamente per la maggior tassazione cui sono sottoposto a causa di questo falso miracolo, qualora accertato dalla S.V., a nulla rilevando la tradizione dell’insegnamento e della prassi religiosa che hanno da sempre propagandato tale fatto come miracoloso e magico”.
Non sembra affatto un particolare della vicenda, leggendo adesso l’articolo del Secolo XIX con l’aggiunta di questo pezzo mancante il giudizio su Dante Svarca potrebbe cambiare, e non poco. Altri link portano alla lettera, che non si esita a definire tagliente, inviata come diffida al Vescovo di Ancona precedentemente alla denuncia (***) e al suo blog dove si pubblicizzano due libri e alcune recensioni.
* http://www.ilsecoloxix.it/p/italia/2011/01/29/ANCBL7fE-chiede_cristo_corpo.shtml
** http://dantesvarca.files.wordpress.com/2011/01/denuncia-ostia-procura.pdf
*** http://dantesvarca.files.wordpress.com/2011/01/diffida-menichelli-2.pdf
http://dantesvarca.wordpress.com
(Stefano De Pietro)






















