Categoria: Genova

  • OLI 349: CITTA’ – Artrè chiude

     A fronte dell’apertura nel centro storico genovese di nuove iniziative che scommettono sul futuro nell’ambito del Patto per lo sviluppo della Maddalena, altre attività chiudono i battenti.
    È il caso di Artrè, la galleria d’arte contemporanea aperta nel 2004 in piazza delle Vigne da Bruna Solinas, architetto che affittò una piccola bottega con uno scantinato reso praticabile a sue spese, divenendo con passione e competenza un punto di riferimento per artisti giovani e meno giovani, più o meno affermati, offrendo loro la possibilità di esporre le proprie opere in una delle più belle piazze della città vecchia, abbandonata da tempo al degrado e che solo ultimamente sta ritrovando condizioni di vita accettabili. Ma molto resta ancora da fare, per completare quel recupero avviato nel 1994 con la costituzione dell’Associazione piazza delle Vigne fra abitanti e proprietari e il conseguente programma organico di intervento, in un’epoca in cui il degrado fisico e sociale era ai massimi livelli.(*)

    Merita di essere ricordata la clamorosa protesta della compianta Enrica Percoco, che esasperata dall’insolente spaccio di stupefacenti che avveniva a tutte le ore davanti alla sua profumeria – nello stesso locale che sarebbe stato poi occupato da Artrè – intraprese nel luglio 1993 uno sciopero della fame che da un lato innescò una forte coesione tra i residenti, i quali a turno l’assistevano giorno e notte, seduta su una sdraio in piazza, e dall’altro ottenne alla fine lo stazionamento permanente di un’autovettura della polizia. Presidio indubbiamente utile, ma ben poco risolutivo se non si fosse poi giunti all’apertura di nuovi richiami per una frequentazione “sana” – come il caffè e il ristorante coi tavolini all’aperto, nonché la stessa galleria Artrè – e ai restauri delle facciate condotti dai proprietari, in parte favoriti da contributi e sgravi fiscali quando nel 2004 Genova fu capitale europea della cultura.
    Ora però Bruna Solinas – determinata a riaprire e proseguire altrove – è stata costretta a chiudere alle Vigne, strozzata dall’esorbitante richiesta per il rinnovo del contratto di affitto, da 500 a 800 euro mensili, da parte di una famiglia che già utilizza da molti anni un proprio ex negozio nello stesso palazzo come autorimessa: una vetrina che potrebbe portare vitalità rimane sempre sbarrata, con tanto di cartello del passo carrabile, aprendosi solo per far entrare e uscire l’auto. Ora un’altra saracinesca s’è chiusa, chissà fino a quando.
    È il libero mercato, Bellezza! e ben poco valgono i desideri e le buone intenzioni di tanti quando prevalgono le ragioni del profitto di pochi.

    (*) Vedi Dalla parte degli abitanti. Il libro delle Vigne. Un progetto di riqualificazione urbana a Genova, a cura di Mariolina Besio, Umberto Allemandi & C., Torino, 1999.
    (Ferdinando Bonora – foto dell’autore e da internet)

  • OLI 347: PORTO ANTICO E DUCALE – 1992/2012, il lato oscuro di un anniversario

    Il 20 maggio, in giorni tormentati dalla bomba di Brindisi e dal terremoto, si sono celebrati, in forma minore, i venti anni del Porto Antico e del Ducale.
    Ma il maggio del 1992, insieme a queste belle novità, aveva portato a Genova anche un fenomeno molto diffuso nel mondo, e poco piacevole: il repulisti della città da quel che poteva fare disordine, non essere in sintonia con la festa.
    Ad esempio gli immigrati.
    Ho tra le mani alcuni documenti che ricordano quel che avvenne: due articoli (“Le retate sulla pelle” sul Secolo XIX e “Vogliono renderci invisibili” su Il Lavoro del 12 maggio 1992), il testo della “lettera aperta” che in quei giorni scrissero alla città di Genova i rappresentanti delle comunità immigrate, e una nota molto preoccupata che le segreterie di Cgil, Cisl, Uil inviarono al Prefetto, al Questore e al Sindaco, in allora il socialdemocratico Romano Merlo.

    Diceva il documento degli immigrati: “Le retate di Colombo, tempi duri per i neri: così titolavano i giornali genovesi di sabato 9 maggio 1992, in riferimento alle operazioni di controllo precolombiane da parte delle forze dell’ordine in corso in questi giorni nei confronti dei cittadini immigrati … in questi giorni nella città storica vengono controllati coloro che hanno la pelle nera, coloro che hanno un aspetto diverso. Vengono fermati i ‘neri’ ed accompagnati nelle caserme. Anzi, non solo i neri!! Si vuole che per un po’ di tempo diventino ‘invisibili’ tutti gli emarginati. Questo è un obiettivo diverso dal dare risposte alla sicurezza collettiva. E poi una città militarizzata è un po’ inquietante per tutti. … Noi viviamo il 1992 come un’occasione per riaffermare la necessità di costruire un mondo nuovo, multiculturale, città della convivenza pacifica e democratica tra diversi, ed è ciò che stiamo costruendo insieme ai cittadini genovesi che hanno una tradizione di solidarietà e di accoglienza”.
    Gli anni 1992 e 1993 furono per Genova anni difficili, segnati da gravi episodi d’intolleranza verso gli immigrati. Ci ha salvato una rete di associazioni che è riuscita a stabilire un ponte tra gli immigrati che non sapevano niente di noi, e noi che non sapevano niente di loro, supplendo a quello che il pubblico non faceva, e incalzandolo a fare: informazione, insegnamento dell’italiano, assistenza nelle procedure burocratiche, assistenza sanitaria, iniziative culturali.

    Nel 1989 si costituisce il Coordinamento delle associazioni degli immigrati extracomunitari, nel 1990 nascono gli Uffici Immigrati della Cgil, della Cisl e della Uil; nel 1992 si inaugura il Centro Servizi Integrato della Federazione Regionale Solidarietà e Lavoro e nel 1994 l’Ambulatorio internazionale di Città Aperta; negli stessi anni operano in città Auxilium Caritas, Città Aperta, Sant’Egidio, il Grappolo, l’Arci … realtà che operano singolarmente ma anche – quel che più conta – in continua relazione tra loro, e infatti nel 1995 si costituisce il Forum Antirazzista di Genova, che vivrà fino al 2001, quando gli venne tolta la parola dagli stessi sindacati che ne facevano parte, spaventati da quel che poteva avvenire nella Genova militarizzata del G8 (vedi Oli 310)
    Per restituire alla città la sua storia gli anniversari vanno ricordati per intero.
    (Paola Pierantoni – Foto dell’autrice)

  • OLI 347: CITTA’ – Lovingenova

     Da qualche giorno è stato caricato in rete, visibile quindi in tutto il mondo, il trailer (durata 7’27”) di un video lungo circa 18’, ideato da M&R Comunicazione, realizzato da Dennis Cabella e Marcello Ercole di Illusion e interpretato da Manuela Parodi e Riccardo Vianello (tutti genovesi), per conto dell’Ufficio Sviluppo e Promozione del Turismo del Comune di Genova.

    Un ottimo prodotto fatto in casa, senza il provincialismo di dover per forza ricorrere a risorse esterne ritenute più valide, altamente professionale, che presenta una città splendida e desiderabile quale in effetti Genova è e soprattutto dovrebbe essere, finalmente sottratta a localistici compiacimenti ripiegati su se stessi e proiettata invece in una dimensione di metropoli internazionale di grande respiro nella quale è piacevole vivere.
    Un bel video, fin troppo bello: le accurate inquadrature, il montaggio serrato, il sottofondo musicale, l’uso sapiente di effetti speciali che concretizzano via via le parole-chiave del marchio Lovingenova (ancient, new, magic, true) e un diffuso elegante erotismo propongono un prodotto patinato e simpaticamente ruffiano che ci si augura possa stimolare arrivi da tutto il globo.
    Ma quale città siamo realmente in grado di offrire ai forestieri? Non è una novità che Genova sia ancora largamente in preda a una diffusa sciatteria e sporcizia, sovente maleodorante di piscio e rumenta, ostica nei confronti di chi non appartiene al proprio ristretto giro, incapace di spalancarsi come dovrebbe. Aspetti negativi di cui sono innanzitutto responsabili i suoi abitanti, oltre che certi settori della pubblica amministrazione. Per fare un esempio tra i tanti possibili, basta confrontare il banco di informazioni all’aeroporto quale appare nel filmato, efficiente e ospitale, e la situazione da noi denunciata un paio di settimane fa. Per quanto riguarda poi l’accoglienza in negozi, ristoranti e altri servizi, qualcosa si è evoluto rispetto alle situazioni sbeffeggiate alcuni anni fa negli sketch comici di Balbontin, Casalino e Ceccon, col tormentone “la torta di riso è finita!”, e negli esilaranti ridoppiaggi di scene di film famosi curati da Fabrizio Casalino, ma molto resta ancora da fare.

     Oltre che per promuovere Genova nel resto del mondo, il video Lovingenova dovrebbe in parallelo essere proposto – insieme ad altre realizzazioni analoghe, sia pur di taglio diverso, come Genova, Sinfonia della Città di Luigi Berio su disegni di Emanuele Luzzati – innanzitutto agli stessi genovesi, affinché maturino consapevolezza e orgoglio per la propria città e per quanto è in grado di offrire in primo luogo ai suoi abitanti e poi a chi sceglie di venire a scoprirla e goderla, sostituendo al mugugno l’impegno di partecipare tutti al miglioramento, alla gestione e all’apertura cosmopolita di questo stupendo bene collettivo.
    (Ferdinando Bonora)

  • OLI 346: SOCIETA’ – Il mercato dei fiori

    Scopro di vivere nell’epicentro di un importante commercio: nella zona del Ghetto, tra piazza del Campo e Vico Untoria, si concentra infatti il mercato dei fiori venduti dagli ambulanti. Me lo fa scoprire il “Settimo rapporto sull’immigrazione a Genova” a cura di Maurizio Ambrosini ed Andrea Torre, Ed. Il Melangolo – 2012.
    Il libro è stato presentato a Genova lo scorso 25 maggio, ma non ne ha parlato nessuno, ad eccezione di Pro.no., agenzia di stampa della Provincia di Genova.
    Grandissima sottovalutazione dei nostri mezzi di informazione, perché il rapporto ha un taglio particolarmente interessante: l’accurata analisi statistica e quantitativa del fenomeno migratorio è infatti funzionale ad una lettura del nostro territorio e delle sue prospettive, ed è accompagnata da una ricca bibliografia, e da due rapporti di ricerca, uno dei quali, a cura di Franca Lagomarsino e Andrea Torre, riguarda i venditori di fiori ambulanti marocchini, definiti “Visibilmente invisibili” in quanto “Sono estremamente visibili, molto più di altre figure di lavoratori immigrati, ma emarginati dal nostro sguardo” in quanto “oggetto di pregiudizi negativi (gli immigrati non fanno un lavoro regolare) che creano difficoltà dei contatti e imbarazzo“. Il cliente, dice uno degli intervistati “ancora prima ti giudica come un povero, un povero totale, non solo di testa, povero di tutto. Però ce ne è tanti che hanno vissuto davvero la vita … loro ti capiscono al volo. Hanno un’altra mentalità, parlano come se parlassero a una persona normale … ne trovi il 20% che hanno vissuto la vita”.
    Il rapporto infrange molte delle ovvietà con cui guardiamo a queste figure, e segnala trasformazioni importanti.

    Una è stata il passaggio della vendita dai minori agli adulti, che si è compiuta intorno alla fine degli anni ’90, e che ha dietro di sé una storia di cui fu protagonista una rete formata da Comune, Forum Antirazzista, Direzione Scolastica Regionale, CRAS (Centro Risorse Alunni Stranieri), Tribunale dei minori, Questura.
    Un’altra è stata quella della graduale regolarizzazione della attività: il responsabile del mercato dei fiori di San Remo parla di un avvenuto “processo di specializzazione, con acquisizione di partita Iva, acquisto in regola, maggiore attenzione alla qualità del fiore e alla modalità di vendita … confezionano un ‘prodotto finito’, tolgono le spine, lo confezionano, lo vendono agli ambulanti. Poi hanno ampliato le gamme di prodotto, non più solo la rosa: indice che si rivolgono ad acquirenti che sono piccoli chioschi. Qui comprano regolarmente, con emissione di fattura e tutto”. Ci sono forme di razzismo: “Ci tocca vendere ai marocchini” ma la realtà è che “i marocchini coprono ormai una nicchia di mercato”.
    Alcuni grossisti comprano a San Remo, altri al mercato di Genova. Poi nella zona del Ghetto avviene l’acquisto del prodotto da parte degli ambulanti, anche loro ormai transitati nel territorio della regolarità e delle partite Iva: si tratta di anziani che lo fanno da tempo, o di giovani in attesa di altre occasioni. Un’attività “cuscinetto” che può rendere 70 euro nelle giornate buone, o scendere a zero in quelle cattive. Un lavoro dignitoso, che può prevedere una sua dinamica: la diversificazione del prodotto venduto e della clientela, acquisendo acquirenti fissi, piccoli chioschi, e magari il passaggio da ambulante a piccolo o medio grossista.
    Per capire questa parte della nostra città, insistono i ricercatori, occorre però “mettere in discussione l’ottica miserabilista”.
    (Paola Pierantoni –  Foto dell’autrice)

  • OLI 345: BENI PUBBLICI – Tra burocrazia e disincanto

    “Hanno tirato via il grottesco!” Di questi tempi era ora, si potrebbe dire.
    Dallo Zingarelli ed. del ’37 il grottesco è “dipinto decorativo … capriccioso, licenzioso o ridicolo” o, citando la Treccani, “deriva da raffigurazioni astruse, strambe, scoperte a Roma sui muri di antiche terme chiamate grotte”.
    Concitati cittadini confinanti di Villa Raggio in via Pisa hanno chiamato le Istituzioni per denunciare l’oltraggio del grottesco, i rumori preoccupanti di calcinacci, ma hanno voluto restare anonimi: sfiducia, timore di essere coinvolti, il committente pare sia un potente armatore.
    Intanto proseguono i lavori per le residenze superlusso, e infatti lo studio immobiliare interpellato pubblicizza appartamenti “in grezzo” ad ottomila euro al metro quadro, poi a seconda delle rifiniture chieste il prezzo si vedrà, e gli alloggi saranno una decina in tutto. Orgogliosamente si reclamizzano piscina e spogliatoi, decine di posti auto mascherati da pergolati e siepi: che fine faranno il parco, i suoi prati e i suoi alberi?
    Sul Permesso di costruire le unità abitative sono però il doppio, con l’ampliamento volumetrico a livelli sottostanti, demolizione e ricostruzione della dépandance, mentre il tetto verrà modificato per l’ampliamento dei volumi dell’attico e vi si realizzeranno giardini pensili: un incremento di superficie abitabile del 20 per cento, come consente la legge. Trattasi però di un complesso monumentale con vincolo, secondo il Decreto Legislativo n. 42 artic. 136, su ville giardini e parchi che si distinguono per la loro evidente bellezza…
    “Si costruirà nel pieno rispetto del luogo”, dichiara il titolare che gentilmente acconsente a fare visitare la villa e sa già degli allarmi. “Abbiamo aspettato un sacco”.
    Mica tanto: nel giro di due mesi pareri e permessi, in tempo prima dell’approvazione del nuovo Puc, assai restrittivo per il Sistema delle Ville Storiche.
    Nessuno mette in dubbio la correttezza dell’intervento, per carità.
    Non è chiaro però di che natura saranno gli interventi.
    Il percorso per capire tutto ciò come comune cittadino è costituito da telefonate per sapere come sia rintracciabile la delibera citata sui cartelli esposti, delibera fantasma, che si scopre poi essere Permesso a costruire, reperibile al Matitone. Telefonate a più riprese in giorni diversi e finalmente un indirizzo di posta elettronica, una mail che vale come domanda scritta all’ufficio competente. Nessuna risposta.
    Dunque incursione al Matitone e ricerca della mail a suo tempo inviata.
    Evviva! Rilasciata la copia del Permesso al progetto in questione.
    Non è finita: nel provvedimento si cita il Parere della Soprintendenza per i Beni Architettonici, diventato prevalente rispetto alle obiezioni della Sezione Tutela e Pianificazione del Paesaggio, la quale si è occupata della sistemazione del verde e per cui si prospetta “eventuale conseguente variante”.
    Il numero della Soprintendenza citato sull’elenco telefonico pare non funzioni. Dopo quattro passaggi ecco l’ufficio competente: alla citazione di Villa Raggio viene passato il funzionario, pur essendo dato in un primo momento assente. Mail con richiesta di verifica sulla villa.
    Ci si presenta di persona alla Soprintendenza, dove si riceve soltanto il lunedì mattina, in tempo per depositare invece la richiesta di copia del Parere: per la consegna fra qualche giorno, chissà.
    Nel libro “ Paesaggio, Costituzione Cemento” Salvatore Settis denuncia come in Italia si violi sistematicamente la Costituzione rispetto alla tutela del patrimonio culturale e del paesaggio, fra il caos urbanistico e legislativo, nel labirinto di competenze fra Stato, Regioni, Comuni.
    Mentre si piangono gli operai morti sotto i capannoni crollati perché mal costruiti in Emilia e si contano i danni infiniti sul patrimonio artistico, che nessuno ci restituirà più.
    (Bianca Vergati – foto dell’autrice)

  • OLI 345: CITTA’ – La creuza negata e i giardini di Babilonia

    “Che bello, state pulendo? Quando potremmo passare?”
    La signora getta uno sguardo di gratitudine verso il basso, è entusiasta: “La facevo da ragazza questa strada, arrivavo subito al mercato Orientale. Poi l’hanno chiusa… Saranno vent’anni che l’hanno chiusa, da quando siamo tornati a vivere a Genova da Roma, è vero?”, si rivolge al marito che ordina i ricordi della loro vita e annuisce con una confidenza distante. “Quand’ero ragazza, c’era anche un posto dove si andava a ballare”, ma se la mattonata riemerge concreta sotto uno strato di terra erbacce, della balera rimane solo una traccia nelle sue parole.
    Sfilano i passanti, alcuni si informano e incitano ad andare avanti, altri offrono un aiuto che non arriverà. Tutti sono contenti che Salita della Misericordia torni a loro come spazio, scorciatoia pedonale, scivolo per passeggini. Chi dalla pulizia trarrà giovamento immediato sono gli iscritti all’attiguo tennis club che potranno accedere ai campi dall’ingresso superiore, senza dover affrontare siringhe e fauna invasiva.
    Peccato che la creuza possa essere pulita solo a metà: un muro di lamiera separa la parte superiore da quella inferiore ed oltre quel muro lo scenario è da foresta amazzonica. Alcune ragazze lo colorano di intenzioni e a scavalcarlo – per ora – c’è solo la sagoma di un uomo pennellato.
    Ci sono volute idee e quattro ore di lavoro di squadra – giovani universitari, occupati, pensionati, licenziati dall’Amiu – per toccare con mano che è molto più facile di quanto si creda restituire a Genova e ai suoi abitanti risorse e luoghi.
    Domenica 27 maggio a Genova una mappa del “tesoro” tracciava dalle 9.30 fino a sera il percorso di tre spazi pubblici “recuperati” dai cittadini: insieme a salita della Misericordia, i Giardini Rotondi di Santa Maria in Passione, e i giardini Babilonia accanto alla facoltà di architettura “rimesso in vita dagli studenti”.


    (Giovanna Profumo)

  • OLI 345: TRASPORTI – Divorzio da Amt

    Una signora di 83 anni mi confida il suo divorzio, ormai definitivo, da Amt.
    Fino all’aumento tariffario in vigore dallo scorso 1 febbraio 2011 lei si poteva permettere l’abbonamento annuale: l’età e l’invalidità superiore al 66% le davano diritto ad una tariffa agevolata sostenibile, sui 170 euro annui.
    Ma poi la tariffa agevolata è aumentata, e soprattutto è stata condizionata al reddito, così un abbonamento annuale a 190 euro oggi si può avere solo se il reddito non supera i 15000 € annui. In caso contrario l’abbonamento viene a costare 380 euro: troppo per un bilancio da pensionata.
    Così la signora ha divorziato dagli autobus, e se ne sta a casa o dintorni: “Questo aumento non è stato una grande idea, perché l’Amt da me non ha guadagnato niente, anzi ha perso i miei 170 euro. E la stessa cosa vale per le mie amiche, più o meno coetanee. Ci ho perso anch’io, però, perché non mi muovo più”. Restrizione degli spazi.
    Il racconto dell’anziana signora ha il suo parallello con quello di giovani amiche che, fatti i conti, hanno anche loro divorziato dagli autobus, optando per il podismo, ottima cosa per dieta e salute, meno per i bilanci cittadini.
    L’Amt è uno dei problemi più gravi e urgenti per la nuova amministrazione, e se le politiche tariffarie da sole non bastano a risolvere la situazione, costituiscono però uno dei fattori che nel tempo possono incidere in modo significativo.
    Ad esempio: biglietti a basso costo per tragitti brevi; abbonamenti davvero appetibili diversificati per categorie di utenti; salvaguardia delle fasce deboli di utenza (invalidi, disoccupati, anziani); eliminazione delle taccagnerie auto-lesioniste, come quella del Volabus dove non valgono gli abbonamenti nè mensili ed annuali. Misure come queste estendono l’utenza, rendono sempre più residuale il viaggio col biglietto singolo, e diminuiscono la percentuale di chi viaggia a sbafo.
    Nei mesi passati avevamo suscitato scientemente l’invidia degli utenti genovesi descrivendo il sistema di trasporti urbani di città come Zurigo (Oli 286), Berlino (Oli 282), Vienna (Oli 324), Copenagen (Oli 314).
    Ma in realtà basta andare a Torino per trovare una politica tariffaria davvero interessante. Il biglietto singolo costa come da noi 1,50 €, anzi di più, dato che vale 90 minuti, però basta girare tra le varie, articolatissime, proposte tariffarie del GTT (Gruppo Torinese Trasporti), e la differenza salta fuori. Per stare al caso da cui siamo partiti: l’abbonamento annuale per chi ha più di 65 anni e un reddito non superiore a 36.151 euro costa 155 € che scendono a 140 se si accetta una fascia oraria di utilizzo più ridotta.
    Marco Doria ha spesso auspicato la collaborazione di idee con i sindaci delle altre città: da Torino possono venire dei bei suggerimenti.
    (Paola Pierantoni)

  • OLI 344: SOCIETA’ – I pagliacci di corsia festeggiano in tutta Italia

    Il 19 maggio 2012 avrebbe dovuto essere una data di allegria e spensieratezza, si è purtroppo trasformata in un momento di cordoglio per le vittime dell’attentato di Brindisi. Ma la forza del progetto dei clown di corsia ha superato lo stupore e il dolore per quanto accaduto e ha consentito di proseguire, in Piazza De Ferrari, la giornata VIP, acronimo di “viviamo in positivo”, che è anche il nome dell’omonima onlus nazionale che raduna moltissime associazioni locali di pagliacci e giocolieri al servizio dei bambini, soprattutto ricoverati in ospedale.
    A rappresentare VIP a Genova ci sono i “Pagiassi”, che ti circondano mentre passi lì vicino, al motto di “Il naso rosso non è indossare una maschera ma essere finalmente sé stessi”. Sono trampolieri, giocolieri, portano ogni sorta di gioco per i bambini (ai quale partecipano spesso gli adulti, rimasti bambini dello spirito). Giovani ragazze e ragazzi che prestano volontariamente il proprio tempo per far tornare un sorriso a chi sta affrontando un momento difficile della vita.
    I loro nasi rossi funzionano davvero: il mio, regalatomi proprio da loro 6 anni fa, è ancora vivo e vegeto ed è stato indossato da bambini di ogni nazionalità. Le foto e la breve intervista ad una di loro parlano più di mille parole.
    I Pagiassi li trovate su “pagiassi.it“. Buone risate!

    (Stefano De Pietro)

  • OLI 344: LETTERE – Caro Marco

    Caro Marco,
    qualche pensiero immaginando la città che andrai a governare.
    Se arrivi in cima a via Serra potrai vedere che a distanza di pochi centimetri uno dall’altro vi sono due targhe di marmo con scritto ‘ VIA SERRA’.
    Di sicuro sono due costi, di sicuro sono due i tempi di montaggio, di sicuro non è ad alcuno venuto in mente che forse sarebbe bastato un poco di smalto per rinfrescare la scritta della prima targa.
    Poco più avanti salita della Misericordia chiusa da anni .
    L’interesse di pochi è costato e sta costando disagi a molti.
    Il primo tratto, è in ordine e pulito e serve l’accesso al Tennis Club, il successivo, se pur non esattamente concesso, serve d’accesso a tossici e disperati.
    Sarebbe un sogno poterla ancora utilizzare come comoda scorciatoia, facile anche per passeggini per bimbi e sedie per invalidi.
    Poi il problema dei mezzi pubblici in città.
    Quando nevica, o a causa di altre forze maggiori, è possibile attraversare la città da Nervi a Sampierdarena in pochi minuti.
    Già, perché quando nevica le auto private non vi sono.
    Sicuramente sarebbe all’inizio scelta impopolare, ma se la città venisse inibita al traffico privato…
    Ti ricordi come è insorta quando è stato deciso di pedonalizzare via San Vincenzo, via San Lorenzo o Via Cairoli? Ed ora pensi che qualcuno vorrebbe tornare indietro su queste scelte?
    La città che andrai a governare ha necessità di scelte coraggiose che ci permettano di tornare a sentire questa, come la nostra città.
    Ha bisogno di un governo agito con buon senso, di buon senso che torni ad essere senso comune.
    Ti auguro buon lavoro,
    (Maria Profumo)