Il pezzo “La rivoluzione del bucato” di Monica Profumo, pubblicato lo scorso 8 febbraio su Oli, ha ricevuto il seguente commento: “Magari se avesse almeno tentato di chiamarmi la signora Monica Profumo avrebbe scoperto che questa notizia è una gran bufala ma già… basta scrivere… Francesco Scidone”.
Lo stile del messaggio ci fa dubitare della autenticità della firma.
Autentico o apocrifo che sia il commento merita comunque l’osservazione che nemmeno la stampa cittadina – da cui anche noi prendiamo le notizie – aveva evidentemente scoperto che si trattava di una “gran bufala”. Ripercorriamo le notizie:
“Il comune, come il cavaliere, vieta i panni stesi … In tutta la città sarà vietato stendere la biancheria da finestre e balconi … Prima, esisteva un lungo elenco di vicoli dove stendere è lecito. Nel nuovo regolamento, stendere la biancheria è (in via generale) vietato ovunque se i panni sono visibili” (Il Secolo XIX, 3 febbraio)
“Delirante, dovrà cambiare. Così Marcello Danovaro, capogruppo del Pd, interviene sulla norma del regolamento dei vigili che vieta di stendere i panni” (Il Secolo XIX, 4 febbraio)
“Danovaro (Pd): vietare di stendere i panni all’aperto? Idea fuori dal mondo. … Pensare di recuperare il decoro urbano con un provvedimento come questo significa avere una idea davvero distorta di cosa è il decoro”; “Considerando che Danovaro è il capogruppo del partito più grosso della maggioranza di Palazzo Tursi è prevedibile che il regolamento che sarà approvato dal consiglio comunale sarà alla fine molto diverso da quello approvato dalla giunta” (Il Corriere Mercantile, 4 febbraio)
“Nel nuovo regolamento, come raccontato nei giorni scorsi dal Secolo XIX, figura anche la norma in base alla quale sarà vietato stendere la biancheria o panni di ogni genere fuori dalle finestre se gli oggetti saranno visibili dal suolo pubblico, fatta eccezione per le località elencate. Ma quella norma, annuncia Scidone, sarà quasi certamente rovesciata: Il nuovo regolamento permetterà di stendere ovunque la biancheria … fatta eccezione per un elelnco di vie del centro, le piazze principali, le strade con chiese o palazzi di prestigio”. (Il Secolo XIX , 11 febbraio)
Dunque, le notizie di stampa raccontano la seguente storia: la giunta vara un testo del regolamento di pulizia urbana che contiene una estensiva probizione di stendere i panni; a seguito di ciò vengono sollevate obiezioni, tra cui quella rilevante del capogruppo del Pd in Comune; qui si inserisce l’articolo di Oli 288; alcuni giorni dopo l’assessore Scidone dichiara alla stampa che questa norma sarà “rovesciata”.
(Paola Pierantoni)
Categoria: Paola Pierantoni
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OLI 289: CITTA’ – Bucato story
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OLI 288: POLITICA – Se non ora quando

Logo della manifestazione del 13 febbraio E’ stata varcata una soglia: quella che spinge ad una azione collettiva donne di una marea di gruppi ed appartenenze diverse e donne di nessun gruppo e di nessuna appartenenza, collocate lungo l’infinita gradazione del loro personale rapporto con la politica e col femminismo.
L’essere immerse ed immersi – come siamo da mesi – nella esibizione pubblica del rapporto malato tra questo uomo potente e le donne ha fatto scattare fastidio, esecrazione, indignazione, desiderio di opporsi pubblicamente.
Ma circolano a piene mani anche invidia, connivenza, accettazione, indifferenza, compiacimento, desiderio di imitazione. Sia da parte degli uomini che delle donne, che sono gran parte della sua base di consenso.
Berlusconi è il secondo problema, il primo siamo noi. La manifestazione del 13 febbraio coglierà il suo obiettivo se riuscirà – per il dopo – a mettere in moto energie, interazioni, pensieri per riflettere a chi siamo noi, cittadine e cittadini di questo disgraziato paese, cosa desideriamo per la nostra vita, come concepiamo il nostro personale rapporto con il lavoro, la famiglia, il denaro, il potere, la sessualità, la politica.Intanto qualche “istruzione per l’uso” per la manifestazione del 13: il concentramento è alle 15 a Piazza Caricamento, poi un breve corteo arriverà a De Ferrari dove ci sarà uno speak corner per dare voce – dicono le organizzatrici – “a tutte/i coloro che vorranno testimoniare un modello femminile (e maschile) diverso”.
Sul sito nazionale http://senonoraquando13febbraio2011.wordpress.com/ potete trovare l’appello che ha convocato l’iniziativa, e una serie di indicazioni che ne definiscono carattere e modalità.
Tra queste alcune meritano di essere sottolineate: “La manifestazione non è fatta per giudicare altre donne, contro altre donne, o per dividere le donne in buone e cattive. I cartelli o striscioni ne terranno conto… Siamo donne fiere e orgogliose. Chiediamo dignità e rispetto per noi e per tutte. Siamo gelose della nostra autonomia e non ci lasceremo “usare”. Per questo non ci devono essere simboli politici o sindacali nei nostri cortei: vogliamo che sia anche rispettata la nostra “trasversalità”… La manifestazione è promossa dalle donne, ma – come diciamo nel nostro appello – la partecipazione di uomini amici è richiesta e benvenuta”.
(Paola Pierantoni) -
OLI 286: GRANDI OPERE – Inquietudine in galleria
“Sì, il raddoppio del tratto ferroviario Andora – S. Lorenzo (19 chilometri di cui 16 in galleria) dovrebbe essere completato nel 2012, ma su quel treno a 200 km all’ora in galleria non ci salgo neanche morto”.
Confidenze di un claustrofobo? No, confidenze di fine estate di un lavoratore molto perplesso sulla futura sicurezza dell’impianto. Segue un mare di spiegazioni tecniche che non paiono mancare di un filo logico. Proviamo a riassumere.
Lo scavo prevede sette gallerie, di cui quattro realizzate con una “talpa”, cioè una gigantesca macchina la cui testa è una fresa che ruota lentamente frantumando la pietra, e che, man mano che avanza, cementa pareti e volta della galleria mettendo in posa delle centine armate con tondini di ferro. Questi vengono inglobati nel cemento che si consolida velocemente a bassa temperatura (non superiore a 30°) grazie all’aggiunta di un appropriato addittivo. Tutto il processo è realizzato e controllato in modo automatico.
E allora, cosa c’è che non va? L’elenco che si snoda è lungo. Il tondino dell’armatura dovrebbe essere di elevata sezione, adatta ad opere industriali, mentre nelle centine (in quante?) pare che ci vada tondino a piccola sezione, con l’aiuto di un doppio regime di bolle di accompagnamento. Anche l’addittivo al cemento a volte si trasforma mutandosi in acqua, ma in questo caso il consolidamento richiede temperature più elevate, fino ai 60°, e allora ecco il tapullo per “bypassare” il sistema di controllo automatico della macchina. Poi c’è il restyling: vernice spry color zinco spruzzata su ferri arrugginiti per “passare le ispezioni”, dato che rotture, fessurazioni, distanze fino a 5 cm tra le calotte lasciano passare acqua.
L’amico conclude: “Te lo immagini cosa può succedere a seguito dello spostamento d’aria provocato da un treno in corsa a quella velocità? E quando se ne incrociano due, di treni?”
Paranoie? Malumori lavorativi che trovano sfogo nell’ingigantire piccoli problemi fino a tramutarli in allarme?
Un breve articolo – “Blitz al cantiere di Andora – sequestrata l’area Ferrovial” – uscito lo scorso 20 novembre sull’edizione savonese del Secolo XIX, purtroppo, conferma: “Carabinieri e finanzieri hanno posto sotto sequestro l’intero stabilimento-capannone della Ferrovial Agroman, la ditta spagnola che si è aggiudicata l’appalto delle Ferrovie italiane per effettuare i lavori … Secondo gli investigatori, per la realizzazione dei “conci” sono state utilizzate percentuali inadeguate sia di cemento che di ferro per armatura, e i manufatti sarebbero irregolari rispetto alle norme di legge e dunque potenzialmente pericolosi per viaggiatori e ferrovieri”. Indagati i legali rappresentanti della Ferrovial Agroman e della Cossi Costruzioni, ditta lombarda che produce le armature in ferro e acciaio.
Torna sull’argomento Il Secolo XIX del 22 gennaio, edizione di Imperia, che ripercorre la storia giudiziaria di questo cantiere, soggetto ad indagine già dall’agosto del 2009 per gravi irregolarità nello smaltimento dei materiali di scavo, e ora “in parallelo” anche per la sicurezza delle gallerie in costruzione.
Il cantiere è aperto da circa cinque anni: ce ne è voluto di tempo per accorgersi che qualcosa non andava.
Attendiamo gli esiti, augurandoci notizie di stampa meno avare, e meno localistiche: non è questione che interessi solo il ponente ligure.
(Paola Pierantoni) -
OLI 286: PAROLE DEGLI OCCHI – Foto dall’extra mondo
Avvertenza: queste fotografie vengono dall’extra mondo. Lo diciamo per non creare inutili turbamenti. Trattasi dei tram di Zurigo, dotati di video che oltre ad annunciare le fermate, e i tempi per arrivarci, segnalano per ogni fermata le eventuali coincidenze con altri mezzi pubblici, tram o treni, indicando i relativi tempi di partenza. Alle fermate il simbolo della carrozzella indica se il mezzo in arrivo è accessibile ai portatori di handicap. Non tutti i mezzi sono accessibili, ma ogni linea è dotata di mezzi accessibili; solo il tempo di attesa è un pò più lungo: diciamo, 10 minuti anzichè due o tre. Superfluo l’uso del telefonino.Foto di Paola Pierantoni
Foto di Paola PierantoniFoto di Paola Pierantoni -
OLI 284: INFORMAZIONE – Linguaggio e realtà
Rileggo a distanza di tempo due articoli, usciti su la Repubblica del 23 dicembre.
Uno è di Curzio Maltese, l’altro di Adriano Sofri, ed entrambe descrivono e commentano lo stesso evento: la splendida manifestazione degli studenti dello scorso 22 dicembre a Roma.
Non c’è differenza di orientamento tra i due giornalisti. Tutti e due mettono in rilievo la capacità dei ragazzi di spiazzare l’ansiosa e desiderante attesa di incidenti – possibilmente gravi – e sottolineano il momento simbolico dell’omaggio che i giovani hanno reso a Mohammed B., l’operaio marocchino morto sul lavoro in un cantiere dentro alla facoltà di Scienze Politiche. L’intervento di Sofri, in particolare, si concentra soprattutto su questo episodio.
Nell’articolo di Maltese si incontra però, in più, questo passaggio: “Dopo il fuoco, il fumo e il sangue di piazza del Popolo, il movimento studentesco più pacifico della storia è tornato con saggezza allo spirito creativo. Il più femminile anche, un fattore che conta nell’evitare il rischio di militarizzazione. Ragazze ovunque a organizzare”.La stessa cosa avevo osservato a Genova alla grande manifestazione che il 4 novembre 2010 aveva percorso, insolitamente, la zona di Castelletto: ovunque ragazze a correre avanti e indietro lungo il corteo, a dare indicazioni.
Solo in via Assarotti davanti alla Direzione scolastica regionale presidiata dalla polizia, i giovani maschi prendono la testa e i fianchi del serpentone, disponendosi a “servizio d’ordine”. Mi avvicino e chiedo a uno di loro “E le ragazze?”. Risponde imbarazzato, sorridendo: “No guardi le ragazze nell’organizzazione ci sono, sono dappertutto, ma qui può esserci pericolo …”
Dunque in queste manifestazioni di persone giovani le ragazze, le donne, ci sono, dirigono e segnano una differenza.
Questa è una novità politica che per essere comunicata va messa in rilievo in termini espliciti, come ha fatto Maltese. Non può bastare, a rilevarla, una trasformazione del linguaggio che superi l’utilizzo del genere maschile (gli studenti, i giovani, i ragazzi … ) per indicare il tutto.
Detto questo, però, riprendo l’articolo di Sofri dove l’utilizzo del genere maschile per il tutto non ha eccezioni e arriva a formulare frasi come: “Un’immigrazione impetuosa che ha le fattezze di uomini giovani e prolifici “ … “Noi vecchi e con pochi figli, loro giovani come conigli” … “I giovani studenti che si ribellano e i giovani immigrati che vengono qui a faticare e morire”, e non posso che osservare che questo linguaggio mi esclude totalmente, come donna, e che questa esclusione porta la conseguenza di alterare la realtà che si vuole descrivere.
Non c’è persona – credo – che leggendo questo articolo non veda formarsi in modo spontaneo e automatico nella mente immagini di schiere solo maschili che lavorano, emigrano, manifestano, (partoriscono?).
(Paola Pierantoni) -
OLI 284: PAROLE DEGLI OCCHI – Ricordando il Poeta

GB Dall’8 Dicembre al 10 Gennaio le notti di Strada Nuova sono state illuminate dalla poesia di Edoardo Sanguineti.
Il 9 dicembre il Poeta avrebbe compiuto 80 anni e 80 sono i suoi versi proiettati sulle facciate dei palazzi e sul selciato con straordinario effetto, trasformando lo spazio urbano in pagina poetica.
Le fotografie di Giorgio Bergami (GB) e Paola Pierantoni (PP) colgono e rappresentano l’evento con sensibilità diverse.Per saperne di più:
http://www.marconereorotelli.it/home
http://www.viveregenova.comune.genova.it/content/genova-si-illumina-di-poesia-0 -
OLI 283: DIRITTI – Scegliere il tempo del morire
L’evento questa volta è raccontato “dall’interno” perché siamo in tre – della redazione di OLI – ad avervi partecipato.
Giovedì scorso, per tre ore, gli uffici dell’Anagrafe di Corso Torino sono stati animati da una insolita agitazione, che si sommava a quella della vicina sala dedicata ai matrimoni: un gruppo di donne di età molto diverse, unite dalla appartenenza al gruppo “Generazioni di donne”, aveva organizzato la consegna collettiva dei propri testamenti biologici per “sollecitare le forze politiche e il legislatore a riconoscere pienamente il diritto alla autodeterminazione” e per affermare il diritto a scegliere il tempo del proprio morire, a rifiutare di diventare esseri puramente vegetativi nelle mani di altri, o di soffrire senza prospettiva per un tempo indeterminato.
Ognuna delle “testamentarie” sapeva bene quanto sia incerto questo terreno: nessuna legge garantisce la validità di questo atto, e attendere che una normativa rispettosa della pluralità di pensieri possa arrivare nel prossimo futuro richiede un grande ottimismo: gli attacchi a Saviano e Fazio per lo spazio dato a Mina Welby e a Englaro, la minatoria circolare governativa contro i registri comunali, l’isterica reazione al suicidio di Monicelli, il grande attivismo delle gerarchie cattoliche, dicono che tira una brutta aria per la ragione e il rispetto.Ma il cammino della politica è lungo, e le prospettive si costruiscono anche nei momenti bui, agendo soprattutto sul piano della cultura e della consapevolezza: per questo le organizzatrici intendevano rivolgersi non solo alle istituzioni e alle forze politiche, ma alle persone, donne e uomini.
Alle persone però bisogna arrivarci, e non è così facile.
Il gruppo ha un suo sito (*), ma per questa occasione è stata tentata anche la strada degli organi di informazione. Ripetuti invii di comunicati e diversi giri di telefonate non sono però riusciti a smuovere i redattori della stampa locale oppressi, come hanno lamentato al telefono, “dalle centinaia di segnalazioni” che piovono sui loro tavoli ogni giorno. Così sui giornali di questo evento non vi era traccia.
Altra assenza sensibile quella della amministrazione comunale: la manifestazione era organizzata da tempo, ma nessuna presenza politica si è affiancata ai gentilissimi funzionari responsabili della redazione materiale degli atti.
Peccato, poteva essere una buona occasione per richiamare l’attenzione pubblica su un “servizio” – e soprattutto su una questione etica, culturale e politica – pesantemente sotto attacco da parte del governo.Il documento che annunciava l’iniziativa osservava che sul testamento biologico “L’informazione è molto carente e si è limitata al momento del lancio della iniziativa” e che “La nostra azione pubblica ha lo scopo di spezzare questo silenzio”. Il sito del Comune, per parte sua, non aiuta, arrivare alla voce “testamento biologico” è cosa ardua: imperizia? Distrazione? Intenzionalità? …
Per colmare almeno in parte queste lacune, le istruzioni necessarie a compiere questo atto sono state inserite sul sito del gruppo (*).
Un aiuto è venuto solo dal lungo e bel servizio di Emanuela Pericu sul TGR: avrà giocato la particolare attenzione femminile su questo tema? Il 65 % dei testamenti è stato depositato da donne, e donne erano le organizzatrici di questo testamento plurale.
Riflettere sulle ragioni profonde di questa differenza può essere un esercizio interessante.
(*) www.generazioni-di-donne.it
(Paola Pierantoni) -
OLI 283: LETTERE – Opposizione laica alla giornata degli “Stati vegetativi”
Nella deriva integralista che ci avvolge, ci toccherà tra poco (9 febbraio 2011) anche la “Giornata Nazionale degli Stati Vegetativi” istituita lo scorso anno dal Governo per marcare, con una decisione macabra, strumentale, priva di rispetto, l’anniversario della morte di Eluana Englaro.
Ma una opposizione sta nascendo, e la guida la Consulta torinese per la laicità delle Istituzioni (http://www.torinolaica.it/ ).La chiara ed esplicita difesa della libertà di seguire un’etica che non coincida con quella delle gerarchie cattoliche è, una volta di più, assunta da gruppi, associazioni, movimenti non partitici a cui pare ormai delegato il ruolo di assumere posizioni politiche sulla base di un pensiero, di una opzione etica, di un progetto culturale e sociale, e non di calcoli prevalentemente attenti alle possibili alleanze, o ai presunti futuribili consensi elettorali.La crescente separazione di questi due piani dell’agire politico sta sempre più indebolendo il ruolo e le prospettive della opposizione parlamentare, e in particolare quelli del P.D.Nel frattempo le persone inventano nuove modalità e spazi per fare informazione, cultura e politica. Può essere che la divaricazione di questa forbice diventi finalmente insostenibile, e inneschi un cambiamento profondo che riapra i giochi.Tra questi soggetti di politica diffusa c’è la Consulta torinese per la laicità delle Istituzioni (http://www.torinolaica.it/ ) che sta guidando l’opposizione alla giornata degli stati vegetativi, e ha lanciato il seguente appello:No alla tortura di stato.Proclamiamo il 9 febbraio “Giornata della libertà di scelta sulla propria vita”Per il prossimo 9 febbraio il Governo, su proposta della sottosegretaria Roccella, ha istituito la Giornata Nazionale degli Stati Vegetativi. Decisione moralmente mostruosa, poiché offende la memoria di Eluana Englaro, che in quel giorno finalmente, dopo quindici anni di non vita, vedeva un anno fa rispettata la sua volontà sul proprio corpo, portata avanti con coraggio, determinazione e amore paterno da Beppino Englaro. Decisione istituzionalmente irricevibile, poiché ufficializza come “delitto” una sacrosanta sentenza della magistratura. Decisione che infanga la Costituzione, poiché con essa il governo intende addirittura solennizzare la pretesa che la vita di ogni cittadino, anziché appartenere a chi la vive, sia alla mercé di una maggioranza parlamentare.
Di fronte a tutto ciò, diventa doveroso che tutta l’Italia democratica e laica proclami il 9 febbraio Giornata nazionale della libera scelta sulla propria vita, onorando così la memoria di Eluana Englaro, di Piergiorgio Welby, di Luca Coscioni, e dei tanti altri che oltre alla tragedia della condanna a morte per malattia hanno dovuto affrontare anche la violenza di coloro che vogliono costringere i malati alla tortura delle sofferenze terminali, quando essi non lo ritengono accettabile e dignitoso per se stessi.
La Consulta Torinese per la Laicità delle Istituzioni, in collaborazione con la rivista MicroMega, chiede a tutte le associazioni laiche, a tutte le testate giornalistiche e i siti web, a tutti i cittadini che si riconoscono nei valori della Costituzione, a tutte le personalità del mondo della cultura e dello spettacolo che sentono il dovere elementare di rispettare e far rispettare la decisione di ciascuno sul proprio fine-vita, di mettersi immediatamente in contatto per organizzare insieme, a Torino, la giornata del 9 febbraio come giornata di libertà , di dignità e di autodeterminazione per tutte e per tutti.
A tale appello, che ha come primi firmatari Tullio Monti, Coordinatore della Consulta Torinese per la Laicità delle Istituzioni e Carlo Augusto Viano, Presidente del Centro studi Piero Calamandrei, hanno già aderito il Comitato 19 giugno, il Coordinamento Torino Pride LGBT e Donne di Torino per l’autodeterminazione.
Per sottoscrivere l’appello invia una mail a info@torinolaica.it
(A cura di Paola Pierantoni) -
OLI 282: TRASPORTI – AMT versus BVG: terrestri contro alieni
Aeroporto internazionale di Berlino. Ritrovandosi in albergo (distante 12 km) a disfare la valigia esattamente quaranta minuti dopo essere uscita dall’aeromobile, la viaggiatrice prova la sensazione di essere atterrata su un pianeta alieno, visto che per compiere l’impresa ha utilizzato la rete pubblica (BVG), e che nei quaranta minuti sono inclusi il recupero del bagaglio, la canonica visita alla toilette, il guardarsi un attimo in giro, e l’acquisto del biglietto (2,1 €). Poi, la nostra nota altri dettagli. Ad esempio agli incroci non ci sono vigili che si sbracciano. E in effetti, pensa, che ci starebbero a fare? In questa città così grande c’è un bel silenzio, poche macchine, niente ingorghi.
Di berlinesi in giro c’è pieno, con aggiunta di turisti, solo che stanno sugli autobus, in metropolitana, o a piedi. Tanto sanno che possono andare dove vogliono e tornare quando vogliono coi mezzi pubblici.
Ecco spiegate le signore che vanno all’Opera armate di sacchetti di plastica: dato che non si fanno depositare sulla soglia dalle automobili, se ne arrivano e se ne partono con calzature da neve e, senza imbarazzi, indossano le scarpette eleganti nel foyer.
Troppo impietoso e ingiusto un paragone con AMT? Vediamo.
A Berlino il biglietto singolo costa quasi il doppio (2.1 €) del nostro. Ma presto noi arriveremo a 1.50, e in caso di integrazione con la ferrovia, a 1.80. A quel punto dal super integrato biglietto berlinese ci separerebbe solo una differenza del 14,3 %, che potrebbe scendere ulteriormente se si tiene conto della validità, che a Berlino è di 120 minuti a Berlino.
Senz’altro più sensibile il divario di costo dell’abbonamento annuale ordinario: 612 euro berlinesi, contro i (previsti) 392 di AMT, ma l’utilizzo medio di mezzi pubblici a Berlino supera ampiamente il nostro. Infatti qui gioca la siderale distanza qualitativa del servizio: lì si va ovunque a qualunque ora con tempi massimi di attesa che vanno dai 3/4 minuti delle ore di punta, ai 15 della mezzanotte, fino a mezz’ora da notte fonda a nuovo giorno.Il fatto è che ci avviciniamo all’Europa sul piano delle tariffe, ma ce ne allontaniamo per qualità del servizio: infatti all’orizzonte ci sono tagli alle corse di autobus e treni. Forse, nell’emergenza, è una misura indispensabile. Solo che così non funziona e non funzionerà mai. Che il servizio pubblico sia tale da essere usato da tutti, e non solo dai poveracci, non è un lusso da ricchi, ma l’unica condizione per modificare davvero la vita in una città, e per avere un equilibrio di bilancio.
Marta Vincenzi (Il Secolo XIX, 25/11) addossa la colpa a Tremonti, ma ammette che la privatizzazione di AMT “Non è servita a garantire gli obiettivi che si era posta. Miglioramento del servizio, razionalizzazione delle linee, manutenzione dei mezzi più efficace”. Motivo? “E’ mancata la riorganizzazione dei bacini di utenza”. Forse c’è un eccesso di sintesi nell’articolo, ma vorremmo capire meglio questa situazione AMT “Che ci sta scappando di mano” (Margini, Il Secolo XIX, 14/12), e in cui divisioni e liti attraversano tutti i soggetti coinvolti (idem).
(Paola Pierantoni)
































