Categoria: Stefano De Pietro

  • OLI 397: (DIS)INFORMAZIONE – Pesce in barile

    Il mare visto dalla collina di Sant’Ilario

    Giornale da bar di circolo, titolo conseguente. Così potremmo definire la “testata” Il Secolo XIX e un articolo che intitola a Grillo il vantaggio della bocciatura da parte della Capitaneria di porto di Genova di un progetto di pescicoltura proprio di fronte alla passeggiata Anita Garibaldi. Un’arguzia sopraffina, riuscire a trovare un collegamento tra il fatto crudo (vasche di pesci che danneggiano i pescatori e la navigazione) e il fatto mediatico, come dire, lavorato di fine all’uncinetto (la vista salvata dalla villa di Beppe), non è cosa da tutti. Se non fosse per la smorfia di dolore etico che questo artifizio crea in chi ancora crede nell’importanza dell’informazione vera, dei fatti e delle idee, sarebbe da applaudire il giornalista, purtroppo sconosciuto, un articolo figlio di NN. Anche guardando la foto, ci si accorge che da Sant’Ilario la visione delle vasche sarebbe stata impossibile, sia per la collocazione che per la distanza.
    Poiché i fatti sono sconosciuti al redattore, ci tocca presentarli noi, supplendo a quello che avviene ormai spesso a questo giornale, che quando si riferisce al Movimento 5 Stelle e a Beppe Grillo pare andare in cortocircuito. Eccoli quindi.
    Alcuni mesi fa, a settembre 2013, durante una commissione sul litorale, alcuni residenti di Nervi cominciarono a chiedere della pescicoltura che un progetto già approvato dalla Regione e molto ben visto dal Comune stesso piazzava proprio di fronte al Castello di Nervi, all’inizio della passeggiata. Molti consiglieri restarono interdetti, non se ne sapeva nulla. Come sempre, la Giunta e gli Uffici comunali lavorano senza alcuna partecipazione, né con i cittadini, tanto meno in questo caso con i pescatori professionisti che da questa installazione trarrebbero un danno, figuriamoci con i Consiglieri.
    Nel tempo che intercorre tra allora e la giornata di mercoledì scorso, alcuni gruppi consiliari si “scatenano” nell’attività di indagine, tra i quali il Movimento, che organizza una riunione pubblica in un locale in passeggiata, durante la quale insieme ai pescatori, invitati dai volantinaggi di preparazione all’evento, spunta anche l’imprenditore. Ne nasce una discussione molto civile, senza urla ma con posizioni divergenti, quel minimo di confronto partecipato. Ulteriori indagini del Movimento fatte con persone abitanti di fronte ad un impianto similare a Lavagna lasciano presumere che l’impianto, in quella posizione, oltre ai problemi indicati dalla Capitaneria sul traffico navale, sarebbe inquinante e pericoloso per la biologia della costa. La posizione cinquestelle si attesta quindi su un diniego dell’opera. In commissione, viene anche posto l’accento sul sistema ombroso usato per l’iter della pratica, che è transitata tra regione e comune senza che i cittadini fossero minimamente interessati. La partecipazione, si sa, è scomoda, allunga i tempi, soprattutto non riempie le pagine dei giornali se non quando, come in questo caso, arriva l’inghippo: una recente norma statale leva al Comune la competenza sul demanio marittimo che ritorna al Ministero dell’agricoltura e, quale suo braccio operativo, alla Capitaneria di porto. Ma al giornale serviva parlare male di Grillo, quindi il titolo assume la forma di una colpa inevitabile, un marchio di spregio, pazienza se la Verità viene sacrificata alla linea editoriale non propriamente “movimentista”. Amabili contastorie.
    (Stefano De Pietro – immagine da internet)

  • OLI 396: TRASPARENZA – A Scarpino non si fotografa

    Pare che le aziende impegnate nella gestione dei rifiuti, del gas, delle acque, della depurazione siano particolarmente attente a non far pubblicare foto dei  propri impianti, E’ successo già due volte, in occasione di sedute di commissioni consiliari fuori sede: al depuratore di Quarto, gestito da Mediterranea delle acque (gruppo Iren) e in Amiu, la partecipata del Comune, oggi in mezzo allo scandalo dei liquami di Scarpino e delle “liason”, non propriamente professionalidi alcuni dirigenti di vertice.
    Nel caso del depuratore la telecamera aveva lo scopo (dichiarato) di documentare il funzionamento dell’impianto, e l’autorizzazione richiesta non è mai arrivata. Per quanto riguarda Amiu, il diritto di un Consigliere comunale a fotografare e riprendere si ferma al cancello dell’impianto di trattamento della differenziata a Sardorella, così come nella discarica di Scarpino.
    Certo, viene da pensare che entrambe le aziende possano avere qualcosa da nascondere, in realtà non è proprio così. Fa forse solo parte di un modo di pensare che fa della trasparenza un pericolo da combattere, perché il controllo viene mantenuto solamente con la negazione “per motivi di sicurezza”.
    In Amiu a dare la disposizione è l’ex Presidente Casale in persona, in Iren si lascia fare subordinando l’autorizzazione alla pubblicazione ad un consenso che poi non arriva.
    Comunque, qualsiasi cosa non abbiano voluto far fotografare a Scarpino, alla fine un problema esce comunque fuori dal recinto e scende nel fiume.
    (Stefano De Pietro – foto di una discarica – da internet)

  • OLI 391: COMUNE – Primi segni di rivolta dei lavoratori, opportunità per Genova

    Il cortile di Palazzo Tursi attrezzato per la visione televisiva del Consiglio Comunale

    Certo che fa sorridere quanto riportato su Il Secolo XIX di ieri (pag.14, “Doria sotto choc: non so se potremo andare avanti”), sulla  frase di stizza nei confronti del Movimento 5 Stelle da parte del consigliere del Pd Farello, sulle da lui presunte responsabilità dei grillini nella situazione di rivolta creatasi in Amt e nelle altre partecipate. “Soffiate sul fuoco”, avrebbe affermato, come se ci fosse bisogno di aggiungere il tiepido venticello di cinque consiglieri comunali di minoranza, cittadini prestati alla politica, di fronte al tifone causato da vent’anni di amministrazione dei professionisti del suo partito, a Genova e a Roma. Ma forse su una cosa Farello ha ragione: se non ci fosse stato proprio il Movimento a fine luglio a stoppare il Consiglio comunale con 800 emendamenti, per dar tempo ai lavoratori di organizzarsi contro questa proposta di delibera, oggi non ci sarebbe bisogno di fare scioperi: tutto sarebbe passato tranquillamente con un bel voto di maggioranza e senza nessuno scandalo per la perdita di verginità del sistema delle principali partecipate genovesi.
    Il governo centrale e l’Europa spingono alle privatizzazioni, proprio per questo chi invece sta usufruendo di un servizio pubblico che bene o male funziona non vorrebbe veder sventuto ai privati un bene comune. Non si capisce come mai la Giunta non abbia nemmeno provato la strada del rientro in “azienda speciale”, come chiedono da mesi i comitati dei beni comuni e altre associazioni, ai quali il Movimento è legato dai primi giorni di vita. Ed infatti proprio insieme a loro è stato formulato un maxi emendamento alla delibera, che chiede la costituzione di un Comitato di cittadini, inserito in statuto alle aziende, per prendere parte alla vita amministrativa delle partecipate, ritrasformate in aziende speciali, valutando la possibilità di cambiare il sistema di pagamento dal biglietto alla tassa di scopo, e utilizzando un sistema di trasferimento del personale tra partecipate: Questo ultimo strumento era stato proposto dalla giunta stessa prima dell’estate, nel Regolamento per il controllo delle aziende partecipate, ed era stato apprezzato, anche se l’impianto totale del Regolamento era stato ritenuto insoddisfacente perché inefficace.
    Chissà che con una organizzazione come quella proposta, la privatizzazione sia possibile ad opera dei lavoratori stessi, neo imprenditori della salute della propria città, senza andare a svegliare i soliti giganti pigliatutto. E non dimentichiamo la possiblità dell’azionariato diffuso.
    Dalle ultime notizie risulta che Doria intenda conservare Amt pubblica, e che Vesco, assessore regionale, confermi la proroga di altri due anni del contratto di servizio Amt. Finita la crisi Tpl, occorrerà continuare, insieme ai lavoratori di Amt, ad insistere per la messa in opera della proposta cinque stelle. E continuare ad opporsi anche per la vendita di Farmacie e Bagni Marina, alla privatizzazione di Aster e soprattutto di Amiu: l’arrivo del privato nel sistema dei rifiuti genovese significa inceneritore, chi potrebbe mai perdonarlo a Doria?
    (Stefano De Pietro – foto dell’autore)

  • OLI 390: ECONOMIA – Itticoltura a Nervi

    Un impianto di maricoltura a Nervi, questa è l’ultima novità delle amministrazioni pubbliche liguri: la Regione che va in deroga a sé stessa ed autorizza un impianto a un chilometro dalla costa proprio di fronte al Castello di Nervi, e il Comune che sta valutando di autorizzare l’attività a terra dell’impresa nel porticciolo e le necessarie pratiche per poter aprire un magazzino tecnico e raccogliere il pesce prodotto e portarlo via con dei camion.
    Si inizierebbe con due vasche, per arrivare poi nel tempo a nove, occupando in totale uno specchio acqueo di duecentomila metri quadrati, in un posto che viene ricnonosciuto da tutti come l’ultimo baluardo della conservazione del paesaggio a Genova, per lo meno in riva al mare.
    Contro questo progetto si stanno organizzando i comitati della zona, specialmente i pescatori che troverebbero in quei grandi contenitori galleggianti un intralcio alla propria pesca ed un elemento di disturbo nei confronti del pesce “libero”, che si assieperebbe intorno alle reti sommerse a cercare cibo facile ed abbondante. Con il rischio che i pesci selvaggi, a contatto con un allevamento governato da antibiotici, possano ammararsi più facilmente.
    Certo, si dice, il mercato è diverso, i pescatori non devono temere la concorrenza dell’impianto in quanto si tratta di prodotti differenti, uno allevato, l’altro pescato selvaggio e quindi che può godere di un ben altro valore sul mercato. Ed è anche vero che senza il pesce allevato, il costo del mercato ittico sarebbe proibitivo, quindi di fatto allevare è necessario.
    Ma veder progettare un impianto ad un chilometro dalla costa a Nervi, dove la Regione stessa non prevedeva itticoltura, andando in deroga a sé stessa, nel posto con il miglior panorama di Genova e usando il porticciolo interrato come base logistica lascia il dubbio che qualcosa non funzioni nei meandri della burocrazia nostrana.
    (Stefano De Pietro – immagine da Internet)

  • OLI 388: COMUNE – Sportingenova, si chiude!

    Sportingenova è l’azienda del comune di Genova creata nel 2006 per gestire gli impianti sportivi della città. Ferraris, Carlini, Villa Gentile, ma anche piscine comunali e altro a disposizione dei genovesi per sgambettare e mantenersi in salute.
    In circa sei anni di gestione, ha accumulato qualcosa come quindici milioni di euro di debiti vari, l’ottanta per cento (dichiara l’assessore Miceli) verso Iren, Amiu, Aster. Oggi è in stato di liquidazione, con il personale ridotto al solo liquidatore, Ing. Adriano Anselmi, e con un’unica traccia sul web in una vecchia pagina di Amiu di quando Sportingenova era controllata dalla controllata, situazione già segnalata in comune ma senza risultato. La chiusura definitiva dell’azienda comporterebbe la cessione della proprietà degli impianti nei confronti dei creditori, lasciando la città senza alcuni di essi.
    Quindi, qual’è la soluzione trovata dalla giunta per poter chiudere l’azienda liquidando i fornitori e salvando gli impianti comunali? Certamente non intervenire su chi ha gestito l’azienda, questo è scontato. Soldi liquidi in cassa non ce ne sono, manco a dirlo, almeno questo parrebbe dalla relazione in commissione. Quindi si agisce sull’unica via d’uscita rimasta: cedere all’aziena beni del comune, permutandoli prima in seno a Sportingenova con gli impianti sportivi, per poi chiudere la partita con la vendita finale. Operazione che viene definita dall’assessore “a costo zero” per il Comune. A costo zero in termini di liquidità, peccato che Sportingenova avesse acquisito gli impianti per un tozzo di panne e che adesso il comune debba permutarli ad un valore tale da coprire il debito.
    La delibera promossa dalla Giunta (e passata a maggioranza in Consiglio comunale poco tempo dopo, il 10 settembre) richiederebbe un approfondimento del bilancio, invece nonostante numerose richieste questo bilancio è stato tenuto segretato dall’assessorato, fino alla data odierna. Nonostante una richiesta in commissione, una in consiglio comunale, un scritta e diverse mail e telefonate, soltanto oggi tali dati sono stati spediti ai consiglieri che ne hanno fatto richiesta.
    Si tratta, a dire il vero, di un comportamento usuale del comune, che è sempre molto attento ai dati che pubblica che, alla faccia della trasparenza, paiono vivere molto bene nei cassetti polverosi degli uffici, invece che essere pubblicati sui siti web del comune e delle partecipate, in taluni casi come richiede la legge.
    Alcuni link:
    http://www.ilsecoloxix.it/p/genova/2013/09/04/AQwNOxI-palazzi_sportingenova_pagare.shtml
    http://www.ilsecoloxix.it/p/genova/2013/05/29/APyZ6DdF-sportingenova_beffa_milioni.shtml
    http://www.amiu.genova.it/accessibile/contents.php?content_id=23
    http://www.comune.genova.it/node/14664
    http://www.genova24.it/tag/sportingenova/
    (Stefano De Pietro)

  • OLI 387: INFORMAZIONE – Fukushima è sparita dai giornali

    Non si riesce a capire il motivo per il quale il problema mondiale della centrale di Fukushima, colpita nel 2011 dallo tsunami che l’ha resa un problema da risolvere *per la sopravvivenza della vita sulla terra*, trovi così poca attenzione sui media nazionali.
    Da quando due anni fa la notizia tenne il mondo col fiato sospeso per alcune settimane, oggi se ci si limitasse a leggere le poche notizie diffuse da giornalie televisioni su questo argomento, si verrebbe portati a pensare che tutto sia ormai sotto controllo e che i potentissimi mezzi tecnici e cerebrali messi a disposizione dalla Tepco, società privata che ha in gestione Fukushima, abbiamo risolto ogni problema. Ma non è affatto così.
    E’ ormai evidente che la Tepco non è in grado di mettere in sicurezza Fukushima, e forse nessuno lo è veramente, è notizia di pochi giorni fa che il premier giapponese ha ufficialmente chiesto aiuto ai paesi più tecnologicamente avanzati affinché diano un aiuto tecnico. Pareva che non si decidessero mai, ma questa resa giapponese deve aver fatto perdere alla politica oggi al potere molti punti percentuali di gradimento dai suoi elettori, e se un premier di un paese democratico arriva a tale “suicidio” elettorale evidentemente la situazione deve essere davvero grave.
    Che lo sia, lo confermano alcune notizie ritrovate qua e là grazie ai motori di ricerca: uno sversamento di acqua radioattiva avvenuto perché nei serbatoi pare non siano stati installati non dico allarmi di massimo livello ma nemmeno dei semplici misuratori di livello – il che lascia di stucco per un ambito come quello nucleare – o che gli stessi serbatoi non siano stati costruiti per durare a lungo: nella fretta non ci si è posto il problema di eventuali ritardi nella procedura del loro successivo svuotamento. E’ poi notizia della settimana scorsa che un tifone avrebbe colto impreparata la Tepco, la quale si era fidata delle previsioni meteo: avrebbe “perso” per una seconda volta acqua radioattiva, che finirà in mare.
    Il Giappone pare aver perso lo smalto di precisione cronometrica che lo contraddistingueva: pare ormai caduta nel baratro della approssimazione, della corruzione. E potrebbe essere proprio la corruzione la causa scatenante dei problemi di Fukushima. Leggendo gli articoli, si pensa: “menomale” che in Italia il referendum sul nucleare ha dato l’esito di fermare la costruzione di centrali a fissione.
    A tranquillizzare un po’ ci pensa questo blog “antibufala” che riporta alcune informazioni in controtendenza: http://tagli.me/2013/09/24/tutte-le-bufale-su-fukushima-2-il-pericolo-di-catastrofe-radioattiva/
    Un po’ di link:
    http://it.euronews.com/2013/08/28/fukushima-fuga-acqua-radioattiva-serio-incidente-di-livello-3
    http://it.euronews.com/2013/10/17/giappone-tifone-provoca-perdita-radioattiva-a-fukushima/
    http://it.euronews.com/2013/09/03/fukushima-governo-stanzia-47-miliardi-di-yen-per-acqua-contaminata
    http://it.euronews.com/2013/08/07/disastro-di-fukushima-il-premier-abe-chiede-provvedimenti-all-esecutivo
    http://www.greenstyle.it/fukushima-il-premier-abe-chiede-aiuto-al-mondo-56155.html
    http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/10/10/fukushima-giappone-chiede-aiuto-alla-comunita-internazionale/739956/
    (Stefano De Pietro)
  • OLI 386: COMUNE – Le partecipazioni per le partecipate

    Un “matrimonio” tra pubblico e privato per salvare la situazione, con le “partecipazioni” inviate al Consiglio comunale in una delibera di fine luglio. Così il sindaco Doria ha finalmente calato la maschera, e si è allineato alle richieste che una parte preponderante del Pd sta avanzando da tempo, a cominciare dalla prima delibera Amt del giugno 2012, dove si dava mandato alla giunta di pensare ad una possibile entrata dei privati nella compagine sociale.
    Dopo un anno esatto la richiesta si allarga alle principali aziende quali Aster, Amiu, quest’ultima tra l’altro in attivo di bilancio, arrivando al progetto di alienazione totale su quanto considerato non strategico, ossia Bagni Marina – l’azienda che governa i bagni comunali – e sulle farmacie comunali. Naturalmente la mano nera colpisce ma ritrae l’artiglio, lasciando l’ingrato compito di presentare la cosiddetta “delibera partecipate” al Consiglio comunale a firma del Sindaco stesso e dell’assessore al bilancio e alle partecipate Miceli, Lasciando fuori una catastrofe come Fiera di Genova, anzi interessata da un’azione di salvataggio multimilionaria piuttosto strana ed effettuata sul filo della legalità (si parla di 40 milioni di euro, con l’affidamento al comune del padiglione blu che Fiera non riesce a pagare). Ma anche salvando Sportingenova da un palese fallimento: con i suoi 15 milioni di euro di debito accumulato non pagando le bollette, sarà chiusa, ma non prima di aver ricomprato gli impianti sportivi cedendo parte degli immobili di proprietà del Comune in uno scambio immobiliare che qualcuno in giunta ha definito a “costo zero”: davvero incredibile. Per Sportingenova la delibera viene fatta poi passare in Consiglio con un voto della maggioranza, senza aver avuto modo di leggere i bilanci, chiesti e richiesti e apertamente negati dalla Giunta in più occasioni.
    Dopo un’opposizione ferrea del Movimento 5 Stelle, che con più di 600 emendamenti e ordini del giorno presentati ha consentito di rimandare la delibera delle privatizzazioni al primo Consiglio comunale di settembre, seguito del successivo ritiro della stessa da parte della Giunta con la promessa di ripresentarla dopo una serie di consultazioni con OOSS e dirigenze, ci si aspetta adesso a giorni che ricompaia in commissione per la discussione e la “chiamata in aula”, atti istituzionali obbligatori.
    A seguito di questo ritardo favorevole, il M5S si è organizzato, invitando al confronto le OOSS, la dirigenza, ma anche direttamente i lavoratori e, novità assoluta per il Comune di Genova, i cittadini utenti. Fino ad oggi si sono susseguiti diversi incontri, tra i consiglieri cinquestellati e molte delle parti invitate, consentendo di chiarire i rispettivi punti di vista, talvolta fortemente contrari alla privatizzazione anche da parte della dirigenza, altre volte allineati con le direzioni della Giunta. Il punto di vista del M5S è quello di convincere l’amministrazione, tra le altre cose, che considerare Farmacie comunali e Bagni marina aziende non strategiche e quindi certamente cedibili è un grave errore sociale, che porterà conseguenze negative per i cittadini, aumenti di tariffazione, riduzione di servizi scomodi dal punto di vista commerciale ma necessari per il sostegno sociale a chi fosse più in difficoltà. E naturalmente di non privatizzare, visto che è ormai certo che si andrebbe incontro a tagli del personale, e alla formazione delle solite “bad company” che resterebbero a carico del Comune per salvare posti di lavoro rifiutati dai privati, i nuovi patron anche con la minoranza delle azioni, grazie agli inevitabili patti parasociali: vedi Ami e Amt ai tempi dell’ingresso dei francesi.
    Pubblicheremo i documenti del Consiglio man mano che perverranno alla redazione, per consentire ai lettori di seguire questo ennesimo capitolo nefasto della storia di Genova.
    Intanto, ecco la delibera di Luglio.
    (Stefano De Pietro)

  • OLI 384: DAL WEB – La crisi diventa semplice da comprendere

    (Nighthawks – Edward Hopper)

    Helga è la proprietaria di un bar, di quelli dove si beve forte. Rendendosi conto che quasi tutti i suoi clienti sono disoccupati e che quindi dovranno ridurre le consumazioni e frequentazioni, escogita un geniale piano di marketing, consentendo loro di bere subito e pagare in seguito. Segna quindi le bevute su un libro che diventa il libro dei crediti (cioè dei debiti dei clienti). La formula “bevi ora, paga dopo” è un successone: la voce si sparge, gli affari aumentano e il bar di Helga diventa il più importante della città.
    Lei ogni tanto rialza i prezzi delle bevande e naturalmente nessuno protesta, visto che nessuno paga: è un rialzo virtuale. Così il volume delle vendite aumenta ancora. La banca di Helga, rassicurata dal giro d’affari, le aumenta il fido. In fondo, dicono i risk manager, il fido è garantito da tutti i crediti che il bar vanta verso i clienti: il collaterale a garanzia. Intanto l’Ufficio Investimenti e Alchimie Finanziarie della banca ha una pensata geniale. Prendono i crediti del bar di Helga e li usano come garanzia per emettere un’obbligazione nuova fiammante e collocarla sui mercati internazionali: gli Sbornia Bond. I bond ottengono subito un rating di AA+ come quello della banca che li emette, e gli investitori non si accorgono che i titoli sono di fatto garantiti da debiti di ubriaconi disoccupati. Così, dato che rendono bene, tutti li comprano.
    Conseguentemente il prezzo sale, quindi arrivano anche i gestori dei Fondi pensione a comprare, attirati dall’irresistibile combinazione di un bond con alto rating, che rende tanto e il cui prezzo sale sempre. E i portafogli, in giro per il mondo, si riempiono di Sbornia Bond.
    Un giorno però, alla banca di Helga arriva un nuovo direttore che, visto che in giro c’è aria di crisi, tanto per non rischiare le riduce il fido e le chiede di rientrare per la parte in eccesso al nuovo limite. A questo punto Helga, per trovare i soldi, comincia a chiedere ai clienti di pagare i loro debiti. Il che è ovviamente impossibile essendo loro dei disoccupati che si sono anche bevuti tutti i risparmi. Helga non è quindi in grado di ripagare il fido e la banca le taglia i fondi. Il bar fallisce e camerieri e baristi si trovano per strada. Il prezzo degli Sbornia Bond crolla del 90%. La banca che li ha emessi entra in crisi di liquidità e congela immediatamente l’attività: niente più prestiti alle aziende. L’attività economica locale si paralizza. Intanto i fornitori di Helga, che in virtù del suo successo, le avevano fornito gli alcolici con grandi dilazioni di pagamento, si ritrovano ora pieni di crediti inesigibili visto che lei non può più pagare. Purtroppo avevano anche investito negli Sbornia Bond, sui quali ora perdono il 90%. Il fornitore di birra inizia prima a licenziare e poi fallisce. Il fornitore di vino viene invece acquisito da un’azienda concorrente che chiude subito lo stabilimento locale, manda a casa gli impiegati e delocalizza a seimila chilometri di distanza. Per fortuna la banca viene invece salvata da un mega prestito governativo senza richiesta di garanzie e a tasso zero. Per reperire i fondi necessari il governo ha semplicemente tassato tutti quelli che non erano mai stati al bar di Helga perché astemi o troppo impegnati a lavorare. Bene, ora potete dilettarvi ad applicare la dinamica degli Sbornia Bond alle cronache di questi giorni, giusto per aver chiaro chi è ubriaco e chi sobrio.
    (http://blog.safog.com/2010/06/08/die-wirtschaftskrise-leicht-verstandlich-suffbond-alkbond-und-kotzbond/ Stefano De Pietro – testo e immagine da Internet)

  • OLI 382: EDITORIA – Chiude e-il mensile

    Sicuramente ricorderete il sito peacereporter.net che per anni ha riportato notizie su guerre e situazioni di disagio sociale in giro per il mondo. Con l’arrivo del mensile di Emergency su carta, tutto fu riportato sotto il nuovo sito e-il mensile, diretto come per il precedente sito da Maso Notarianni. La testata ha avuto un discreto successo, ma le 10mila copie vendute non sono sufficienti a garantire la sopravvivenza della testata cartacea. Così, annuncia il direttore Gianni Mura, meglio dare la scontata precedenza agli aiuti umanitari e chiudere il giornale dopo il prossimo numero di luglio. Facciamo gli auguri per la prosecuzione dell’attività su web a tutta la redazione.
    La redazione di Oli. 

  • OLI 382: POLITICA – El candigato, quando la disillusione è totale

    Potrebbe benissimo applicarsi alla politica nostrana l’iniziativa di alcuni giovani messicani che hanno inventato il loro personale candidato alle prossime elezioni del presidente. Stufi delle solite promesse elettorali mai mantenute, preferiscono affidarsi alle promesse semplici di un gatto, el candigato, il “candigatto” ideale.
    Sulla base di questa semplice idea, stanno sviluppando una campagna elettorale che prende in giro quella degli altri candidati “umani”, solo virtualmente in competizione col gatto per la carica di presidente della repubblica messicana, sito web elcandigato.com.
    Con grande inventiva molti cittadini stanno aggiungendo sui social media manifesti virtuali e video con le promesse elettorali del gatto, che assicura di eliminare i topi dalle città, attività che certamente conosce meglio di chiunque altro, o di fare assolutamente nulla in campo legislativo, con lo stesso effetto dei soliti politici ma almeno promettendolo chiaramente prima della elezione.
    I video prodotti stanno spopolando in rete e gli stessi sono tradotti e sottotitolati in inglese per allargare la protesta oltre i confini della lingua spagnola: l’arrivo di internet sta cambiando notevolmente la società in tutto il mondo, senza questa tecnologia simili attività sarebbero impedite dall’ostacolo economico.
    Per ora el candigato è solo una protesta, i loro inventori non intendono candidarsi in prima persona, saranno certamente parte del partito degli astenuti che hanno perso ogni speranza di cambiamento.
    (Stefano De Pietro – immagine da internet)