Categoria: Saleh Zaghloul

  • OLI 296: POESIA – Ho deciso di cavalcare il popolo

    Gli arabi in giro per il mondo stanno facendo circolare in rete questi versi di Nizar Qabbani, siriano, nato a Damasco nel 1923, forse il più popolare dei poeti arabi contemporanei. Questi versi fanno parte di una lunga poesia dal titolo “Autobiografia di un macellaio arabo”, compresa nella raccolta “Ti ho sposata libertà”. I versi sono stati scritti nel 1988, ma sono resi attualissimi dalla caduta dei dittatori nel mondo arabo e dai loro ultimi discorsi al popolo in rivolta prima di fuggire e lasciare il potere. Nizar è morto nel 1998 a Parigi. Famoso per essere “il poeta dell’amore” e “il poeta delle donne” è riuscito a scrivere le migliori poesie politiche. Le sue poesie erano censurate e proibite in quasi tutti i paesi arabi ma erano le più diffuse e popolari tra i cittadini arabi in particolare tra i giovani. Nizar è uno di quelli che hanno lavorato e pagato molto per la libertà e la democrazia nel mondo arabo, peccato non abbia vissuto ancora per assistere all’attuale straordinario cambiamento nel mondo arabo. La sua raccolta di poesie “Il fiammifero è nella mia mano e i vostri piccoli stati sono di carta” è stata pubblicata, nel 2001, dalla casa editrice San Marco dei Giustiniani di Genova:

    Ho deciso di cavalcare il popolo
    di Nizar Qabbani, traduzione di Saleh Zaghloul

    Ogni volta che ho pensato di lasciare il potere
    la mia coscienza me lo ha proibito ..
    Chissà chi dopo di me governerà questa brava gente?
    Chi dopo di me guarirà lo zoppo ..
    il lebbroso ..
    e il cieco ..
    Chi ridarà vita alle ossa dei morti?
    Chissà chi sarà capace di far uscire la luce della luna dal proprio mantello?
    Chi potrà mandare la pioggia alle persone?
    Chissà chi li frusterà novanta volte?
    Chi sarà a crocifiggerli sopra gli alberi?
    A costringerli a vivere come le bestie?
    E a morire come le bestie?
    Ogni volta che ho pensato di lasciarli ..
    le mie lacrime scoppiavano come una nuvola ..
    e fiducioso nel sostegno di Dio ..
    ho deciso di cavalcare il popolo ..
    da ora fino al Giorno dell’apocalisse.

    (a cura di Saleh Zaghloul)

  • Oli 290: MIGRANTI – Nato in Italia, genitori stranieri, 18 anni? Attenzione …

    Foto Paola Pierantoni

    Tutti concordano (ancora a parole) che la legge sulla cittadinanza (91/92) è da riformare. Nata in piena crisi della prima repubblica non poteva che essere la più arretrata d’Europa. La legge richiede dieci anni di residenza quando negli altri paesi europei bastano cinque anni di semplice soggiorno regolare. L’aspetto più arretrato però è che si segue il diritto di sangue: soltanto chi è figlio di italiani ha diritto alla cittadinanza per nascita.

    La cosa scioccante è che fino al 1983 si seguiva il diritto di sangue maschile, ovvero solo i figli dei maschi italiani avevano il diritto alla cittadinanza per nascita. Soltanto con la riforma del 1983, i figli delle donne italiane nati da matrimoni con cittadini stranieri hanno avuto il diritto alla cittadinanza per nascita e non dovevano più fare le code davanti alle questure per il rilascio ed il rinnovo del permesso di soggiorno. Nazionalismo, autoritarismo, razzismo e maschilismo convivono felicemente e si alimentano a vicenda. Ancora più scioccante è che fino al 1975 le donne italiane che si sposavano con cittadini stranieri perdevano la cittadinanza italiana. Ci è voluta una sentenza della Corte Costituzionale (87/75) per dichiarare illegittima la norma, risalente alla legge del 1912, che prevedeva la perdita della cittadinanza italiana indipendentemente dalla volontà della donna.

    Dunque, oggi, i figli degli immigrati nati in Italia non hanno diritto alla cittadinanza per nascita come accade in tutti i paesi europei e in tutte le moderne democrazie del mondo. Soltanto al compimento della maggiore età, la legge in vigore prevede per loro un percorso facilitato per ottenere la cittadinanza a patto che presentino domanda entro un anno. Una finestra aperta per soli 12 mesi, compiuti i 19 anni senza aver fatto domanda, questo opportunità sfuma e si rientra nel calvario burocratico al quale sono costretti i richiedenti la cittadinanza, un odissea interminabile piena di ostacoli e varie stregonerie.

    Per questo l’assessore al welfare della regione Toscana, e contemporaneamente anche il sindaco di Reggio Emilia, hanno avviato una campagna informativa: i ragazzi nati in Italia da genitori stranieri, che abitano in Toscana e Reggio Emilia, e che stanno per compiere 18 anni, riceveranno una lettera che ricorderà loro la possibilità di ottenere la cittadinanza italiana attraverso un percorso semplice e veloce. Col pensiero che va a chi arriva in Italia da bambino per cui i dodici mesi non esistono ed attendendo tempi e leggi migliori per questo nostro disgraziato/meraviglioso paese, proponiamo questa ottima iniziativa all’assessore regionale all’immigrazione Enrico Vesco ed alla nostra sindaco Marta Vincenzi.
    (Saleh Zaghloul)

  • OLI 289: DAL MONDO – I flussi migratori ai tempi della caduta dei tiranni

    “Lampedusa al collasso”, “Sbarchi, scontro Ue-Italia. Maroni: arriveranno in 80 mila” sono i titoli di prima pagina de La Stampa e Repubblica di oggi. Gli sbarchi di oggi sono chiaramente legati alla caduta del regime di Ben Ali ed alla nuova situazione in Tunisia. Ma provando a ragionare con uno sguardo al domani posso dire con certezza che la caduta dei regimi dittatoriali in Tunisia ed in Egitto porterà presto a diminuire i flussi migratori verso l’Italia e l’Europa dei cittadini di questi due paesi.
    I giovani che si sono ribellati e hanno fatto cadere Mubarak e Ben Ali parlano di una situazione di brutale repressione, annullamento della libertà e forte umiliazione della dignità delle persone. Parlano di un sistema economico dove è dilagante la corruzione e dove le risorse del paese sono rubate dalle famiglie dei dittatori e dagli esponenti dei due regimi. Un sistema che rendeva sempre più povera la grande maggioranza dei cittadini. Due fattori che spingevano fortemente i giovani tunisini ed egiziani ad emigrare e fuggire dalla repressione e dalla povertà. D’altra parte, dopo la caduta di Mubarak, ho seguito su Al Jazeera i festeggiamenti che le comunità egiziane immigrate hanno svolto in tutto il mondo ed ho sentito molte persone piene di speranza che pensano ed invitano al ritorno nel loro paese d’origine ora che c’è la libertà e la necessità di ricostruire il paese.
    Per una politica seria dei flussi migratori è meglio, per l’Italia e l’Europa, appoggiare i processi di cambiamento in questi paesi aiutando l’instaurazione della democrazia e la diffusione delle libertà, condizioni necessarie per lo sviluppo economico. Appoggiare le dittature, oltre ad essere eticamente inaccettabile per chi si proclama paese democratico e civile, porta ad aumentare i flussi migratori verso l’Europa.
    I democratici negli Stati Uniti ed il loro presidente Obama hanno cambiato radicalmente la politica del loro paese: contro la guerra (di Bush in Iraq), un nuovo atteggiamento rispettoso dell’Islam e dei musulmani e la fine dell’appoggio ai dittatori. Questa nuova politica è stata fortemente confermata dalle posizioni dell’amministrazione Usa durante le crisi tunisina ed egiziana e dal grande discorso di Obama, dopo la caduta di Mubarak, nel quale ha elogiato la grande rivoluzione non violenta degli egiziani da lui indicata come esempio per i popoli che lottano per la libertà e la democrazia. L’Europa, da sempre molto sensibile a quanto proviene dagli Stati Uniti, purtroppo questa volta sembra recepire molto lentamente le novità democratiche e pacifiche di Obama. L’Italia, costretta ad occuparsi sempre più delle cose che riguardano una sola persona, fatica a capire quanto succede a Lampedusa e litiga con il nuovo governo tunisino e persino con l’Unione Europea, figuriamoci che fatica a capire quanto sta accadendo nel mondo.
    (Saleh Zaghloul)
  • OLI 288: EGITTO – Unità tra sessi e religioni nell’Egitto in lotta

    Venerdì 4 febbraio 2011: altra manifestazione milionaria in piazza della Liberazione (maidan al Tahrir). La preghiera del venerdì, che ha un significato particolare nella tradizione musulmana, sta per iniziare in piazza. Tutti vogliono partecipare alla preghiera, anche quelli che fanno servizio d’ordine ai sei ingressi della piazza per proteggere i manifestanti dagli attacchi dei resti delle forze di sicurezza del regime in borghese (sono in abiti civili, per apparire come cittadini sostenitori del regime e sfuggire all’intervento dell’esercito in difesa dei manifestanti) e dai famosi balttagìa (mercenari pagati dalla Mukhabarat – i servizi segreti – del regime, delinquenti comuni e criminali che solitamente impongono il loro controllo del territorio esercitando violenza nei confronti dei cittadini e terrorizzandoli. Ora sono mercenari al soldo del regime. Letteralmente sono i portatori di baltta; cioè ascia o grossa arma bianca). Nei giorni precedenti i balttagìa hanno invaso la piazza su cavalli e cammelli ed hanno attaccato i manifestanti. La notte precedente avevano attaccato i manifestanti con il lancio di bottiglie molotov e pietre.
    Per permettere anche ai membri del servizio d’ordine di partecipare alla preghiera, circa diecimila dei cristiani egiziani presenti in piazza hanno formato una diga umana ai sei ingressi della piazza, proteggendo i loro compagni musulmani durante la preghiera.
    Domenica 6 febbraio 2011: i cristiani egiziani hanno celebrato la messa domenicale in piazza al Tahrir circondati e protetti dai manifestanti musulmani.
    Due scene che evidenziano la forte unità tra egiziani musulmani e cristiani nella lotta contro il regime di Mubarak ed evidenziano il ruolo negativo di questo regime sulla convivenza tra religioni diverse e le sue responsabilità negli ultimi avvenimenti, precedenti alla rivolta, che hanno causato molte vittime cristiane. Una delle caratteristiche dei regimi dittatoriali è quella di creare divisioni tra i cittadini di diverse etnie o religioni proprio per conservare un potere totalitario aggressivo e despota.

    Le donne sono presenti ed hanno un ruolo molto attivo nella rivolta contro il regime, donne giovani e vecchie, con il velo e senza velo, con il vestito tradizionale e con i pantaloni o la gonna, donne laiche e religiose, musulmane e cristiane. I giovani uomini cercano soltanto di evitare che le donne facciano parte del servizio d’ordine agli ingressi della piazza e che affrontino la violenza dei balttagìa. Per il resto partecipano a tutte le attività, sono certamente le più attive negli ospedali di campo a curare i feriti, le più brave a portare cibo e quanto serve in piazza, sono le più brave a rappresentare la piazza quando sono intervistate dai media, sono le più organizzate, sono quelle che più hanno una visione chiara sulla prospettiva politica del paese, su come vorrebbero che si evolvesse la rivoluzione, sono le più determinate: non si tratta con il regime prima della caduta di Mubarak, sanno che è l’occasione della loro vita e della vita delle loro figlie e delle donne in tutta la regione per ottenere parità, libertà e democrazia.
    (Saleh Zaghloul)

  • OLI 285: IMMIGRAZIONE – Non si tratta di nuovi ingressi

    Alcune posizioni contrarie al decreto flussi espresse da parte di persone e associazioni amiche degli immigrati hanno suscitato perplessità. Nasconoci auguriamo dall’equivoco che si tratti di nuovi ingressi di lavoratori immigrati. In una crisi senza precedenti e in presenza di molti lavoratori italiani e immigrati disoccupati sembra illogico farne entrare altri.
    In verità non sono nuovi ingressi ma persone che sono già in Italia, costrette a lavorare in nero in quanto prive di permesso di soggiorno, per le quali il decreto flussi rappresenta praticamente l’unica speranza per uscire dalla “clandestinità”. Tutti sanno dell’assurda procedura secondo la quale i pochi fortunati che riusciranno ad ottenere il nulla osta faranno finta di non essere in Italia ma torneranno nei loro paesi d’origine, si presenteranno alle ambasciate italiane per chiedere i visti d’ingresso e rientreranno di nuovo in Italia per ottenere il permesso di soggiorno. Molti giornalisti ormai lo scrivono, ma sembra siano pochi quelli che leggono. Chi è d’accordo con i leghisti che non vogliono i decreti flussi è contrario alla regolarizzazione degli immigrati e li costringe a continuare a vivere nella clandestinità e a lavorare in nero.
    Le associazioni di volontariato, i sindacati, i democratici (persone e partiti) dovrebbero denunciare fortemente questa assurda procedura e chiedere al governo di rilasciare il permesso di soggiorno a coloro che ottengono il nulla osta e che sono già presenti in Italia, senza l’obbligo di un inutile e costoso viaggio di andata (al paese d’origine) e ritorno (in Italia). Un viaggio drammaticamente avventuroso perché alla frontiera esiste il rischio di essere espulsi proprio nel momento in cui si abbandona il territorio italiano, dopo anni di vita in “clandestinità”, di sacrifici, di speranza e di attesa dell’occasione di regolarizzarsi.
    Un altro ostacolo da superare è quello delle ambasciate: i lavoratori sperano che non siano informate della loro presenza in Italia durante il periodo di presentazione delle domande. Oltre al costo del viaggio c’è anche quello di un nuovo passaporto pulito da timbri di ingresso in Italia o nell’Europa di Schengen.
    Al limite si può sperare che succeda come dieci anni fa, quando Cgil Cisl Uil avevano chiesto ed ottenuto una circolare del ministero delle esteri (telegramma n. 4771 del 9 marzo 2000) nella quale si affermava quanto segue: “Pertanto, fin da ora, la presenza dello straniero sul territorio italiano – e più in generale sul territorio Schengen – durante l’iter autorizzativo, non costituirà più elemento ostativo al rilascio delle autorizzazioni o nulla osta previsti per il lavoro subordinato, né al rilascio dei relativi visti d’ingresso”.
    Era possibile, legale e di buon senso dieci anni fa. Oggi, con l’entrata in vigore della direttiva europea sui rimpatri che favorisce il rimpatrio volontario, lo sarebbe ancora di più. Così che il viaggio, comunque costoso e inutile, sia almeno sicuro e tranquillo. Certo che sarebbe più intelligente eliminare del tutto questo viaggio ipocrita ed ingiusto.
    (Saleh Zaghloul)

  • OLI 281: IMMIGRAZIONE – Conoscere la lingua è fondamentale per l’integrazione, il test di italiano la ostacola

    La conoscenza della lingua italiana è senza dubbio un fattore molto importante per l’integrazione e l’inserimento sociale e lavorativo e gli stessi immigrati sono i primi a considerarla tale e a chiederne l’organizzazione di corsi di insegnamento. Tutta un’altra cosa è quella di usare la conoscenza della lingua per escludere gli immigrati da diritti e servizi: è il caso dell’obbligo, che scatterebbe dal 9 dicembre 2010, di superare un test di lingua italiana per ottenere il permesso di soggiorno CE (ex carta di soggiorno). Una misura prevista dal primo pacchetto sicurezza del governo Berlusconi.
    La carta di soggiorno (ora permesso CE) ha una durata a tempo indeterminato ed è stata istituita per consolidare la situazione di coloro che soggiornano regolarmente in Italia da lungo periodo (almeno 5 anni) e per risparmiare loro (ma anche ai lavoratori degli uffici immigrazione delle questure e degli sportelli unici delle prefetture) la lunga, costosa e faticosa pratica del rinnovo del semplice permesso di soggiorno. Fino a quando l’immigrato non ottiene la Carta di soggiorno rischia sempre (ad ogni rinnovo ed ogni volta che perde il lavoro) di perdere il Permesso di soggiorno e di diventare irregolare o “clandestino”. Chi è senza Permesso di soggiorno è costretto a lavorare in nero ed è più esposto al ricatto della criminalità. Un pacchetto “sicurezza” degno di questo nome avrebbe dovuto facilitare il rilascio della Carta di soggiorno, un documento che consolida la regolarità del soggiorno, ad oggi posseduto solo da una minima parte dei soggiornanti di lungo periodo, che teoricamente ne avrebbero diritto, a causa dell’applicazione restrittiva di una norma migliorabile.
    Coincidenza vuole che venerdì scorso, a pochi giorni dal 9 dicembre, è stato presentato il 44° Rapporto Censis dal quale risulta che l’85% degli immigrati ha una conoscenza della lingua italiana almeno sufficiente: l’8,9% ha un’ottima conoscenza, il 33,1% ne ha una conoscenza buona, per la gran parte (circa il 43%) il livello è sufficiente, mentre la quota di chi non conosce a sufficienza l’italiano risulta pari al 15,1% del totale. E’ difficile non conoscere la lingua italiana (livello A2, italiano per principianti) dopo 5 anni di soggiorno regolare in Italia (sommati a qualche anno di soggiorno irregolare). Test inutile che finirà per aggravare la situazione degli sportelli unici per l’immigrazione già alle prese con pratiche arretrate di sanatoria, flussi, rinnovi, ricongiungimenti, ecc, e minacciati di perdere 650 lavoratori precari. Test inutile che costerà allo Stato significative risorse finanziarie in una fase delicata dove non si trovano risorse per necessità sociali molto importanti.
    (Saleh Zaghloul)

  • OLI 279: IMMIGRAZIONE – Il permesso che vorrei

    La settimana scorsa ha visto la realizzazione in numerose città italiane di iniziative di solidarietà con i migranti di Brescia e contro il lavoro nero dei migranti a Genova CGIL e ARCI hanno organizzato un presidio davanti alla prefettura giovedì scorso ed una delegazione ha incontrato il prefetto. Pare che la mobilitazione abbia avuto qualche risultato: il governo ha accettato venerdì scorso due ordini del giorno, uno firmato da deputati del centro sinistra e l’altro da deputati del centro destra, che chiedono di estendere la regolarizzazione anche ai lavoratori non domestici. Negli ordini del giorno accettati dal governo si chiede inoltre di estendere la durata del permesso per ricerca di lavoro (oggi è di appena sei mesi), per evitare che chi ha perso il posto a causa della crisi economica diventi irregolare e soggetto all’espulsione. I deputati del Pdl hanno chiesto inoltre al governo di rispettare i tempi per i rinnovi dei permessi di soggiorno, mentre il Pd ha chiesto di convocare un tavolo istituzionale sul tema delle truffe a danno degli immigrati e prevedere una normativa in tempi brevi che permetta a questi stranieri di denunciare la truffa subita senza il pericolo di essere espulsi dal territorio italiano.
    Provvedimenti che se vengono realizzati migliorerebbero la situazione ma non bastano a risolvere i problemi della clandestinità e del lavoro nero. La Camera del Lavoro di Genova chiedeva infatti la regolarizzazione permanente (non dopo 5/6 anni di lavoro nero) dei lavoratori di tutti i settori lavorativi che dimostrano la sussistenza di un rapporto di lavoro; e, quando il datore di lavoro si oppone alla regolarizzazione, di rilasciare il permesso di soggiorno a chi denuncia e dimostra di essere impiegato in nero. Per la CGIL di Genova la lotta alla clandestinità va affrontata a monte, favorendo gli ingressi regolari attraverso quote flussi corrispondenti al vero fabbisogno del paese ed attraverso l’introduzione del permesso di soggiorno per ricerca lavoro ed il ripristino dell’ingresso per sponsor. Per evitare che chi è già regolare venga ricacciato nella clandestinità, viene richiesto di consolidarne la situazione  attraverso l’abolizione del contratto di soggiorno e lo scioglimento di ogni legame tra durata di contratto di lavoro e durata del permesso di soggiorno.
    In questa fase di dura crisi e con un governo insensibile alle tematiche dell’immigrazione, la CGIL propone la sospensione di questa norma o almeno il prolungamento da 6 a 12 dei mesi di disoccupazione. L’obiettivo però è l’abolizione del contratto di soggiorno che facilmente porta all’espulsione anche di chi è regolare in Italia da venti anni dopo 6 mesi di disoccupazione.
    Il consolidamento della situazione dei regolari potrebbe avvenire facilitando e semplificando il rilascio del permesso CE (ex carta di soggiorno) a tempo indeterminato a tutti gli immigrati che ne hanno diritto, adottando interpretazioni meno restrittive e riformando la legge sulla cittadinanza: la più arretrata d’Europa ed applicata in modo molto restrittivo.

  • OLI 277: IMMIGRATI – Meno male che ci sono Costituzione ed Unione Europea

    Nello scorso settembre sono state emesse tre sentenze di vari livelli di giudizio che hanno tutelato i cittadini immigrati dalla discriminazione di una pubblica amministrazione inefficiente e “poco amica” degli immigrati:

    1) Il Consiglio di Stato, con sentenza del 29 settembre 2010, ha dato ragione ad un cittadino straniero al quale la questura di Bologna aveva rifiutato il rinnovo del permesso di soggiorno solo perché il suo reddito non era sufficiente. Per il Consiglio di Stato, invece, occorre che in sede di revoca o rifiuto del permesso di soggiorno sia rispettata la Convenzione europea dei diritti del uomo (del 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con legge 4 agosto 1955 n. 848) e si tenga conto della situazione familiare dello straniero. Lo straniero in questione è “coniugato in Italia e con figli minori – uno dei quali nato in Italia – frequenta le scuole italiane”.

    2) Il Tribunale Amministrativo Regionale della Lombardia, con sentenza del 21 settembre 2010, ha dato ragione ad una cittadina dello Sri Lanka alla quale il Comune di Milano aveva revocato il sussidio integrativo al minimo vitale in quanto non titolare del permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo (ex carta di soggiorno), ma in possesso del solo permesso di soggiorno con validità biennale. Il TAR della Lombardia invece ha fondato la sua decisione sulla sentenza 187/2010 della Corte Costituzionale che ha dichiarato incostituzionale la norma che esclude gli immigrati regolarmente soggiornanti privi del permesso CE dal diritto all’assegno di invalidità.

    3) La Corte di Cassazione, con sentenza 19893 del 20 settembre 2010, ha dato ragione ad una cittadina ecuadoriana alla quale la Questura di Genova aveva rifiutato il rinnovo del permesso di soggiorno in quanto nel 2006 si era separata dal cittadino genovese con il quale si era sposata nel 1999. Per la Cassazione, invece occorreva applicare il decreto legislativo n. 30 del 2007, di attuazione della direttiva 2004/38/CE relativa ai diritti dei cittadini dell’Unione Europea e dei loro familiari, in base al quale la cittadina ecuadoriana ha il diritto al rinnovo del permesso di soggiorno in quanto il suo matrimonio aveva avuto una durata superiore a tre anni.

    Tre sentenze che dimostrano l’arretramento e la chiusura della politica italiana nel governo dell’immigrazione, dove, per trovare basi giuridiche positive che aiutino l’integrazione degli immigrati ed il rispetto dei loro diritti, occorre ritornare alla Carta Costituzionale del 1948 o rivolgersi all’Europa, alle sue direttive e convenzioni.
    Le tre sentenze dimostrano inoltre che non c’è cosa più falsa di quella che propagandano partiti e giornali xenofobi a proposito di legalità ed immigrazione. La legalità ed il rispetto della legge è un interesse concreto degli immigrati i quali si rivolgono volentieri ai giudici che spesso ristabiliscono la legalità dando loro ragione. La verità è che Costituzione, Unione Europea, legalità, leggi, regole e giudici danno fastidio ai più forti, ai più ricchi ed ai razzisti.
    (Saleh Zaghloul)

  • OLI 275: IMMIGRAZIONE – Puglia, la Corte Costituzionale da ragione a Vendola

    Il Presidente del Consiglio aveva chiesto l’intervento della Corte Costituzionale sollevando la questione di legittimità di alcune disposizioni della Legge Regionale Puglia sull’Immigrazione (L. 22/2010). La sentenza della Corte Costituzionale n.299 del 22 ottobre 2010 ha dato ragione all’operato della Regione governata da Vendola su almeno tre questioni importanti:
    1) Il Testo Unico sull’immigrazione garantisce l’assistenza sanitaria gratuita agli immigrati irregolarmente soggiornanti per le cure urgenti o essenziali, anche a carattere continuativo, e prevede inoltre che a loro sia rilasciato un tesserino con il codice STP (Straniero Temporaneamente Presente). La legge pugliese prevede che gli assistiti con il codice STP abbiano diritto alla scelta del medico di base. Il governo ha protestato contro questa misura non prevista dalle disposizioni nazionali ma la Corte Costituzionale ha dichiarato legittima questa disposizione.
    2) Il governo, modificando il Testo Unico sull’immigrazione, con la legge 132/2008, ha escluso i cittadini dell’Unione Europea (ad esempio i romeni) non iscritti all’anagrafe dall’assistenza sanitaria gratuita di cui fruiscono i cittadini non europei irregolarmente soggiornanti. La legge pugliese invece prevede per i cittadini appartenenti all’Unione Europea privi dei requisiti per l’iscrizione al sistema sanitario l’assistenza gratuita con il codice ENI (Europeo Non in Regola) con le stesse modalità per l’attribuzione e l’accesso alle prestazioni previsti per i cittadini irregolari non appartenenti all’Unione Europea assistiti con il codice STP. Berlusconi ha protestato ma la Corte Costituzionale ha dichiarato legittima anche questa disposizione.
    3) La Legge Regione Puglia n. 22/2010, infine, usa la vecchia formulazione del Testo Unico, cancellata dalla modifica governativa, per stabilire che “le disposizioni della legge regionale si applicano qualora più favorevoli anche ai cittadini appartenenti all’Unione Europea”. Una norma di buon senso che non è piaciuta al governo Berlusconi, che ha sollevato la questione di legittimità costituzionale; e la Corte, anche in questo caso, ha dichiarato la legittimità della norma.
    Tre provvedimenti di diritto, di buon senso, di civiltà e di provata costituzionalità che insieme all’iscrizione a tempo indeterminato al Sistema Sanitario Regionale degli immigrati regolari (vigente sempre in Puglia) attendono di essere adottati dalla Regione Liguria e dalle altre Regioni di centro sinistra.
    (Saleh Zaghloul)
     
  • OLI 274: IMMIGRAZIONE – Decreto flussi: meglio che niente?

    Stando al Sole 24Ore dell’11 ottobre, il decreto che istituisce le quote di ingresso dei lavoratori immigrati potrebbe essere pubblicato in Gazzetta Ufficiale a Novembre. L’ultimo decreto risale al 2007 e riguardava gli ingressi del 2008.
    Il decreto flussi si è dimostrato uno strumento insufficiente per rendere possibili gli ingressi regolari di lavoratori immigrati necessari per l’economia e per il sistema del welfare italiano: occorrono altri strumenti come lo sponsor, il visto ed il permesso di soggiorno per ricerca lavoro e la regolarizzazione permanente, senza dover uscire e rientrare in Italia, di chi già presente e lavora in nero in quanto senza permesso di soggiorno. Il decreto flussi, inoltre, è stato usato male stabilendo quote d’ingresso molto basse non corrispondenti al vero fabbisogno del paese o addirittura bloccandole del tutto come ad esempio per il 2009 ed il 2010.
    I pochissimi ingressi regolari hanno incentivato gli ingressi clandestini ed i trafficanti, e le norme rigide ed autolesioniste sul rilascio e il rinnovo del permesso di soggiorno (il legame tra contratto di lavoro e permesso di soggiorno ovvero il contratto di soggiorno), hanno finito per ricacciare nella clandestinità persone che avevano faticosamente ottenuto il permesso di soggiorno. Perciò il decreto flussi è stato utilizzato dai datori di lavoro per regolarizzare i loro lavoratori impiegati in nero. Tutti sanno dell’assurdo viaggio di andata (nel paese d’origine) e ritorno (in Italia) al quale è costretta la maggiore parte dei lavoratori, anche i pochi fortunati le cui pratiche sono andate a buon fine. L’assurdo è che il legislatore lo sa benissimo, e che, sapendolo, invece di sistemare il tutto in Italia risparmiando ai lavoratori ed ai loro datori di lavoro il costo di un inutile viaggio, impone la più rigida delle interpretazioni della legge, che ammette alla regolarizzazione solo lavoratori non presenti in Italia, costringendo i lavoratori ad uscire clandestinamente dal Paese.
    L’esigenza di serietà e razionalità di governo che la crisi ormai richiede fortemente porterà prima o poi ad una revisione della legge sull’immigrazione in senso più favorevole agli interessi generali del paese. Non è possibile, ad esempio, realizzare una seria lotta all’evasione fiscale e contributiva continuando a dire “no” ai datori di lavoro onesti che chiedono che venga rilasciato il permesso di soggiorno ai loro lavoratori irregolari oggi costretti a lavorare in nero, e di poter dunque versare nelle casse dello Stato i contributi previdenziali (ed indirettamente le tasse e le imposte) per loro.
    Fino a quando ciò non avverrà è impossibile concordare con chi – come il governatore del Veneto Luca Zaia – propone di limitare le quote del decreto flussi, perché l’unica conseguenza sarebbe impedire a molti immigrati che già lavorano in quella regione, di regolarizzarsi, costringendoli a continuare a lavorare in nero.
    Provoca quindi un certo sconcerto vedere che ad essere d’accordo con Zaia ci sia Paolino Barbiero, segretario provinciale della Cgil trevigiana: un dirigente sindacale, un rappresentante dei lavoratori. 
    (Saleh Zaghloul)