Categoria: Giovanna Profumo

  • OLI 364: GENOVA – San Valentino con Le Serre

    Un anno fa pareva non ci fosse speranza per la Valletta di San Nicola (OLI 333) . I nodi da sciogliere erano troppi insieme ai soldi sprecati e a quelli in ballo.
    Loro parlavano di orti urbani, vivai e serre storiche, per un’area dove la parola parcheggio occhieggiava furbastra tra le fronde del territorio in abbandono, fissata nero su bianco nel PUC. E ne parlavano mentre andava in onda l’agonia dell’Istituto Assistenziale Brignole grazie ad una gestione amministrativa dissennata e priva di controllo.
    Oggi la situazione per l’Istituto Brignole, al quale fa capo l’area, è come allora, ma almeno ci si può permettere di sperare.
    Cambiata la giunta comunale, l’intenzione dei nuovi arrivati sembra essere quella di bloccare l’edificazione dei silos (su cui anche la Regione ha espresso parere negativo) alla Valletta di San Nicola e di acquisire l’area di proprietà del Brignole – non appena superati i vincoli della legge di stabilità. Per questo, il vicesindaco Stefano Bernini e l’assessore Valeria Garotta si sono dimostrati interessati alla proposta del Comitato Le Serre che ha elaborato un progetto affinché l’area venga utilizzata come giardino di quartiere, con orti urbani collettivi e individuali, con la valorizzazione turistico-museale delle serre contenenti le collezioni di felci e piante esotiche e una sperimentazione per la riproduzione vivaistica di flora autoctona.
    Il Comitato presenterà il proprio progetto in un incontro pubblico il 14 febbraio alle ore 21.00 nell’Auditorium della Parrocchia di San Nicola.
    (Giovanna Profumo)

  • OLI 363: ILVA – Il linguaggio della procura e quello della busta paga

    Patrizia Todisco è tutta in una notizia Ansa del 30 gennaio 2013 ore 13.40
    TARANTO – Il gip del Tribunale di Taranto Patrizia Todisco ha rigettato la richiesta dell’Ilva di revocare il sequestro preventivo dei prodotti finiti e semilavorati giacenti sulle banchine del porto, finalizzando il ricavato della vendita al pagamento degli stipendi e alle opere di ambientalizzazione previste da L’Aia. Il Gip ha precisato “Nessuna norma dell’ordinamento giuridico contempla la possibilità di una restituzione di beni sottoposti a sequestro preventivo, per giunta in favore di soggetti indagati proprio per i reati di cui i beni sottoposti a vincolo costituiscano prodotto, sulla base di esigenze particolari o dichiarazioni di intenti circa la destinazione delle somme ricavabili dalla vendita dei beni, che vengano ad essere dedotte dall’interessato”.
    Traduzione: non avevate la facoltà di produrre, lo avete fatto ugualmente, i vostri coils sono corpo di reato, non si possono restituire tanto più a “soggetti indagati” come il Presidente Bruno Ferrante.
    Si attende il pronunciamento della Corte Costituzionale sulla legge 231 che, in assenza di un piano B, è ad oggi l’unica garanzia in mano ai dipendenti del gruppo per contare sul salario futuro, sempre che la conferma del sequestro dei rotoli (valore commerciale un miliardo di Euro) non spinga l’azienda ad esacerbare lo scontro minacciando nuovamente la sospensione del pagamento degli stipendi del mese di Gennaio, alimentando manifestazioni nelle piazze tarantine e genovesi.
    In questo scenario, il linguaggio della Procura diventa incomprensibile per chi può parlare solo quello della busta paga che è affitto, mutuo, cibo, bollette e spesso figli a casa che studiano o sono disoccupati. In questi termini non c’è spazio per la comprensione delle faccende giudiziarie. La famiglia agli arresti è vittima, agli occhi di molti, di una magistratura ostinata, intenta a voler spezzare le gambe alla proprietà e ad annientare la filiera siderurgica italiana. Le trasmissioni televisive diventano di parte, i dati epidemiologici sono taroccati, la giustizia italiana ingiusta, incapace di comprendere che la legge 231 non è ad aziendam ma tutela i ventimila e oltre posti di lavoro. Questo – in estrema, edulcorata sintesi – il pensiero dominante dei ventimila che dal siderurgico e dalla proprietà dipendono. Nessuno di loro ha tempo per immaginare scenari diversi, per cogliere i limiti di una legge che politica, governo, sindacati, dichiarano essere la migliore delle leggi possibili. E nemmeno di giudicare articoli di stampa nei quali è scritto che “gran parte del tesoro dei Riva è all’estero” e “che la cassaforte del gruppo è in Lusserburgo dove esiste una fitta rete di società controllate”.
    Nonostante il contesto, anche quest’anno Guido Rossa è stato giustamente ricordato all’Ilva di Genova. L’anniversario del suo assassinio scandisce il tempo che passa sullo stabilimento e su tutto il Gruppo Ilva, e su quanto si doveva e poteva fare e non si è fatto, principalmente per indolenza. Da trentaquattro anni.
    (Giovanna Profumo – foto dell’autrice)

  • OLI 362: SATIRA – Bertinotti e Veltroni recitano Gaber

    Lunedì 21 gennaio su Rai Tre è andata in onda una lunga diretta in ricordo di Giorgio Gaber.
    A Fabio Fazio il ruolo di sacerdote laico.
    Il format – assai collaudato – è quello incentrato sul ricordo di un personaggio in occasione dell’anniversario della sua morte. Per Gaber, come per De André, si è trattato del decennale.
    In studio familiari, attori, cantanti che, sinceramente, ricordavano l’uomo, le sue straordinarie qualità umane e di artista. Davanti a Fazio, in gelido silenzio, Sandro Luporini, artista con il quale Gaber ha collaborato per molti anni.
    Non si entra più nel merito ormai, su come si potrebbero fare le cose in TV. Fazio pare sia il meglio che passa il convento. Ma tra gli anni Settanta e Ottanta la Rai, per ricordare attori e registi, ne proponeva i film o le pièces per diverse settimane. Gaber è stato riesumato e messo via in una sola serata. Questa è la Rai.
    Difficile però digerire che Walter Veltroni e Fausto Bertinotti abbiano recitato, insieme a Paolo Rossi, Qualcuno era comunista, uno dei monologhi più belli e controversi di Giorgio Gaber. Interpretando proprio quel testo i due politici sono apparsi totalmente innocenti e inconsapevoli del ruolo giocato in tanti anni nelle vicende della sinistra italiana. Per questo la situazione ha rasentato il comico.
    Lo spazio satirico nelle trasmissioni di Fazio non era affidato alla Littizzetto?
    (Giovanna Profumo )

  • OLI 360: PAROLE DEGLI OCCHI – Amore rosso sangue

    Niki de Saint Phalle – Giardino dei Tarocchi – Capalbio (Foto di Giovanna Profumo)

  • OLI 360: AMBIENTE – Posti barca, posti asilo e buchi nell’acqua

    Allora Signora, lo vuole comprare un bel posto barca a Chiavari? – il sorriso accattivante è quello del venditore di lungo corso
    No grazie. Non sono interessata. Ma mi tolga una curiosità: quanto ha pagato la sua azienda per gli oneri di urbanizzazione?
    Ma che razza di domanda è questa? – il sorriso sfiorisce, al suo posto un franco disappunto.

    Fiera di Genova, Salone delle Identità Territoriali, 24 novembre, diversi stand per promuovere qualsiasi cosa: dalla donna imprenditrice, all’essenza alla lavanda, al canestrello, fino all’acciuga di Camogli, e perché no? Anche il posto barca. Un evento tra mercatino del Tirolo, fiera gastronomica, Ted Conference: in cerca di identità, appunto.

    L’agente di posti barca risponde vago alla domanda accennando a milioni di euro a favore del Comune di Chiavari. Il progetto – brochure alla mano – dovrebbe fare incassare all’ente pubblico una bella cifra: 149 posti barca e 147 posti auto. Quindi sarebbe interessante sapere con precisione il beneficio effettivo per chi non ha un natante da parcheggiare, giusto per persuaderlo che il porticciolo vale la candela.
    E se un posto barca corrispondesse a un posticino in un asilo nido?
    O a un posto a letto in residenza protetta per un anziano?

    In Liguria ce ne sono pochi – mi dice un’amica che va in barca – in Francia è pieno.
    Ride dei circa 350 posti barca in costruzione a Ventimiglia, poco lontani da Villa Hanbury e dal confine.
    Il cantiere, visto dall’alto pare un cratere sul mare, destinato a soddisfare le voglie di approdo anche dei pirati.
    Tre anziani seguono imperturbabili l’avanzamento lavori.
    Forse hanno capito che il buco nell’acqua esiste.
    (Giovanna Profumo – foto dell’autrice)

  • OLI 359: ILVA – Adriano Sansa e una domanda ai politici genovesi

    Voglio trovare un senso a questa storia, anche se questa storia un senso non ce l’ha. 
    Voglio trovare un senso a questa situazione, anche se questa situazione un senso non ce l’ha… 

    Vasco Rossi

    La galleria di immagini che segue contiene i fotogrammi delle quattro giornate dell’Ilva di Cornigliano e dei suoi operai che, mentre c’era chi latitava, scendevano in piazza per scongiurare la chiusura dello stabilimento. Da Genova a Roma, andata e ritorno: davanti al casello di Genova ovest, sotto la pioggia battente di Cornigliano, a Roma davanti a Montecitorio e nuovamente a Genova davanti alla prefettura. In manifestazioni in cui il confine tra la difesa del proprio lavoro e la difesa degli interessi della proprietà risultava incerto. La minaccia della chiusura ha fatto cadere le barriere tra fedeli alla proprietà e irriducibili, anche se per i primi è stata solo la coscienza aziendale a fare la differenza.
    Ma le quattro giornate dell’Ilva cosa hanno prodotto?
    Primo, ma non è ancora certo: la ripresa della produzione nel Siderurgico tarantino e a Genova, senza le quali l’azienda aveva minacciato la chiusura degli impianti.
    Secondo: un decreto legge vigoroso nei toni, ma modesto nei contenuti, che non tutela i deboli. Un testo che non individua le risorse reali per la bonifica ed è vago nell’indicare i criteri relativi alla figura del Garante. A parte il fatto che sarà di nomina del presidente della repubblica e che costerà allo stato seicentomila euro. Un ddl che potrebbe dare alla proprietà il tempo necessario per mettere in vendita l’azienda.
    Terzo: la firma di una tregua.
    Quarto: un solco profondo tra salute e occupazione, definitivamente diventate merce di scambio.
    Quinto: la garanzia temporanea di salario e lavoro
    Si poteva fare di più. Tra le altre cose valorizzare il lavoro e le competenze della magistratura, che viene osannata quando reintrega il lavoratori FIOM in fabbrica, ma è massacrata se cerca di proteggerli. Si poteva  vigilare maggiormente su ILVA.
    Indiscrezioni giornalistiche indicano come possibile garante Umberto Veronesi. Lo stesso Veronesi citato in un’intervista dal Presidente dell’Ilva Bruno Ferrante come appartenente al gruppo degli “Amici del Venerdì”: una trentina di persone delle quali facevano parte sia Emilio Riva che Ferruccio De Bortoli che una volta al mese si incontravano per stare insieme, per discutere. Non è dato sapere chi siano gli altri ventisette amici del venerdì.
    I molti livelli di narrazione della vicenda offrono una testimonianza commovente: l’intervista a Adriano Sansa, ex sindaco di Genova che dichiara che Riva voleva contribuire alla sua campagna elettorale nel 1997 con 250-300 milioni di lire. Ma, naturalmente, io rifiutai, ha precisato Sansa.
    Legittimo sarebbe porre la domanda a quelli che sono venuti dopo: a Burlando, arrivato in Regione Liguria nel 2005 sulle vele dell’associazione politica Maestrale, e in Comune a Pericu, Vincenzi e Doria: chissà se Riva ha pensato di far loro la stessa proposta. E chissà se loro hanno rifiutato.
    (Giovanna Profumo – foto dell’autrice)

     

  • OLI 358: PAROLE DEGLI OCCHI – Ilva, a rotoli

    Foto di Giovanna Profumo

    Rientro dei lavoratori e dei mezzi all’ilva di Genova dopo la manifestazione del 27 novembre: i lavoratori hanno deciso di riunirsi nei prossimi giorni in assemblea permanente

  • OLI 357: MOBILITA’ – Un tocco di Zenzero per il trasporto pubblico

    Premetto che io sono una cittadina
    La Signora bionda si precisa così, e non è la sola. Con un gessetto e una lavagna forse disegnerebbe un fosso: dentro la politica, fuori i cittadini come lei.
    L’8 novembre, al Circolo Zenzero , si è discusso di mobilità genovese, tema difficile da masticare, ma con un assessore, tre consiglieri comunali, sindacato, WWF, e un revisore dei conti, la storia del trasporto pubblico e di AMT assume contorni più definiti pur nella tradizionale contraddizione. Una situazione – spiega Andrea Gamba, FILT-CGIL – generata dai tagli governativi che, insieme alla scelta di privatizzare, hanno prodotto l’estrema sofferenza dell’azienda con la creazione della bad company Ami per svuotare del debito AMT e la vendita del 41% della parte sana per 23 milioni di euro a Transdev che stipulò un contratto per importare consulenze tecniche da Parigi: costo per AMT 20 milioni di euro. Ma a Genova vennero solo studenti. Prima della privatizzazione, ha detto Gamba, AMT forniva un servizio di 31 milioni di chilometri con un costo di 1 euro a biglietto. A fine percorso, nel 2011, AMT perde 7 milioni di euro con un servizio di circa 28 milioni di chilometri e tariffe a 1,50 euro, al quale aggiungere il prezzo pagato dai dipendenti, da quali è più facile recuperare risorse.
    Sotto la lente finiscono amministrazioni comunali precedenti e Regione Liguria che non ha svolto quello che era il suo ruolo di regia così come la legge le attribuisce, che ha affrontato il problema in modo non lucido, non chiaro. Perché il servizio di trasporto – ha spiegato l’assessore Anna Maria Dagnino – va gestito e pianificato dalle regioni.

    Vincenzo Cenzuales ,WWF spiega che la Liguria è una delle regioni che investe di meno nel trasporto pubblico, i soldi li spende per costruire strade: 25 milioni per un pezzetino di tunnel della Fontanabuona, 250 milioni a Spezia, 250 milioni a Savona e 75 milioni di euro per altre strade. E’ la stessa Regione che avrebbe dato due milioni e otto per il parcheggio dell’Acquasola chiamandolo di interscambio, ricorda Cenzuales. Che, però, propone una serie di soluzioni possibili: corridoio di qualità per dimezzare i tempi di percorrenza e risparmiare soldi, piano del traffico, onda verde – semafori sincronizzati sui tempi degli autobus – corsie gialle, marciapiedi, il tutto arricchito dai proventi delle blu area che dovrebbero servire esclusivamente per finanziare il trasporto pubblico.
    Clizia Nicolella, Lista Doria, punta, da medico, sulla salute, togliere traffico privato significa prevenire malattie. Paolo Putti, M5S, invece porta i presenti ad Aubagne, cittadina francese dove il trasporto pubblico è gratuito grazie ad una tassazione per le imprese che hanno più di 10 dipendenti. L’Europa chiede all’Italia di incentivare la mobilità pubblica entro il 2020, pena il pagamento di forti sanzioni, quindi per il M5S il traffico privato va fortemente limitato, tassando i parcheggi dei centri commerciali, multando in base al reddito i cittadini.
    In luglio AMT aveva un bilancio che viaggiava a meno 35 milioni di euro e la rottura di ogni rapporto sindacale – spiega Dagnino – quindi prima di immaginare politiche diverse bisognava avere un’azienda viva e la nuova giunta l’aveva morta. La prima contraddizione del sistema è che in Italia non si è deciso se il trasporto pubblico è un servizio sociale oppure no, ma viene affidato a società per azioni che seguono la logica del codice civile. E’ su questa base che AMT rischiava liquidazione e il fallimento.
    Pare un giostra che riporta i presenti sempre allo stesso punto di partenza. Ma allo Zenzero c’è chi chiede di fare scelte impopolari sulla mobilità, per il futuro e la salute dei figli, per i pedoni. La Signora Bionda chiede il perché della dissennata scelta di fare le strisce gialle in via Barrili, la ragazza propone di esporre il biglietto all’autista o di farlo direttamente davanti a lui, c’è chi cita Gallino e chiede che la politica rompa la spirale dei tagli. Ma il tempo non basta. A breve, in agenda, un altro incontro.
    (Giovanna Profumo – Foto dell’autrice)

  • OLI 356: ILVA – Genova chiama Taranto, la parola a un delegato

    L’ho giudicato il peggior datore di lavoro che io abbia mai conosciuto in tutta la mia vita di imprenditore e di politico successivamente. Una persona che guarda esclusivamente ai suoi interessi – lo dico, non ho niente da nascondere – in un modo che io non ho mai visto uguale “fregandosene” dell’ambiente, della città, dei rapporti, della parola, degli impegni: non li ha mai rispettati, mai, mai, con nessun colore politico. E ha aggiunto: ho l’impressione che lui abbia il coltello della parte del manico e ancora è una controparte molto pericolosa. Queste sono alcune delle dichiarazioni di Sandro Biasotti – presidente della Regione Liguria dal 2000 al 2005 – su Riva in occasione dell’incontro sul caso acciaio del 26 ottobre a palazzo Tursi.
    In azienda, durante le assemblee sindacali, spesso è stato definito bandito.
    Un suo dirigente ha più pacatamente osservato: io lavoro per soldi, Riva fa la stessa cosa.
    In molti gli riconoscono un potere divino, fuori dal controllo di istituzioni e sindacato. Tant’è che spesso, nell’immaginario collettivo, la parola Riva sfuma dal primo piano del fondatore Emilio, alle ciminiere di Taranto, quasi fosse un moloc. E’ un fatto che le dichiarazioni di Biasotti restituiscono un’immagine dei politici con le armi spuntate e sono di una pesantezza inaudita.
    Per questo è importante quanto ha dichiarato Federico Pezzoli, delegato Fiom all’ILVA di Genova Cornigliano, che ha sentito l’esigenza di inquadrare di chi stiamo parlando: della famiglia Riva con la quale se è così difficile per le istituzioni rapportarsi – visto l’andazzo – altrettanto difficile lo è per il sindacato, alla luce del momento contingente di crisi acuta, ma è il nostro datore di lavoro, non ce lo siamo scelto e con lui dobbiamo, proviamo a confrontarci.
    Federico Pezzoli è uno dei 1750 dipendenti rimasti. Nel 2005 eravamo 3000, oggi siamo 1750, 1150 dei quali impiegati nei contratti di solidarietà: quindi la paura è tanta e la preoccupazione è forte, non siamo certamente insensibili a tutto quello che sta emergendo, i dati sono sconvolgenti, per questo è importante manifestare il sentimento che vige all’interno dello stabilimento. In gioco, dice Pezzoli, è l’intera filiera che alimenta l’industria manifatturiera italiana, fermare il ciclo integrale di Taranto genererebbe 7 miliardi di extra costi per l’approvvigionamento dell’acciaio. Pezzoli ha spiegato che le ripercussioni sul fronte occupazione sarebbero devastanti. I dipendenti del gruppo in Italia sono almeno 20.000, ma conteggiando l’indotto il numero si può raddoppiare. Per questo la nuova AIA rappresenta per il delegato della FIOM un buon punto di equilibrio che consente la riduzione dell’inquinamento, senza assestare un colpo mortale alla produzione. Pezzoli si è detto veramente sgomento dai dati sulla mortalità 2003 – 2009 emersi dallo studio Sentieri, ed ha ricordato che la Fiom-Cgil si è costituita parte civile nel processo a carico della famiglia Riva. Quindi sì alla richiesta degli investimenti necessari per il risanamento ambientale (rispetto ai quali la FIOM dell’ILVA di Taranto ha presentato e fatto votare una piattaforma piattaforma ndr). Utile però riflettere sulle ragioni che hanno provocato un disastro che non si limita, secondo il delegato, alla gestione Riva, presente dal 1995, ma anche al periodo in cui la gestione era pubblica. E’ stata ricordata l’omessa vigilanza da parte dei governi nazionali e delle istituzioni pugliesi, senza fare sconti nemmeno al sindacato tarantino. Il delegato ha salvato l’Accordo di Programma applicato a Genova Cornigliano rispetto al metodo, ma sul merito questo è stato il suo bilancio: l’Accordo ha permesso la trasformazione dell’area a caldo di Cornigliano potenziando quella a freddo, nessuno è stato licenziato, però la forza lavoro è scesa da 2700 persone a 1700 attraverso 7 anni di CIGS, CIGO e CdS. Ed ha aggiunto che se si fosse optato per un forno elettrico ecocompatibile forse oggi i problemi del sito genovese non esisterebbero.
    La scorsa settimana l’azienda ha richiesto la messa in cassa integrazione per tredici settimane, a decorrere dal 19 novembre, per 2000 dipendenti dell’area a freddo dello stabilimento di Taranto.
    (Giovanna Profumo – disegno di Guido Rosato)