Categoria: Comune

  • OLI 316: ARCHIVI – Ehi, candidati a sindaco: sveglia!

    Tutte le volte che ci si guarda in giro al di fuori dell’imbonimento mediatico, della monotona rappresentazione che gli attori titolati fanno della politica, si scopre la politica vera, quella che scorre nelle vene segrete del paese, grazie ad attori misconosciuti. Tra questi – lo avreste pensato? – gli archivisti.
    La sintesi del problema, in pochissime parole, la dava Enzo Costa nel Lanternino pubblicato su La Repubblica del 15 ottobre col titolo: “Memoria zero”: “Nella scientifica riduzione degli organici degli archivisti c’è lo sprezzo di chi sgoverna per la cultura, rea di non essere commestibile. Ma forse di quella cosa superflua e fastidiosa che è il sapere, si prova ancora più gusto a tagliare quella cosa pericolosa che è la memoria. Elemento sgradito a quanti praticano la manipolazione delle menti. Il sogno osceno di un regime è che la protesta degli archivisti scompaia grazie alla sparizione degli archivi.”
    Scopo dell’iniziativa dell’Anai (Associazione Nazionale Archivistica Italiana http://www.anai.org/anai-cms/) era fare appello all’opinione pubblica, unica sponda per uscire da un massacro compiuto nel silenzio e nell’indifferenza. Cercare di far capire che gli archivi hanno a che fare con la vita.
    Il bellissimo opuscolo “… E poi non rimase nessuno.” predisposto dall’Anai (ne consigliamo la lettura!) dice: “Gli archivi sono come i ricordi di una persona: tutti sanno che perdere la memoria è una delle peggiori tragedie”
    Nella sala che accoglie l’incontro di Genova si radunano un centinaio di persone, tutti “addetti ai lavori”. Francesca Imperiale, della Soprintendenza Archivistica della Liguria dice “Gli interlocutori dovrebbero essere i politici, gli amministratori locali. Ma c’è indifferenza”.
    Di fatto in sala non si vede l’ombra né di amministratori, né di politici. Unica presenza cittadina “di prestigio” è il presidente della Camera di Commercio.
    A Milano, ci dicono, è andata diversamente: una sala piena di gente, inclusi i nomi di rilievo della città. Sarà il mondo di Pisapia …

    Archivio del Forum Antirazzista” salvato dalla Associazione ArFor

    Francesca Imperiale insiste sull’importanza degli archivi non statali. Fondi fondamentali per la nostra identità, cultura, diritti, costituiti da una pluralità di soggetti.
    A questo proposito qui a Genova abbiamo un grande problema in attesa di soluzione: il destino del Centro Ligure di Storia Sociale  che conserva fondi archivistici molto importanti.
    Ma l’operatività del Centro è ferma ormai da diversi mesi, bloccata da una grave situazione debitoria che ne impedisce l’attività.

    Arch. Coord. Donne FLM” salvato dalla dispersione da “Generazioni di donne

    Ci si augura che i contatti in corso con l’Amministrazione Comunale vadano a buon fine. Il rischio altrimenti è che venga dispersa la memoria della storia del movimento operaio genovese. Ad esempio la Cgil vi ha depositato il suo archivio storico. E singole associazioni hanno affidato al Centro Ligure la memoria di esperienze importanti, salvando documentazioni preziose dalla dispersione e dalla rovina a cui sarebbero andate incontro a causa della disattenzione e incuria dello stesso sindacato.
    Ehi, candidati a sindaco! Sveglia. Sarebbe stato un appuntamento interessante per voi: la questione vi chiama direttamente in causa.
    (Paola Pierantoni)

  • OLI 315: ELEZIONI – Movimento 5 Stelle: Paolo Putti candidato sindaco

    Del subcomandante Marcos dei Chiapas non si conosce il volto. Appare in pubblico con un passamontagna. Wikipedia segnala che lo si distingue dai compagni per la pipa eternamente in bocca. Perché Marcos è l’uomo senza volto.
    Paolo Putti, operatore sociale, alla conferenza stampa per le elezioni a sindaco del Movimento 5 Stelle di Genova, avrebbe voluto mostrarsi come Marcos, a volto coperto. Ma i suoi sostenitori “probabilmente lo avrebbero picchiato”.
    Così, il 29 settembre, mostra ai giornalisti il passamontagna, simbolo e intenzione per far capire che “lui è secondo, perché prima c’è il popolo”. Anche il termine “candidato sindaco”, tra i 5 Stelle, appare sgradito. Così Putti si propone come portavoce di tutti coloro che “hanno perso la speranza”. E spiega che incontra persone sempre più affette da sfiducia che gli dicono: “tanto è inutile, tanto decidono sempre loro, tanto poi quello che conta sono gli interessi economici”.
    Vorrebbe costruire un nuovo scenario per “questa città, perché se lo merita, perché se lo merita la gente”.
    Paolo Putti ha la pacatezza di un seminarista e lo sguardo azzurro carico della rabbia di chi vuole ribaltare il mondo. Indica obbiettivi della campagna elettorale, 51% , e limiti del suo mandato: sarà uno solo, affinché “non sia tentato da istinti auto conservativi che regnano sovrani più che tra i carnivori all’interno dei politici”. A questo aggiunge la firma – se mai arriverà ad essere sindaco – di dimissioni che potranno essere ratificate qualora i suoi sostenitori non condividessero le sue scelte. Sembra di avere davanti un Houdini della politica, che aggiunge catene e lucchetti ad un sistema in cui i politici, a suo parere, stanno offrendo “uno spettacolo quanto meno indecoroso”.

    Fotografia di Giovanna Profumo

    Portavoce del Movimento 5 Stelle di Genova, Putti è anche uno dei leader del comitato antigronda. Conosce tutto sulla questione. E non vorrebbe veder sprecati soldi in progetti faraonici che, a suo parere, non creano il bene futuro della comunità. Vuole parlare di ricerca universitaria, per garantire a chi viene dopo, un futuro “se non migliore almeno uguale al nostro”. Ma vuole discutere anche di ospedali, a partire da quello di vallata, perché non comprende “di quale progresso si stia parlando se non siamo in grado di garantire ad una persona malata un luogo dignitoso dove essere curata”.
    La campagna politica sarà totalmente autofinanziata, se la gente vorrà dare un contributo, sarà benvenuto. Perché è solo alla gente che bisognerà restituire qualcosa. E sarà la campagna politica dell’ascolto – esattamente come per gli altri candidati in campo (ndr) – delle istanze di chi vive nei quartieri, di chi conosce i luoghi, di chi sa che le soluzioni non possono essere calate dall’alto ma vanno adeguate ai contesti.
    Putti ammorbidisce il linguaggio di Grillo ma è portavoce delle istanze del comico. A chi ha paura di derive grilline offre massima disponibilità per farsi conoscere, vedere, annusare con una campagna politica porta a porta.
    Se il movimento farà opposizione, sarà un’opposizione durissima che vigilerà su incarichi, poltrone e competenze del persone indicate.
    Putti è molto giovane, ma la sua rabbia ha molti anni.
    (Giovanna Profumo)

  • OLI 315: ELEZIONI – Marco Doria scende in campo

    Mercoledì 5 ottobre, nella sede del dopolavoro dei portuali a San Benigno, Marco Doria si è presentato alla città come candidato alle primarie per la scelta di chi dovrà contendere alla destra la poltrona di sindaco di Genova, nelle prossime elezioni amministrative.
    Il salone era strapieno: giovani e meno giovani, molta gente in piedi, tante facce estranee ai consueti appuntamenti della politica.
    Su di lui stanno convergendo grandi aspettative, come figura nuova esterna alle nomenklature dei partiti, pur con salde radici nell’esperienza della sinistra. Su alcuni può far colpo il fatto che abbia alle spalle una lunga tradizione familiare di gestione della città e dell’intera regione, fin dal medioevo, ma di questo non ama parlare, pur non rinnegandola: intende offrire il suo contributo come Marco Doria e basta, senza approfittarsi del cognome dei propri avi. Apprezzato storico dell’economia e dell’industria, docente prima in un istituto tecnico e ora all’università. Non è digiuno di politica, ma non ne fa la sua carriera, dichiarandosi soddisfatto e orgoglioso della propria professione di studioso: ha militato nella FGCI, l’organizzazione giovanile del PCI, ed è stato prima in un consiglio di quartiere e poi in consiglio comunale. È sceso in campo non di sua iniziativa, ma rispondendo all’invito di sette esponenti della società civile: Paolo Arvati, Luca Beltrametti, Mario Calbi, Walter Fabiocchi, Silvio Ferrari, Alessandro Ghibellini, Giovanna Rotondi Terminiello, firmatari di un appello pubblicato anche su Il Secolo XIX del 27 settembre scorso, insieme a due pagine dedicate a questa candidatura.
    L’incontro è stato moderato da Silvio Ferrari, che insieme ai suddetti ha introdotto Doria, leggendo due messaggi di Arvati e Rotondi Terminiello impossibilitati a presenziare. A questi si è aggiunto don Andrea Gallo, tra il pubblico, invitato a esporre anch’egli il suo sostegno.
    Prendendo la parola, Doria ha chiarito subito che la sua non è una candidatura “contro” le altre, ma “insieme” alle altre, per offrire ai cittadini un’opportunità di scelta in più. Per un resoconto del suo articolato discorso rimandiamo a quanto pubblicato l’indomani sulla stampa. Ci limitiamo a ricordare che, a chi gli rimprovera di apparire troppo serioso e di sorridere poco, ha risposto che nell’attuale situazione c’è poco da ridere, richiamando l’esempio e la serietà di Enrico Berlinguer, anch’egli avaro di sorrisi fuori luogo.
    E a chi si aspettava anche la presentazione del suo programma, ha fatto sapere che non intende affatto proporre un documento partorito da lui solo o con pochi intimi, ma che vuole costruirlo in un percorso comune, il più possibile condiviso e partecipato da tutti gli interessati, senza nulla di calato dall’alto, mettendosi in ascolto e misurandosi con le diverse componenti della città, operando soprattutto sulle problematiche del lavoro, della cultura – con una valorizzazione degli splendori di Genova non solo come attrazione turistica, ma soprattutto per i suoi abitanti – e dell’articolata policentricità di un grande comune frutto dell’unione di abitati diversi, tuttora caratterizzati da specifiche individualità.
    Il confronto con gli altri candidati è appena iniziato. Sarà interessante seguirne gli sviluppi.

    Video-intervista de Il Secolo XIX a Marco Doria:

    (Ferdinando Bonora, foto dell’autore)
  • OLI 319: CITTA’ – Staglieno, la morte della decenza

    – E’ quello il tempio laico?
    – Vuole dire il container? – risponde l’uomo all’ingresso – perché noi lo chiamiamo così… – sorride sarcastico
    – Ma è terminato?
    – Sì, certo! E’ terminato. Dal progetto sembrava un’altra cosa… invece è venuta fuori quella roba lì! – Lo sguardo schifato indica la distanza non solo fisica tra lui e il grande cassone.
    La struttura, un solido triste e grigio, è priva di finestre, solo anonime porte lignee ne interrompono la monocromia avvilente.
    In quel luogo, a Staglieno, si raduneranno i congiunti di chi non si riconosce in alcuna fede. Ma ad un primo sguardo – l’interno è inaccessibile – il progetto realizzato anziché accogliere, allontana, respinge, avvilisce.
    Chi vorrebbe dare l’estremo saluto in quel capannone?
    Quale pensiero creativo ha guidato il disegno?
    E quanto sono costati progetto e realizzazione?
    Staglieno – cimitero monumentale di Genova – ha offerto a fine ottobre un’immagine generalmente piacevole. Le tombe sono cosparse di fiori ed anche quelli finti, ad una certa distanza, fanno la loro figura. Tra i viali si incontrano piccoli gruppi di visitatori che, foglietto alla mano, cercano defunti dispersi. I parcheggi attorno al cimitero sono stracolmi e i vigili vigilano. E’ un pienone di gente che non deve comprare nulla, se non fiori.
    Un pannello all’ingresso ricorda tombe storiche di eroi patri e letterati. Un’altra locandina, slogan su sfondo rosso IL COMUNE AMICO DEI CITTADINI, segnala il programma di visite guidate. E la gente fluisce leggera, chiacchiera, passeggia, pulisce le tombe come il tinello di casa e le arreda di fiori.
    Il tinello di casa, appunto.

    Perché nei servizi del cimitero di Staglieno – quelli del COMUNE AMICO DEI CITTADINI, poco distanti dall’ingresso – è meglio non entrare. Sono oltre il confine politico che indica il baratro di una gestione inconsapevole. Quella che non può o non vuole considerare che anche i cessi – non si potrebbero definire altrimenti – fanno parte del “pacchetto turistico” di uno dei cimiteri più importanti d’Europa. E forse, nell’indicare un programma di visite guidate, andrebbero presi in considerazione. Comunque – vocazione turistica a parte – dovrebbero essere mantenuti con il massimo decoro nel rispetto di chi a Staglieno si ritrova con il proprio dolore.
    Qui, tra le altre, anche la morte della decenza trova un suo spazio.
    (Giovanna Profumo)

  • OLI 313: CITTA’ – Signore in rosso

    Disegno di Guido Rosato

    Candidatasi a sindaco di Genova, Roberta Pinotti è ormai ospite fissa a Porta a Porta. Siede spesso alla destra di Bruno Vespa che sembra quasi se la coccoli perché, come afferma lei stessa “amo la verità e quel che c’è da dire anche sulla sinistra lo dico”. Nel bene e nel male.
    “Per questo l’apprezziamo e la invitiamo” blandisce pronto il mellifluo Neo più famoso del teleschermo.
    La senatrice parla di politica, etica e B., qualunque sia il tema senza furia, dice con tatto:
    “Noi siamo diversi però e nel caso Penati accerterà la magistratura, intanto lui si è dimesso e il Pd lo ha sospeso”. Mentre il dito birichino del presentatore le fa segno come a darle della monella.
    Che consolazione per chi guarda e ascolta, un rodimento che Penati fosse dell’entourage Bersani. Come la Roberta un tempo, un’ex passata ora con Franceschini, divenuta presidente commissione Difesa per la Camera nel governo Prodi: mai vista ai convegni e agli incontri della Grande Industria del settore, c’era quasi sempre il languido saltafossi senatore Di Gregorio.
    E dunque che competenze ci offre l’ennesima Prof.? Essere under 60, di buona presenza, non sbagliare i congiuntivi e che altro chissà, certamente nel partito da quasi vent’anni, ma non è una colpa per carità.

    Magari quelli del Pd non potevano chiedersi da subito se il sondaggio andava fatto non soltanto sulla Marta ma anche per altri?
    Così se a destra si fa a gara a tirare giù più candidati- birilli possibili, a sinistra corre il teatrino delle primarie, del comitato istituito ad hoc e i genovesi di fronte all’Italia che frana sono contenti di sapere che Pinotti farà la gara podistica nei vicoli.
    La sera ci inquieta non poco in tv la bionda Roberta dall’abito rosso fiamma e manichine a fronzoli neri, ci tormenta quel film “sotto il vestito niente”, pur se comunicazione e immagine sono importanti: B. ha fatto scuola fin troppo.
    Ci conforta un’altra signora anche lei ultimamente in rosso, la presidente del Pd Rosy Bindi, che dichiara sul Mattino di domenica 24 settembre: “Lo strumento delle primarie resta valido, bisogna rinnovare la classe dirigente senza fare tabula rasa, svolta su Napoli, siamo lontani dalla città…”.
    Parole sante, anche per Genova, dove ci sono facce nuove, ma sono ancora troppo poche e magari spedite lontano.
    A quando un cavaliere o una dama che ci porti la buona novella.
    (Bianca Vergati)

  • OLI 305: CITTA’ – I “mercati” della politica

    Eataly al Porto Antico

    – Come va? Guardati attorno! – la donna esplora la desolazione del negozio vuoto – con Eataly al Porto Antico, andrà ancora peggio. Avevano il loro mercato a cielo aperto e non se ne sono nemmeno accorti. Era già tutto qui, nel centro storico. Ci hanno lasciati soli. Alcune sere non puoi girare, brutte facce che bevono, si ubriacano e fanno a botte. Loro non hanno capito che la risorsa del centro storico siamo noi! Che ci lavoriamo e ci viviamo… Quando inizierà la campagna politica faranno la solita scena: il candidato che passa dai negozi, compra due acciughe e poi sparisce.

    Siamo in Canneto il Lungo. A pochi passi San Lorenzo. In linea d’aria Calata Cattaneo con Eataly è a un battito d’ali. La Genova per i turisti, quella di Acquario e Porto Antico che fa a botte con la Genova antica , dove gli stranieri – cartine alla mano – arrivano radi, raramente in gruppi folti con guida.
    La pagina locale di Repubblica, sabato 11 giugno anticipa ai lettori che il “traffico del centro è da ridisegnare” e che grazie ad un concorso internazionale verrà ripensata la viabilità di Via XX Settembre, riprogettando la viabilità di tutto l’asse sino a Piazza Brignole. Pedoni e allargamento di marciapiedi nella storica arteria, perché “via Venti muore”.
    Il piano Winkler sembra già centenario.
    Nelle intenzioni, di cui si è discusso alla facoltà di architettura in un confronto pubblico, oltre ai mosaici dei portici, anche un’ipotesi di spostare il Mercato Orientale nei giardini di Brignole. Rinnovare per conservare è la parola d’ordine con i progetti degli studenti di architettura che spaziano su aree come Acquasola, Via San Vincenzo, Via Galata. Per vivere la città da De Ferrari a Brignole. Con un “occhio di riguardo all’accessibilità”, come dichiara Paolo Odone della Camera di Commercio di Genova.
    L’ex Mercato del Carmine

    Intollerabile per la politica è che via Venti muoia, soprattutto di sera, in assenza di locali che costituiscano punti di attrazione per la vita notturna. Quindi restauri per renderla “appetibile”

    Sulla stessa pagina un box descrive il bilancio delle opere pubbliche di Tursi: 63 milioni (inclusi 18 di Por e 13 milioni per Colombiane) in gare e cantieri, con progetti consegnati, gare espletate e bandi indetti; tra gli altri la strada di Crevari e il ponte di via Cassanello, con molta attenzione alle scuole per le quali sono stati stanziati 6 milioni di euro.
    Difficile comprendere perché, in tempi di crisi, vengano investiti ben 11 milioni di euro nella nuova vasca di delfini dell’acquario, mentre nello stesso box non viene indicata la spesa investita per i progetti in corso alla Maddalena e in piazza delle Erbe.
    Niente si sa del mercato del Carmine, bellissima struttura, ultimata da mesi e inutilizzata. Metafora del vuoto.
    (Giovanna Profumo – Foto Paola Pierantoni)
  • OLI 305: INFORMAZIONE – Comune ancora senza date

    Sul sito del Comune di Genova sono stati pubblicati i documenti che riguardano l’attività sul Patto dei sindaci (Covenant of mayors). Si tratta di un accordo a livello europeo, per cui il comune si impegna a realizzare studi e operare in modo da abbattere la produzione di anidride carbonica.
    Uno dei tre documenti è scritto in un ottimo inglese, segno che sarà diffuso sul continente quale fiore all’occhiello del lavoro della città. Genova è una delle poche in Europa che ha presentato un progetto che è stato approvato dalla commissione centrale. Sfugge in questo enorme lavoro presentato ai cittadini un particolare fondamentale di una pubblicazione: la DATA! Il simbolo di Genova rischia di diventare un orologio alla Dalì, per la disattenzione che ha per il tempo, vedi anche il mancato aggiornamento dell’ora legale negli orologi stradali del Comune (OLI 264: POLITICA – Un mondo senza date) e le cartelle esattoriali non datate (OLI 199 – L’ingorgo: l’Ufficio cartelle esattoriali e la stampante multifunzione).
    I documenti del Covenant of mayors:
    http://www.comune.genova.it/servlets/resources?contentId=535057&resourceName=ALLEGATO-01
    http://www.comune.genova.it/servlets/resources?contentId=535057&resourceName=ALLEGATO-02
    http://www.comune.genova.it/servlets/resources?contentId=535057&resourceName=ALLEGATO-03
    (Stefano De Pietro)



  • OLI 304: VINCENZI – Linguaggio politico e istanze dei cittadini

    Cosa ne sa il cittadino dei sondaggi su Marta Vincenzi?

    A gennaio dicono una cosa. A giugno un’altra.
    E’ tenuta la cittadina a comprendere le “congiure” che si terrebbero nelle segrete stanze dei partiti? Cosa è mai questa storia del “nodo politico” con il quale Marcello Danovaro – capogruppo del Pd in Consiglio Comunale – definisce Marta Vincenzi?
    “Il sindaco accetti di ricucire il rapporto con il partito e si metta realmente in ascolto delle istanze che vengono dal basso”, dichiara sempre Danovaro sulle pagine del Secolo XIX nel giorno di festa della Repubblica.
    Ma di cosa stanno parlando?
    “Istanze che vengono dal basso” – sussurra il lettore.
    Certamente chi dichiara queste cose si riferisce al biglietto dell’autobus a 1 euro e 50, al fatto che alla prima pioggia a Genova si allagano i sottopassi e dà voce ai problemi di viabilità e centro storico che certamente verrebbero risolti se Marta Vincenzi ricucisse il rapporto con i partiti. Forse pensa alla Moschea. O alla Fondazione Carige. E alla trasparenza, termine con il quale, si rendono accessibili a tutti gli elettori i costi di un intervento attuato dalla macchina comunale. Perché “dal basso”, cittadina e cittadino, parlano di queste cose. Roba concreta come marciapiedi, parcheggi di interscambio, traffico, attese alle pensiline degli autobus. Chi dice così pensa alle spiagge libere e alle piscine comunali e ai cimiteri della città.
    Chi parla “di istanze che vengono dal basso” porta nel cuore le necessità dei cittadini e i loro bisogni?
    E’ una questione di distanza. E di parole.
    Così com’è stata presentata, la vicenda della possibile ricandidatura della Vicenzi pare collocarsi nel linguaggio con il quale partiti e rappresentanti di partito amano dialogare. Si tratta di un linguaggio altro – non alto – del quale il cittadino non è tenuto a conoscere dizionario.
    Quindi chi parla di nodo politico dovrebbe fare una lista fruibile di tutte le sue perplessità.
    Dieci punti bastano.
    Forse c’è l’entrata in giunta di Ottonello, ed un’incapacità di Marta Vincenzi di condividere con i cittadini le cose fatte.
    L’invito è volare più basso. Trovando il coraggio di dare il vero nome alle cose. E in ultima istanza di candidarsi alle primarie, mettendoci la faccia.
    In caso contrario il mazziere allestisca la partita nelle stanze dei partiti. E la mantenga dentro a quelle mura. Perché è probabile che il cittadino abbia poca voglia di giocare a Machiavelli.
    (Giovanna Profumo, foto di Paola Pierantoni)

  • OLI 300: SOCIETA’ – Rumenta salata

    Pessimo inizio. Si sta abbondantemente superando il livello di guardia del grottesco. Almeno a quanto si legge su due articoli di Roberto Sculli sulla raccolta differenziata, su Il SecoloXIX:

    http://www.ilsecoloxix.it/p/genova/2011/05/06/AO8Fx4R-sacchetti_scopro_fuorilegge.shtml

    La civica amministrazione ha sguinzagliato coppie di ispettori dell’Amiu (Azienda Multiservizi e d’Igiene Urbana) a pedinare ignari cittadini con in mano la spazzatura (rumenta in genovese e in altri idiomi settentrionali). Se nel gettarla nel contenitore dei rifiuti generici s’odono rumori sospetti di vetri, plastiche o lattine, uno dei due si mette a seguire il malcapitato, mentre l’altro – in contatto telefonico col collega – apre il sacchetto e rovista alla ricerca del corpo del reato che, se trovato, costa al trasgressore 50 euro di multa. Dall’inizio dell’anno sono stati stilati circa 360 verbali, un discreto introito.



    Carlo Senesi, assessore comunale al Ciclo dei rifiuti, spiega che “dove è stata istituita, la raccolta differenziata è obbligatoria. Non è solo una questione di buon senso e sensibilità ambientale. C’è scritto nel regolamento di polizia comunale”. L’ignoranza della legge non è certo una scusante, ma peccato che il regolamento di polizia comunale non sia un best seller sul comodino di tutti gli abitanti. Un po’ più di informazione preventiva sarebbe stata opportuna, soprattutto quando c’è ancora molta confusione su cosa, come e dove di debba differenziare. Continua Senesi: “Separare i rifiuti non costa nulla e aiuta tutti. Chi è messo nelle condizioni di farlo e non lo fa per partito preso è giusto che venga sanzionato. È un modo per educare”.
    Qui, caro assessore, non ci siamo proprio: l’educazione si fa innanzitutto con il coinvolgimento attivo della popolazione, attraverso un’informazione semplice, esauriente e accessibile; con attività promozionali e magari anche con incentivi economici per chi pratica comportamenti virtuosi, sia pur dovuti. Non con azioni repressive che creano malcontento e disaffezione, invece del sentirsi tutti naturalmente e orgogliosamente coautori del bene comune.
    Ai suddetti articoli seguono numerosi commenti ora sconcertati, ora ironici, ora irritati, ora sarcastici: a tutt’oggi 112 al primo, 47 al secondo. Non male – dopo il flop dell’assurda “rambla” di Via Venti Settembre bocciata da destra e da sinistra – per “il Comune amico dei cittadini” che vorrebbe farsi vanto della condivisione e della partecipazione dei genovesi alle proprie azioni.
    Il bel sito dell’Amiu http://www.amiu.genova.it/ fornisce chiare e dettagliate spiegazioni in merito, con la possibilità di scaricare dall’Area download un’esaustiva Guida pratica alla raccolta differenziata a Genova, non solo in Italiano, ma anche in Inglese, Francese, Spagnolo e persino in Arabo: http://www.amiu.genova.it/cms/php_docs/docs/multilingua_ita.pdf.
    Ma finora quanti sanno e possono navigare abitualmente in internet? Non sarebbe prioritario stamparla tale guida, nelle varie lingue, ad altissima tiratura per distribuirla ovunque?
    Da parte sua, il Comune ha avviato l’ambizioso progetto di un “Museo della Rumenta”. Idea tutt’altro che peregrina, su un tema di vitale importanza per qualsiasi collettività, sia sotto l’aspetto attuale del suo trattamento, sia per quanto riguarda la storia, come ben sanno gli archeologi che traggono la maggior parte delle informazioni proprio dai rifiuti depositati nei secoli:
    http://www.urbancenter.comune.genova.it/node/562.

    Aldo Padovano ha scritto un interessante libro http://www.lettureliguri.it/tag/rumenta e non si può tralasciare l’arguto divertissement di Giampiero Orselli, ricco di indicazioni utili: http://www.genova2004.it/incoscienza/dizionariorumenta.htm#necr.
    Del resto, nel tardo Ottocento già il poeta dialettale Nicolò Bacigalupo (1838-1904) aveva composto l’esilarante Ö canto da rumenta (Ode della spazzatura), rifatto in tempi più recenti dal genovesissimo Piero Parodi:

    Ne riportiamo il testo:

    A rûmenta (La spazzatura)
    (Piero Parodi, con Vito Elio Petrucci)

    Alè ghe semmò popoli all’era da rûmenta questo mä ch’u v’incanta gòdivela a l’è chi:

    Osci de seixe resche de pesciù, pezzi de lintime e de reganissu, sc-ciappe de ziardoe strunsci de cöu, forçinn-e strabiche balle de töu, tocchi de pippe mûggi d’armelle, trippe beï lasci intu çe intu pelle, buccõin dó preve merda de can, schitte de tõrtore crõste de pan.
    Strasse e retaggi crêste e ventraggi, gh’o osci de põllo papë cò bollu, stellette çimixi trei sexendë, strapunte sucide oëgë sbëlê, dentë bavuse stuppin da lûm-me, luinë cò lepego mûggi de ciumme, carte da zeûgo setti da lêugo, scàtoe de plastica e papë da cû.

    Alè ghe semmò popoli all’era da rûmenta in õnda senza scrupoli che tútto a voé inciasträ:

    Scaffi d‘armonica ma senza tasti, carte geografiche sciûscietti guasti, fêuggie de çellao çioule e scarolle, cäsette e maneghi de casserolle, çiotï savatte bocce da inguento, e reggipetti cõn e tette drentu, cõtton idrofilo ancõn bollóu galusci che navegan rognõn giasciou
    Tappi de natta scarpe cò a bratta, curtelli e mazzi de fiuri pazzi, cû de fenõggio sc-ciûmma da treoggiu, tappi da bõggio e finti panë, fêuggi de meliga brûtte de piscio, bëli pé l’antega de stocchefiscio, ciumme de oxelli bocciê sc-ciappè, miande cò a ruzena e bële sûssê.

    Alè ghe semmò popoli all’era da rûmenta beato chi ghe navega meschin chi ghe neghiâ:

    Teia metallica çerci da testo, e fiammangille brûtte de pesto, tòcchi de lettera scritte ai galanti, pornoriviste vitte de santi, scàtoe de pilloe vëgie siringhe, clisteri lûridi perette e stringhe, magnë de dischi a pezze da inciastro, e zampe d’anitra e de bibbin.
    Gaggie da grilli ratti e mandilli, scàtoe e sardenn-e stecche e balenn-e, põnti cõi denti pëteni senza, fiõri in semenza ghiaia e ronfò, çiotï pei calli scösê e braghette, sgûsci d’anguria fî de trenette, piroconofoni ventóse ûsè, oxelli esotici e gõnduin sc-ciûppe.

    Alè ghe semmò popoli all’era da rûmenta se a crescie ancûn salvatevi a l’è zà in scià Nunziä.

    Qui ce ne sarebbe eccome da differenziare, per non correre il rischio di prender multe salate…
    Ma per favore, Civici Amministratori, non mettete il carro davanti ai buoi: prima informate (per davvero, in modo esaustivo e capillare, raggiungendo tutti gli utenti con stampati porta a porta e anche con messaggi radiotelevisivi, oltre che con interventi a tappeto nelle scuole di ogni ordine e grado, sensibilizzando gli studenti e di conseguenza le loro famiglie e gli altri adulti di riferimento) e solo dopo, se necessario, si comminino le giuste sanzioni ai trasgressori.
    (Ferdinando Bonora)

  • OLI 294: CITTA’ – Il nuovo Puc, lecito sognare

    Da un sogno, forse una speranza, parte il nuovo Piano Urbanistico Comunale di Genova: un Puc che ha impegnato più di 60 fra tecnici e architetti, come ha sottolineato la sindaco in sala rossa, per arrivare alla conclusione di un impegno preso in campagna elettorale, messo in cima alle priorità del suo mandato, tanto da tenere a sé la delega all’Urbanistica.Genova si dovrà preparare ad accogliere quasi un milione di persone, 320 mila “city users”, in più, “nomadi”, che verranno magari a lavorare di passaggio per realizzare le grandi opere previste, persone che per scelta o necessità trascorreranno a Genova parte della loro vita.
    -Non si pensi ad un aumento di abitanti ma di avere una fascia di persone che gravitano sulla città , spiega la Vincenzi,- l’esempio sono i ricercatori dell’Iit, 600 ricercatori di altissimo livello, che si fermano qui per cinque-sette anni al massimo.
    E già verrebbe da chiedersi perché se ne vanno invece di fermarsi.
    Così pur partendo da un’analisi del Censis, che conferma per i prossimi vent’anni i 600mila abitanti attuali, si elabora un’ipotesi di città che dovrà espandersi nei servizi, ma non nel consumo di suolo, una città “compatta”, che costruisce sul costruito. Meno male. Peccato che si continui a costruire, vedi i grattacieli di S.Benigno a Ponente o il palazzone di via Rossetti a Levante.
    Sono sempre tutte eredità ?
    Eppure il Censis parla chiaro: una città-elefante, non gazzella, che crescerà di poco, Anzi entro il 2025 si avrà desolatamente un meno 19% di under 14 , arrivando ad essere soltanto il 10% degli abitanti, mentre gli over 65 saranno un terzo della popolazione: secondo Anci ( Corriere della Sera, 14 marzo) nel 1951 Genova aveva 80mila abitanti in più.
    Auguri alla sindaco per un sogno che si vorrebbe disperatamente condividere. Mancano gli attori però per questa città futuribile, la politica e l’economia.
    La politica, che si è mossa soltanto con la grande crisi, cieca al declino della città già in atto da molto tempo prima, preoccupandosi poco delle aziende che si rattrappivano, quando non chiudevano o si trasferivano.
    Liberando così spazi ghiotti come l’ex Boero, l’ex Verrina, l’ex Italsider, l’ex Saiwa, l’ex, l’ex… e via alla riqualificazione con palazzine, grattacieli, su cui ha investito “la meglio imprenditoria” e le banche.
    E al Cardinale che al te deum di fine d’anno tuona: – le risorse ci sono, è imperativo morale metterle in circolo – (Secolo, 2 genn 2011), risponde Viziano, leader dell’omonimo gruppo di costruzioni: – ma la città non sostiene chi fa investimenti.
    Mentre il petroliere Garrone scrive una lettera a Il Secolo il 4 marzo 2011: – Abbiamo dovuto sempre lottare in questa città sì bellissima ma così ostile e difficile … Il motivo del lamento? Non riesce a costruire lo stadio. Tutta roba che dà lavoro.
    Inutile affannarsi per un Malacalza che se ne va o ad un Ansaldo che chiede da anni lo sbocco a mare e a cui ancora pochi giorni fa è stato chiesto di aspettare altri tre anni, senza appoggiare mai di fatto il lavoro di eccellenza che rappresenta. Così la Silicon Valley degli Erzelli pare più un’operazione immobiliare che “la cittadella della conoscenza” tanto auspicata: si spera non sia così, anche se il Politecnico che lì doveva nascere e che non si è fatto, politica e imprese l’avevano molto tiepidamente appoggiato.
    L’unico affare l’ha messo a segno l’imprenditore della siderurgia, che non lo si riesce a schiodare dagli spazi, datigli in omaggio dalla politica appunto.
    La sindaco vagheggia – una città capace di accogliere e di attrarre grazie alle nuove infrastrutture ma anche ad uno sviluppo promesso dal rilancio del porto e dalla nascita di nuove attività sulle aree già oggi libere, oltre un milione di metri quadrati censiti e registrati.
    Dunque imprese e lavoro cercasi per un milione di spazi e di persone. Intanto ci si accontenterebbe di un lavoro per quelli che già ci sono.
    (Bianca Vergati)