Categoria: Paola Pierantoni

  • OLI 399: GRECIA – La fantapolitica che vede chiaro

    Atene, monumento all’ultima emissione della dracma

    L’ultimo giallo di Petros Marxaris (Pane, Istruzione Libertà, ancora non tradotto in Italia) inizia con una visione onirica: è l’ultimo dell’anno 2013, e la famiglia del commissario Charitos, riunita attorno al televisore, assiste ai festeggiamenti che si svolgono nella principale piazza di Atene. Ma non è un Capodanno come gli altri: col primo gennaio 2014 la Grecia tornerà alla dracma!
    La moglie del commissario ha in mano un biglietto da mille dracme, e lo accarezza dolcemente. La mano addirittura le trema per l’emozione. Sussurra: “Lo credereste? Mi è mancata!”, ma la figlia la gela: “Con quelle mille dracme domani non riuscirai nemmeno a berti un caffè!
    Improvvisamente lo schermo si riempie dell’immagine di migliaia di finti biglietti da cento, mille, cinquecento dracme lanciati dai palazzi. Uno speaker grida entusiasta: “Dal cielo piovono dracme!”. La gente nella piazza grida evviva!
    Quando tutta la famiglia Charitos si reca a Syntagma per vedere quel che accade, si trova di fronte a qualcosa di meno trionfale: non più di mille persone, disoccupati o precari “che attendono di essere pagati da mesi”, che gridano slogan: “Finealla schiavitù dell’Euro!”, “Se dobbiamo vivere poveri, meglio con la dracma!”, “vogliamo lanciare un messaggio agli altri Paesi del Sud: siamo qui uniti per combattere, Greci, Italiani, Spagnoli, Portoghesi, Ciprioti!” … Pochi passanti battono le mani, e qualcuno grida “Bravo!”

    Mercatino a Ikaria

    Improvvisamente arriva un gruppetto di pensionati che gridano slogan diversi: “Ridateci L’Euro!”, “Con l’Euro prendiamo briciole, ma con la dracma non prenderemo nulla!”. Alle loro spalle vite da gastarbeiter in Germania. Guardano a quelli che manifestano per la dracma come a gente ‘cresciuta nella bambagia’ che pensa di salvarsi dallo spettro della povertà rifugiandosi nei sogni.
    I due gruppi si affrontano insultandosi, si rischia perfino lo scontro fisico. In altro punto del libro si vedrà un assalto dell’ultra destra a un alloggio di immigrati, sotto lo sguardo passivo e indulgente dei passanti.
    Una fantapolitica molto realistica, che descrive bene le emozioni che corrono per la Grecia, dove le persone vivono condizioni terribili e divise nel più assoluto buio politico. Tutti sanno che non c’è nessuna base da cui ripartire. Alle spalle un benessere appena intravisto, cresciuto sulla corruzione, sul clientelismo, sul debito incontrollato, su una crescita edilizia senza regole, sul concentramento della popolazione nelle città, sull’abbandono dell’agricoltura e delle attività che potevano derivarne, sull’illusione di un turismo ‘salva tutto’.

    Sulla nave Mitilini

    Ora che quel poco che c’era è stato raso al suolo da un’Europa cieca e indifferente per le conseguenze sociali e politiche dell’accanimento con cui ha agito, anche le navi che portano gli indispensabili turisti da un’isola all’altra stanno andando a pezzi.
    La salvezza possibile sta in Tsipras? Nell’intervista rilasciata a Repubblica lo scorso 7 febbraio pare voler buttare colpe, problemi e soluzioni tutti all’esterno. Così la crisi “è figlia delle asimmetrie dell’unione monetaria”, i movimenti populisti che stanno crescendo ovunque (in Grecia l’inquietante Alba Dorata è ormai il terzo partito) “sono il prodotto politico del liberismo”, e tutte le misure europee hanno il solo scopo di “salvare le banche che avevano titoli di Stato dei paesi altamente indebitati “.
    Nessun accenno all’altra faccia della luna, quella delle responsabilità nazionali, del patto che il potere politico ha stretto con la gente: consenso e voti, in cambio di clientelismo, privilegi, assenza di controlli sugli atti illeciti, tolleranza per l’evasione fiscale.
    Nessun accenno all’incapacità della sinistra greca di formulare prospettive credibili, fondate sui dati di fatto, oltre gli slogan e i vittimismi.
    (Paola Pierantoni – fotografie dell’autrice)

  • OLI 398: PAROLE DEGLI OCCHI – Atene, un’idea da copiare

    Nel quartiere di Psyrrì, al centro di Atene, una strada viene illuminata da vecchi lampadari. 
    (Foto di Paola Pierantoni)

  • OLI 398: GRECIA – Tra vecchi slogan e la ‘novità’ Tsipras

    “Pane, cultura, libertà” è lo slogan che identifica la lotta del Politecnico di Atene: quaranta anni fa, il 14 novembre 1973, gli studenti greci occuparono l’Università, e diedero vita ad una stazione radiofonica libera. Il primo messaggio fu: “Qui Politecnico! Popolo della Grecia il Politecnico è il portabandiera della nostra lotta, della vostra lotta, della nostra lotta comune contro la ditattura e per la democrazia”. Durò tre giorni.
    Il 17 novembre i tanks dell’esercito misero fine alla rivolta, 23 studenti morirono.
    Dopo la cacciata dei colonnelli questa data è diventata festa nazionale. Ma è stata anche subito adottata dalla organizzazione terroristica “17 Novembre”, nata nel 1975: all’attivo 25 omicidi ‘mirati’ e moltissimi tentati omicidi, ferimenti, attentati e rapine di ‘autofinanziamento’. Fu smantellata solo alla vigilia dei giochi olimpici del 2004.
    E’ necessario andare così indietro per capire qualche cosa della Grecia di oggi? Sì, e in direzione non scontata.
    Le tre parole del Politecnico, nella Grecia della crisi, sono tornate di moda: oggi campeggiano, come quaranta anni fa, sugli striscioni che fasciano tutta la zona universitaria.
    Collegamento comprensibile, dato il salto nella povertà che la Grecia ha fatto in questi anni.

    immagine da internet

    Ma quando le usa Petros Marxaris (vedi anche Oli 324 ) per dare il titolo al suo ultimo giallo ambientato nella Grecia della crisi economica, questo riferimento si colora di una profonda critica su quella che i greci chiamano ‘la generazione del Politecnico’, cioè i protagonisti di quella epica vicenda.
    Nel libro, i figli di alcuni di questi padri ‘eroici’ mettono a nudo le menzogne e le compromissioni in cui hanno visto incistarsi le vite dei genitori, che si sono fatti scudo di una breve stagione di lotta per conquistare posizioni di privilegio.
    Chiedo a un’amica ateniese un parere su questo quadro disincantato e pessimista.
    Lei mi dice di condividerlo. La sinistra in Grecia si è fatta scudo della retorica sui passati eroismi per coprire una gestione del potere corrotta, collusa, clientelare. Il Pasok si è alternato al governo col partito di centro destra, Nèa Dimokratìa, e ne condivide le colpe.
    Un altro amico mi dice che non ce la fa nemmeno più ad ascoltare le canzoni e le musiche (spesso bellissime) che hanno accompagnato e celebrato la stagione della lotta contro la dittaura dei colonnelli, per l’uso retorico che poi  ne è stato fatto.
    Non posso evitare di chiedere alla mia amica che ne pensi di Tsipras, il leader del partito Syriza che, come dicono i giornali, ‘ha sedotto la sinistra europea’ che lo ha candidato alla presidenza della Commissione Europea.
    Mi dice: “Tsipras è un populista. E’ una figura molto debole. E l’80 % degli aderenti a Syriza è gente che prima stava nel Pasok. Parlando con la gente in giro si vede che ha paura di votarlo, ma non vedono un’altra soluzione. La gente pensa di votarlo come atto di rabbia. Ormai la gente e’ disperata e pensa: cosa abbiamo di più da perdere? Al massimo torniamo alla dracma. Syriza conta sui disperati. Dice di essere ‘contro il sistema politico’, contro ‘il capitale’, ma poi rassicura la massa (per la gran parte impiegati nel settore pubblico, in grado di paralizzare lo stato con gli scioperi) dicendo che ‘nessuno perderà il proprio posto’. Non parla di controlli, di valutazione. Dice che il modello da seguire è Brasile … 
    Dice che il modello europeo, che prima era un sogno, ormai e’ diventato un’ incubo, le tasse sono devastanti e la gente non ce la fa piu’. E quindi? 
    Dice che mandera’ via la Troika. Come? Non ho ben capito. 
    Dice che la Merkel è la ‘cattiva’ della situazione. Ma come siamo arrivati alla Merkel?“.
    (Paola Pierantoni – Fotografia dell’autrice)

  • OLI 397: PAROLE DEGLI OCCHI – Preghiera per una crisi

    Foto di Paola Pierantoni
    Su un palazzo nel centro di Atene queste due mani in preghiera
  • OLI 397: ITALIA – Paestum, splendore e vergogna

    Infiniti si susseguono i compianti sullo spreco dell’incredibile ricchezza storica, artistica e paesaggistica che l’Italia ha ereditato dalla sua storia.

    Potremmo essere ricchi solo di questo, se sapessimo, se volessimo: lo si sente ripetere spesso, soprattutto in questi tempi di crisi.

    Tutto resta sul fondo della nostra amarezza per il presente, finché non prende vita come acuto senso di vergogna quando ci capita un contatto diretto con una di queste nostre meraviglie disprezzate.

    Così nei giorni scorsi, a Paestum. Non servono parole, bastano le immagini.

     (Paola Pierantoni – Foto dell’autrice)

  • OLI 396: ESTERI – Grecia, riso amaro

    Disoccupazione, povertà, licenziamenti, criminalità, suicidi, senza tetto.
    “Eccellente sviluppo! Bravo Antonio!”(il primo ministro greco si chiama Antonio Samaras)

     “6 anni alle elementari, 3 al ginnasio, 3 anni al liceo, 5 anni di università e ora con tutti questi anni emigrante all’estero per trovare lavoro?”

     “Buio, dottore! Non vedo niente! Forse che mi è capitato un distacco della retina?”
    “Dimitri, ci vedi benissimo! La realtà è proprio questa!”

  • OLI 395: CITTA’ – Scuola Daneo, la nuova Genova

    Nei giorni scorsi la scuola Daneo ha tenuto tra Via Cairoli e Piazza della Meridiana il suo mercatino annuale. Con la vendita dei piccoli oggetti prodotti dai bambini vengono finanziate attività che senza questo sforzo straordinario di speranza e fantasia non potrebbero esistere, in un mondo in cui la scuola è abbandonata da tanti anni alla deprivazione di risorse tanto indispensabili quanto negate.
    A un certo punto inizia il coro, diretto dalla Maestra Giusi Giannubilo. In tanti a Genova ormai lo abbiamo sentito, ed è sempre una festa.
    Giusi mi dice che sono in trecentocinquanta oggi le bambine e i bambini. La metà italiani, l’altra metà ancora no, anche se ne avrebbero, a rigor di logica, diritto perché sono nate e nati qui, seconde e terze generazioni, che iniziano regolarmente la scuola a inizio anno, diversamente da come avveniva anni fa, quando bambine e bambini di famiglie appena immigrate arrivavano quando capitava.
    Non era facile fare fronte a queste classi a geometria variabile; oggi il problema non c’è quasi più perché di immigrati nuovi ne arrivano pochi. La maestra lo dice senza sollievo e senza allegria.
    Già, si fermano in mare, o nei ‘centri di accoglienza’.
    Un bambino propaganda la vendita: “Comprate! Per piacere comprate! E’ per il nostro futuro!” Sullo sfondo due striscioni recitano: “Per la scuola pubblica, per la scuola di tutti” e “Un piccolo mondo unito a sostegno della buona scuola e della cultura”.
    Buon 2014, Genova.
    (Paola Pierantoni – Foto dell’autrice)

  • OLI 394: PAROLE DEGLI OCCHI – La lunghissima panchina

    Foto di Paola Pierantoni

    Molte panchine sparirono negli anni scorsi da Genova. Questa lunghissima panchina sta a dimostrare che non sono poi così pericolose. Le rimettiamo anche altrove?
  • OLI 394: MOVIMENTO 9 DICEMBRE – No destra No sinistra No centro

    De Ferrari, 10 dicembre, ore 16. Intorno al monumento di Garibaldi sono radunate un centinaio di persone. Sul palco un uomo sui trent’anni parla, o meglio grida, con voce affaticata e arrochita. Ne ho registrati dieci minuti, e ne propongo, di seguito, ampi e testuali stralci. Mi sembra una lettura interessante, a cui premetto alcuni pensieri.
    Alcune frasi, complete del tono in cui sono state pronunciate, potrebbero essere riferite a molte altre e diverse situazioni di protesta, in contesti diversissimi. Frasi atemporali, ascoltate e applaudite in altri tempi e in altre piazze.
    Lo scarto drammatico è che qui il metro di valutazione del mondo è appiattito all’unica differenza tra il ‘rubare’ e il ‘non rubare’. Come se bastasse, come se non vi fosse altro su cui misurare chi governa e detiene un potere, come se, dato il ‘non rubare’, ogni altra scelta politica fosse indifferente.
    Così la parola d’ordine universale del momento, il ‘se ne devono andare’, è un grido indifferenziato, dentro a cui non c’è più né pensiero, né discrimine, né articolazione.
    Dice l’oratore: “No destra, no sinistra, no centro, no altro, no sindacati, solo cittadini italiani”. Cittadini indifferenziati, destrutturati. E quindi senza potere, in balia di chi se li prende. E c’è un gran sgomitare, per prenderseli.
    Dal palco un altro oratore dice: “Noi siamo il frutto di quello che ci è stato fatto“, e coglie il punto: crisi economica e disoccupazione fino alla miseria, a fronte di inerzia, corruzione, conservazione dei privilegi, devastazione del nostro patrimonio industriale, culturale, storico e paesaggistico. Chiusura in sé della classe politica fino a portarla a una distanza quasi incolmabile con la cittadinanza. Un sindacato diviso, incapace di trovare unità per dare voce alla richiesta di diritti e al disagio frammentato portato dalla disoccupazione, dal precariato, dalle delocalizzazioni, dall’immigrazione.
    E’ una situazione pericolosa, potenzialmente aperta al fascismo.
    In Grecia il pericolo si è materializzato in un 10 / 12 % di consensi ad Alba Dorata, raccolti nelle aree più povere e disagiate, esasperate dalla crisi.

    Su un traghetto in Grecia, ad ottobre, ho colto la conversazione tra un signore di sess’antanni, che rivendicava il suo voto ad Alba Dorata, e una signora di circa quaranta. Il primo parlava della classe politica greca, la corruzione, tutti che hanno rubato, la crisi conseguenza di ladri che se ne devono andare, l’Europa come una minaccia. Discorsi completamente sovrapponibili a quelli pronunciati dal movimento 9 dicembre, o da Grillo. La signora obiettava, con timidezza, che Alba Dorata le faceva paura.
    Qui da noi Grillo, a ragione, aveva detto a suo tempo che il consenso al suo movimento aveva neutralizzato questa possibile deriva. Ma la modalità sempre gridata, semplificatrice, denigratoria, accusatoria dei suoi discorsi non è antitetica, ma coerente, con questa possibile involuzione della situazione politica.
    Così come lo è stato il fatto che Genova sia stata tenuta per cinque giorni consecutivi priva di ogni mezzo di trasporto pubblico da una protesta che non ha voluto o saputo trovare altre strade.
    Qualche giorno fa in Italia c’è stato un altro fatto politico, i quasi tre milioni di persone che hanno utilizzato, per forzare un cambiamento, il metodo delle primarie, osteggiato, rivendicato, imposto, e comunque inedito fino a non molti anni fa. E’ possibile ipotizzare che il mondo della protesta delle piazze informatiche e fisiche, e quello che ha ancora scommesso sulla  rappresentanza politica, riescano a comunicare?


    Cronaca di dieci minuti:
    Un primo oratore, poco più di trenta anni, dalle modalità del parlare uno degli organizzatori locali del movimento: “Portare avanti l’iniziativa, con forza. La voce del movimento lo impone, i giornali scrivono qualunque cosa, sono la macchina del fango … … Per quelli che vogliono scrivere qualcosa e vogliono riprendere questa situazione le persone deputate a parlare sono Simone, la Marina e Luca. Basta. Abbiamo deciso che sono solo questi tre. Non vogliamo censurare, ma è perché questa gente prende due parole, due, le gira, le inverte, e cambia completamente il significato. Basta che salga qualcuno e dica una cosa un po’ a sproposito, questi riprendono, fanno l’inquadratura, quattro secondi, dieci secondi, e viene che questa è una piazza di pazzi. Non è vero! Perché voi non siete pazzi! Dobbiamo essere rispettati! Domani per cortesia venite in piazza, è importantissimo, venite domani mattina per piacere, qui succederà la cosa più bella del mondo, vedrete veramente l’anima del paese domani mattina! Ci stiamo organizzando nelle scuole, qualcuno dice non dovete permettere di lasciare la scuola, non è vero! E’ la piazza la scuola! Noi rispettiamo la scuola, vogliamo farla crescere, vogliamo togliere i vincoli, vogliamo restituire i soldi alla scuola! Vogliamo queste cose. Deve essere un’Italia di persone che stanno bene, che si recuperano, che recuperano il lavoro, che recuperano fiducia nelle istituzioni, l’Italia delle persone che si levano il casco, perché sanno che non vogliamo gli scontri … a Genova non si è mossa una pietra, nessuno ha tirato niente contro nessuno! Il Berlusca … qui sono tutti venduti, che facciamo? Questi ci hanno marciato, forse anche grazie a me, perché anche io sono uno di quegli imbecilli, guardatemi in faccia, sono uno di quegli imbecilli che ha dato peso a quella gente, che gli ha dato forza, però poi, se sei una persona onesta quando ti accorgi che quello che ti sta a fianco ruba te lo togli fuori di casa te lo butti fuori di casa, te lo levi dalle palle, e allora se ne devono andare. Nonostante che non abbiamo fatto casino, non abbiamo fatto niente di quello che ci hannno chiesto, spaccare, imbellinare, ci dispiace, lo dico col cuore, siamo dispiaciuti, perché non possiamo fare un cazzo di corteo, ma obbediamo, vogliamo una piazza pulita, siamo stufi della illegalità, e per quanto ci faccia male la rispettiamo la legalità. … ho dei fogli da leggere, se qualcuno vuole leggerli, perché io sono scoppiato, e voi siete rimasti qui nonostante la fatica, nonostante ci siano stati dei vuoti di comunicazione, nonostante non ci sia stato il corteo tanto desiderato, e siete rimasti qui semplicemente perché non volevate il corteo, volevate la vostra piazza, e le cose anche noiose le diciamo perché rispettiamo tutti. Se qualcuno mi dice mi leggi questa cosa? Perché voglio parlare della scuola, voglio parlare dell’ospedale, va bene, va bene”.

    Arriva un altro oratore: “Blocchiamo l’Italia per poterla finalmente sbloccare, oggi il popolo si alza in piedi, decide di ribellarsi alla casta, questo paese ha bisogno di qualche cosa di più di un palazzo, ha bisogno di speranza, il popolo non dovrebbe temere il proprio governo, sono i governi che dovrebbero temere il popolo! Noi siamo il frutto di quello che ci è stato fatto! E’ il principio generale dell’universo! Ad ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria. Gli uomini muoiono, le idee no! Io non sento la mancanza dell’idea, sento la mancanza dell’uomo! Non siamo qui per quello che sperate di fare, siamo qui per quello che avete fatto. Il nostro compito è riferire le notizie, non fabbricarle, quello è il compito del governo. Mentre il manganello può sostituire il dialogo, le parole non perderanno mai il loro potere. L’unica battaglia persa è quella che si ha paura di combattere! Voglio diventare io il protagonista delle mie favole, mi sono stancato di fare da spettatore! Le vere decisioni si misurano con l’azione, se non agisci non hai veramente deciso. ‘L’azione è l’arma più potente per cambiare il mondo’: Nelson Mandela…. Ci vogliono far passare per estremisti, fascisti, mafiosi, facinorosi non hanno capito che questa volta il popolo italiano li ha stanati, nonostante il massiccio attacco mediatico di tutti i servi dei parassiti i cittadini italiani in toto scenderanno tutti nella piazze e lì li deligittimeranno in nome della nostra Costituzione! Basta con i corrotti e con gli infiltrati nelle nostre istituzioni! L’era degli usurpatori è finita, è ora che torni sovrana la nostra Costituzione! No destra, no sinistra, no centro, no altro, no sindacati, solo cittadini italiani. No violenza, no prevaricazione, rispetto dell’ordine costituito e della nostra Costituzione. Questa classe politica è illegittima e usurpatrice, è stato sancito anche dalla Corte Costituzionale. Atti fatti e patti fatti presi in nome del popolo italiano sono illegittimi. Dal Trattato di Lisbona in poi è tutto nullo (?), vanno restituiti tutti i soldi estorti in base a patti infami, anticostituzionali”. 
     (Paola Pierantoni – foto dell’autrice)

  • OLI 394: SAN BENEDETTO – 43 anni dopo, su la testa!

    “Su la testa” era scritto sulla torta preparata per il 43mo anniversario della Comunità di San Benedetto al Porto festeggiato lo scorso 8 dicembre a Genova a cui hanno partecipato 450 persone riunite per ricordare Don Andrea Gallo fondatore della Comunità mancato lo scorso 22 maggio.
    “Su la testa” urlava il Gallo ai suoi ragazzi esortandoli a non mollare, ma oggi, per i ragazzi di Andrea è una giornata difficile; la nostalgia è forte e la commozione è viva. La mattina si è svolta la messa nella Chiesa di San Benedetto celebrata da Don Luigi Ciotti che, come il Gallo, incita a “trovare il coraggio di non fare compromessi” dice “nella vita siamo chiamati a scegliere da che parte stare. Abbiamo solo questa vita per amare i fratelli, per riconoscere le avversità, abbiamo solo questa vita per metterci in gioco. Non basta indignarsi, l’indignazione si cura dando dignità alla vita, alla libertà alla democrazia alla nostra Costituzione…”.
    Don Luigi ricorda che “Don Gallo aveva intuito in vita che l’unica verità che rende liberi è il servizio, è il mettersi in gioco” dice “Don Andrea è stato capace di abitare il suo tempo, anche noi dobbiamo essere capaci di abitare il nostro tempo con lucida sapienza, lui aveva intuito i cambiamenti non è mai rimasto prigioniero del passato”
    Don Luigi ricorda che Don Federico 43 anni fa ha detto un “si” a Don Andrea “che è diventato sorpresa, la sorpresa della gratuità, la sorpresa del dono, la sorpresa della nascita della Comunità, la creazione di un punto di riferimento per sentirsi amati ed accolti”
    E la Comunità di San Benedetto è diventato un punto di riferimento per tanti ragazzi e ragazze che in 43 anni hanno “camminato” con Andrea. Ma oggi Andrea non c’era. Andrea era nel cuore dei ragazzi. “Su la testa” ragazzi.
    (Maria Di Pietro – Galleria immagini di Ivo Ruello e Paola Pierantoni)