Categoria: Stefano De Pietro

  • OLI 429: COMUNE – Il “Fortino Tursi” si protegge con gli offendicula

    OLI 429: COMUNE – Il “Fortino Tursi” si protegge con gli offendicula

    Da diversi anni si riscontra un crescente malcontento dei cittadini verso la politica che dovrebbe governarli, al punto che la presenza di manifestazioni in via Garibaldi di fronte a Palazzo Tursi si sono fatte via via più frequenti e numerose. Nelle ultime, insieme alla coscienza dello scemare dell’ascolto da parte delle Istituzioni di fronte all’ingigantirsi dei problemi, si è aggiunta per conseguenza anche una maggiore determinazione dei manifestanti, al punto che spesso viene sbarratol’ingresso al “palazzo” chiudendo il portone della sede del Comune. Che diventa il “Fortino Tursi”.
    Il portone di Tursi risale al secolo scorso, forse qualche anno prima del 1900, e fu costruito secondo i metodi in uso nel tempo di costruzione del palazzo, richiamando l’idea del distacco tra signorotti e cittadini, considerati “al di fuori”, “estranei”, mentre i giochi della politica venivano svolti all’interno delle grandi corporazioni d’interesse e della nobiltà. Questo distacco trova la sua rappresentazione pratica nell’esistenza degli offendicula, ossia dei sistemi di offesa presenti sulle recinzioni (punte metalliche, cocci di vetro) e nei portoni (punte a cono orizzontali), a difesa della proprietà privata. Non fa eccezione il nostro caro portone a Tursi.
    La giurisprudenza moderna ha normato con precisione gli offendicula, consentendone il posizionamento solo in posizioni difficilmente raggiungibili e con opportune segnalazioni, e la giurisprudenza è ormai unanime nel considerarli illegittimi nei casi nei quali il danno cagionabile non sia proporzionale alla necessità di difendere una proprietà, che tra l’altro nel caso di Tursi è pubblica. Anche l’esplicita volontà personale di superare una delimitazione fa parte del processo valutativo sulla loro tollerabilità.
    Applicando questo concetto di proporzionalità e di volontà a Palazzo Tursi, appare evidente che l’esistenza di un portone senza punte sporgenti sarebbe già ampiamente sufficiente a difenderne l’inaccessibilità, per cui l’atteggiamento dell’amministrazione che richiede la chiusura del portone nonostante la presenza degli offendicula citati potrebbe costituire uno di quei casi di sproporzionalità tra offesa e difesa.
    Aggiungiamo a questo altri due ragionamenti: il primo riguarda gli agenti di polizia municipale, che appaiono sprovvisti di protezioni individuali specifiche nel momento nel quale stazionando di fronte al portone si espongono alla possibilità di essere spinti con la schiena contro le punte, fatto tra l’altro già avvenuto ripetutamente, motivo per il quale il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza del Comune ha messo in mora l’amministrazione su tale rischio, dichiarando tra l’altro, si legge nella nota inviata, “… che un eventuale ulteriore infortunio non potrà essere ritenuto accidentale in quanto tale rischio è, da questo momento, messo a conoscenza del Datore di Lavoro”. La presenza delle punte complica anche il lavoro degli agenti, che oltre a contenere i manifestanti devono, nello stesso momento, fare attenzione a non ferirsi.
    Il secondo riguarda invece i manifestanti, per i quali la presenza delle punte sporgenti sul portone rappresenta un evidente pericolo di ferimento sproporzionato rispetto alla necessità di contenere la protesta al di fuori del palazzo, anche perché l’azione di avvicinamento al portone potrebbe essere determinata da cause diverse dalla volontà personale, potendo una persona essere anche spintonata da dietro, per cui la presenza degli offendicula in questi casi risulta essere visibilmente contraria al codice.
    Pare che l’unica soluzione per il Sindaco sia quella di organizzare in modo differente la difesa del fortino, lasciando aperto il portone e utilizzando le transenne, oppure di dotare il portone di un vetro temperato che protegga dalle punte, ammodernando quindi la funzione di un palazzo amministrativo moderno, il che parrebbe sicuramente incomprensibile per un signorotto medioevale certamente pronto a gettare anche olio bollente sui manifestanti affamati, ma è perfettamente in linea non solo con il codice moderno ma anche con la logica ed il rispetto della incolumità pubblica.
    Una cosa è certa: chi avesse la responsabilità del prossimo contuso, non potrà difendersi affermando di non conoscere il problema. (Stefano De Pietro)
  • OLI 427: COMUNE – Un bilancio partecipato?

    Sarà che probabilmente nelle linee programmatiche della giunta Doria non si trova nulla di specifico nella parte relativa alle finanze, ma le promesse della campagna del 2012 di aprire il comune alla partecipazione oggi si risolve, addirittura, in una specie di marcia forzata di soli 15 giorni per la votazione del bilancio 2015. E il percorso non riguarda solamente i documenti programmatici di bilancio, ma anche una serie di regolamenti e di delibere che interessano il Piano triennale dei lavori pubblici (224 milioni di euro in tre anni), il regolamento e i coefficienti IMU e TASI, il piano finanziario di Amiu e relativo regolamento e tariffe TARI (226 milioni di euro per il 2014),
    Tutto questo ha girato per pochi giorni anche nei Municipi, che si sono lamentati del poco tempo a disposizione per lo studio e la votazione del parere (comunque favorevole di tutti).
    Anche il percorso istituzionale in Comune ha segnalato dei cambiamenti che ripercorrono le fiducie proposte da Renzi in Parlamento: quest’anno nessuna commissione con le associazioni e i comitati cittadini per i lavori pubblici, una commissione “farsa” di poche ore per ascoltare tutti quelli che hanno risposto alla chiamata di lunedi mattina (Ascom e qualche altra associazione) su IMU, TASI, TARI, seduta tra l’altro sollecitata battendo i pugni dalla opposizione. Così come un’ultima commissione sul bilancio vero e proprio è stata nuovamente richiesta dall’opposizione un torrido giovedi pomeriggio, prima della chiamata in aula della delibera.
    Con questo nuovo metodo, inaugurato dopo la delibera della Gronda (con la quale Doria ha di fatto consegnato l’inutile opera autostradale alla conferenza dei servizi, ossia all’organo che ne delibererà la costruzione) e proseguito con la recente delibera sul trasferimento del personale tra partecipate (che ha richiesto ben tre consigli per essere votata per mancanza del numero legale), Doria ha consegnato la sua amministrazione in mano ai poteri forti della regione e ha escluso qualsiasi forma di partecipazione ed opposizione dalla sua amministrazione.
    Mentre a Parma il Consiglio dei 500 messo sù da Pizzarotti si prepara al percorso partecipativo che si pronuncerà sull’ingrandimento dell’inceneritore richiesto da Iren per bruciare, tra l’altro, i rifiuti liguri provenienti anche da quella Genova che per anni si è addormentata sulla propria discarica, subendone adesso le temibili conseguenze economiche e soprattutto ambientali.
    (Stefano De Pietro)

  • OLI 426: COMUNE – I “cartelli di cantiere”, questi sconosciuti.

    La definizione di “regolamento” dal sito etimo.it

    A cosa servono i regolamenti? Per la definizione etimologica, una serie di prescrizioni per dare corso ad una legge. In questo caso si tratta del Regolamento edilizio del Comune di Genova che ottempera alla art. 2 della legge regionale 06.06.2008 n. 16, modificata l’ultima volta nel 2015. Tanto per cominciare, è inutile dire che il regolamento del Comune non è stato più aggiornato dal 2010, e che quindi alcuni riferimenti alla legge regionale, anche importanti, sono superati.
    Nel regolamento edilizio, all’articolo 31, comma 12, si dispone che “Dell’avvenuto rilascio del permesso di costruire è data notizia al pubblico mediante affissione all’Albo pretorio con la specificazione delle opere da eseguire, del titolare e della località interessata. Gli estremi del permesso di costruire sono indicati nel cartello esposto presso il cantiere, secondo le modalità stabilite nel regolamento edilizio”. Si noti che l’esposizione nell’albo pretorio è limitata a 30 giorni, dopodiché è necessario conoscerne l’esistenza per poterne prendere visione presso gli uffici comunali.

    Un cartello di cantiere di un’opera pubblica.
    Foto dell’autore 

    La legge, per mettere il cittadino in grado di avere sufficienti informazioni per far valere eventualmente dei diritti (ma anche solo per il principio di trasparenza) obbliga all’esposizione di un cartello di cantiere dove sono indicati i dati salienti del permesso quali la ditta esecutrice, il nome del direttore dei lavori, la descrizione dell’opera e, in casi specifici, una grafica che riporti il risultato finale dei lavori. Nel caso di opere pubbliche, il nome del RUP, il Responsabile Unico di Procedimento, ossia la persona che ha l’incarico di gestire e vigilare su tutto lo svolgimento dei lavori, dalla emissione del permesso fino alla chiusura del cantiere.
    Come molti di voi avranno avuto modo di notare, magari alzando le spalle ormai abituati a vedere la violazione delle regole, in alcuni cantieri genovesi il cartello di cantiere non viene esposto. Si tratta di un comportamento lesivo del diritto della cittadinanza di sapere, ma di fatto l’amministrazione langue e non opera alcun tipo di controllo e tantomeno di sanzione in merito, come previsto dal regolamento edilizio. Che dire? Apriamo gli occhi, ed oltre a fermarci a guardare qualche volta quel cantiere accanto a casa nostra, dove si stanno scavando nuovi box o elevando nuovi volumi abitabili, cerchiamo il cartello di cantiere e, non trovandolo, segnaliamo la cosa alla Polizia Municipale e a qualche consigliere comunale di riferimento.
    Chissà che spingendo, anche in questo caso, qualcosa non possa ritornare sui binari corretti.
    (Stefano De Pietro)

  • OLI 425: STATO – l’Agenzia dei pasticci

    Il widget relativo all’elenco sparito dal sito della Agenzia delle Entrare
    fonte: www.dirpubblica.it
    Avete una cartella esattoriale scomoda? Volete farla annullare? La soluzione ce la dà la Corte costituzionale, che ha dichiarato illegittime le nomine di un gran numero di dirigenti della Agenzia delle entrate che non sono stati selezionati con un concorso pubblico. Di conseguenza tutte le pratiche che siano state firmate da questi dirigenti o dai loro delegati sono da ritenersi nulle.
    Il sito ADUSBEF pubblica un invito a fare, come al solito, un ricorso per ottenere l’annullamento.
    Ancora più interessante il sito di Dirpubblica, la federazione del pubblico impiego, che aveva intentato l’azione legale contro il ministero, vincendola. In un articolo si fa riferimento ad un’azione di oscuramento di dati dell’Agenzia delle entrate, che avrebbe eliminato dal proprio sito la lista dei dirigenti: “Al fine di ripristinare la trasparenza cui è tenuta l’Agenzia delle Entrate, pubblichiamo l’elenco completo dei dirigenti e degli incaricati di funzioni dirigenziali (erroneamente indicati come reggenti), eliminato dal sito http://www.agenziaentrate.gov.it/ all’indomani della sentenza della Corte Costituzionale n. 37 del 17/03/2015”.
    La cosa davvero divertente è che il controllore, quando controllato a sua volta, crolla sotto il peso dell’incompetenza e della scarsa trasparenza. Lo sanno anche i sassi, ormai, che “levare qualcosa da in giro” per farlo sparire non funziona più, con l’avvento di internet e della globalizzazione. Santa pazienza: quando impareranno?  A voi, adesso, verificare se ci sono spazi per il vostro ricorso.
    (Stefano De Pietro)
  • OLI 424: COMUNE – Genova cancella il diurno

    Foto da internet

    Ci sono molti divieti strani dovuti ad ordinanze sindacali o dirigenziali che in questi anni hanno popolato le pagine dei giornali nazionali (e anche internazionali): dal divieto di passeggiare con il cane al guinzaglio, fino a quello di circolare in bikini per il lungomare, tranne i casi giudicati possibili dal vigile urbano di passaggio.

    Ma a Genova abbiamo inventato il divieto di lavarsi, o meglio l’impossibilità di farlo come effetto collaterale di un sistema disorganizzato all’inverosimile: la chiusura del Diurno di De Ferrari per motivi di sicurezza.
    Il Diurno, gestito un tempo da undici dipendenti del Comune che nel tempo di sono ridotti fino a quattro, è stato recentemente oggetto di cronaca per un’indagine proprio sull’abitudine di timbrarsi il cartellino vicendevolmente. Però due mesi prima proprio una lettera degli stessi dipendenti aveva denunciato uno stato di grave disagio sulla manutenzione dei locali perdurante da anni: un’uscita di sicurezza impedita nel suo uso regolare da una palizzata in legno esterna alla struttura, una botola posta sul passaggio delle persone, proprio alla base della scala di accesso, la cui copertura rischiava di cedere, per cui fu ricoperta in qualche modo con una tavola di legno, il sistema di aerazione sulla cui efficienza gravano dubbi.
    La nostra storia inizia due mesi fa, quando per effetto di un controllo scaturito proprio dalla segnalazione dei dipendenti, il dirigente decide di chiudere temporaneamente la struttura per motivi di sicurezza. Come spesso accade in Comune, si innesca un processo di verifica di competenze, arrivano i lavori pubblici a verificare che il diurno necessiterebbe di circa 150 mila euro di lavori, anche se in realtà poi per gli interventi di minima messa in sicurezza un preventivo successivo parla di circa 15 mila. Nel frattempo che il tempo passa, le centinaia di persone che settimanalmente si recavano al diurno per lavarsi, scaldarsi un po’ in inverno, restano fuori. Alcuni si recano a Tursi per avere informazioni, l’assessore competente li riceve in giardino, in mezzo al consiglio comunale, e gli prospetta che in una decina di giorni il problema sarebbe stato risolto: ecco, in questo i nostri “immigrati” (si tratta soprattutto di persone straniere) si saranno sentiti molto integrati nel sistema burocratico italiano.
    Alcuni consiglieri comunali si muovono nel frattempo, viene effettuato un sopralluogo, una commissione consiliare, telefonate al dirigente: ci si aspetta che la giunta “faccia qualcosa”. Invece, tutta l’attenzione degli uffici si concentra solo sulle responsabilità e il diurno resta chiuso. Che queste persone almeno sappiano dove andare altrove non viene tenuto in alcuna considerazione, figuriamoci lavorare per trovare una soluzione di accordo con altre strutture. Solo dopo un intervento in Consiglio comunale, dove viene proposto di mandarli ai Bagni San Nazaro in Corso Italia per il tempo necessario alle riparazioni nel diurno, qualcosa pare cominciare a muoversi, con un tentativo di far intervenire le associazioni aderenti al patto di sussidiarietà sociale. Ma per ora, nulla.
    Durante la commissione, l’assessore Fracassi spiega che il diurno di De Ferrari non è considerata una struttura adatta, che si progetta di realizzarlo altrove, con un doppio accesso separato per turisti da una parte e povera gente dall’altra, con centro servizi e un deposito bagagli. A parte l’ingresso separato che lascia perplessi molti consiglieri, una bella idea, c’è l’ex diurno abbandonato nel metro di De Ferrari che sarebbe perfetto, ci sarebbe stato quello di Piazza Acquaverde proprio di fronte alla stazione Principe se non fosse stato ceduto in una permuta immobiliare pochi mesi fa. Ma, intanto, mentre la fantasia galoppa, Genova è una città con una giunta di centrosinistra senza servizi igienici per i poveri. L’estate si avvicina, il caldo pure, se prendendo un autobus qualcuno si trovasse accanto un passeggero molto puzzolente, sappia che potrebbe essere una persona che non vorrebbe esserlo, come ognuno di noi.
    (Stefano De Pietro) 
  • OLI 423: COMUNE – Una modifica allo Statuto per salvare la partecipazione

    Il Permesso a costruire è un atto autorizzativo che viene emesso dagli uffici comunali a seguito di un lungo percorso burocratico al termine del quale viene approvato un progetto edilizio. Sono soggetti al permesso a costruire tutte quelle opere quali posteggi interrati, edifici civili e industriali che in questi anni hanno cambiato l’aspetto di Genova.
    Spesso, il percorso burocratico edilizio avviene, nel pieno rispetto della legge, all’interno degli uffici stessi, e i cittadini vengono al corrente di queste opere solo a cose ormai fatte, quando il ritiro di un permesso potrebbe essere solo effettuato mediante un ricorso al TAR o per effetto di una delibera di Consiglio comunale, con danni nei confronti del richiedente il permesso e quindi con una probabile richiesta risarcitoria anche onerosa per il Comune.
    Un esempio di macchina burocratica in questo senso è il parcheggio di Piazza Solari, intercettato dai cittadini a poche ore dal rilascio del permesso (o meglio dalla consegna materiale di un permesso già firmato). Ancora oggi la situazione di quel posteggio è in forse, in quanto il titolo sarebbe valido se fossero consegnate le fidejussioni richieste, unico motivo al momento per il quale il bosco è ancora lì. Un altro caso, meno fortunato, è il parcheggio di via Cadighiara, dove è stato dichiarato l’inizio del cantiere.
    Per ovviare a questo problema, sfruttando un percorso di revisione dello statuto del Comune, il Movimento 5 Stelle ha prodotto un emendamento per introdurre un margine di sicurezza temporale che consenta ai cittadini la visione dei permessi a costruire attraverso il sito web del Comune, prima che questi siano firmati dai dirigenti, in modo da evitare le richieste di danni in caso di opposizione da parte di qualcuno. E’ stato proposto un termine di trenta giorni, trascorsi i quali senza inconvenienti il dirigente potrà firmare il permesso certo che il percorso di informazione sia effettivo, oppure valutare insieme all’assessorato eventuali opposizioni e richieste derivanti da un percorso “cieco” della pratica.
    Si tratta di una proposta semplice, che andrà adesso vagliata insieme al Segretario generale per il parere di legittimità e poi accolta (o meno) a livello politico dal Consiglio comunale.
    Certo è che il Movimento intende mettere i gruppi consiliari di fronte alla responsabilità di un eventuale “no” nei riguardi della cittadinanza genovese che chiede trasparenza e maggiore voce in capitolo sull’andamento dell’edilizia nella propria città.
    (Stefano De Pietro)
  • OLI 421: AMBIENTE – Il Marsano tra tradizione centenaria e PUC prossimo venturo

    L’Istituto Agrario Marsano di Sant’Ilario a Genova è un’eccellenza nel panorama della conservazione della tradizione ligure. Fin dai tempi della sua costituzione Bernardo Marsano pensò a qualcosa che servisse alla creazione di posti di lavoro per i giovani attraverso la trasmissione di tradizioni agrarie arricchite dalle “nuove tecnologie”. Oggi, una nuova tecnologia potrebbe essere considerata una delle attività più antiche al mondo che si è persa: saper costruire a mani quasi nude un muretto a secco, uno di quei tanti che caratterizzano il paesaggio ligure e che hanno contribuito alla sua trasformazione nel rispetto delle proprietà di drenaggio dell’acqua.
    La gara dei muretti a secco che si è svolta giovedì 12 febbraio 2015 tra le classi delle varie succursali della scuola sparse per il territorio della provincia genovese ha trovato una giornata primaverile a mezzo febbraio. Bene per tutti: per i ragazzi che amano, a quell’età, muovere le mani più che piegare la testa sui libri, bene per i professori che hanno modo di conoscerli anche al di fuori dei banchi in un contesto pratico, per gli invitati esperti di muretti a secco ben felici di trasmettere le proprie conoscenze, e per gli ospiti con la fortuna di ammirare il paesaggio mozzafiato che si gode da quel posto selezionato. La professoressa Angela Comenale ci spiega nel video come mai sia così importante non perdere questa tradizione, fatta di saperi locali, lontani, e di natura che si incastra tra le pietre accatastate.

    Eppure, in mezzo a questo paradiso, incombe ancora una voce strana del Piano urbanistico comunale che presto passerà in Consiglio a Genova: una strada prevista in zona ma stranamente non disegnata, per scelta, per non segnare graficamente la pretesa assurda di attraversare il Marsano con una viabilità verso il nulla dei terreni a levante, pronti per una possibile speculazione, una cosa che nessuno vorrebbe votare ma che qualcuno pretende con forza ed insistenza.
    Una situazione più volte segnalata dalle associazioni ambientaliste, da alcuni gruppi politici, dal Marsano stesso che attende da anni un riconoscimento ministeriale di area protetta che non arriva, senza comprenderne la ragione.
    (Stefano De Pietro)

  • OLI 420: POLITICA – Il Movimento 5 Stelle alle regionali 2015

    (Paolo Putti e Beppe Grillo il 15 aprile 2012 )

    L’organizzazione della squadra per la competizione elettorale per le prossime regionali in Liguria, nel Movimento 5 Stelle, è stata legata ad un piccolo post-scriptum di un post sul sito beppegrillo.it: “Paolo Putti non è il referente dello staff di Beppe Grillo per le elezioni regionali in Liguria”. Per comprendere cosa sia accaduto, occorre fare un passo indietro, a novembre 2014, quando Putti era stato indicato da Casaleggio e Grillo come il referente per le elezioni regionali per la parte di organizzazione delle “regionalie” (le primarie del M5S), svolte come al solito online e aperte a chiunque fosse registrato sul sito del Movimento 5 Stelle.
    Lo scopo di questo affidamento, differente da quello delle elezioni nazionali (affidate al gruppo consiliare savonese del M5S) e poi di quelle europee (sempre affidate a Savona ma questa volta ai loro parlamentari) era un messaggio molto forte di Grillo alla presenza di situazioni di litigio permanente tra vari gruppi territoriali, come accade in Liguria da sempre. Putti, evidentemente, era stato considerato in grado di dirimere tali conflittualità, ed in effetti, a differenza del 2010 quando il Movimento non si era agglomerato, questa volta il M5S si presenterà con una lista ben nutrita di 24 candidati consiglieri.
    Graticole, incontri, banchetti, presenza sui territori, tutte le regole classiche del M5S, poi apparentemente in modo inatteso nasce una proposta diversa per la scelta del candidato presidente, che era invece indicata nelle indicazioni dello “staff” milanese da effettuarsi tra i 24 candidati con un’elezione online, La “proposta Putti” viene esplicitata in un articolo pubblicato il 12 gennaio 2015 sul sito genova5stelle.it e sostenuta da molti consiglieri e attivisti liguri. La proposta era quella di aprire alla possibilità di scegliere un candidato esterno al Movimento, consentendo a chiunque di indicare un nome sia tra i candidati già precedentemente scelti che nella “società civile”, come già fatto per le quirinarie nel 2013. Poi, una elezione online tra gli iscritti cinquestelle avrebbe consentito di votare, consentendo quindi di allargare la possibilità di vittoria alle regionali 2015.
    Ma il risultato è stato un no secco di Grillo, e a distanza di pochi giorni da questo, è uscito il post scriptum citato in apertura.
    Non si intende entrare nel merito delle scelte del capo politico del Movimento, ognuno è libero di indicare delle strade politiche che ritiene migliori e se ne assume, come sempre, gli onori e gli oneri di fronte agli elettori; certamente il metodo di comunicazione scelto lascia con l’amaro in bocca chi ha visto e vissuto da vicino l’impegno dimostrato da Paolo Putti per traghettare il Movimento verso le regionali 2015 in Liguria.
    (Stefano De Pietro – foto di Giovanna Profumo)

  • OLI 417: COMUNE – Somme urgenze

    Le “somme urgenze” sono un pezzo del codice degli appalti che i governi che si susseguono tentano di tenere a freno con ogni mezzo, rappresentando un terreno fertile per assegnazioni dirette di lavori di valore anche notevole. Durante l’ultima alluvione il Comune di Genova ha aperto 49 somme urgenze, per un totale di circa 24 milioni di euro, che sono destinate ad aumentare man mano che si rilevano nuove situazioni di pericolo per l’incolumità pubblica e per i beni di interesse culturale.
    All’attivazione della somma urgenza da parte di un funzionario del Comune, la giunta prepara una delibera di variazione di bilancio che prima del governo Monti era di competenza della Giunta stessa. Monti introdusse un passaggio in Consiglio comunale, spalmando la responsabilità anche al Consiglio, per cercare di rimuovere fenomeni di eccesso nell’apertura di questo tipo di attività. Tentativo andato a buon fine per quello che riguarda la procedura ma non il risultato: le somme urgenze sono rimaste sempre le stesse, forse perché lo stato del territorio è quello che è, e una soluzione “da bancario” non ha certo permesso di evitare il crollo di muri e le alluvioni.
    Solitamente le somme urgenze sono poche unità all’anno, per cui la Giunta propone delibere al Consiglio relative ad ogni singola pratica. Nel caso dell’alluvione , la delibera proposta comprendeva ben 49 attività. Questo, se da una parte può essere considerato logico da chi ritenga il voto “evidente” (la maggioranza, che sempre supporta la sua giunta), risulta fastidioso per la minoranza, che vorrebbe invece poterle votare separatamente, avendo più interesse ad un controllo puntuale su ogni lavoro. Agire con emendamenti in un caso come questo può risultare complesso.
    Così, la richiesta di presentare tante delibere, una per ogni somma urgenza, fa quasi sorridere l’assessore, che scherza sul fatto che sarebbero necessarie 49 commissioni (le delibere passano prima in commissione e poi in consiglio), mentre gli si fa notare che quello che fa meno ridere è la commissione di una singola ora che è stata concessa per l’esame di questa pratica da 23 milioni di euro, e che la battuta delle 49 commissioni è solo tale, in quanto possono essere benissimo discusse in una singola commissione più pratiche.
    Insomma, il cammino per la trasparenza continua. Al momento, comunque, la Giunta è stata impegnata dal Consiglio, mesi fa, a fornire i dati delle somme urgenze, tra cui i computi metrici, fotografie e dettagli ulteriori, che i citttadini, visto il proficuo effetto domino della pubblicazione dei documenti del Consiglio nel sito web del Comune, possono trovare.
    Quindi, cittadini: avanti, leggete!

    (Stefano De Pietro)

  • OLI 417: INFORMAZIONE – La forza dei titoli

    Un titolo di giornale ha la forza di cambiare l’interpretazione di una notizia, poi riportata correttamente in fondo all’articolo, che però pochi leggono fino alla fine. E’ il caso dell’articolo “Bonus bebè, “no agli immigrati”. Blitz Lega, M5S d’accordo. Il testo non passa” pubblicato su Il Fatto Quotidiano online del 30 ottobre 2014. Una strategia tecnica da aula parlamentare viene stravolta al punto di far capire esattamente il contrario della realtà.

    Il caso: il Movimento 5 Stelle in Senato coglie l’occasione per votare una proposta della Lega Nord, che vorrebbe aumentare la durata degli aiuti fino al 2017 per il “bonus bebè”, a scapito però della sua applicazione alle persone con nazionalità diversa da quella italiana.
    I senatori pentastellati hanno votato a favore della proposta leghista, ma ben consci che sarebbe poi sopravvissuta soltanto la proroga, con la decadenza del restringimento di applicazione ai soli italiani per la sua inammissibilità costituzionale. Il titolo corretto avrebbe quindi dovuto essere: “Bonus bebè. Proroga al 2017 bocciata dai partiti della maggioranza“.
    (Stefano De Pietro – illustrazione di Guido Rosato)