OLI 287: STORIA – Dopo l’ultimo testimone, ne verranno altri

Judisches Museum, Berlino. foto Paola Pierantoni

Lo storico David Bidussa pubblicò Dopo l’ultimo testimone nel 2009. Due anni e qualche giorno dopo il 27 gennaio, domenica scorsa, il suo libro è stato ancora al centro di un incontro presso il Palazzo Ducale di Genova nell’ambito della commemorazioni del giorno della Memoria. L’appuntamento è stato organizzato dalla Fondazione Palazzo Ducale, dal Centro Primo Levi, dalla Comunità di Sant’Egidio e dall’Archivio di Stato di Genova. Quest’ultimo ha recentemente ricevuto in dono due importanti fondi storici, il primo dalla Prefettura di Genova che raccoglie documentazione della Repubblica di Salò, delle confische dei beni dei cittadini genovesi di origine ebraica dal ’43 in poi, il secondo dalla Corte Straordinaria d’Assise, riguardante i processi svoltisi sino al ’47, con qualche strascico l’anno successivo, per imputazione di collaborazionismo, chiusi nella quasi totalità con l’amnistia.
Alcuni di questi documenti prendono voce grazie ad un gruppo di attori del Teatro Stabile di Genova. Anche il nome di Brenno Grandi, che campeggia alle spalle degli oratori, tra i quali anche Luca Borzani e Doriano Saracino oltre David Bidussa, si fa corpo e spazio in tutta la violenza e disprezzo gratuito che gli fecero mandare a morte famiglie di genovesi. Bastano poche parole e ci si accorge che passando per via Montallegro, alle spalle della famigerata Casa dello Studente, si è catapultati nell’odissea della famiglia Sonnino. Solo Piera sarà l’unica naufraga a tornar viva di tutti i componenti tradotti nei campi di concentramento, i due genitori e i sei figli. Le sue parole limpide, lucide, compite, scritte a macchina dieci anni dopo il ritorno a Genova, rimarranno chiuse per quasi mezzo secolo in una cartelletta rossa, sino a che sua figlia, Maria Luisa, non contatterà il periodico Diario, che le pubblicherà integralmente nello speciale della Memoria 2002. Nel 2004 il diario di Piera Sonnino diventerà un libro, dal titolo Questo è stato, una famiglia italiana nei lager.
Il tono marziale e dolorosamente freddo della documentazione burocratica, che enuncia i beni sottratti, dal pianoforte Woodstock, alla macchina da cucire ritraibile Singer, è stemperato dalla malinconia della musica e della voce di Eyal Lerner che apre il cammino all’ascolto nell’uditorio. Tutti i partecipanti danno un contributo a focalizzare l’opera di Bidussa, chi per punti, come Borzani, mettendo in evidenza come le domande che lo storico si pose due anni fa non abbiano ancora oggi trovato una risposta esaustiva. Borzani evidenzia tre passaggi fondamentali in quest’opera, primo, il significato di “Giorno della Memoria”, non inteso come commemorazione delle vittime della Shoah, ma come riflessione dei vivi, come non appiattimento nella conciliazione delle memorie.
In secondo luogo la difficoltà a riconoscere nuovamente una normalità e a riuscire ad esternare ciò che è stato sia da parte del fronte burocratico statale con le amnistie (tendenza di pacificazione apatica e acritica insita nell’animo italiano), che da quello emotivo dei sopravvissuti.
Terzo punto, che guarda al futuro, quale possa essere un rapporto tra emozioni e ragione, memoria e storia, che non solo salvaguardi le testimonianze del passato, ma dia una loro ragion d’essere nel e al presente. La morte dell’ultimo dei testimoni non deve la vittoria di idee antistoriche sul nazismo, né tantomeno l’estensione della zona grigia, coltre nella quale non si intravedono più neanche i contorni di tragedie recenti o vicine come quelle dei Balcani, del Darfur, del Rwanda.
(Alisia Poggio)