Categoria: OLI 269

  • OLI 269: VERSANTE LIGURE – Scosse da orbi

    Ahilui, terremotato,
    patì un destino cinico:
    per mesi fu inondato
    da Papi in trip catodico.
    Poi, solo e abbandonato,
    a Roma andò un po’ critico:
    lì fu manganellato
    (subì lo sciame Silvico).
    Versi di ENZO COSTA

    Vignetta di AGLAJA

  • OLI 269: POLITICA – Se la Liguria diventa laboratorio

    Missing in patria, l’ex ministro dello Sviluppo economico, mai sostituito, è ricomparso in Parlamento e ad una cena romana Pdl, smagrito e abbronzato. Nessuna dichiarazione sulla bufera che sta attraversando il partito, ma qualcuno insinua che gongoli perché  dopo il suo passaggio di testimone nessuno sembra ora abbia tenuto compatto il partito delle libertà come lui. Altrettanto sta succedendo in Liguria, dove scontri e scandali pare abbiano aperto il vaso di Pandora: a Genova quasi defenestrato il futuro candidato sindaco tra liti e agguati, mentre a Ponente infuriano collusioni mafiose. La disinvoltura del vicecoordinatore che fa spallucce alle dichiarazioni di personaggi equivoci – solo sostegno elettorale, mica soldi – o l’aplomb del sindaco di Bordighera, che pur commissariato non si dimette – per  dovere istituzionale – giovano all’ex ministro. Lui è l’unico che si è dimesso.
    Così ci si chiede se l’incredibile versione della casa compratagli a sua insaputa non fosse l’unica possibile di fronte a un “trappolone” amico, che arrivava da lontano. E se dopo le dimissioni ha pure stoppato la costruzione del campo da calcio in villa, ha comunque trovato il tempo per nominare amici in incarichi qua e là, pur dovendo cedere posti chiave alla Lega nell’azienda genovese che tanto aveva sponsorizzato per il suo programma nucleare, salvo concludere poi con i francesi.
    Così a Ponente non tira una gran aria, forse si aspetta che l’oblio faccia il suo gioco. Intanto quella che pareva la più eccezionale operazione immobiliare sulle coste del Mediterraneo, il porto turistico di Imperia, pare in stand-by. Il potente imprenditore romano, suocero di Pierferdinando, s’è visto poco e ora il Comune di Imperia, socio dell’impresa, denuncia i costi paurosamente aumentati.
    Una maestosa infilata di decine e decine di palme svetta lungo il suggestivo molo artificiale, e barche ondeggiano pigramente nello specchio di mare già racchiuso dalle torri di controllo. I lavori da fare sono però ancora immani per raggiungere i duemila posti barca previsti, il completamento delle banchine, il centro commerciale e abitativo. Qualche gru, pochi camion, alcuni operai che spostano l’immenso smarino di riporto e un annoiato guardiano sorveglia centinaia di metri recintati di spazi deserti.
    All’ufficio vendite dichiarano che i posti-barca sono esauriti, ma se interessa c’è già chi rivende ad un prezzo inferiore a quello d’acquisto per problemi di pagamento e tempi di consegna dilatati, mentre aleggia il timore che i lavori si fermino lì. Gli appartamenti di lusso delle palazzine sono in gran parte venduti (sarà stato lo scudo fiscale?), restano le proposte da alveare, monolocale più terrazzo da 10 mila euro in su.
    Sembra passata una vita dalle feste di San Giovanni degli anni scorsi, con fastosi fuochi d’artificio e la processione per le vie di Oneglia, l’evento clou della città, a cui nessuno mancava, con il bar più chic pieno di gente, in attesa del passaggio dei poteri sacri e profani. Tutti in prima fila a omaggiare imponenti crocifissi, vescovo, sindaco e forse per incontrare lo sguardo del potente ministro. Quest’anno niente ministro e onorevoli per la statua di San Giovannino, poche persone e “il caffè  in” deserto: davvero fedeli autentici.
    Tra la gente comune spicca la preoccupazione dei genitori dei ragazzi della squadra di pallanuoto, che ha fatto faville in campionato: pare si siano ritirati i maggiori sponsor nazionali e siano rimasti soltanto i marchi di olio e pasta imperiesi.
    (Bianca Vergati)

  • OLI 269: SOCIETA’- Il Mago Egitto

    Meno male che il Mago Egitto c’è!

    Per fortuna possiamo saperlo tutti grazie alla sua capillare campagna informativa e promozionale con volantini distribuiti ovunque.
    Conoscitore della magia bianca, rossa e nera, ridona la persona amata in poco tempo.
    Non solo: in virtù dei suoi poteri riesce addirittura a trasmutare alchemicamente la toponomastica cittadina, di cui è con evidenza e veggenza un chiaro esperto.
    Non lo dice apertamente, ma ce lo fa capire con signorile understatement: la sua sede è a Pisa o dintorni; ma il lunedì riceve a Genova per appuntamento in Vico Tal dei Tali, vicino a P.zza Campetto (che finora era Campetto e basta, anche se molti già vi aggiungevan “piazza” commettendo un errore che d’ora in poi non sarà più tale grazie al Mago) e – salagadula magicabula bidibi bodibi bù – a P.zza Dei Ferraris (e qui il duca Raffaele De Ferrari sta di sicuro facendo piroette nel suo nobile avello).
    Un paio di domande, al Mago o a chicchessia:
    Fino a quando il sonno della ragione continuerà a generare mostri?
    Fino a quando saremo circondati da cialtroni, in ogni campo del vivere?
    (Ferdinando Bonora)
  • OLI 269: CULTURA – Antifemminismo in rete

    Certo è passato molto tempo dal primo atto separatista, con il quale nel 1967 negli Stati Uniti  le studentesse presenti alla conferenza nazionale della “Associazione studentesca per la società democratica” decisero di abbandonare il congresso e di riunirsi separatamente per discutere della questione “donna”.
    Eppure il quasi mezzo secolo che ci separa da quello che può essere considerato l’inizio della storia politica del femminismo non è nulla rispetto alla distanza culturale che si è generata.
    Basta un giro sui social network per capire come il termine femminismo oggi si sia svuotato di qualsiasi componente politica ed abbia perso significato per divenire spesso una etichetta da appiccicare ad eventi di cronaca e strumentalizzarli. Al contrario, l’antifemminismo è vitale e rigoglioso; se ne possono seguire le tracce attraverso una breve ricerca su Facebook.
    Un gruppo si intitola “Il Nazi-Femminismo sia processato per crimini contro l’umanità a Norimberga!” e si presenta come voce di denuncia “in un mondo che non ha ancora dimenticato il nazifascismo è importante preservare la memoria e proteggere la società da tutte le possibili tentazioni di follia e dominio di un essere umano sull’altro” (2171 iscritti). Un altro “Il femminismo è una pratica anticostituzionale” (1156 iscritti), si appella agli articoli 3 e 29 della Costituzione italiana, che sarebbero infranti, nella tesi degli anonimi curatori, dai principi del femminismo.
    Vi sono altri gruppi, come “Bigenitorialità e autodeterminazione sono inconciliabili per il femminismo” (1427 iscritti)  o “Femminismo + separazioni = maschicidio! 2000 papà suicidi ogni anno in UE!” (2446 iscritti) che legano strettamente il femminismo al regime di affidamento dei figli in caso di separazione, ed al mancato riconoscimento del ruolo paterno nell’educazione di essi. La genitorialità sembra essere, dagli interventi leggibili nei gruppi, il territorio dove il conflitto uomo-donna è più acceso. Tanto che l’argomento permea quasi totalmente tutte le pagine antifemministe reperite nella ricerca.
    Un altro gruppo, che si chiama insospettabilmente “Donne e Femminismo” (2419 iscritti), come gli altri senza amministratori, segue la falsariga dei precedenti, proponendosi di combattere i casi di misandria, denunciando gli effetti del “diritto sessuato”, ossia di squilibri della legge a discapito degli uomini che favoriscono le donne, citando a sostegno delle proprie tesi perfino i casi di infanticidio. Altra pagina insospettabile “Pari Opportunità”, riporta i medesimi link delle pagine precedenti e lo stesso livore antifemminista.
    L’omogeneità dei contenuti farebbe pensare che tutti i gruppi menzionati facciano capo alla stessa persona o allo stesso gruppo di persone, gli iscritti sono tuttavia migliaia, uomini e donne. L’antifemminismo sul social network sembra di moda, più di quanto non lo siano, di questi tempi, i diritti delle donne.
    (Eleana Marullo)
  • OLI 269: INFORMAZIONE – L’adesione acritica ad uno stereotipo

    Su Repubblica di lunedì 6 luglio compare la fotografia che vedete. L’articolo parla della conquista, da parte delle aziende produttrici, del mercato alimentare delle persone di religione islamica. Un mercato interessante – dice l’articolo – perché riguarda “più di un milione e mezzo di consumatori che vivono in Italia”.

    Le aziende “che sposano i principi dei prodotti halal (cioè leciti)” e che si dotato del marchio “Halal – Italia”, sono sempre più numerose, e tentano di arrivare per questa via anche ai mercati asiatici.

    Domanda a Repubblica: in base a quale criterio invece di una immagine di mercato, o di scaffali di un grande magazzino che espongono prodotti halal, la redazione ha deciso di corredare questo articolo con l’immagine di una donna completamente velata?
    Sembrerebbe un’adesione acritica, comoda e irresponsabile ad uno stereotipo senza fondamento. Infatti il Corano non prescrive questo tipo di abbigliamento che ha origine in tradizioni culturali patriarcali, che persistono in aree culturali e geografiche limitate e che sono state fatte proprie da correnti molto minoritarie dell’interpretazione islamica. Non solo: moltissimi musulmani e musulmane ritengono che il Corano non prescriva affatto il velo, anche nella forma del fazzoletto in testa, e si comportano di conseguenza.
    C’è una grande responsabilità dei mezzi di informazione nella costruzione del “senso comune”, e in questo i messaggi impliciti hanno un potere anche più grande di quelli espliciti. E’ grave che anche un giornale come Repubblica si faccia portatore di pregiudizi culturali. Davvero non ne abbiamo bisogno
    Consigliamo la lettura di “Oltre il velo” di Leila Ahmed, La nuova Italia 1995.

    (Paola Pierantoni)

  • OLI 269: SOCIETA’ – I pizzini ai tempi di Skype

    Un trafiletto (*) sulle intercettazioni telefoniche tra Tizio, Caio e Sempronio descrive i trucchetti che i tre cercano di usare per parlare sicuri al cellulare. “Questo telefono non è controllato”, “Uso il cellulare di un collega”, queste sono le affermazioni che Tizio si lascia scappare parlando con Caio, per tranquillizzarlo. Peccato che il telefono controllato fosse proprio quello di Caio.
    Se stessimo parlando di tecnologie spaziali, l’ignoranza sarebbe scusata. Però, visto che si tratta di telefonia, non arrivare a capire che in una telefonata gli apparecchi intercettabili sono due, suona come una condanna alla stupidità. Ricorda, facendo un paragone su un omicidio, il killer assoldato per pochi euro che si è presentato dal suo mandante con i guanti, come richiesto esplicitamente per evitare di lasciare traccie: ma con i guanti da autista, senza le dita …
    Le nuove norme sulla intercettazione ambientale e telefonica fanno scalpore, da tutte le parti ci si scaglia contro una legge che viene definita come “ammazzaprocessi”, “ammazzaindagini”, “ammazzaqualcosa”. Appare anche in questo caso che ci si stia presentando nel posto dell’omicidio con i guanti senza dita e convocati col telefono “sicuro”, ma sarebbe meglio dire senza conoscere Skype.
    Il noto “programmino” per fare le telefonate via internet, ma anche a rete fissa e cellulari, non è affatto un giocattolo, ha uno schema di funzionamento che assomiglia di più ad un programma per scaricare film con il “peer to peer” (emule, per intendersi), più che ad una rete telefonica standard, quindi senza un server centrale o una vera centrale telefonica dove entrare con mandato del giudice. Questo, abbinato ad un “protocollo” criptato, ossia inintelleggibile senza i necessari ed introvabili strumenti tecnologici, lo rende una vera e propria cassaforte della privacy: nessuna polizia al mondo ha annunciato fino ad oggi di avere eseguito intercettazioni su questo veicolo telefonico, senza aver avuto accesso diretto al computer da controllare. Oggi molti cellulari sono dotati di Skype onboard, quindi di fatto non intercettabili, prima di tutto perché non passano dalle classiche centrali telefoniche (dove l’intercettazione, inutile a dirsi, è un gioco da bambini), secondo perché la chiave crittografica necessaria ad “aprire” la telefonata non è condivisa se non dai due soggetti della telefonata, e non è nota agli uffici di Skype. La società lituana si guarda bene dallo svelare i propri segreti industriali, che protegge con grande accuratezza: Skype funziona sempre e comunque, passa i firewall, funziona bene anche quando la velocità di internet è molto bassa, comunque protetti, insomma un “gran bel pezzo di software“ da girarsi mentre passa … e da uso per evitare le intercettazioni, legge o non legge ammazzaqualcosa, come fosse il nuovo “pizzino”.

     * Il Secolo XIX dell’8 luglio 2010 ed. La Spezia, pag. 38)

    (Stefano De Pietro)

  • OLI 269: INFORMAZIONE – Bavaglio globale

    La Cnn ha licenziato Octavia Nasr, giornalista, esperta in Medio Oriente e sua dipendente da vent’anni, per aver scritto sulla sua pagina personale di Twitter un messaggio in cui esprimeva ”rispetto” per l’imam  Mohammed Hussein Fadlallah, considerato il padre spirituale degli Hezbollah, morto la settimana scorsa in Libano dopo una lunga malattia. Octavia, cristiana di origine palestinese, nata in Libano, aveva scritto di aver appreso della morte di Fadlallah, ”uno che rispetto molto”.
    In un altro messaggio su Twitter la Nasr aveva cercato di correggere il tiro: ”sembrava che appoggiassi tutte le opinioni di Fadlallah. Non è così.”, ed ha spiegato che il ”rispetto” per l’imam era legato alla sua posizione a favore dei diritti delle donne. La giustificazione non è bastata alla Cnn: ”La sua credibilità per occuparsi di affari mediorientali è compromessa”, ha detto Parisa Khosravi, vice-presidente della rete per gli affari internazionali. 
    “Succede negli Stati Uniti, patria della libertà d’opinione e di stampa” commenta il sito di Repubblica dell’8 luglio. Mentre la notizia è condannata nella stampa e nei siti arabi chiedendo “dove è la libertà d’opinione e di stampa negli USA?”. La stampa americana viene descritta come faziosa e che usa due pesi e due misure. Gihad Al Khazen, sul quotidiano arabo di Londra Al Hayat del 12 luglio, ha scritto un articolo nel quale dice di conoscere personalmente Octavia Nasr e che non è certamente sostenitrice di Hezbollah o dell’Iran, ma ha solo espresso la sua ammirazione per un leader spirituale libanese.
    Al Khazen riporta i casi di Wolf Blitzer, uno dei maggiori presentatori della Cnn, un ebreo americano che ha lavorato nella lobby israeliana (AIPAC), ma la sua credibilità non è stata messa in discussione; e del direttore dell’ufficio di New York Times a Gerusalemme Ethan Bronner, difeso dal giornale quando è emerso che suo figlio era arruolato nell’esercito israeliano. “Solo Octavia – scrive Al Khasen – paga per un paio di parole su un defunto leader religioso. Cosa sarebbe successo – si domanda Al Khazen – se Octavia avesse un figlio di Hezbollah? E’ una domanda assurda perché non sarebbe nemmeno arrivata alla Cnn o al New York Times”.
    Il sito della Tv satellitare Al Arabia (emittente saudita concorrente di Al Jazeera) riporta l’articolo di Iyad Abu Shaqra nel quale ricorda un’altra donna americana di origine araba, che ha subito lo stesso trattamento di Octavia. Si tratta di Helene Tomas, 89 anni, decana dei giornalisti della Casa Bianca, anche lei d’origine libanese, costretta a dimettersi accusata “di antisemitismo per aver criticato il colonialismo israeliano durante un dialogo verbale”. Abu Shaqra riporta inoltre l’esempio della giovane di origine libanese Rima Faqih, vincitrice di Miss USA 2010, accusata di essere simpatizzante di Hezbollah.   

    (Saleh Zaghloul)

  • OLI 269: PAROLE DEGLI OCCHI

    Foto: Giorgio Bergami
    Legge bavaglio e spiriti liberi