Categoria: G8

  • OLI 307: G8 / PUNTO G – Il femminismo secondo Marta Vincenzi

    Poche ore dopo la conclusione del convegno internazionale “Punto G – Genere e globalizzazione” ricevo due mail relative all’intervento di Marta Vincenzi.
    Provengono da due donne, divise da almeno trenta anni di età ma unite da livello culturale, capacità di pensiero ed una grande competenza e attenzione sui temi del femminismo e del rapporto tra donne e lavoro.

    La prima si dice “sgomenta” per quello che ha detto Marta Vincenzi. Le è rimasta impressa l’affermazione che sui temi del lavoro non è esistito un vero e proprio movimento autonomo delle donne, e che è ora che le donne comincino a darsi da fare per cambiare il mondo. Per fortuna Susanna Camusso nel suo intervento ha fatto notare che “le donne hanno sempre preso in mano la propria vita, anche lavorativa, al traino di nessuno, anzi, anticipando lotte e conquiste maschili … per esempio la giornata lavorativa di otto ore è stata conquistata dalle operaie tessili e dalle mondine, ben prima che dalle lotte dei metalmeccanici … interessante interesse delle donne per la vita oltre il tempo di lavoro!”
    Peccato però che lei, la sindaco, se ne fosse ormai andata.
    La mia amica aggiunge di non essere riuscita a prendere appunti, per cui nel ricordo ci può essere qualche inesattezza.

    L’altra amica gli appunti invece li ha presi, e precisa: “Marta Vincenzi non ha parlato del femminismo in generale, ma dell’impegno femminista rispetto alle tematiche del lavoro … Vincenzi ha fatto il seguente distinguo: l’elaborazione femminista su corpo, sessualità e salute è stata efficace ed è riuscita a passare anche alle nuove generazioni, viceversa l’elaborazione sui temi del lavoro sarebbe stata debole e scarsa (al traino delle proposte del movimento operaio – maschile) e questa sarebbe la ragione per cui oggi le donne della generazione del neofemminismo hanno difficoltà a confrontarsi con le giovani sui temi della precarietà …”

    Naturalmente – annota l’amica – “E’ una lettura assurda e priva di qualunque fondamento storico. Camusso ha così dovuto ricordare che non è esistito un femminismo, ma sono esistiti diversi femminismi (ad esempio quello sindacale). E’ vero che il confronto tra generazioni sul lavoro (che non c’è, oppure è sempre più spesso precario, privo di tutele e prospettive) è difficile, ma le ragioni non sono certo quelle indicate dalla Sindaco!”.

    Platea sbagliata per le approssimative affermazioni di Marta Vincenzi: una sala in cui di donne che hanno lottato per la loro autonomia nel lavoro e nel sindacato ce ne erano parecchie, insieme alle giovani autrici di “Non è un gioco da ragazze – Femminismo e Sindacato: i Coordinamenti Donne FLM” – Prefazione di Anna Rossi Doria – Ediesse 2008.

    Le giovani lavoratrici di oggi, precarie e no, non erano lì per caso.

    Non era un caso che ci fossero le cassintegrate della Omsa …

    … e il gruppo “Generazioni di donne”.

    Un passaggio di testimone nel movimento femminista è stato finalmente avviato.
    Anche sui temi del lavoro.
    E altrove?

    (Paola PierantoniFoto dell’autrice)
  • OLI 305: INFORMAZIONE – Buchi nella memoria del G8

    19 luglio 2001, un momento del corteo dei migranti – Foto Ivo Ruello

    Sul Secolo XIX dello scorso 8 giugno un lungo articolo di Marco Menduni rievoca le giornate del G8 di Genova 2001: l’articolo intende descrivere, oltre alle vicende di quei giorni convulsi, il modo in cui il Secolo XIX seguì la vicenda.
    Il titolo “Mano libera ai black bloc” annuncia la tesi di fondo. Il racconto inizia il 20 luglio: si descrivono le azioni dei black bloc nella mattinata, di fronte alle quali i reparti delle forze dell’ordine “si muovono lenti, impacciati”, mentre emerge la consapevolezza che “il sistema della sicurezza era troppo fragile”, le forze dell’ordine “non ci sono. Quando entrano in azione, spesso picchiano chi non c’entra nulla”. Si arriva rapidamente, al culmine degli scontri, alla morte di Carlo Giuliani. Il 21 luglio il Secolo XIX è in edicola, “i cittadini o allontanati o rinchiusi in casa” “vogliono capire” quanto è successo. La giornata vede “ancora cariche, manganellate, lacrimogeni”, la sera l’attacco alla Scuola Diaz, “blitz sciagurato, botte alle cieca” dove la polizia tenta di “ribaltare una situazione che le vedeva perdente in immagine”. Poi dieci anni di processi ed inchieste narrati dal Secolo XIX, che hanno “scosso, ma non decapitato” la polizia italiana. L’articolo chiude con un episodio trascurato in quei giorni: un migliaio di ragazzi, dopo i fatti della Diaz, fuggono dallo Stadio Carlini, piccolo corteo spaventato scortato dalla polizia municipale fino alla stazione di Nervi.

    19 luglio 2001 – Foto Ivo Ruello

    Fin qui l’articolo. Tutti gli eventi riportati sono “circa” veritieri, peccato vengano omesse tutta una serie di circostanze:
    1. Nessun accenno a tutto ciò che precedette il G8 di almeno un mese, gli incontri ed i dibattiti organizzati dal Genoa Social Forum a Punta Vagno con delegazioni di tutto il mondo, la discussione all’interno del mondo femminile con l’incontro a Palazzo S. Giorgio un mese prima del G8.
    2. Il corteo dei migranti del 9 luglio, quando 50 mila persone sfilarono pacificamente ed allegramente, viene totalmente ignorato.

    20 luglio 2001, il Leaving Theatre a Piazza Dante – Foto Ivo Ruello

    3. Non v’è traccia della creatività delle “piazze tematiche” che nella mattinata-primo pomeriggio del 20 luglio videro migliaia di persone a Piazza Manin, Piazza Dante agire mettendo in atto azioni di protesta non violente.
    4. Il corteo del 21 luglio (250 mila persone) viene ancora una volta annegato in un abisso di scontri e manganellate, cancellandone contenuti e identità.
    5. last but not least: successe per caso qualcosa ai no-global condotti nella caserma di Bolzaneto (44 condanne a poliziotti e medici nel marzo 2010)?

    Queste le “dimenticanze” maggiori, mentre si sposa la tesi delle forze dell’ordine pasticcione e disorganizzate, dimenticando lo stile da dittatura sudamericana sfoggiato in quelle giornate, così come la presenza a Genova dell’allora vicepresidente del Consiglio Gianfranco Fini.

    21 luglio 2001, il corteo prima degli scontri. Foto Ivo Ruello

    Chi ha migliore memoria ricorda invece come molti genovesi non accettarono di essere “allontanati o rinchiusi in casa”, anzi vissero la storia in prima persona senza farsela narrare. E ricorda che a Genova, in quei giorni, passò un fiume di pensieri, proposte, speranze, intelligenze, e giovinezza.

    21 luglio 2001 – Foto Ivo Ruello

    Certo, come recitava una scritta murale in Piazza Banchi “non ne potevamo più degli elicotteri”.
    (Ivo Ruello)

  • OLI 301: GIUSTIZIA – E’ ancora notte alla Diaz.


    Grande rilievo è stato dato dai media alla notizia, trascinata dai clamori del festival di Cannes, che si farà un film sui fatti della notte della Diaz, avvenuta nel corso del G8 di Genova, il 21 luglio 2001.
    Quest’anno fra l’altro ricorre il decennale del G8 di Genova e sarà un’occasione preziosa per ripensare storie, fatti, tragedie, conflitti, speranze e conquiste che l’hanno segnato, lasciando un’impronta indelebile nell’anima di Genova, nei percorsi personali di decine di migliaia di giovani e meno giovani, nel costituirsi di movimenti contro le ingiustizie, per la pace, per un nuovo mondo possibile.

    Un ripensamento non ripiegato su sé stesso, non nostalgicamente attaccato a certezze militanti di un passato che non c’è più, che cerca verità e giustizia, perché sono dovute a coloro che soffrirono le violenze, la repressione e le umiliazioni di un apparato istituzionale opaco, sordo e brutale nel suo non capire e nel suo non sapere agire. Un momento di riflessione collettiva e aperta che cerca nella memoria di quello che è stato, nel luglio 2001 e negli anni a seguire, le risorse e le energie per alimentare di speranze trasformative il futuro, per dare un senso forte alla parola verità, perché la giustizia sia messa al centro dell’agire comunitario e non un accessorio del potere e del potere della ricchezza. Senza giudicare: ci pensano i giudici che l’hanno fatto egregiamente in quasi tutte le sedi, resistendo alla forza dei poteri della politica senza idee e senza ideali, dando dimostrazione di cosa possa voler dire applicare la Costituzione.
    “Voi G8, noi sei miliardi”, era la parola d’ordine chiara, trasparente e innocente come l’acqua di un ruscello; ad essa vennero contrapposte zone rosse, armi ed armature, marchi della prepotenza, che inevitabilmente finirono per sollecitare l’emulazione e istanze di rivalsa e di rancore.
    “Voi la crisi, noi la speranza” è la parola d’ordine con la quale si vuol guidare ora il momento di riflessione collettiva e dare senso agli incontri, ai seminari, agli approfondimenti politici e culturali, ai momenti di festa, di musica, di teatro, che animeranno Genova per un mese, dalla fine di Giugno al 24 luglio, giorno dell’assemblea conclusiva. Il programma avrà i suoi momenti culminanti negli ultimo giorni, quando si coaguleranno gli incontri di più ampia e profonda incidenza e partecipazione, che si vuole locale, nazionale e internazionale.
    In particolare sono da tener presenti: la giornata del 19 luglio, dedicata ai migranti e al Mediterraneo; il 21 luglio con Genova e la memoria (Piazza Alimonda, Carlo Giuliani); il 23 luglio con il seminario sulla guerra nel Maghreb, il 23 luglio con la manifestazione e il concerto; il 24 luglio con l’assemblea internazionale conclusiva.
    Un gruppo di persone, coraggiose e motivate da passione politica ancora non pallida, sta lavorando a questo programma; molte organizzazioni a partire dalla CGIL, dall’ARCI e dalla FIOM, sono proficuamente impegnate; le istituzioni politiche locali sembrano salutarmente intenzionate a cooperare.
    Ma, dopo le scuse per la peregrinazione, torniamo al film, che avrà per titolo: Diaz – Non pulire questo sangue. Un film che ha avuto una gestazione difficile e ha suscitato molte perplessità nella decisione di farlo e di offrirlo al pubblico. Tratta di una delle pagine più buie e tragiche della democrazia italiana. La notte della “sospensione dei diritti”, come affermò Amnesty, della “macelleria cilena” come disse un funzionario di polizia presente; la notte che fece impallidire l’allora Ministro degli interni, quando seppe, come rivelato in un’intervista dalla moglie.
    Ci furono, dopo furiosi e immotivati pestaggi, 93 arresti di dormienti. 25 condanne in secondo grado di giudizio sono state comminate a funzionari di polizia.
    La Fandango e Domenico Procacci, che ne è il responsabile, nel produrre questo film fanno un atto di coraggio, si assumono una positiva responsabilità.

    Ma allora perché consegnare prima la sceneggiatura al capo della polizia? Perché l’approvi?
    E perché non prendere in considerazione le richieste di ascolto delle vittime della Diaz, come protestano gli esponenti di “ Verità e giustizia” e Heidi e Giuliano Giuliani?
    Ma lo stupore e l’amarezza per questo atto è ancora più profondo, ancora più radicale.
    Riguarda l’assoluta libertà dell’arte, la ripulsa di ogni censura, la bruttezza di ogni mutilazione.
    Forse la notte della Diaz è ancora buia, è ancora fra noi.
    (Angelo Guarnieri)