Categoria: Donne

  • OLI 283: DIRITTI – Scegliere il tempo del morire

    L’evento questa volta è raccontato “dall’interno” perché siamo in tre – della redazione di OLI – ad avervi partecipato.
    Giovedì scorso, per tre ore, gli uffici dell’Anagrafe di Corso Torino sono stati animati da una insolita agitazione, che si sommava a quella della vicina sala dedicata ai matrimoni: un gruppo di donne di età molto diverse, unite dalla appartenenza al gruppo “Generazioni di donne”, aveva organizzato la consegna collettiva dei propri testamenti biologici per “sollecitare le forze politiche e il legislatore a riconoscere pienamente il diritto alla autodeterminazione” e per affermare il diritto a scegliere il tempo del proprio morire, a rifiutare di diventare esseri puramente vegetativi nelle mani di altri, o di soffrire senza prospettiva per un tempo indeterminato.
    Ognuna delle “testamentarie” sapeva bene quanto sia incerto questo terreno: nessuna legge garantisce la validità di questo atto, e attendere che una normativa rispettosa della pluralità di pensieri possa arrivare nel prossimo futuro richiede un grande ottimismo: gli attacchi a Saviano e Fazio per lo spazio dato a Mina Welby e a Englaro, la minatoria circolare governativa contro i registri comunali, l’isterica reazione al suicidio di Monicelli, il grande attivismo delle gerarchie cattoliche, dicono che tira una brutta aria per la ragione e il rispetto.

    Ma il cammino della politica è lungo, e le prospettive si costruiscono anche nei momenti bui, agendo soprattutto sul piano della cultura e della consapevolezza: per questo le organizzatrici intendevano rivolgersi non solo alle istituzioni e alle forze politiche, ma alle persone, donne e uomini.
    Alle persone però bisogna arrivarci, e non è così facile.
    Il gruppo ha un suo sito (*), ma per questa occasione è stata tentata anche la strada degli organi di informazione. Ripetuti invii di comunicati e diversi giri di telefonate non sono però riusciti a smuovere i redattori della stampa locale oppressi, come hanno lamentato al telefono, “dalle centinaia di segnalazioni” che piovono sui loro tavoli ogni giorno. Così sui giornali di questo evento non vi era traccia.
    Altra assenza sensibile quella della amministrazione comunale: la manifestazione era organizzata da tempo, ma nessuna presenza politica si è affiancata ai gentilissimi funzionari responsabili della redazione materiale degli atti.
    Peccato, poteva essere una buona occasione per richiamare l’attenzione pubblica su un “servizio” – e soprattutto su una questione etica, culturale e politica – pesantemente sotto attacco da parte del governo.

    Il documento che annunciava l’iniziativa osservava che sul testamento biologico “L’informazione è molto carente e si è limitata al momento del lancio della iniziativa” e che “La nostra azione pubblica ha lo scopo di spezzare questo silenzio”. Il sito del Comune, per parte sua, non aiuta, arrivare alla voce “testamento biologico” è cosa ardua: imperizia? Distrazione? Intenzionalità? …
    Per colmare almeno in parte queste lacune, le istruzioni necessarie a compiere questo atto sono state inserite sul sito del gruppo (*).
    Un aiuto è venuto solo dal lungo e bel servizio di Emanuela Pericu sul TGR: avrà giocato la particolare attenzione femminile su questo tema? Il 65 % dei testamenti è stato depositato da donne, e donne erano le organizzatrici di questo testamento plurale.
    Riflettere sulle ragioni profonde di questa differenza può essere un esercizio interessante.
    (*) www.generazioni-di-donne.it
    (Paola Pierantoni)

  • OLI 279: TELEVISIONE – Le liste delle donne

    L’immagine delle donne in Italia, e la loro concreta condizione, attraversano tempi bui dalle nostre parti. Gli elenchi che Emma Bonino, Susanna Camusso, Arabella Soroldoni hanno scritto per “Vieni via con me” (quello di Arabella è stato letto da Laura Morante) sono la voce delle donne che incultura e sfruttamento tentano di cancellare.

    Molti ieri li avranno sentiti questi elenchi, e in ogni caso tutti sanno andare a cercarseli su You Tube. Però li proponiamo anche qui, su OLI, per dire che sono un antidoto formidabile ai nostri veleni quotidiani.
    http://www.youtube.com/watch?v=vsdyLCzXcgU
    (Paola Pierantoni)

  • OLI 275: POLITICA – La lunga estate delle donne romane

    L’estate delle donne romane è stata lunga e particolarmente afosa. Sembra non dar tregua neanche ai segnali del primo freddo. Come al solito tutto è iniziato sommessamente, il 26 maggio 2010, con la proposta di Legge regionale del Lazio n. 21 del consigliere Olimpia Tarzia. Tra i suoi titoli rammentiamo: Docente di Bioetica, Vice Presidente nazionale della Confederazione Italiana Consultori Familiari di Ispirazione Cristiana, tra i fondatori del Movimento per la Vita, Presidente del Comitato Nazionale per la Famiglia, Presidente del Comitato “Donne e Vita” etc etc.
    La proposta riconosce la famiglia come centro per la promozione della vita e delle relazioni etico-educative, nucleo fondante di nuove realtà consultoriali parallele a quelle territoriali pubbliche-locali e no profit, con le quali la famiglia deve interagire nello spirito della contaminazione della società civile. Anzi, la famiglia è la società civile!
    Scorrendo gli articoli s’intuisce che con famiglia s’intende la coppia canonicamente consacrata dal rito nuziale, non si sa se religioso o meno. Un vago riferimento all’oratorio (art.8) come luogo di aggregazione con il quale il nuovo consultorio familiare dialoga per la maturazione psico affettiva e sessuale dei membri della famiglia, lascia ad intendere qualcosa. La mission della famiglia evangelizzante è la promozione della vita, (art. 13) deve accompagnare e anticipare la possibilità di avvalersi della legge 194/78, tentando di preservare la maternità, facendo ragionare la donna sulle motivazioni della sua scelta personale di abortire, proponendo sostegni economici in una strenua difesa del concepimento. Si citano appositi fondi da dispensare a madri che rientrino in determinate categorie di reddito, prospettando sovvenzioni sino al quinto anno di età del bambino. Consultori familiari e madri dovrebbero essere sostenuti dalla Regione Lazio, quando questa soffre di un buco enorme di bilancio nella sanità e non riesce nemmeno a coprire le necessità del territorio regionale con il numero esiguo di consultori pubblici. Alla sottrazione di fondi pubblici per un’iniziativa privata è proposta l’ormai usuale alternativa (art.17-18): la possibilità di aggregarsi in consorzi (ben vengano se non forzati), cercare sponsor etc. Non una novità per una convergenza storico nazionale in cui i servizi sociali e culturali sono messi a dura prova, se non completamente in dubbio.
    Il provvedimento di legge prevede anche l’istituzione di un comitato bioetico, composto da alcune figure professionali come l’esperto in bioetica, il giurista, il farmacologo etc. Dunque nuovi ruoli professionali, quali le qualifiche per identificarli? Il Comitato bioetico presiede le attività dei consultori pubblici e verifica che i loro servizi siano conformi alle norme bioetiche.
    La minaccia ai consultori pubblici, alla legge 194, alla legge 15/76 in vigore, è stata recepita da diverse realtà, dai sindacati agli stessi consultori, dai comitati femminili a singole adesioni di professioniste, che si riuniscono ormai da luglio alla Casa Internazionale delle Donne. Tutte insieme hanno dato luogo ad iniziative simboliche, continuano a raccogliere firme, hanno incontrato il 4 ottobre scorso Emma Bonino ed altri esponenti di partiti politici che hanno dato sostegno al no nei confronti della proposta di legge.
    Il capitolo non è ancora chiuso, anzi, collocato in uno scenario nazionale in cui le pressioni verso le autonomie regionali, combinate con le forti restrizioni dei loro budget sanitari, può dar vita alle più varie declinazioni. Una legge regionale che scavalca una nazionale, approvata con un referendum popolare, dovrebbe mettere in allerta chiunque. Ancora una volta le donne sono chiamate a difendere diritti ritenuti acquisiti, non solo per interesse diretto, ma per una condivisione reale e nel tentativo di radicare quelli che dovrebbero esser diritti naturali.

    http://www.olimpiatarzia.it/
    http://www.petizionionline.it/petizione/salviamo-i-consultori-della-regione-lazio-dalla- proposta-di-riforma-tarzia/1977
    http://roma.repubblica.it/cronaca/2010/09/22/news/consultori-7324163/
    http://www.radioradicale.it/scheda/312368

    (Maria Alisia Poggio)

     
  • OLI 275: LETTERE – I tagli del governo mettono a rischio il Centro anti violenza

    La violenza “di genere” colpisce ogni anno migliaia di donne e figli minori, avvelenando in profondità il tessuto sociale del nostro Paese.
    Nel 2005, su impulso della Provincia di Genova, è nata la Rete provinciale antiviolenza, che connetteva competenze, servizi e volontà politica di chi, da fronti diversi, lavorava su questo tema.
    Negli anni la Rete è cresciuta, e ad oggi ne fanno parte 24 associazioni, 24 Comuni, 6 Pronto Soccorso, due ASL con una buona collaborazione con le Forze dell’Ordine.
    La L.R. 12/2007 “Interventi di prevenzione della violenza di genere e misure a sostegno delle donne e dei minori vittime di violenza”, nata su proposta della Rete, prevede, tra l’altro, il finanziamento per la costituzione di almeno un Centro antiviolenza in ogni Provincia, il sostegno a progetti individualizzati per le donne, case rifugio e alloggiative, campagne di sensibilizzazione.
    Il Centro Antiviolenza di via Mascherona a Genova è stato inaugurato ufficialmente il 25 novembre del 2008 da Provincia, Comune e Regione assieme alle associazioni della Rete.
    Oggi, a due anni dalla sua apertura, sono stati registrati 416 contatti, e 243 donne hanno iniziato il percorso di fuoriuscita dalla violenza, con la presenza di oltre 100 minori vittime di violenza assistita o subita.
    Nel 2010 le prese in carico sono aumentate del 30 % rispetto al 2009, e i contatti sono aumentati del 40 %. Analogo riscontro hanno i Centri d’ascolto nati nel frattempo in cinque Comuni del territorio provinciale, e possiamo prevedere che la crescita continuerà anche nei prossimi anni.
    Importanti collaborazioni sono state stabilite con ASL 3, Direzione consultoriale, Dipartimento di Salute mentale, Servizio di reperibilità dei servizi sociali, Rete madre-bambino e con le case rifugio e accoglienza del Comune di Genova.
    Ma ora ciò che abbiamo costruito in questi anni rischia di essere messo in discussione. Le politiche economiche, la riforma federalista e i tagli diretti o indiretti previsti dal governo Fini – Bossi – Berlusconi sullo stato sociale ricadranno su Regioni, Enti Locali e quindi sulla popolazione, e la società arretrerà dai diritti conquistati faticosamente nel secolo scorso a favore di un aumento esponenziale delle disparità sociali, della perdita progressiva di diritti, dell’impoverimento progressivo delle fasce più deboli e della classe media.
    Si passerà dai diritti alla carità, cancellando anni di lotte e conquiste sociali.
    Nel 2011 anche i finanziamenti per il Centro antiviolenza, e per i Centri d’ascolto e i servizi ad essi collegati, rischiano di essere messi seriamente in discussione: un pericoloso arretramento in un paese in cui ogni giorno la violenza contro le donne e i loro figli continua a rimanere sostanzialmente fuori dall’agenda politica.
    Ma non intendiamo rassegnarci, a maggior ragione dopo i risultati fin qui ottenuti, a veder messa in discussione l’esistenza del Centro e del lavoro di rete, e a ridurre nuovamente a silenzio le donne picchiate, vessate, umiliate tra le pareti di casa dal proprio partner.
    Non intendiamo rassegnarci ad un Governo che massacra lo stato sociale e approfitta della crisi per cancellare diritti.
    Denunciamo i tagli e l’inesistenza di finanziamenti da parte del Governo, ma chiediamo anche a Regione ed Enti Locali uno sforzo concreto affinchè confermino l’impegno contro la violenza di genere di cui si sono fatti carico in questi anni.
    Facciamo appello alla società civile affinchè ci sostenga in questa lotta di democrazia e civiltà, anche costruendo assieme iniziative di raccolta fondi affinché le donne maltrattate non restino sole.
    (Marina Dondero – Vice Presidente – Assessora a Costa ed Entroterra e Pari Opportunità della Provincia di Genova)