Categoria: Genova

  • OLI 371: URBANISTICA – Mal di park in Caravelle

    Puc- 2000
    La zona rossa è tutta esondabile , anche il marciapiede alla base delle caravelle.
    Si deduce che non sia possibile costruire un parcheggio interrato.

    Appare, scompare, riappare, su e giù come le onde il progetto delle Caravelle in piazza della Vittoria a Genova, accantonato dopo l’approvazione del Puc del sindaco Vincenzi e la tragica alluvione. Sembrava disperso, invece eccolo di nuovo alla ribalta l’autosilo sotto i giardini in onore di Colombo, ultima certezza che i genovesi hanno come paesaggio cittadino dopo le matitone-grat-en-ciel, che oscurano la vista della Lanterna amata.
    Con una proposta-spot il Municipio del Medio Levante ha presentato in Commissione Territorio il Park Caravelle, a cui maggioranza ed opposizione, tranne Sel, hanno dato “parere favorevole”.
    Ancora? Già ancora, pur se la precedente Giunta di centrodestra aveva votato il sì al progetto, ci si è presi la briga di riproporlo una seconda volta, senza che nulla fosse cambiato nella proposta. Iter inusuale a dire poco: se ogni volta che cambia “colore” un’Amministrazione, si dovessero rifare i percorsi di approvazione di un progetto saremmo ai castelli medievali, burocraticamente parlando.
    La prassi di solito è che il progettista chieda parere al Comune e che lo domandi al Municipio e non viceversa. Nel merito non si è nemmeno entrati, con le tecnologie attuali che importa se fino al marciapiede del liceo Doria secondo il Piano Urbanistico Comunale è “zona rossa”, cioè esondabile, perciò avanti tutta con tre piani di parcheggio interrati e tre sotto la collina delle Caravelle, per 400 posti.
    Le motivazioni del sì del Municipio?
    Liberare i posti occupati dalla Questura, assegnandogliene 150: sorpresa, neppure è stata interpellata ed è già ospite in un edificio della Provincia, che non ha un soldo, figurarsi se paga i parcheggi per gli impiegati delle Forze dell’Ordine. Così si prospetta l’idea di poter liberare Piazza della Vittoria dalle auto, e chi non la vorrebbe questa bella piazza sgombra! Ma le Società di Parcheggi hanno una concessione sessantennale rinnovabile su questo spazio.Dura convincerle a sloggiare, quando hanno già tre piani sotterranei e due di questi sempre deserti, per un totale di 750 posti. A progetto, gli ascensori interni e le scale mobili ai lati delle Caravelle, tutto a carico del Comune s’intende, potrebbero collegare la Foce all’ospedale Galliera e chi abita su potrebbe venire a parcheggiare giù in piazza. Il nodo di fondo è un altro però, sono gli elettori della Foce, che lamentano carenza di parcheggi. Eppure gli abitanti sono diminuiti: giustamente, c’è l’anziano pensionato bisognoso dell’auto, ma forse ci saranno anche più auto per famiglia, o magari sono stati concessi troppi permessi per zone ai non residenti, d’altra parte però, ormai la Foce è “centro città” con uffici ed esercizi commerciali. Non si sentono ragioni. La Mobilità è prima di tutto quella privata.
    Corsie gialle? Ma tolgono parcheggi! E che importa se i bus si devono fermare per le auto in doppia fila. Gli autobus sono meno, è vero, e non per 24 ore, ma dobbiamo battagliare per avere un trasporto pubblico efficiente e non una vita a quattro ruote
    (Bianca Vergati)

  • OLI 368: GENOVA – C’è chi dice casiNo


    28 febbraio, ore 14 e 55, pubblico sul mio profilo Fb.
    Facile dire “a Zena se ciamman bagasce”, facile anche scriverselo sulla maglietta. Facile gridarlo a Nicole Minetti, troppo facile. Il problema a mio avviso è che sarebbe superficiale, machista, ipocrita. Non esiste un corrispettivo maschile: insultate un uomo corrotto, marcio, approfittatore etc., cosa gli dite? Minetti è donna, si è comportata in un certo modo, quindi è bagascia. Bene. Se anche fosse il problema non è lì ma in chi fa l’investimento per quel luogo in cui di sano, economicamente e non solo, ci vedo ben poco. Possiamo anche prendercela con lei ma lo trovo miope: chi ha i capitali per fare una cosa del genere? A chi importa che cosa si farà lì dentro? Chi controllerà che la gente non ci si rovini? Sapremo da dove arriva il denaro che ci circola, lì come in tutte le altre sale e salette spuntate come funghi ovunque? Non sempre (secondo me quasi mai) il bersaglio più facile è quello giusto. Per fortuna ci sono persone lungimiranti che si fanno le domande giuste e che non mollano. Per fortuna l’antimafia a Genova non sono parole al vento.
    1 marzo 2013, sera, dopo il presidio CASI-NO a Genova Pegli.

    Passo in moto, c’è già una folla pochi minuti dopo le 18, sorrido, qualche faccia nota, attraverso veloce il traffico e il ponte per parcheggiare e partecipare. Bandiere, di partito e non, striscioni con slogan, volantini, si aspetta Don Gallo, intanto prendono la parola il presidente del municipio, Domenico Chionetti, di San Benedetto, detto Megu  , una cittadina di Pegli… Ciascun* esprime gratitudine rispetto alla partecipazione della gente – quante e quanti lo lascio dire a chi sa fare queste stime, a me sembravamo un bel po’ – e cerca di sensibilizzare sulla problematica del gioco d’azzardo e delle ludopatie, del dilagare degli investimenti poco puliti, in particolare negli ultimissimi tempi e approfittando del periodo di crisi. Don Gallo arriva annunciato e abbandona l’auto in mezzo al traffico, provocato dalla folla che attraversava di tanto in tanto la strada mostrando i cartelli (casi-NO) e invitando chi passava a restare e manifestare, raggiungendoci a piedi, circondato da foto ed entusiasmo. Prende la parola – “una sedia per il Gallo!” passa sulle nostre teste – soffermandosi sulle lotte del ponente, sulla dignità di queste lotte, sulla tenacia e sulla rilevanza politica e pubblica della partecipazione della gente, sul coinvolgimento, sull’esserci e sul contare. “Nicole Minetti vada a mostrare tette e culo altrove” – scivola, la gente si infiamma, troppo facile, continuo a pensare che il problema non sia la scelta della “madrina” per l’inaugurazione. Don Gallo prosegue, gli interventi si alternano e si respirano interesse, passione. Ascolto e ragiono: non si è fermata l’apertura del casinò: a detta di chi vive a Pegli e ne è al corrente, come racconta una signora, “la sera ci sono macchine ovunque, in terza e quarta fila, pullman addirittura, e poi, si sa, come dire, l’indotto di questi affari… prostituzione, spaccio”. Si è in qualche modo rimandata l’inaugurazione grazie alla mobilitazione cittadina e all’intervento del comune che ha voce in capitolo per quanto riguarda i permessi necessari per l’apertura e la gestione del locale. Quello che ci si aspetta ora e per cui si auspica una partecipazione e un’attenzione costante è il seguito: riciclaggio di denaro, traffici illeciti e ottime coperture, famiglie rovinate e attività commerciali che vengono sostituite da casinò, la gente è stufa, la partecipazione di oggi l’ha dimostrato: “siamo qui, torneremo!” chiude Megu di San Benedetto, applausi, speranza, desiderio di cambiare, coraggio!
    (Valentina Genta – foto di Marco Pelizza)

  • OLI 368: ELEZIONI – L’inverno del nostro sconcerto

    Sono davvero sconcertata e tristissima per i risultati elettorali e per quello che sta succedendo adesso nella società politica e civile. 
    (Frammento di una mail a commento delle recenti elezioni)

    Se si imbocca la sopraelevata da Sampierdarena, la Lanterna, prima visibile al visitatore, è stata oscurata da una quinta di due torri, astutamente battezzate Torri Faro. Non si tratta di edilizia popolare e poco importa in quale PUC fossero inserite. Al progetto ha certamente dato approvazione il Comune di Genova storicamente amministrato da giunte di sinistra.
    A Cornigliano, le aree bonificate – oggetto di una recente inchiesta – e promesse alla cittadinanza con tanto di distribuzione di bulloni provenienti dall’area siderurgica nel maggio 2007, sono tuttora occupate dai container di Spinelli.
    Sui lavori per la messa in sicurezza del Bisagno ha posato gli occhi il Tar, che accolti due ricorsi, ha annullato il bando.
    Villa Raggio, in Via Pisa, era sede di ambulatori ASL. Donata alla collettività per un utilizzo a fini sanitari è stata venduta dalla Regione Liguria per fare cassa. Inutile il ricorso al Tar della famiglia Raggio. La dimora, suddivisa in lotti, oggi ospita appartamenti prestigiosi dotati di parco con piscina. Non risulta che una parte sia stata destinata alla cittadinanza.
    Mentre a Cogoleto l’enorme area dell’ ex-manicomio a Pratozanino era oggetto di cartolarizzazione, esattamente come Villa Raggio, i pazienti psichiatrici venivano comodamente ospitati in container per ben quattro inverni
    Cosa aggiungere sul buco di quaranta milioni dell’Istituto Brignole, sulla definitiva sepoltura all’Ist, e sugli investimenti fatti all’ospedale Evangelico Internazionale?
    Sono solo alcuni dei successi inanellati negli anni dalla politica locale e regionale, piccoli cammei che hanno contribuito, insieme al resto, alla scientifica polverizzazione di risorse collettive. Si tratta di scelte fatte in nome dei bilanci, del contenimento della spesa, da chi si dichiarava di sinistra. Dove la creatività distruttiva toccava il suo culmine si è arrivati a far credere al cittadino come necessaria la costruzione di un parcheggio al posto di una creuza storica.
    Quanti comitati gridavano il loro sconcerto in città e nel paese totalmente inascoltati da chi la politica la faceva di professione?
    Trasparenza, onestà e competenza: erano le parole chiave. Qualcuno ha aperto un cassetto e le ha tirate fuori.
    (Giovanna Profumo – foto dell’autrice)

  • OLI 365: CITTA’ – Il miracolo di Vico Papa

    Vico Del Papa si trova nella zona della Maddalena.

    Il miracolo si manifesta con particolare evidenza ai passanti alla sera, attraverso una fila di vetrine illuminate che improvvisamente interrompono l’oscurità dei vicoli.
    Che sia giorno o che sia sera, comunque, chi guardi attraverso i vetri vedrà persone che ballano, oppure cantano, parlano tra loro con parole o gesti, come i giovani sordi di ‘Mani in movimento’, fanno yoga, ginnastica, suonano, oppure recitano, giocano con bambini piccolissimi, guardano insieme dei video, fotografano, discutono, ascoltano, si scambiano libri, oppure imparano a comunicare tra loro nell’oscurità.

    Il gruppo “Mani in movimento”

    Le attività che si svolgono all’interno spaziano su territori molto articolati, espressione di una produzione culturale diffusa di cui sono produttrici e attrici una quantità di associazioni, gruppi, insiemi di persone.
    Scorrendo il calendario che definisce gli orari di occupazione degli spazi se ne contano a decine. In alcuni casi sono appuntamenti di confronto e discussione episodici, o almeno non sistematici, in altri invece si tratta di attività permanenti che si svolgono per tutto l’anno, settimana dopo settimana.

    Il gruppo “Le vie del Canto”

    Come è avvenuto? Che storia c’è dietro? E dove stava, prima, tutta la gente che si avvicenda ora i questi spazi?
    Inaugurato meno di un anno fa, il 24 aprile 2012, questo spazio ha preso materialmente vita a partire dallo scorso settembre. Il nome che lo identifica è: “Laboratorio Sociale di Vico Papa” (lo trovate su Facebook ), concepito e realizzato nell’ambito del “Progetto Integrato Territoriale” della Maddalena promosso dal Comune di Genova e finanziato dalla Regione Liguria con i fondi del POR (Programma Operativo Regionale) 2007 / 2013, Asse 3 / sviluppo urbano. Soggetto attuatore RiGenova Srl, società partecipata dal Comune.
    Lo scopo, si legge nel dépliant del Comune che nel 2009 fissava caratteristiche e tempistiche del progetto, è “dare valore alle energie esistenti nel quartiere che non hanno luoghi e modi di esprimersi; sostenere le forme aggregative presenti, attrarne di nuove, favorendo l’integrazione col quartiere; rompere l’isolamento dell’area … favorire lo scambio di esperienze e punti di vista dei residenti; aggregare attorno al laboratorio un soggetto culturale collettivo in grado di leggere i bisogni del territorio ed interloquire col sistema decisionale”.

    Le frasi di questo dépliant hanno alle spalle un lavoro collettivo, un’esperienza già compiuta, quella del laboratorio sociale “50 rosso” della Maddalena, e si sente.
    Negli anni di attuazione del progetto, dalla identificazione dei locali alla loro ristrutturazione, sono intercorsi continui rapporti con le realtà culturali e associative che si candidavano ad utilizzare questi spazi.
    Sostenere la produzione culturale diffusa, farla uscire dal sottosuolo dove la spaventosa mancanza di spazi di questa città la relega da anni, metterla in comunicazione con la città, è un progetto politico. Aggiungo: un progetto politico di sinistra.
    Paola Borelli, entusiasta ed appassionata responsabile della gestione di Vico Papa, mi dice che è in cantiere una realtà analoga in Via Pre.
    Bisogna andare oltre, estendere questi spazi in tutti i quartieri. La vita culturale di Genova non può esaurirsi a Palazzo Ducale.
    (Paola Pierantoni –  Foto dell’autrice)

  • OLI 364: GENOVA – San Valentino con Le Serre

    Un anno fa pareva non ci fosse speranza per la Valletta di San Nicola (OLI 333) . I nodi da sciogliere erano troppi insieme ai soldi sprecati e a quelli in ballo.
    Loro parlavano di orti urbani, vivai e serre storiche, per un’area dove la parola parcheggio occhieggiava furbastra tra le fronde del territorio in abbandono, fissata nero su bianco nel PUC. E ne parlavano mentre andava in onda l’agonia dell’Istituto Assistenziale Brignole grazie ad una gestione amministrativa dissennata e priva di controllo.
    Oggi la situazione per l’Istituto Brignole, al quale fa capo l’area, è come allora, ma almeno ci si può permettere di sperare.
    Cambiata la giunta comunale, l’intenzione dei nuovi arrivati sembra essere quella di bloccare l’edificazione dei silos (su cui anche la Regione ha espresso parere negativo) alla Valletta di San Nicola e di acquisire l’area di proprietà del Brignole – non appena superati i vincoli della legge di stabilità. Per questo, il vicesindaco Stefano Bernini e l’assessore Valeria Garotta si sono dimostrati interessati alla proposta del Comitato Le Serre che ha elaborato un progetto affinché l’area venga utilizzata come giardino di quartiere, con orti urbani collettivi e individuali, con la valorizzazione turistico-museale delle serre contenenti le collezioni di felci e piante esotiche e una sperimentazione per la riproduzione vivaistica di flora autoctona.
    Il Comitato presenterà il proprio progetto in un incontro pubblico il 14 febbraio alle ore 21.00 nell’Auditorium della Parrocchia di San Nicola.
    (Giovanna Profumo)

  • OLI 360: SOCIETA’ – Cercando Itaca, a Genova

    Ho da poco conosciuto “Itaca Sostiene – Amministrazioni di sostegno solidale”.
    Ne avevo bisogno, il peso di problemi mai risolti fino in fondo per raggiungere un sempre lontano sereno vivere si è molto alleggerito. Ho trovato con chi condividere le mie vicende familiari.
    Sta nell’aggettivo “solidale” il compito e l’obiettivo di questa associazione, nata da pochissimo tempo per l’impegno di un piccolo gruppo di volontari, guidati dalla presidente Barbara Benazzi, che ha messo a disposizione la sua esperienza sul campo e la sua competenza legale per dare vita ad una associazione che si pone come tramite e guida per chi è disorientato, cominciando col conoscere i problemi del territorio, raggiungere le famiglie, costruire un progetto di sostegno.
    Alle spalle di questa iniziativa sta la difficoltà di rendere effettivo quanto prevede la legge 6/2004 relativamente all’istituzione “dell’amministrazione di sostegno” che, per migliorare la qualità di vita di persone socialmente deboli, dovrebbe coinvolgere a cascata il tribunale, i servizi sociali, i servizi sanitari, e le associazioni di “automutuo aiuto”.
    Una bella legge, che intendeva completare l’opera della vecchia legge Basaglia che ha liberato dall’isolamento dei manicomi i sofferenti di malattie psichiatriche considerati un pericolo per la società. Rimaneva però l’istituto dell’interdizione che collocava i pazienti psichiatrici, considerati incapaci di intendere e di volere, fra i cittadini esclusi dai diritti civili.
    Questa Legge, istituendo la figura dell’Amministratore di Sostegno, supera l’interdizione e si adatta alle esigenze personali di soggetti fragili sostenendoli nella quotidianità e restituendo loro dignità di cittadini.
    La legge 6/2004 inoltre non riguarda solo i pazienti psichiatrici, ma tutti i soggetti temporaneamente o definitivamente non autosufficienti: anziani, ammalati di Alzheimer, di Parkinson, persone afflitte da dipendenze (gioco d’azzardo, sostanze tossiche, alcool …), i giovani portatori di handicap e le loro famiglie che pensano con preoccupazione al “dopo di noi”.
    Farla conoscere era una vera necessità, per sopperire a grossi limiti di applicazione.
    Il Tribunale non basta, e il necessario rapporto di collaborazione tra i vari soggetti indicati dalla legge avviene molto raramente perché tante sono le difficoltà che impediscono la continuità di comunicazione fra gli addetti ai lavori.
    Così “Itaca sostiene” ha già organizzato primi incontri incontri presso il Municipio 8 Medio levante e presso il Municipio 2 Genova Centro Ovest. Altri se ne organizzeranno, col proposito di sensibilizzare e soprattutto di informare e formare le famiglie.
    Sono occasioni in cui il punto di vista del legale si amplia e si completa col punto di vista degli addetti ai servizi, dei medici e in, primo piano, degli utenti: quelli già organizzati in associazioni di automutuoaiuto e i moltissimi isolati nel territorio, in quartieri inquinati da troppi problemi, nascosti in famiglie prigioniere della loro sofferenza, conosciuti quando sono divenuti casi che esplodono drammaticamente. Non è un compito facile. C’è molto lavoro da fare. Io ho deciso di farne parte.
    Sul sito http://www.itacasostiene.it/ chiunque sia interessato troverà le informazioni sull’attività della associazione e il calendario delle iniziative in programma.
    (Gabriella Banti- immagine da internet)

  • OLI 359: LETTERE – Sindaco e Anna

    Caro Sindaco, oggi ti farò un regalo.
    Questo è un invito a cena: minestrone, torta di verdura, torta di mele.
    Tutto all’insegna di “kilometro zero” e “decrescita felice”.
    Già, queste frasi, che martellano come magli le nostre giornate, sono incarnate in piazza Tavarone al mercoledì, e il martedì in largo Lanfranco e poi nel succedersi della settimana, qua e là in città. Hanno il volto di Anna e di altri coltivatori che portano in città i loro prodotti, davvero buoni. Tutto fila liscio, meteo permettendo. Se invece tu fossi lì quando piove, resteresti senza parole.
    Mi domando, ti domando, ma è una città civile, una città che non offre loro un riparo in caso di pioggia? Piccola, ma concreta soluzione in caso di maltempo: offrire loro lo spazio antistante il teatro Carlo Felice? Per Galleria Mazzini non ci provare nemmeno se non vuoi attirarti gli strali dei negozianti che la abitano. Intanto corro a fare la spesa ed accendo il forno.
    (Maria Profumo)
  • OLI 357: SCUOLA – Un albero per la speranza

    Tra il malessere e il disastro la scuola va avanti e tanti sono gli insegnanti, la stragrande maggioranza, che operano con serietà, rigore ed entusiasmo. Così accade nella scuola elementare Govi, dove si è aderito ad una felice iniziativa di Legambiente “Per cambiare aria in città pianta un albero!”: piantare un albero è un gesto d’amore e di fiducia nel futuro, un’azione generosa che porterà benefici a tutti, recita lo slogan.

    Bisogna sapere che la scuola in questione, pur essendo in uno stabile moderno e decoroso, è situata in una delle vie a più alto traffico ed inquinamento della città ed ha un cortile per giocare proprio sulla strada. Fu costruita negli anni settanta nel terreno di un ex convento, abitato da poche suore e poi abbandonato per anni. In seguito gli edifici religiosi sono stati recuperati e nell’ultimo decennio persino la cappella è divenuta residenza, ma siccome alcune abitazioni non avevano “sfogo” esterno (e quindi meno appetibili immobiliarmente) si è rilasciata una concessione sessantennale per fare terrazzi-giardino sul tetto della scuola, espropriando di fatto la copertura che un tempo la si definiva addirittura non calpestabile.
    Ora vi svettano palme, aiuole, grandiose fioriere.
    Si è costruita anche una piscina che ha interessato il muro del modestissimo spazio di cespugli e rovi sul retro, tutto al sole, l’unico rimasto alla scuola, dieci metri per cinque circa, mentre intorno l’edificio scolastico è circondato da prati alla moda. Su richiesta delle maestre lo spazio incolto è stato rimesso in ordine, bontà loro, dai “piscinanti”, in cambio della servitù di confine.
    È qui che verranno messe a dimora un ulivo, alcune piante aromatiche caratteristiche della Liguria e i bambini armati di zappa e guanti potranno lavorare al loro minuscolo “orto”, supportati dalle loro meravigliose insegnanti e da qualche esperto volontario dell’Associazione o dell’istituto agrario Marsano di Sant’Ilario, che suggerirà loro che cosa coltivare.
    Ecco, la scuola è anche questo: rispetto e amore per il verde, lavoro di gruppo per imparare a stare insieme, cercando di rendere più accoglienti anche i modesti spazi che abitiamo perché non resti un’utopia il tentativo di migliorare la qualità della vita anche in città. Bisogna imparare a sognare da piccoli.
    (Bianca Vergati – immagini dell’autrice) 

  • OLI 354 – ILVA : Genova chiama Taranto, tra bilanci politici e prevenzione

    “Riteniamo illogico considerare inevitabile che ogni anno ottantamila quintali di residui aerei del centro siderurgico di Taranto debbano cadere sulla città”. “L’introduzione di nuove tecnologie e di nuovi sistemi organizzativi non è un momento unico e definitivo dell’azienda moderna ma fa parte di un processo continuo di crescita dell’apparato produttivo che noi rivendichiamo perché ad esso è legato lo sviluppo economico della collettività”.
    E’ un estratto degli atti della conferenza nazionale di Cgil, Cisl e Uil dal titolo “La tutela della salute negli ambienti di lavoro”, marzo 1972.
    Ne ha dato lettura, il 26 ottobre, Santo Grammatico, Presidente di Legambiente Liguria promotrice dell’incontro “Genova chiama Taranto. Il caso acciaio. Ambiente e lavoro sono la stessa cosa”. Nel salone di rappresentanza del Comune di Genova manca, però, il pubblico delle grandi occasioni. Peccato. Perché, dopo aver riempito piazze, fatto assemblee, subìto il ricatto lavoro-ambiente, quella di venerdì si è dimostrata una preziosa occasione di riflessione, lontano dai riflettori, per fare il “punto nave”, come dicono in produzione. Un’occasione per ragionare sulle scelte politiche genovesi, criticarle o rivendicarle ricordando le vicende che hanno reso possibile superare il ciclo a caldo a Cornigliano.
    Quindi Bernini e Biasotti, per la parte politica e istituzionale, rappresentanti di Legambiente e Federico Valerio, chimico ambientale, per la tutela della salute e del territorio, Federico Pezzoli, RSU Ilva Cornigliano, per il lavoro, hanno messo a fuoco i punti salienti di una storia in divenire in cui Riva – Emilio, famiglia, società? – è stato a tratti o deus ex machina o spietato padrone delle ferriere. Comunque sempre soggetto difficile da controllare.

    Così quanto dice Bernini sulle aree: “Il conto è stato fatto sul lavoro che poteva essere dato” e “la parte liberata e già destinata dalla società per Cornigliano ad attività portuale” in parte occupa addetti “ma la quantità di occupati per metro quadrato non è soddisfacente”, si arricchisce con gli “aneddoti” di Biasotti su come Riva fosse stato abile ad ottenere da Mori, suo predecessore in regione Liguria, mille volte di più di quello che aveva prima: dai cinquant’anni di concessione, all’abbuono di tutti i canoni che mai aveva pagato, insieme a tutta una serie di vantaggi. Vinte le elezioni regionali nel 2000, il Senatore Biasotti fa  “l’ambientalista” e dice una serie di no. Nel suo album di ricordi anche l’imbarazzo per l’assegno “milionario” staccato da Riva a Berlusconi per la campagna elettorale del 2001. In merito “al contratto fatto nel 2006” con Riva il senatore dice: “Purtroppo ha una grave lacuna: non lega i metri quadrati che gli sono stati dati ai dipendenti, tant’è che oggi ci sono 1500 operai mentre lui dovrebbe farne lavorare 2400. Questo è un fatto grave.” Ma Biasotti non deve fare ammenda perchè lui quell’accordo non l’aveva firmato.
    La chiusura della cokeria di Cornigliano – ha spiegato Federico Valerio dell’Ist – ha permesso un abbattimento immediato di malattie e ricoveri, anche dei bambini del quartiere. E ha reso gli abitanti di Cornigliano simili a quelli di altre parti della città che comunque hanno a che fare con l’inquinamento automobilistico, che è altra cosa da quello di una cokeria. La cokeria ha spiegato Valerio non si può ambientalizzare perché intrinsecamente produce fumi cancerogeni. Dell’esperienza Ist beneficerà l’agenzia per l’ambiente pugliese che ha adottato la procedura degli studi epidemiologici genovesi. Tuttavia ha aggiunto Valerio “il sottoscritto che ha diretto quel laboratorio e ha ottenuto quei risultati è andato in pensione e nessuno sta pensando di sostituirlo, perché della prevenzione primaria non gliene può fregare niente a nessuno. Non rende.” Ma i dati ci sono e non bisogna perdere la memoria storica. Si è capito che le acciaierie a ciclo integrale costruite a meno di duemila metri dall’abitato diminuiscono l’aspettativa di vita. La salute non è una cosa vaga, ha spiegato Valerio, e un tumore polmonare costa cinquantamila euro per il ciclo chemioterapico con pochissime probabilità che serva a qualcosa. Basta pensare agli effetti devastanti all’amianto.(Continua)
    (Giovanna Profumo – foto dell’autrice)