Categoria: Paola Pierantoni

  • OLI 364: POLITICA – One billion rising a Genova

    A Genova, alla Casa delle Donne in Salita del Prione, in questi giorni si svolgono brevi lezioni di danza, una ‘specifica’ danza.
    Il motivo sta nel titolo e nelle parole (*) che accompagnano la musica, break the chain, spezza la catena: la catena della violenza sulle donne.
    Appena arrivate nella sala, prima di iniziare, le donne guardano perplesse un video scoraggiante per chi non sia adolescente o giovanissima: pare impossibile riuscire a imparare quella sequanza complicata, impossibile imitare quei movimenti veloci ed elastici.
    Però non c’è dubbio che si debba e si voglia tentare, e le donne si dispongono in file sotto la guida di Gloria, una giovane e bravissima insegnante di danza.
    Incredibilmente, in un’ora di pazienti ripetizioni dei gesti, l’obiettivo è raggiunto.
    Si tornerà magari ancora una volta, per mettere a punto i dettagli, ma il fatto è che l’impossibile è diventato possibile.
    Altre stanno imparando la sequenza di danza studiandosela attraverso il video didattico che circola in internet.
    Questa cosa sta avvenendo in tutto il mondo, e in tutto il mondo il 14 febbraio le donne si riuniranno per ballare su questo ritmo, o per esserci e basta.
    Questo flash mob planetario è stato ideato e lanciato dalla scrittrice americana Eve Ensler, ed ha per sigla One billion rising: “Un miliardo di donne violate è un’atrocità, un miliardo di donne che ballano è una rivoluzione, un miliardo di donne che danzano scuoterà la Terra”. Il video che presenta l’iniziativa è da vedere:
      

    A Genova la manifestazione si svolgerà alle ore 17.00 del 14 febbraio 2013, in Piazza De Ferrari.
    L’hanno organizzata insieme le donne di “Se non ora quando Genova” e della “Rete di donne per la politica”, coordinamento che raccoglie venti associazioni di donne (**): un mondo di diversità che ha trovato la strada per agire insieme.

    (*) Le parole di ‘Break the chain’: 
    Sollevo le braccia al cielo
    Prego in ginocchio
    Non ho più paura
    Io attraverserò quella soglia
    Cammina, danza, sollevati
    Posso vedere un mondo
    dove tutte viviamo sicure
    e libere da ogni oppressione
    Non più stupro, o incesto, o abuso
    Le donne non sono proprietà T
    u non mi hai mai posseduta,
    neppure sai chi sono.
    Io non sono invisibile,
    sono semplicemente meravigliosa
    Sento il mio cuore prendere la corsa per la prima volta
    Mi sento viva, mi sento straordinaria
    Danzo perché amo
    Danzo perché sogno
    Danzo perchè non ne posso più
    Danzo per arrestare le grida
    Danzo per rompere le regole
    Danzo per fermare il dolore
    Danzo per rovesciare tutto sottosopra.
    E’ ora di spezzare la catena,
    oh sì Spezzare la catena
    Danza, sollevati
    Nel mezzo di questa follia, noi ci ergeremo,
    Io so che c’è un mondo migliore,
    Prendi per mano le tue sorelle e i tuoi fratelli
    Cerca di raggiungere ogni donna e ogni bambina
    Questo è il mio corpo, il mio corpo è sacro
    Basta scuse, basta abusi
    Noi siamo madri, noi siamo maestre,
    Noi siamo bellissime, bellissime creature
    Danza, sollevati
    Sorella, non mi aiuterai?
    Sorella, non ti solleverai?
    Danza, sollevati
    E’ ora di spezzare la catena,
    oh sì Spezzare la catena

    (**) Elenco delle associazioni della ‘Rete di donne per la politica’: Laboratorio politico di donne, UDI Genova 25 novembre 2008, Generazioni di donne, Marea, UDI Genova Biblioteca Margherita Ferro, Società per Azioni Politiche di Donne, Coordinamento Donne CGIL Genova e Liguria, Coordinamento pari opportunità UIL di Genova e della Liguria, Asociazione Usciamo dal silenzio, Rete delle donne per la rivoluzione gentile, AIED, Archinaute, Laboratorio AG-AboutGender, Co.Li.Do.Lat, Legendaria, Gruppo Mafalda Sampierdarena, Il Cerchio delle Relazioni, Arcilesbica, Rete 194.
    (Paola Pierantoni)
     

  • OLI 363 – PAROLE DEGLI OCCHI – Vita di coppia

    (Antartide – dicembre 2012 – Foto di Paola Pierantoni)
  • OLI 362: PAROLE DEGLI OCCHI – Rinascita della Maddalena

    Scuola di teatro negli spazi del Laboratorio Sociale di Vico del Papa a Genova
    (Foto di Paola Pierantoni)
  • OLI 362: RICORDO – Lorenzo Bozzo, nel silenzio e appartato.

    Un’immagine di Lorenzo Bozzo

    Il 26 Novembre 2012 si sono svolti i funerali di un ottimo sindacalista, Lorenzo Bozzo, persona intelligente, riflessiva, colta, curiosa, onesta. E indipendente.
    L’avevo conosciuto negli anni ’70, quando ero delegata di fabbrica, e lui era nella segreteria della FLM, il sindacato unitario dei metalmeccanici.
    Dopo quella grande stagione aveva naturalmente continuato il suo impegno nel sindacato, ma ora pare impossibile ricostruirne il percorso: il tentativo di rintracciare in Cgil qualche dato sulla sua biografia è andato a vuoto. Solo un’amica è riuscita, con l’aiuto di un anziano pensionato, a trovare tracce dell’attività di Lorenzo, al di fuori però del mondo sindacale: una serie di articoli che spaziano tra temi molto diversi, a testimonianza della sua curiosa attenzione, pubblicati nel 2001 sul Corriere di Sestri Ponente.
    E’ in questo modo che sono riuscita a ricuperare un suo ritratto. Al funerale, nella chiesa di Piazza Baracca a Sestri Ponente c’erano non più di venti persone, quasi tutti familiari. Tra loro l’amatissima nipote.
    Fuori una decina di sindacalisti con le bandiere d’ordinanza. Molto dimenticato.
    Lo ricorda qui un piccolissimo gruppo di persone che lo avevano conosciuto e apprezzato. Magari qualche lettore di Oli vorrà scriverci, e aggiungere i suoi ricordi.

    Da Andrea Tozzi: oggi pomeriggio, ho incontrato M. C. che mi ha dato la triste notizia della recente scomparsa di Lorenzo Bozzo, l’indimenticabile compagno di tante lotte e belle iniziative per la salute e il lavoro. Nel silenzio e appartato. E’ incredibile come sia facile scomparire, non lasciare tracce di sé! Non mi è venuto in mente alcun tangibile documento o foto con Lorenzo Bozzo. Spero che da qualche parte ce ne siano, chissà! Eppure resta per me indelebile la sua presenza negli anni del mio lavoro in Valpolcevera. Mi piaceva in lui la disponibilità all’ascolto, l’indipendenza di giudizio, l’interesse pragmatico per i risultati concreti. Era sempre attento al miglioramento delle condizioni di lavoro, non lo riguardavano gli stereotipi di sigla. Parlava lentamente, senza alzare la voce, dopo aver ragionato, insieme, sempre cercando una linea comune, aggregante. Apparentemente sommesso e appartato negli incontri, era però ben convinto e consapevole di cosa fosse corretto e utile. Sempre disponibile quando intravvedeva un’aggregazione attiva, per migliorare le cose. Disinteressato e sincero, sempre pronto ad aiutare a capire le cose del mondo per, se possibile, contribuire a migliorarle.

    Da Claudio Calabresi: ero fuori Genova, vedo con tristezza la notizia. Non sapevo nulla di Lorenzo da tanto tempo, ne avevo perso le tracce ma non il ricordo, indelebile. Penso fosse molto vecchio, non so come è invecchiato negli ultimi anni ma forse posso immaginarlo, conoscendone un po’ il carattere. Rimangono i ricordi dei tanti anni in cui ci siamo incrociati, di molte cose fatte insieme (le appassionate e appassionanti giornate ai Giovi … ), il valore di una persona dai toni miti ma dalle idee forti. Un uomo di un sindacato lontano nel tempo (purtroppo), degli anni del secolo scorso; altri come lui ormai sono quasi tutti scomparsi, come sembrano scomparsi almeno alcuni dei valori sui quali ci si incontrava.

    Da Antonio Manti: Un ricordo flash della sua attenzione e del suo rispetto per chi lavora. Durante un corso di formazione ai Giovi Lorenzo ammoniva: “Compagni, non buttate le cicche per terra e lasciate in ordine per rispetto delle compagne che devono rimettere a posto!”

    Da Paola Pierantoni: ricordo un sindacalista intelligente e paziente, una persona colta, curiosa, che ascoltava davvero, e capiva. Interessato al sindacato, e a quello che si muoveva intorno al sindacato, e non a se stesso. Credo (anzi, sono certa) che sia l’unico uomo in Cgil ad aver letto nel 2008 le tesi di laurea sui Coordinamenti Donne Flm, poi pubblicate nel libro “Non è un gioco da ragazze”. Non mi sembra che ci siano più persone così.
    (Paola Pierantoni – Immagine dal Corriere di Sestri Ponente)

  • OLI 361: PAROLE DEGLI OCCHI – Rispettiamo l’infanzia

    Foto di Paola Pierantoni

    Bambini come tutti gli altri, questi in una strada di Barcellona. Come quelli uccisi ogni giorno, ovunque, dalle guerre, dalla fame, dagli attentati, dalla lobby delle armi.
  • OLI 360: FEMMINICIDIO – Il privato è politico

    Lunedì 10 dicembre a Staglieno si è svolta una semplice cerimonia, frutto della relazione che si è creata tra la giunta Doria e le donne, attraverso i diversi gruppi che le rappersentano: nel viale che fiancheggia il ‘tempio laico’, a cura del Comune, è stata scoperta questa targa:

    Una cinquantina di persone, donne e uomini, hanno fatto arco intorno, e hanno ascoltato le brevi parole pronunciate dall’assessore comunale a Legalità e diritti Elena Fiorini, da una rappresentante di “Usciamo dal silenzio” e da una donna dell’associazione Arcilesbica.

    Un minuto di raccoglimento, e un applauso. Tutto qui. Lo scopo è che le persone che transiteranno nel viale, volta dopo volta, si confrontino con la parola, femminicidio, e ci pensino su.
    Bice di “Usciamo dal silenzio” ringrazia il Comune proprio per avere accettato di nominare questa parola: “le parole sono importanti”.
    Il termine femminicidio – utilizzato per la prima volta nel 1992 dalla criminologa Diana Russel – dichiara senza equivoci il fatto politico che molte donne sono uccise proprio perché donne. La presa datto di questa realtà è un passo per cambiare una cultura che fino a poco fa è stata sostenuta e santificata dalla legge italiana: solo nel 1981 sono stati abrogati il delitto d’onore e il matrimonio riparatore, un pugno danni ci separa da questa barbarie legislativa.
    L’assessore Fiorini ad un certo punto dice che il femminicidio “non è un problema privato”. Intende che è un problema sociale e politico che va assunto da tutti.
    Non concordo. Le violenze verso le donne, il loro estremo esito nell’assassinio, sono un problema privato, e in quanto tale politico, perché hanno radici in quello che, sotto la superficie di una legislazione finalmente più moderna, si muove nell’intimità dei rapporti tra i sessi, in molti casi ancora segnate da elementi arcaici.
    Se non si trova la strada per agire su questo piano le cose non cambieranno.
    (Paola Pierantoni – foto dell’autrice)

  • OLI 359: DONNE – Femminicidio: la rete delle donne muove la politica

    Il 28 novembre, nella sala Consiliare della Provincia, è avvenuto l’incontro della “Rete di donne per la politica” e di “Se non ora quando” con il presidente della Regione Liguria Claudio Burlando, il sindaco di Genova Marco Doria e l’assessora regionale Rambaudi (vedi Oli 358, “Burlando, Doria e la rete delle donne“).
    Le donne ottengono un importante risultato: l’adesione di Regione e Comune alla Convenzione “No more”; l’aumento – previa approvazione del Consiglio Regionale – da 120.000 a 300.000 euro del fondo per i centri anti violenza, e l’impegno a salvaguardarne il sistema di ‘rete’ costruito in questi anni sul territorio dalla Provincia di Genova: centri anti-violenza, strutture di accoglienza, pronti soccorso, forze dell’ordine, servizi sociali, psicologi. 
    Ma al centro dell’incontro c’era anche l’aspetto politico e culturale e nell’affollata sala della Provincia sono stati espressi pensieri impegnativi. Anna Pesenti dell’Udi parla della violenza della negazione: quella di presentare come casi di ‘malamore’, e non come fatto politico, la violenza verso le donne, o quella della cancellazione dai libri di storia dello sguardo femminile, che produce un racconto non solo incompleto, ma falso: “le guerre non si raccontano così”. Poi Pesenti parla del ‘brivido’ che prova quando sente la parola famiglia, “perché è un coperchio su una pentola che ribolle”, e dice che dovremmo pensare a famiglie non solo ‘di sangue’. 
    Silvia Neonato, consapevole della difficoltà del confronto,  offre una sponda alle emozioni in campo sottolineando la diversità, rispetto ad  altri temi di confronto politico, di quello della violenza verso le donne  perché “suscita imbarazzi, vergogna, aggressività, impotenza”.
    Una donna del ‘Gruppo donne di Oregina’ che si occupa di Teologia femminista interviene indicando la responsabilità della gerachia cattolica nella diffusione della violenza di genere. 
    Nella discussione acquista evidenza anche l’inizio di una riflessione maschile che cresce nei gruppi “Maschile plurale”,  “Uomini in cammino”, in quello degli uomini ex clienti di prostitute, nei centri di ascolto per uomini che usano violenza nelle relazioni di intimità. 
    Anche gli amministratori accompagnano i loro impegni con riflessioni politiche. Burlando denuncia l’assenza, nell’azione del Governo, di qualsiasi riflessione e ‘cognizione’ dei costi in termini di perdita di coesione sociale che stiamo pagando a causa delle politiche di restrizione della spesa. In questa situazione mettere in campo una rete che permetta alla violenza verso le donne di venire alla luce è tanto più importante in quanto è difficile acquisire consenso, in tempi di ristrettezze, nel mettere risorse in un settore in cui ‘non c’è allarme sociale’. 
    Doria avverte che Regione e Comune sono ormai diventate istituzioni fragili, colpite da uno scarto sempre più grande tra risorse disponibili e necessità di dare risposte. 
    L’assessora Rambaudi sottolinea la necessità di promuovere cultura, fino dalla età primissima. Ringrazia la rete delle associazioni delle donne appunto per questo, perché in diverse forme “tutti i giorni fanno cultura”. Indispensable inoltre rafforzare una filiera di servizi in rete, e creare sul territorio punti di ascolto “dove ci sono non operatori, ma associazioni di donne che veicolano il rapporto con i servizi”. Forse più a suo agio dei suoi colleghi, Lorena Rambaudi offre anche qualche sorriso.
    Un appuntamento importante ora è per lunedì 10 dicembre alle 11 presso il “Tempio laico” al Cimitero di Staglieno dove, aderendo ad una proposta di “Usciamo dal silenzio”, il Comune scoprirà una targa “In memoria di tutte le donne morte per mano violenta di chi diceva di amarle. Perché le loro storie non affondino nel silenzio, ma risveglino coscienze e civiltà. Il Comune di Genova contro il femminicidio“. Interverranno l’assessora Fiorini e le donne della “rete”.
    (Paola Pierantoni – Foto dell’autrice)
  • OLI 358: CITTA’ – De Ferrari crocevia: donne, Gangnam style e Palestina

    Foto di Giorgio Bergami

    Sabato 24 novembre Piazza De Ferrari è stato un interessante crocevia, e forse è proprio questo insieme, questa contemporaneità di eventi, che andava raccontata. Attorno ai gradini di Palazzo Ducale dal primo pomeriggio bandiere, musica araba e un centinaio di persone che manifestavano a sostegno del popolo palestinese e per raccogliere medicinali tramite l’associazione Music for Peace. L’evento più separato e ignorato. Contemporaneamente le donne della “Rete di donne per la politica” e di “Se non ora quando” avevano iniziato ad allestire una iniziativa contro la violenza sulle donne: uno ad uno più di cento di palloncini bianchi sono stati gonfiati, vi è stata disegnata in nero una croce, e sono stati gettati nella fontana, con l’acqua colorata in rosso.

    Un palloncino per ogni donna uccisa in Italia dalla violenza maschile. Poi a poco a poco iniziano ad arrivare ragazzine e ragazzini, girano intorno alla fontana rossa che si sta popolando dei palloncini, qualcuno li prende, li tira di nuovo nell’acqua, giocano, non capiscono, e chiedono. Non sapevano cosa volesse dire, che senso dare a quel rosso e a quel bianco. Manifestano stupore, non riescono a credere che i violenti siano quasi sempre dentro la famiglia.
    Molte e molti non avevano proprio idea dell’esistenza e della dimensione della violenza verso le donne, solo in pochi casi ne avevano parlato a scuola. Le giovanissime ragazze però si sentono forti: “li mettiamo a posto noi, i maschi!” Una mi dice: “ma adesso tra un po’ come facciamo? Voi fate questa cosa e alle quattro e mezza noi balliamo la danza coreana … ” e mi fa dei gesti ritmici che suppone che io comprenda al volo. Questa volta sono io a non capire.
    Nella mia disinformazione nulla sapevo di questo flash mob promosso via Face Book per ballare il ‘Gangnam Style’. Non sapevo che su Youtube il video che ha reso famoso questo ballo ha avuto 825.545.515 visualizzazioni, in assoluto il più visualizzato del mondo, e ingenuamente le dico, beh qui c’è spazio per tutti … Proprio non immaginavo. E ancor nemmeno immaginavo che potesse esserci un anello di congiunzione tra cose tanto diverse.
    Lo scopro quando vedo le studentesse del “Gobetti”, anima coreografica dell’evento, indossare delle magliette tutte eguali, con davanti scritto in rosa “Respect, I’m pro woman” e dietro “Ne tocchi una, ci tocchi tutti”. Portano cartelli e scandiscono slogan che si collegano a quelli di anni passati Le donne di oggi hanno memoria, fuori la violenza dalla storia, Abbattiamo il muro della violenza, Col silenzio e l’indifferenza si nasconde la violenza. Alcuni ragazzi al collo portano scritto La violenza sulle donne fa violenza anche a me. Si scopre che se ne è parlato in classe, che le ragazze hanno fatto una ricerca, hanno trovato slogan del passato, e li hanno uniti alle parole e ai gesti del presente.
    (Paola Pierantoni – foto dell’autrice e di Giorgio Bergami

    Links

    Interviste sul Secolo XIX on line 


  • OLI 357: INFORMAZIONE – Maschilisti di “Fatto”

    Il Fatto Quotidiano propone, tra i numerosi blog che ne fanno parte integrante, anche un gruppo di blog di donne riuniti sotto il titolo – intrigante – di “Donne di Fatto”. Le autrici sono giornaliste, scrittrici, registe, psicologhe, avvocate, attiviste politiche e sociali: insomma, donne vere, che vivono nel mondo reale e che parlano delle difficoltà che molte donne incontrano nel lavoro e nella società, della violenza e della mercificazione del corpo femminile, dell’assenza delle donne dai luoghi dove si prendono decisioni, della lontananza spesso stellare da una politica consumata da se stessa, della lista sempre più lunga di donne uccise “per amore” dai loro padri, fratelli, mariti, fidanzati.
    Articoli mai banali, che aprono una finestra di grande interesse su un universo femminile variegato e dinamico, capace di critica ma anche di proposta, mai settario, sempre disponibile all’interlocuzione e al confronto.
    Tutto bene, dunque? No, non proprio.
    Perché, quando dalle autrici si passa ai commenti, incominciano i dolori addominali acuti.
    I commentatori, in gran parte uomini, non ci fanno mancare alcuno dei peggiori stereotipi che si attribuiscono, di solito, ai maschi più reazionari e oscurantisti.
    Il peggio di sé, però, questi signori lo offrono quando si parla di femminicidio. La fantasia nel trovare giustificazioni per gli uomini che picchiano, maltrattano, violentano, uccidono le donne non ha limiti: si va dalle giustificazioni economiche (crisi, disoccupazione, Imu, protesti di cambiali) a quelle relazionali (donne fedifraghe, prepotenti, che non vogliono far loro vedere i figli, che li obbligano a convivere con la suocera, che vanno a lavorare e non fanno i lavori domestici), fino ad invocare la legittima difesa nei confronti di donne a loro volta manesche, violente e inclini al mattarello. Né mancano le invettive contro le femministe, definite di volta in volta arrabbiate, isteriche, pazze furiose, tese all’annichilimento del genere maschile senza se e senza ma.
    Il problema è generale, ed è da tempo al centro della attenzione e della analisi delle blogger femministe. La rete, avvertono, “non è neutra”. Conquistarvi il diritto di parola (con tematiche femministe) non è affatto scontato. Occorre “presidiare il web” e sapere come utilizzarlo per veicolare il proprio pensiero e contrastare il sistematico attacco di maschilisti e sessisti. “Femminismo a Sud”, che si definisce “un blog collettivo antisessista, antifascista, antirazzista, antispecista e non addomesticabile”, da tempo tratta a fondo il problema (*) che introduce dicendo: “Sin dai primi tempi in cui abbiamo iniziato a presidiare e monitorare la rete, ritenendo a ragione che non fosse uno spazio neutro, abbiamo sommato innumerevoli esempi di misoginia e sessismo, talvolta persino vera e propria istigazione alla violenza contro le donne”.
    Alla radice la pericolosa immaturità di uomini “che si rifugiano in un fragilissimo modello fatto di dogmi e di tradizioni che gli si sgretolano tutto attorno”. La contro-strategia delle blogger è stata: “Lasciavano commenti offensivi e minacciosi? Li abbiamo segati via senza lasciarci intimidire. Denunciavano censura? Rivendicavamo il diritto a veicolare contenuti utili e non insulti. Ricevevamo acide e velenose mail? Le abbiamo ignorate. Qualcun@ ci indicava al branco per istigare al linciaggio? Noi andavamo avanti e costruivamo un sapere alternativo che volevano nascosto, cancellato, defunto. Volevano impedirci di esistere? Noi abbiamo denunciato quanto avveniva e abbiamo studiato ed elaborato forme di autodifesa”.
    Tra queste il manuale: “L’Abc della femminista tecnologica”, che consigliamo non solo a tutte le blogger, ma anche al direttore e a giornalisti/e del Fatto Quotidiano.
    (*) http://femminismo-a-sud.noblogs.org/post/2009/10/07/sessismo-misoginia-e-maschilismo-in-rete/ 
    (Paola Repetto e Paola Pierantoni – immagine tratta dal sito “Femminismo a Sud”)