Categoria: Ivo Ruello

  • OLI 324: GRECIA – Origini di una crisi secondo Petros Markaris

    Lunedì 12 dicembre nel salone del Minor Consiglio di Palazzo Ducale a Genova, un folto pubblico ha accolto la conferenza dello scrittore greco Petros Markaris, programmata nell’ambito della rassegna “Mediterranea”.
    Markaris, nato ad Istanbul, di padre armeno e madre greca, sceneggiatore di diversi film di Theo Anghelopulos, è noto al grande pubblico per il commissario di polizia Kostas Charitos, protagonista dei suoi romanzi pubblicati in Italia da Bompiani.
    Markaris, con un discorso appassionato, ha descritto il momento attuale in Grecia, in balia di una crisi economica di cui non si intravedono prospettive di uscita: quali sono le cause che hanno portato il paese in questo stato?
    Partendo dalla caduta della dittatura dei colonnelli nell’aprile del 1974, Markaris divide il passato ellenico recente in tre periodi: il primo, dal 1974 al 1981, è stato quello delle grandi riforme; il secondo dal 1981, è stato segnato dall’ingresso della Grecia nell’Unione Europea; il terzo ha origine nell’ottobre 2010, con le dimissioni del governo Karamanlis, ed è contrassegnato dalla attuale crisi economica.
    Il presente greco “è un incubo”, dice Markaris. I motivi profondi di questa crisi vengono da lontano e sono riconducibili a diversi fattori:
    – da più di trenta anni la scena politica è stata dominata da due famiglie, Papandreou e Karamanlis, e questo ha di fatto bloccato lo sviluppo di una democrazia compiuta;
    – manca in Grecia una forte classe borghese, con una propria cultura;
    – con l’ingresso nell’Unione Europea, l’arrivo di forti finanziamenti comunitari in un paese senza alcuna base economica produttiva ha portato un fittizio arricchimento, con una perdita parallela dei valori della cultura popolare;
    – la presenza di forte evasione fiscale e di corruzione ormai diffuse a tutti i livelli;
    – un punto di svolta infine è costituito dalle Olimpiadi di Atene del 2004, dove i costi, lievitati in corso d’opera a livelli esorbitanti, hanno portato ad un forte indebitamento pubblico con banche straniere.

    Siamo tutti responsabili di quel che è avvenuto, dice Markaris, e ora il rischio è che la gente si metta ad aspettare un “salvatore”.
    Markaris si è detto diviso tra un senso di scoramento che può giungere alle lacrime, e una rabbia tale da voler sfasciare tutto. Quale può essere una via di uscita? Lo scrittore auspica una rinascita culturale, che trovi le proprie radici da un lato nella classe intellettuale, formata da scrittori, poeti e giornalisti, dall’altro nella parte migliore della classe politica, individuabile oggi solo nelle minoranze “pensanti” all’interno dei due grandi partiti greci di massa, Pasok e Nea Demokratia. Ma, aggiunge, non tocca solo alla Grecia: è tutta l’Europa che deve ritrovare una cultura e una prospettiva che vada oltre i “numeri” del Pil, dello Spread, degli indici di borsa.
    Lui, da scrittore, ha deciso di utilizzare i suoi prossimi romanzi come mezzo per aprire una discussione sulla crisi greca, sui suoi drammi, sulle sue cause: il primo è già stato pubblicato in Italia col titolo “Prestiti scaduti”, Ed. Bompiani.
    (Ivo Ruello – foto dell’autore)

  • OLI 323:INFORMAZIONE – La manovra SalvaItalia e il cosiddetto “servizio pubblico”

    4 dicembre 2011, ore 20, è iniziato da pochi minuti il telegiornale di La7, Enrico Mentana si interrompe per trasmettere, in diretta televisiva, la conferenza stampa del Presidente del Consiglio Mario Monti, che illustra, assieme ai ministri coinvolti, la manovra “SalvaItalia” appena approvata dal Consiglio dei Ministri domenicale: manovra dura, “lacrime e sangue” per usare un luogo comune. All’esposizione della manovra seguono le domande dei giornalisti, in un clima freddo, tecnico, da grandi occasioni: La7 interrompe la diretta solo verso la fine. Nel frattempo, sulle reti del servizio cosiddetto “pubblico”, non si trova traccia di diretta, per un evento che sembra decidere del futuro dell’Italia, dell’euro, e forse, dicono, dell’economia del mondo intero.
    La lacuna informativa è passata inosservata, in modo quasi sospetto, alla quasi totalità del mondo della carta stampata, con la sola eccezione de il Fatto Quotidiano (*), dove Beppe Giulietti ci informa che le uniche dirette sono state, oltre a LA7, Sky e Rainews.
    Possibile che l’unico “servizio pubblico” rimasto sia il programma di Michele Santoro?
    (Ivo Ruello – disegno di Guido Rosato)
    (*) http://www.ilfattoquotidiano.it/2011/12/05/conflitto-interessi-risiamo/175315/

  • OLI 323: CULTURA – Ken Russell: un ricordo personale

    “Correva l’anno 1987”, si usa dire, molti anni sono trascorsi, eppure la memoria in me è ancora vivida. Nel Teatro Margherita di allora, i cui spazi sono ora utilizzati dal supermercato Coin, si rappresentava Mefistofele, di Arrigo Boito, sotto la regia di Ken Russell (*): le scelte di Russell avevano creato un clima burrascoso già nei giorni precedenti (**), per scatenarsi poi, la sera della prima, in una forte contestazione, senz’altro attesa e, forse, programmata, visto che alcuni si presentarono in teatro muniti di fischietti da vigile urbano (***).
    Durante la replica a cui assistetti, la contestazione si scatenò solo alla scena in cui Margherita canta la sua aria, in una cucina moderna, nell’atto di stirare panni, davanti ad un frigorifero contenente la testa della madre. Scelte provocatorie, dissacranti, certo, ma anche divertenti, almeno a giudizio di un melomane “dilettante”, quale lo scrivente si ritiene: il gusto della provocazione cercata, della contestazione che evidentemente risultava in qualche modo gradita anche a Ken Russell.
    A quella replica cui assistetti, il regista sedeva in galleria, qualche fila davanti a noi: ai fischi ed agli applausi che si contendevano la scena, rispose alzandosi in piedi, voltandosi verso il pubblico, ringraziando tutto il pubblico, contestatori e non, vestito con un’incredibile giacca a grandi scacchi rossi, quale solo un’inglese, per quanto eccentrico, si può permettere. Indimenticabile.
    Al di là di giudizi estetici, a livello di reazione puramente emotiva, è per me un piacere ricordare quella sera, un salutare schiaffo al tradizionalismo imperante nei teatri d’opera.
    (Ivo Ruello)
    (*) http://www.teatrodel900.it/index.php?option=com_content&task=view&id=449&Itemid=360
    (**) http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1987/01/24/il-vecchio-faust-diventato-hippy.html
    (***) http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1987/01/25/evviva-mefistofele-abbasso-ken-russell.html

  • OLI 322: CAR SHARING – Qualche risposta e ancora qualche dubbio

    Su OLI 321(*) ci chiedevamo perché il servizio Car Sharing a Genova costasse di più che nelle altre città: abbiamo girato la domanda a Marco Silvestri, direttore di Genova Car Sharing. La sua risposta (pubblicata nelle lettere) è che a Genova e Torino il servizio è partito prima che in altre città, e di conseguenza si è già esaurito il finanziamento di “start-up”, finalizzato a facilitare il superamento della fase iniziale del servizio, durante la quale devono costruirsi le condizioni perché divenga finanziariamente autonomo.
    Ora, l’equilibrio finanziario per una città di almeno 150mila abitanti, è raggiunto con un parco di 85 auto, a condizione che vi siano più di 20 utenti per veicolo, e che ognuno effettui più di 15 viaggi all’anno (**).
    A Genova – atti del seminario Icscarsharing dell’ottobre 2010 (***) – nel 2009 gli utenti erano 1934, e ognuno aveva utilizzato il servizio per meno di una corsa al mese, con una media di 53 chilometri circa a corsa: quindi il lato debole, e un motivo del costo elevato, è lo scarso utilizzo.
    In tutta Italia del resto il numero di iscritti car sharing è molto basso, largamente inferiore a molti altri paesi europei, e qui c’è da chiedersi perché, e quali dovrebbero essere le politiche locali per fare assumere a questa alternativa all’uso del mezzo privato la massa critica necessaria a renderlo conveniente, e ad incidere sul traffico cittadino.
    Una risposta ce la fornisce la Svizzera, dove Mobility, servizio nazionale di car sharing, avviato all’inizio degli anni ottanta, è ormai autonomo, dopo incentivi iniziali: attualmente attua convenzioni con il sistema ferroviario, e partnership con Hertz ed Avis.
    I numeri? Se la Svizzera è leader mondiale del car sharing (lo utilizza lo 0,84% della popolazione), Olanda ed Austria si attestano allo 0,15%, mentre l’Italia si ferma allo 0,00022%! (dati del 2005).
    Un altro commento arrivato al nostro blog esprime l’opinione che non sia corretto finanziare con soldi pubblici il car sharing, ritenuto un servizio privato, per di più, secondo alcuni, “roba da ricchi”.
    In realtà il car sharing ha un’utilità collettiva, o meglio, la avrebbe se riuscisse a raggiungere una dimensione significativa: si calcola che un’auto del servizio sostituisce fino a 10 auto private, con conseguente minore occupazione di suolo pubblico, riduzione di emissioni inquinanti, e riduzione del numero di veicoli in circolazione.
    Ma per il privato utente che vantaggio c’è ad usare un’auto car sharing, invece di un’auto privata? Se l’utente utilizza solo l’automobile per i suoi spostamenti la convenienza esiste fino ai 7000 chilometri all’anno, ma aumenta in modo significativo se si pratica un mix tra mezzi pubblici ed auto in affitto, e pare dimostrato che uno degli “effetti” del car sharing sia appunto quello di indurre ad un maggior utilizzo dei mezzi pubblici.
    Quanto al profilo dell’utente medio ne risulta una condizione sociale certamente non deprivata, ma nemmeno ricca: su 100 utenti genovesi 48 non posseggono un’auto privata, 52 sono lavoratori dipendenti, 22 liberi professionisti, 7 autonomi. Molto significativo infine il profilo della scolarizzazione degli utenti, che vede ben 93 utenti su 100 tra laureati e diplomati.
    Tutti i dati utilizzati sono disponibili sul sito (***).
    (Ivo Ruello – Disegno di Guido Rosato)

    (*) http://www.olinews.info/2011/11/oli-321-citta-car-sharing-il-piu-caro.html
    (**) http://www.icscarsharing.it/main/doc/car/rapporto_completo.pdf
    (***) http://www.icscarsharing.it

  • OLI 321: CITTA’ – Car sharing: il più caro? A Genova

    Il servizio di car sharing, come si legge su Wikipedia “Viene utilizzato all’interno di politiche di mobilità sostenibile, per favorire il passaggio dal possesso del mezzo all’uso dello stesso, in modo da consentire di rinunciare all’automobile privata ma non alla flessibilità delle proprie esigenze di mobilità. L’auto, in questo modo, passa dall’ambito dei beni di consumo a quello dei servizi … Tipicamente si tratta di un servizio commerciale erogato da apposite aziende, spesso con l’appoggio di associazioni ambientaliste ed enti locali.”
    A Genova il car sharing è attivo dal 2004 (*), e ad oggi gli abbonati sono 2258. Ma come funziona, e quanto costa?
    La rete di parcheggi è sufficientemente fitta nelle zone di Sampierdarena, Centro (soprattutto) e Levante, fino a Boccadasse: qui un’auto è sempre disponibile, se non nel parcheggio desiderato, in uno poco distante. Molto peggiore la situazione nel Ponente, in Valpolcevera e in Valbisagno.
    Significative le facilitazioni: si può prenotare anche con pochissimo preavviso, entrare nelle zone ZTL, parcheggiare gratuitamente nelle Aree Blu, circolare sulle corsie riservate a bus e taxi.

    Parcheggio di Piazza Bandiera, solo l’auto nera è car sharing

    C’è però il problema della riconsegna del mezzo: specialmente nei parcheggi più centrali succede spesso di trovare il posto occupato da qualche “abusivo”. C’è chi abusa per scorrettezza, ma ci può essere anche chi non si accorge che le aree sono riservate: i segni che le delimitano, con relativo logo, sono ormai evanescenti e illeggibili. Quando questo avviene non c’è da sperare nell’aiuto né del call center che non va oltre un sibillino “avvisiamo il gestore” (?), né dai vigili che, se arrivano, al massimo fanno una multa, senza effettuare una rimozione forzata.

    auto con contrassegno del Comune in zona car sharing

    Beh, in effetti: dato che sono le stesse auto del Comune e dei Vigili a parcheggiare nelle zone riservate car sharing …
    Quanto alla spesa, oltre alla quota associativa annuale (100 €), il costo del singolo utilizzo si compone di una quota oraria, e di una quota chilometrica, inclusiva del carburante: un affitto di poche ore, con un percorso di qualche decina di chilometri, è paragonabile al costo di un paio di taxi, mentre sale se l’affitto dura più ore, o aumentano i chilometri.
    Questa composizione del costo è ovunque la stessa, e questo permette di confrontare il servizio genovese con quello di altre città, in Italia e all’estero.
    Scopriamo così che a Genova il car sharing è più caro che altrove, solo Torino ci supera.
    Per fare un esempio, l’affitto di una Grande Punto per una “gita domenicale” (10 ore, 100 chilometri) costa 54 euro a Roma, 79 a Milano, 87 a Firenze, 95 a Bologna, 106 a Genova, 118 a Torino.
    Se poi andiamo a Marsiglia, o in Svizzera (dove il servizio è nazionale), la “gita domenicale” costa 64 euro: qui può incidere il minor costo del carburante che per la “verde” ad ottobre 2011 (***) era di 1.48 € in Francia, 1.38 in Svizzera, 1.63 in Italia; ma queste differenze non sono tali da giustificare un costo del servizio quasi doppio rispetto a quello genovese.
    Come si spiega questo divario? Sarebbe interessante capire …
    (Ivo Ruello – foto Paola Pierantoni)
    (*) http://www.genovacarsharing.it
    (**) Car Sharing Italia
    http://www.icscarsharing.it/main/
    Car Sharing Roma
    http://carsharing.roma.it/
    Car Sharing Torino
    http://www.carcityclub.it/quanto-costa
    Car Sharing Marsiglia
    http://www.autopartage-provence.com/Combien-ca-coute
    Car Sharing Svizzera
    http://www.mobility.ch/en/pub/private/rates.htm
    (***) http://www.drive-alive.co.uk/fuel_prices_europe.html

  • OLI 318: IMMIGRAZIONE – Meglio in un campo di prigionia che in un CIE?

    Può un libro che narra fatti avvenuti 60 anni fa suscitare riflessioni su fatti attuali? Può accadere, leggendo I diavoli di Zonderwater, di Carlo Annese (Sperling & Kupfer, 2010): l’autore, giornalista de La Gazzetta dello Sport, descrive il campo di Zonderwater, in Sudafrica, a 43 km da Pretoria, dove, tra il 1941 ed il 1947, vissero complessivamente 94mila prigionieri italiani. Zonderwater, un altopiano disseminato di tende che diventò, nel corso di quegli anni, una vera città, dove erano funzionanti due ospedali da 3000 posti letto gestiti da ufficiali medici italiani, 15 scuole, 22 teatri, campi da calcio, da tennis, laboratori artistici, chiese, biblioteche. Grande merito di tale trasformazione ebbe il comandante del campo, il colonnello Hendrik Fredrik Prinsloo: volle che “uomini costretti all’esilio in una terra lontana lavorassero, pensassero, studiassero, giocassero, per non farsi sopraffare dalla propria condizione”. Consola leggere in queste pagine come sia stato possibile conciliare una situazione umana estrema, quale può essere la mancanza di libertà, con condizioni di vita sia materiale che spirituale, tollerabili, al punto che non mancò chi, al termine della guerra, scelse di rimanere in Sudafrica, come Gregorio Fiasconaro, cantante lirico, padre di Marcello, atleta primatista mondiale negli anni ’70.
    La dignità umana, questa la condizione che a Zonderwater fu mantenuta: venendo all’oggi, come non confrontare le condizioni offerte dall’Italia a richiedenti asilo e migranti? Come non fare un parallelo con i nostri simpatici Centri di Identificazione ed Espulsione, dove già il nome equivale ad un programma? In Italia, secondo il rapporto annuale 2011 di Amnesty International (*), “richiedenti asilo e migranti hanno continuato a essere privati dei loro diritti, in particolare per quanto riguarda l’accesso a una procedura di asilo equa e soddisfacente”, ma critiche al nostro paese sono venute anche dall’Alta Commissaria delle Nazioni Unite per i diritti umani, dal Comitato europeo dei diritti sociali, dal Comitato per la prevenzione della tortura del Consiglio d’Europa: proprio da quest’ultimo comitato arriva un appunto particolarmente pesante, l’assenza di una norma sulla tortura nel nostro codice penale: ciliegina (*) su una torta di cui possiamo essere grati ai nostri “padani”, da non confondere con la generalità dei civilissimi abitanti della pianura Padana.
    (Ivo Ruello)

    (*) http://www.rainews24.rai.it/it/news.php?newsid=46728

  • OLI 317: CITTA’ E CANDIDATI – Quale sogno per Genova?

    Disegno di Guido Rosato

    Due articoli sul Secolo XIX del 19 ottobre scorso hanno riguardato due diversi interventi previsti a Genova: a Piazzale Kennedy e alla Fiumara.
    Il primo articolo (“Piazzale Kennedy: il solito regalo a Genova Parcheggi”) descrive il progetto di ristrutturazione che realizzerebbe in tale area un parcheggio gestito da Genova Parcheggi, riportando le reazioni (complessivamente negative) dei lettori del giornale, che vanno da chi piange l’eliminazione del Luna Park a chi non desidera più “stipare carrozze di metallo che rubano spazio vitale alla gente”. Insomma, per il senso comune il progetto sembra mirato unicamente a fare cassa, non riuscendo neppure a ridurre il traffico privato verso il centro-città, visto che Piazzale Kennedy si trova di fatto in centro-città.
    Il secondo articolo (“Un nuovo maxi quartiere di fronte alla Fiumara”) è invece dedicato alla trasformazione dell’ex-area Enel di Via Pacinotti i cui lavori, con inizio nel 2012, dovrebbero portare, entro 24-30 mesi, alla realizzazione di un complesso di tipo residenziale e commerciale. Cementificazione o rinascita? Questa la principale domanda al centro dell’articolo, dove si sottolinea la mediazione effettuata dal Municipio Centro-Ovest con la popolazione di Sampierdarena, mediazione che porterà alla realizzazione di una scuola materna, alla riqualificazione del mercato di via Salucci, ed alla sostanziale tutela della visuale dei palazzi già esistenti. Ovviamente nel progetto è incluso un nuovo parcheggio interrato, destinato ai “nuovi residenti della zona”. L’articolo, che fa anche riferimento alle Torri Faro, in avanzata fase di realizzazione in via di Francia, chiude, nelle intenzioni dell’estensore, con una nota positiva: questa riqualificazione prende il via in un momento in cui altri grandi progetti immobiliari (Verrina a Voltri, ex-Boero a Molassana) “segnano il passo”.
    Chi scrive già in OLI 304 lamentava l’assenza a Genova di un qualsiasi anelito culturale al momento della riconversione di aree a disposizione: duole constatare anche in questa occasione la pervicacia con cui tutta la progettualità sullo sviluppo della città sembra esaurirsi nel costruire:
    1. parcheggi;
    2. centri commerciali;
    3. centri direzionali;
    4. appartamenti residenziali/commerciali.
    Per chi si candida a Sindaco di Genova ricordiamo che con la cultura si può anche mangiare.
    (Ivo Ruello)

  • OLI 317: INFORMAZIONE – Radio3: un inciampo a Prima Pagina

    Disegno di Guido Rosato

    Alle 7,15 tutte le mattine su Radio 3 va in onda da anni la trasmissione Prima Pagina (*), durante la quale giornalisti di moltissime testate giornalistiche, sia cartacee che online, si alternano settimanalmente nella lettura dei quotidiani. Attraverso la scelta di dare maggiore o minore priorità alle diverse notizie, o alle diverse testate giornalistiche, ciascuno esprime una sua sensibilità culturale, politica, personale: l’ascoltatore si può sentire più o meno in sintonia col conduttore; la bellezza di Prima Pagina sta appunto in questa diversità di voci, legate però dal tratto comune della professionalità e della correttezza.
    Ma anche a Prima Pagina capita l’inciampo, e così è stato con Giorgio Dell’Arti, editorialista di Vanity Fair, che per tutta la scorsa settimana ha gestito il colloquio con gli ascoltatori con uno stile, a nostro giudizio, irritante e manipolatorio, che sotto l’apparenza di un democratico confronto alla pari, limitava e distorceva le possibilità di espressione di chi telefonava interrompendolo continuamente. E se la conduttrice di questa settimana, Antonella Rampino, corrispondente diplomatico per La Stampa, ha precisato che nel colloquio con gli ascoltatori lei non avrebbe seguito lo stile di chi l’aveva preceduta, vuol dire che non siamo i soli ad aver avvertito un disagio.
    La conduzione di Giorgio Dell’Arti ci è parsa opinabile anche sotto il profilo delle priorità assegnate alle notizie. Un esempio? Domenica 23 ottobre il giornalista ha aperto la trasmissione sulla supposta responsabilità della madre nell’annegamento del bimbo di Grosseto, e ci si è soffermato, con spiacevole insistenza e ripetizione dei dettagli, per più di otto minuti: un tempo incredibile nell’economia di questa trasmissione, tenendo conto, tra l’altro, del non eccessivo rilievo con cui la notizia compariva sui siti e sulle prime pagine dei principali quotidiani. Nel contempo la riunione a Bruxelles dei capi di Governo, data quasi ovunque con grande rilievo, si è meritata solo tre minuti.

    (*) le puntate di Prima Pagina sono scaricabili all’indirizzo http://www.radio3.rai.it/dl/radio3/programmi/PublishingBlock-546fce50-63a7-4a3a-a677-c01b234511bd-podcast.html
    (Ivo Ruello)

  • OLI 315: INDUSTRIA – Ansaldo STS, svendita di un gioiello di famiglia?

    Disegno di Guido Rosato

    Ansaldo STS venduta a General Electric? Le prime voci su una possibile vendita risalgono allo scorso 14 settembre: effetto immediato, un rialzo in borsa del titolo Ansaldo STS (+20%) e della controllante Finmeccanica (+14%).
    Mentre non arrivava alcuna smentita ufficiale di trattative in tal senso, arrivava invece, assai meno entusiasta, la reazione delle RSU dei lavoratori di Genova, Napoli, Potenza e Torino, che chiedevano un incontro con i vertici Finmeccanica: ad oggi nessun riscontro.
    Nel frattempo si sono avute alcune prese di posizione intese a scongiurare la cessione ad acquirenti stranieri di importanti asset industriali, al solo scopo di “fare cassa”: dal Comune di Genova, nella persona dell’assessore ai Lavori Pubblici Mario Margini, e due interrogazioni parlamentari depositate da PD ed IDV.
    Ansaldo STS (*), azienda Finmeccanica, terzo produttore mondiale nel settore di sistemi di trasporto ferroviario e metropolitano, sede centrale a Genova, oltre 4300 dipendenti in 28 paesi, di cui 1500 in Italia, costituisce un elevato patrimonio, sia in termini industriali che di capitale umano, a cui corrispondono bilanci in attivo negli ultimi anni (1619 milioni di euro nel 2010): perché vendere una realtà di questo tipo, considerata un “gioiello di famiglia” di Finmeccanica?
    La risposta si intravede in un intervista di Giuseppe Orsi, AD di Finmeccanica, rilasciata al Secolo XIX lo scorso 11 settembre: “la nostra criticità è Ansaldo Breda, se non la rimettiamo a posto la vendiamo”; ma, se fallisse il risanamento di Ansaldo Breda (1200 milioni di passivo, n.d.a.), occorrerà capire se dovrà “accasarsi da sola o con Ansaldo STS”. Concludendo il ragionamento, l’AD di Finmeccanica afferma “se anche Breda e STS fossero insieme non sarebbe sufficiente a farne dei player mondiali. Valuteremo come aumentare la massa critica, chi può aiutarci, e in che modo”.

    Nella stessa intervista Orsi dichiara che una visione unitaria, ossia una fusione Breda-STS “sarà necessaria per avere l’eccellenza che consenta di tenere il passo della concorrenza internazionale ed eviti all’Italia, fra qualche anno, di essere marginale o addirittura tagliata fuori”. Come logica conseguenza una vendita all’estero dovrebbe essere esclusa.
    Dovrebbe.
    Dovrebbe …
    Nell’attesa di riscontri da parte aziendale, i lavoratori Ansaldo STS, attraverso le rispettive RSU, stanno assumendo iniziative comuni nelle varie sedi: ad un’assemblea informativa svoltasi lunedì 10, seguirà un’ora di sciopero in contemporanea nella giornata di mercoledì 12 ottobre.
    (*)   http://www.ansaldo-sts.com/en/company/overview/
    (**) http://finanza.lastampa.it/quotazioni/MTA,AFSTS/ANSALDOSTS.aspx?tab=dbil
    (Ivo Ruello)

  • OLI 315: POLITICA – Parole nel tempo

    Nel 1970 nasce in Grecia una canzone contro l’apatia di tanti nei confronti della giunta militare, versi che chiamano in causa la corresponsabilità di tutti nei confronti di quel che stava accadendo.

    La canzone (versi di Giannis Markopoulos, musica di Giorgos Skourtis, splendido interprete Nikos Xylouris) è, a nostro giudizio, bellissima. Ma non è tanto per questo che ve la proponiamo. Il fatto è che – fatte salve tutte le differenze – ci capita di trovarla  terribilmente attuale anche in questa Italia 2011.
    Volete provare a vedere se vi succede lo stesso? Leggetene il testo e ascoltatela.

    Nikos Xilouris

    I nemici sono entrati nella città,
    i nemici hanno rotto le porte,
    e noi ridevamo nei nostri quartieri,
    il primo giorno.
    I nemici sono entrati nella città,
    i nemici hanno preso i fratelli,
    e noi guardavamo le ragazze,
    il giorno dopo.
    I nemici sono entrati nella città,
    i nemici ci hanno gettato addosso il fuoco,
    e noi gridavamo nel buio,
    il terzo giorno.
    I nemici sono entrati nella città,
    i nemici portavano le spade,
    e noi le abbiamo prese per portafortuna,
    il giorno dopo.
    I nemici sono entrati nella città,
    i nemici hanno distribuito regali,
    e noi ridevamo come bambini,
    il quinto giorno.
    I nemici sono entrati nella città,
    i nemici erano dalla parte della ragione,
    e noi gridavamo: Evviva! Forza!
    E noi gridavamo: Evviva! Forza!
    Come ogni giorno.

    (a cura di Ivo Ruello e Paola Pierantoni)