“Noi oggi abbiamo bisogno di una politica orgogliosa del proprio primato, da esercitare senza alcuna subalternità: una politica capace di ascoltare e decidere velocemente. Perché dobbiamo essere veloci, liberarci delle zavorre di chi non vuole mai cambiare e correre, in Italia e in Liguria”. Così Raffaella Paita sul Secolo XIX di lunedì 16 febbraio.
Recentemente mi è stato fatto notare che in quest’ode al turbo, comunque e a tutti costi, c’è un’eco del passato, una certa visione del mondo, decisamente futurista. In questo caso futu-lista.
Corsa, cambio di passo, velocità, in ambito Pd, potrebbero diventare argomenti per una tesi. Ma nell’intervento della candidata c’è qualcosa di più: la volontà di imporre un modello preciso di alleanze, quando, dichiarando di volersi rivolgere a tutta la “società ligure”, scrive “basta con la ripartizione di ruoli tra centro e sinistra”. Là dove con centro si vorrebbe dire anche destra, ma non si fa per pudore elettorale.
La mutazione genetica del Pd in Liguria si compie plasticamente sulla scia della politica di Renzi, ma ha origini più antiche, a partire dal tacito accordo che vedeva i due Claudii (Scajola e Burlando) spartirsi il territorio della regione. In momenti topici di Claudii ne abbiamo collezionati tre (quando si aggiungeva il Riva, quello dell’Accordo di Programma per l’Ilva)
Per questo sarebbe – o sarebbe stato – importante cogliere l’appello di don Farinella che, in base ad una tradizione genovese che vede alcuni preti (Gallo, Balletto, Tubino) in prima linea nella difesa degli ultimi e nelle battaglie politiche, ha chiamato a raccolta nella sua chiesa chi alle prossime elezioni presenta programmi simili o si definisce ancora di sinistra, un’assemblea tesa prendere atto che da soli – sia M5S che i gruppi di sinistra – perdono, un invito a chi è disorientato per tutto quanto sta accadendo a tornare ad “occuparsi di politica”.
“La storia indica la strada, non i nostri desideri che possono restare anche sterili. O si vuole cambiarne il corso o si vuole esserne solo testimoni e testimoni inutili.” ha detto Farinella.
Pare che ad oggi, quest’appello all’unità, non abbia avuto ascolto. Alice Salvatore a San Torpete, il 13 febbrai, non è venuta e Paolo Putti che, comunque, nei Cinquestelle, rappresenta l’ala critico-costruttiva non è parso intenzionato a farsi carico di un “percorso” unitario, consapevole che, dopo aver abbracciato l’estrema antipolitica grillina, con molta difficoltà i militanti liguri potrebbero convergere un’area caratterizzata da forti componenti partitiche (Sel, Sinistra Pd, Tsipras).
Sarebbe necessario un miracolo.
E’ probabile che in assenza di una lista credibile a sinistra in molti rinunceranno a votare, con buona pace della Paita, capace in extremis forse di coinvolgere i civatiani . In assenza di un miracolo, restano, per chi fosse interessato alla Liguria due testi “Il libro bianco sulla Liguria” promosso da Controvento e “L’Italia che Vorrei. Ripartire dalla Liguria” voluto da don Farinella.
Se per ora non “podemos” i due libri potrebbero diventare spunto per parlare veramente di programmi futuri. Senza fretta.
Ma, dopo le elezioni, cosa resterà di questa voglia di far polituca?
(Giovanna Profumo – foto dell’autrice)
Categoria: Giovanna Profumo
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OLI 421: POLITICA – Don Farinella, anima della sinistra
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OLI 420: COMUNE – Mare, monti e molto affetto
Nella mestizia generale che, come una cappa, avvolge Genova per agenti, non solo atmosferici, può strappare un sorriso la lettura dei quotidiani.
Due interventi meritano la palma per originalità.
Il primo è del sindaco Marco Doria che, intervistato dal Secolo XIX, sulla vicenda Costa dichiara “siamo di fronte ad una società che non ha nessun affetto per Genova”, “una multinazionale le cui scelte sono totalmente anaffettive” . La mente cerca di ricordare quali aziende, negli ultimi anni, abbiano dato prova di un coinvolgimento che non fosse spinto dal profitto o dagli interessi economici. La stessa Costa, azienda in mano ad una storica famiglia genovese, è stata ceduta dalla proprietà ad una società americana anteponendo interessi di famiglia ad italianità del brand. Per non parlare del Secolo XIX, quotidiano che ospita l’intervista, probabile vittima di futuri tagli, dopo che la famiglia Perrone ha ceduto il 77% a John Elkann.
E’ un fatto, purtroppo, che la dimensione affettiva ha poco a che fare con le decisioni aziendali e che, spesso, dipende dai lavoratori – Thyssen, Fiat, Indesit, Ilva sono dolorosi esempi– difendere con gli strumenti che hanno il proprio posto di lavoro o quello che ne resta. Alla politica il compito di mediatore serio e l’autorevolezza per valorizzare quello che c’è in risorse, competenze, capacità nelle aziende genovesi magari cercando di conoscere un po’ meglio i diversi contesti ed i problemi delle società che sono chiamati a tutelare.
Il secondo intervento è di Emanuele Piazza, neo-assessore renziano all’Economia e al Patrimonio del Comune di Genova che, intervistato da Repubblica, presenta il suo ventaglio di idee e suggestioni spaziando dal futuro lavoro per gli ex dipendenti ILVA – sono già ex i cassintegrati del siderurgico? – alla Smart City.
Il titolo del pezzo è accattivante: “Il nuovo assessore lancia la città verticale”. Non sembrerebbe una novità visti ascensori, funicolari e passerelle già raccontati da Luzzati in un bellissimo cartone. Ma poi con Piazza, ci si ritrova a Courmayeur, non Genova, nel leggere delle due telecabine che il comune ha nel cassetto. Una, già finanziata “pronta per fine anno” – di cui OLI aveva scritto – che collegherà Erzelli con Cornigliano. Indispensabile, sembra, per sorvolare sui banali problemi di trasporto pubblico che devono affrontare oggi i frequentatori della mitica collina. L’altra con “un progetto mare-monti” – nemmeno fosse una pizza – sarà “una funivia che dall’area del Porto Antico” salirà “fino ai forti”. Chissà dove verranno piantati i piloni di quest’opera accattivante e quale percorso, che non sia sopra le case, verrà tracciato per permettere a cavi e cabine di sorvolare il Centro Storico di Genova per arrivare fino ai monti. Certamente l’assessore terrà informati i cittadini. Per ora basterebbe potenziare la linea dei bus collinari. O riaprire l’ascensore che collega Brignole a Corso Montegrappa.
Ma non ci dovrebbero essere problemi visto che tra piano Junker, dissesto idrogeologico, Erzelli, l’assessore dichiara che arriveranno “circa 500 milioni sulle linee strategiche della città”
Mare e monti. A qualcuno verrà già l’acquolina in bocca.
(Giovanna Profumo – immagine da Internet) -
OLI 419: PAROLE DEGLI OCCHI – Italia e Germania
(foto di Giovanna Profumo) Italia e Germania è un dipinto allergorico di Fredrich Overbeck del 1828. E’ esposto alla Neue Pinakothek di Monaco di Baviera e intende simboleggiare l’amicizia tra i due paesi. In relazione agli ultimi articoli di giornale speriamo che qualcuno riesca a trarre ispirazione da questa tela.
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OLI 419: SCIOPERO – Genova, 12 dicembre 2014
Il 12 dicembre si è svolto in tutta Italia lo sciopero generale indetto da Cgil e Uil.
E’ il terzo sciopero, da ottobre ad oggi, al quale la Fiom ha invitato i suoi iscritti ad aderire.
Nel merito può essere utile la lettura dell’ultimo articolo di Luciano Gallino, apparso su La Repubblica e rilanciato da interent in diversi siti.
Chi invece decidesse di andare al cinema può trarre spunto dalla visione di Pride
(Galleria di immagini di Giovanna Profumo) -
OLI 419: SOCIETA’ – L’eredità di un operaio
Se non hai un’idea della tua vita diversa da quella che il sistema ha scelto per te non ci sarà lotta da dove uscirai vincente. Se spunterai qualche soldo in più – ma dopo aver cacciato sangue – sta tranquillo che qualcuno ha già deciso come dovrai spenderli. Agli operai, invece di interrogarli sulle lotte dovresti chiedergli come vorrebbero divertirsi, cosa gli piacerebbe fare, magari cosa farebbero se fossero ricchi. Lì, se c’è, viene fuori la differenza: se sono o non sono contro. Se vogliono le cose che offre questo sistema, allora le lotte servono al padrone e non a te.
Gino CanepaOra che tutto sta per cambiare e la vocazione industriale di questo paese verrà ridimensionata in maniera molto seria – lo sanno tutti e si arrampicano sugli specchi per convincerci del contrario – può essere di un certo conforto leggere “L’eredità di Canepa – il Sessantotto tra memoria e scrittura” di Manlio Calegari (ed. Impressioni Grafiche).
Chi ha vissuto le speranze di quel Movimento troverà pezzi della propria storia operaia, di partito e univerisitaria. Chi invece non c’era, ed ha ancora il privilegio di varcare i tornelli di una fabbrica, potrà ascoltare le voci di Gino, dei compagni operai e di sua madre in un racconto del lavoro straordinario e atroce che parte dalla fine dell’Ottocento per arrivare agli anni Settanta del secolo scorso. Potrà percorre le strade che dagli orti delle ville di san Martino, dove Felicina, mamma di Gino, lavorava la terra già da bambina, arrivavano sino al Mercato Orientale e leggere di quando a Genova si viveva anche di agricoltura.
Dagli orti, il lettore scenderà sino al porto dove in molti sognavano di lavorare come carbonai – dicevano che avevano inventato il rimmel perché la polvere di carbone gli si fermava lì, sotto gli occhi, gli entrava proprio nella pelle – raccontava Felicina , per salire con lei a Begato sposa di Dria. E attraverso la memoria percepire le distanze per raggiungere il porto, un’ora e mezza a piedi passando dalla costa di Fregoso, Granarolo. Un’eredità, quella di Gino che non trascura fascismo, dopoguerra e vita di fabbrica e che in tempi come i nostri, dove vanno alla grande le biografie dei padroni – “Ho coltivato il mio giardino”, di Marella Agnelli uno degli ultimi – è preziosa per leggere il cambiamento e la disperazione di oggi, a quarant’anni di distanza da quando quelle memorie sono state registrate.
L’appassionato o lo studente storia potrà accostarsi ad un’idea di ricerca che proprio grazie al Sessantotto aveva favorito l’incontro tra il mondo universitario e il mondo operaio, grazie alla convinzione che la cultura dovesse muoversi e misurasi in modo trasversale, sul campo. Lo studioso di oggi del territorio, invece, saprà di più sull’agricoltura di villa.
Tra il Sessantotto e il Sessantanove abbiamo vissuto “qualcosa di straordinario”, “una cometa” e si è assistito ad una rottura. La parola “democrazia” ha iniziato ad affinacare categorie ed ordini di medici, notai, magistrati – ha spiegato Manlio in occasione della presentazione del libro, e c’è stata la nascita di amicizie che andavano oltre le tradizionali barriere sociali.
Davvero potrei venir lì e mettermi in un banco a sentire? Non è che qualcuno mi manda via?
Lì era l’univeristà
Marzo 1968. La nascita di un’amicizia.
(Giovanna Profumo – immagine da internet) -
OLI 418 – ILVA: Tutto e il contrario di tutto
Un quadro di Escher, con le scale che finiscono nel nulla per ritrovare se stesse, capovolte. Sono quadri che sfidano l’osservatore, accompagnandolo nell’anticamera della follia. Ma l’insieme che Escher tratteggia ha un suo equilibrio, una sua logica. Così se ne rimane incantati.
L’Ilva pittoricamente è questo: un quadro di Escher. E’ tutto e il contrario di tutto. Il palcoscenico nazionale dove si mostrano le doti di un leader, l’impegno del governo, la capacità a gestire l’emergenza, la produzione a cui non si può rinunciare, la tutela del territorio insieme alla salvaguardia dell’occupazione. E piani. Molti e diversi, ognuno in contraddizione con l’altro.
Come una matrioska l’Ilva è abbracciata da Taranto, anche lei oggetto delle suggestioni più coraggiose, alla quale va riconosciuta la vocazione culturale e turistica. Dove oltre al Museo Archeologico – visitato di recente dal ministro Franceschini – si potrà promuovere la città “come unica città spartana al mondo” – superando l’immaginario dato dall’inquinamento – “intercettando i milioni di cittadini che sono legati al mito di Sparta”. Il presidente del senato Grasso pare stupito dalle sue stesse parole, ma ammette che la lettura del progetto, tra passione storica, sportiva e mediatica, gli ha permesso di scoprire che “esiste un brand Sparta” che può “rappresentare un volano per una città così sofferente sul piano dell’immagine”.
Per la Puglia sono prossime le elezioni regionali. Nel frattempo sono scesi in sciopero i camionisti, è partito il processo e urge rivedere gli estimi catastali del quartiere Tamburi – naturalmente al ribasso – poiché quanto venduto solo a quaranta è registrato con un valore di cento.
Di inquinamento e malattie parla Bonnelli, che ritiene impossibile rendere compatibile la produzione siderurgica con l’ambiente. E propone il modello Bilbao, tradotto: radere al suolo tutto e ricominciare da capo.
Nel frattempo la Comunità Europea, nel ricordare che Taranto è nella top ten dei siti più inquinati d’Europa, ha chiesto numi sui soldi concessi dallo stato per le bonifiche. Ma proprio alla Bei – Banca Europea per gli investimenti – il governo intende chiedere “1,2 miliardi di euro” per opere infrastrutturali da destinare al siderurgico.
E il risanemento del sito? Il ricorso in cassazione di Adriano Riva non permetterà di utilizzare a breve il miliardo e ducento milioni bloccati per presunti reati fiscali e destinati alla bonifica. E, nonostante la seconda tranche del prestito ponte concessa dalle banche – 125 milioni di euro, ci si pagheranno fornitori, stipendi e tredicesime – dimenticati Bondi e Ronchi, è difficile immaginare qualcosa di minimamente sensato per l’anno nuovo.
In questo delirio generale in cui una dichiarazione lava l’altra, i dipendenti del gruppo, 16.000 di cui 11.000 a Taranto, traguardano mese dopo mese, confusi tra svendita, liquidazione, cessione, nazionalizzazione, perdite. Come per magia appaiono e spariscono cordate di investitori italo stranieri, con proposte indecenti, nell’attesa che l’azienda sia ridotta allo stremo per salvarla con pochi euro. E si leggono pacate dichiarazioni di Dini Lamberto che invoca un rientro dello stato. O di chi garantisce il supporto della cassa depositi e prestiti. Dichiarazioni confermate da Renzi che chiosa “Valutiamo l’intervento pubblico, non faccio saltare Taranto”. Nel frattempo c’è chi, in assemblea sindacale a Genova, nutre sospetti sulla gestione Gnudi e chiede numi su consulenze e acquisiti di auto aziendali, mentre a Taranto l’USB chiede dove siano finiti i soldi ricavati dalla produzione “150-170 rotoli a turno che vengono immediatamente spediti”.
Il tasso di fiducia, alla terza gestione in due anni, è al minimo.
A ricordare a tutti loro di chi è l’Ilva, si fa carico Claudio Riva in un’intervista a la Repubblica: “Gli azionisti sono disposti a investire e a fare la loro parte per contribuire alla soluzione del problema” e desiderano essere “coinvolti o quanto meno interpellati nelle decisioni che verranno prese in merito all’Ilva nonostante la società sia commissariata”
La commedia delle beffe, i conti senza l’oste.
(Giovanna Profumo – immagine da internet) -
OLI 417: REGIONALI 2015 – Se non ora, quando?
Si dice che ormai la partita sia quasi chiusa e che sulle primarie per le regionali liguri 2015 del centro sinistra i giochi siano praticamente fatti. Si avverte un vago senso di resa anche nei militanti più radicali che, dalla lettura dei quotidiani, nemmeno osano proporre un nome e pare si siano in maggioranza allineati nel sostenere Cofferati. Niente di troppo vincolante, sia chiaro, ma qualcosa che si può serenamente trattare durante una cena – la politica genovese alimenta una tradizione abbastanza consolidata di pasti – definita su la Repubblica ed Genova “Patto della Lanterna” dove tutti o quasi si sono messi d’accordo (Lista Doria, Sel, Civatiani, Prc) per sconfiggere i renziani liguri. Le primarie fissate per il 21 dicembre mirano a ridurre l’affluenza e l’eventuale danno, quindi è bene far fronte.
Chi non comprendesse i motivi per i quali un neoeletto al Parlamento Europeo debba essere candidato in Liguria, se ne faccia una ragione e prenda nota della recente frase di uno scafato militante Pd: il problema è che non abbiamo nessuno.
Ma sarà vero?
Forse il Pd e una certa rappresentazione della sinistra non hanno nessuno.
L’affluenza alle elezioni Europee ha prodotto un dato implacabile: solo il 57% degli aventi diritto è andato a votare sei mesi fa. Mentre nel 2010 in Liguria, per le regionali, l’affluenza era stata del 60,92%.
Il 40% non si è presentato a votare e probabilmente non lo farà la prossima primavera, alla faccia del premier che sventola la stessa percentuale per rivendicare un consenso ottenuto alle europee.
Ma sarà vero che non c’è via di uscita e nemmeno alternativa in Liguria?
Cosa dicono le ragazze di Se non ora quando? Le stesse, che si battono per la preferenza di genere nella legge elettorale regionale e che con precisione avevano prodotto e messo in rete un sondaggio dove si indicavano i nominativi di donne competenti e preparate da proporre nella carica di assessore comunale? Nessuna di queste donne potrebbe essere della partita? Penso a Michela Costa, Alessandra Ballerini, Deborah Lucchetti, Manuela Cappello e alle altre.
E le molte associazioni, quelle in prima linea per la difesa del territorio, per il diritto allo studio e alla salute cosa dicono?
Davvero, in una regione che frana fisicamente e politicamente, ci possiamo accontentare di andare al voto aderendo ai soliti rituali?
Non è vero che non c’è nessuno. E’ l’assenza di politica che ci rende deboli e un pochino ciechi.
(Giovanna Profumo – foto dell’autrice) -
OLI 416: CGIL – A Roma il Nidil diventa grande
Corre come una maratoneta e tiene alta la bandiera quasi fosse la fiaccola olimpica.
C’è chi sorride al suo passaggio – Ma che ci fa qui? – E’ impazzita! – osservano alcuni
Lei si chiama Carla: Guardi è la prima che ho trovato. Avevo quella dell’ulivo, sarei potuta venire anche con quella, ma non so dov’è finita… così ho portato questa, tanto è lo stesso! Qui nessuno lo dice, ma sono tutti elettori del Pd!
Carla ha la faccia di una che il Partito l’ha visto in tutte le salse: Pci – Ds – Ulivo – Ds + Margherita – Pd. Con Ochetto, Rutelli, Prodi, Veltroni e ha visto il partito liquido. E in quel fiume di gente che scorre verso il Colosseo, dove, per la prima volta, si manifesta contro le scelte di un segretario del Pd, Carla sembra davvero fuori posto. Un uomo la stessa bandiera la tiene bassa, listata a lutto, come a giustificarsi. Tanto sta commemorando un morto.
Gli altri, quelli che manifestano contro il tradimento, mostrano le molte facce di Renzi nei loro striscioni, così il patto del Nazareno si trasfigura in quello divino della cappella Sistina con Adamo che diventa Renzi creato dal dio Berlusconi. E la dicotomia si ripropone di continuo come se i due fossero fratelli della stessa madre. A Roma, in effetti, sfila un popolo di orfani. Ma sono tantissimi e politicamente in balia dell’attesa che il vuoto lasciato da Renzi a sinistra venga occupato prima di tutto da idee e programmi. Una Cgil rinnovata schiera sul palco tre giovanissimi a fare da conduttori. Una di loro ha la grinta di un dj. In corteo gli striscioni del Nidil muovono i primi passi, piccoli e fragili in confronto a quelli della FIOM o dello Spi. C’è solo da sperare che le altre categorie – zie ricche – con un sano spirito di sussidiarietà, si decidano a far crescere i tanti Nidil distribuiti sul territorio con risorse e persone, affinché si sappia chi tutelano e i giovani possano iscriversi. Una delegata, nel 2009 aveva chiesto esattamente questo durante un congresso della Cgil genovese. Ma allora non era stata cosa. Oggi con Renzi forse tutto cambierà.(Giovanna Profumo – foto dell’autrice)