Categoria: Società

  • OLI 283: CITTA’ – Gucci: festa di strada

    Finalmente!
    Dopo Firenze, Portofino, Venezia, Cortina, Milano, Capri, Roma, Porto Cervo, Monte Carlo, Dubai e tanti altri luoghi più o meno d’élite in tutto il mondo, anche Genova ha ora la sua boutique Gucci, nella centralissima Via XXV Aprile, al pianterreno del neoclassico Palazzo Costa Gallera (*1).
    Giovedì 16 dicembre, tra il tardo pomeriggio e la prima serata, s’è tenuto il tanto atteso vernissage.
    Molta bella gente di varia eleganza, dal casual al fashion victim. Impeccabili hostess controllavano gli accessi consentendo soltanto agli invitati l’ingresso nell’area della pubblica via recintata da vistosi cordoni, con l’asfalto coperto da una sobria moquette arredata con grandi cubi di luce. Gli ampi vasi con le piante che normalmente fiancheggiano il marciapiede erano stati spostati da un lato, sia per liberare il fronte del negozio, sia per schermare la postazione del tecnico che gestiva l’accompagnamento musicale dell’evento.
    Grande animazione: fuori sfidando il gelo e all’interno nella raffinata atmosfera caratterizzata da vetri fumé, specchi, legno, marmi e moquette, dove Frida Giannini – la stilista direttore creativo di tutte le linee di prodotto Gucci – ha “voluto esaltare l’aspetto lussuoso della boutique attraverso la luce naturale e i richiami alla tradizione”, come riporta Wanda Valli su la Repubblica / Ed. Genova del 17 dicembre (pag. 3). Nello stesso pezzo, intitolato entusiasticamente “Gucci lancia la sfida all’austerity, ‘Città moderna, noi ci crediamo’ ”, si dà conto anche della compiaciuta visita della sindaco Vincenzi, “convinta che anche l’industria della moda serva a dar lavoro e a rilanciare Genova”, e si nota come pure altrove in città vi siano analoghi segnali di incremento d’offerta di prodotti di fascia alta.
    Andrea Morando, proprietario di questo (in franchising) e di vari altri negozi in centro e altrove, dichiara in un articolo on line (*2): “siamo sicuri di avere successo. Per noi portare una griffe così importante al livello mondiale qui a Genova significa credere in un progetto ambizioso. […] Il nostro è stato un investimento molto rilevante, il livello del brand è altissimo, per cui, essendo questa una nicchia del lusso, ci aspettiamo dei riscontri importanti”.
    Auguri!
    Ma casi come questo sono indici di ripresa o non piuttosto di un persistere – se non di un aggravarsi – della crisi?
    Da che mondo è mondo, si sa che i consumi di lusso si intensificano nei periodi di recessione economica, quando si accentua il divario tra i pochi che dispongono di ingenti mezzi – e amano investirli anche in status symbol di una presunta superiorità reale o agognata – e i troppi che ne hanno pochi o niente affatto e restano a guardare, ora con invidioso rammarico, ora con indifferenza, ora con disgusto sdegnato o rabbioso.
    Nel primo Seicento, momento di grave congiuntura in tutta Europa, proprio qui a Genova, quando schiere di mendicanti invadevano le strade (e infatti si eresse l’immenso Albergo dei poveri per rinchiuderveli), chi poteva permetterselo innalzava palazzi o chiese sfarzosi e le signore esibivano abiti che costavano quanto una nave di medio tonnellaggio o un caseggiato. Tutto ciò non era simpatico, almeno per certe sensibilità odierne.
    Nessuno intende adesso contestare chi può e desidera comprarsi borse di pitone da 2800 euro o abitini da 1400 euro: liberissimo di farlo, buon per lui.
    Non è però simpatico che – per quanto “prestigiosa” possa essere la griffe – per una festa privata d’inaugurazione – si dice con 1500 invitati, ma pare ne siano venuti assai meno – si chieda e si ottenga di occupare non uno spazio pubblico marginale, bensì una centralissima strada di grande traffico, per giunta in orario di punta – dalle 18,30 alle 21,30 – costringendo i mezzi a variazioni di percorso con l’intervento straordinario della polizia municipale e disagi per migliaia di cittadini.
    Voci critiche si sono già levate, sia on line (*3), sia come riportato da Il Secolo XIX del 17 dicembre (pag. 26, a firma R.C.).
    Vorremmo aggiungere ai competenti uffici alcune domande che ci paiono legittime, in un’ottica di trasparenza amministrativa: a fronte di tutto ciò, quale è stato il beneficio per la collettività? Quanto è stato versato al Comune dagli organizzatori per l’occupazione del suolo pubblico e altre spese? Qual è il ricavato netto per le nostre disastrate casse?
    Grazie.
    (*1) http://www.gucci.com/it/home
    (*2) http://www.genova24.it/tag/gucci
    (*3)http://www.genovaogginotizie.it/cronaca-cronaca-locale/2010/12/17/news-4848/genova-via-xxv-aprile-chiusa-ieri-per-100.html

    Per i non addetti ai lavori, sul significato di termini quali “brand”, “casual”, “fashion victim”, può essere d’aiuto Wikipedia:

    http://it.wikipedia.org/wiki/Casual
    http://it.wikipedia.org/wiki/Fashion_victim

    (Ferdinando Bonora, foto dell’autore)

  • OLI 283: SOCIETA’ – La parabola di Marta tra Gucci, Littizzetto e Tenco

    Giovedì 16 dicembre 2010 il traffico di Via XXV Aprile è stato interrotto nel pomeriggio perché veniva inaugurata la nuova boutique Gucci a Genova.

    All’evento erano presenti molte personalità – Very Important Persons – del jet set genovese tra le quali la Sindaco Marta Vincenzi convinta, secondo la Repubblica / Ed. Genova, che l’industria della moda serva a rilanciare la città.
    Nel Settembre 2010 Victor Uckmar, presidente dell’Airc, partecipava ad una serata a Palazzo Lomellino interamente dedicata alla raccolta di fondi per la ricerca sul cancro. Mostra di quadri di personalità dello spettacolo e asta di tali opere facevano da cornice all’iniziativa. Ad ogni partecipante veniva richiesto un contributo.
    Né Marta Vincenzi, né alcun assessore della sua giunta hanno partecipato all’evento.
    Ma veniamo alla politica, con alcune domande per le quali attendiamo risposte:
    Quanti soldi sono entrati nelle casse del Comune per l’interruzione del traffico cittadino a causa dell’inaugurazione di una boutique? Quale l’impatto in termini di gestione della mobilità per AMT e vigili urbani?
    Sulla base di quale progetto politico Marta Vincenzi programma la sua agenda?
    Ai primi quesiti si risponderà semplicemente mostrando i conti, per provare ai cittadini, vessati da prossimi aumenti di tariffe, che il gioco è valso la candela.
    Alla terza domanda si potrà dare risposta con una vision – parafrasando il linguaggio dei corsi di formazione – condivisibile che, ultimamente, è assai faticoso cogliere.
    Qui non stiamo parlando solo dell’assenza all’Airc, ma di un’assenza generale della Sindaco Vincenzi dalle cose che la renderebbero più vicina ai cittadini che l’hanno eletta. Dalla manifestazione del 1 marzo a favore dei migranti, colma di gente, partita in un lungo corteo da piazza della Commenda che ha visto la Sindaco partecipare, solo con un saluto, quando la manifestazione è stata costretta ad uno stop sotto palazzo Tursi, per aggiungere i molti cortei cittadini e terminare con il mitico sportello delle multe del secondo piano del Matitone – botta di realtà per tutte le anonime Marte della città – nel quale i numeri di prenotazione scendono alla velocità di un bradipo.

    Luciana Littizzetto ha dato spazio a Marta Vincenzi, in prima serata, in relazione all’ordinanza relativa alle prostitute:

    La “Sindachessa” è finita tra le notizie “balenghe” di Che tempo che fa.
    Non si chiede qui alla Sindaco di esserci sempre e comunque. Ma di selezionare, in base al clima pesante che grava sulle spalle di molti, le occasioni nelle quali la sua firma e presenza istituzionale possa avere spessore.
    La boutique di Gucci non fa parte della lista.
    Ai nostri lettori lasciamo, come augurio natalizio, l’ascolto della canzone del genovese Luigi Tenco, diventata bandiera della richiesta di cambiamento della sinistra.
    Con la speranza che Marta Vincenzi nel 2011 ne faccia buon uso.

    (Giovanna Profumo)

  • OLI 283: SOCIETA’ – Le strane dichiarazioni del capo della Protezione civile

    Dal 13 novembre 2010 il nuovo capo Dipartimento della protezione civile è Franco Gabrielli, il cui curriculum può essere così sintetizzato: laureato in giurisprudenza, entra in polizia nel 1996, diviene capo della Digos a Roma, passa poi alla Polizia di prevenzione. Quindi direttore del Sisde, Prefetto dell’Aquila, entra nella Protezione civile a seguito del terremoto, divenendone capo dopo la “messa in pensione” di Bertolaso (*).
    A seguito della nevicata sulla Toscana, concede un’intervista telefonica a Repubblica TV/Radio Capital (**), dove asserisce che la colpa del mega ingorgo in autostrada è degli automobilisti, di quelli che entrano senza curarsi di guardare prima i pannelli di avviso dove viene indicato l’obbligo di catene a bordo. Evitiamo di dilungarci su dove siano stati installati in molti casi questi pannelli, già in autostrada o nelle immediate vicinanze del casello, in modo che qualsiasi sia l’avviso, ormai è troppo tardi per tornare indietro: non siamo mica in Francia, patria della “informatique”, dove il concetto di informazione si sposa anche con quello di efficacia ed intelligenza.
    Ma si lamenta anche che “poi si chiede alla Protezione civile di portare bevande calde e coperte”, dimenticandosi forse di avere assunto la direzione di quel servizio che serve proprio a questo, non a dare multe o ad arrestare automobilisti distratti.
    Sembra invece che l’uso degli Sms sia una pratica utile solo a Berlusconi quando deve intimare di andare a votare, mentre spedirli per avvisare intere popolazioni che sta per esondare un fiume o piovere “cats and dogs”, come dicono a Londra, richieda uno sforzo di fantasia troppo costoso.
    Comunque si sa che il fatturato delle autostrade è ben più importante di 15 ore di coda in autostrada, altrimenti come si spiegherebbe che per uscire si doveva comunque pagare il pedaggio, rallentando il deflusso dei mezzi e prolungando, di conseguenza, il lavoro anche della Protezione civile stessa?
    Per concludere in allegria prima della pausa festiva di Oli, ecco un bel video di come ci si ingegna per passare 15 ore in autostrada mentre nel caldo dei loro uffici i nostri dirigenti massimi fanno lo scaricabarile sulle competenze:

    Buon anno nuovo anche Beppe Grillo che lo ha linkato sul proprio blog.
    * http://it.wikipedia.org/wiki/Franco_Gabrielli

    ** http://tv.repubblica.it/home_page.php?playmode=player&cont_id=58568
    (Stefano De Pietro)

  • OLI 283: PAROLE DEGLI OCCHI – Buon 2011


    Foto di Giorgio Bergami ©
    Specchio dei tempi: calendari in esposizione dal giornalaio.
  • OLI 282: SOCIETA’ – Buon Compleanno, Italia Nostra!

    La sezione genovese di Italia Nostra, nata nel 1960, compie 50 anni. Auguri!
    Il compleanno è stato festeggiato sabato scorso alla Biblioteca Berio, in una gremita sala dei Chierici, con la partecipazione di Alessandra Mottola Molfino, presidente nazionale, e dei responsabili locale e regionale, Alberto Beniscelli e Roberto Cuneo. Giovanna Rotondi Terminiello, già soprintendente per i Beni artistici e storici della Liguria nonché figlia di quel Pasquale Rotondi cui la nazione deve molto per la salvezza dei propri capolavori durante la seconda Guerra mondiale, ha espresso grande stima e affetto in una dissertazione sul tema “I Beni culturali per l’Italia”.
    La benemerita associazione aveva visto la luce a Roma nel 1955, creata da uomini di lettere, artisti, storici, critici d’arte, architetti e urbanisti che si unirono a difesa del patrimonio culturale e delle bellezze naturali sempre più minacciate, con un largo seguito di iscritti via via più numerosi. All’inizio fu una specifica azione per contrastare e sventare uno dei tanti scempi urbanistici nella Capitale, da cui prese il via un’attività di attento monitoraggio, conoscenza e salvaguardia che continua tuttora sull’intero territorio italiano.

    La stessa Biblioteca Berio ospita nella Sala lignea, fino a sabato 18 dicembre, un’esposizione di documenti, ritagli di giornali, manifesti, fotografie, pubblicazioni e altri materiali che testimoniano il mezzo secolo di attività di Italia Nostra in Liguria, tra battaglie vinte e sconfitte, ma in ogni caso producendo aumento di consapevolezza e partecipazione tra i cittadini.
    Una mostra “povera”, visitabile ogni giorno dalle 15,30 alle 18,30, messa su grazie al volontariato e con pochi mezzi, senza effetti speciali ma non per questo meno degna di essere visitata di tante altre. In una ventina di bacheche è presentata una rassegna di argomenti che non riguardano solo gli addetti ai lavori ma toccano tutta la società.
    Lo stesso ex Seminario arcivescovile, che oggi ospita la Berio, sarebbe stato distrutto e sostituito da un grattacielo ben più redditizio per la Curia che aveva intrapreso l’operazione, se Cesare Fera, Bruno Gabrielli e altri di Italia Nostra non si fossero messi in gioco investendo tempo, energie e competenze. Così per molte altre vicende, come ad esempio lo smisurato Cono di Portman che sarebbe dovuto sorgere al centro del porto antico ed è fortunatamente rimasto sulla carta, o il Palazzo dei Pagliacci a Sampierdarena, testimonianza di un bel liberty di primo Novecento destinata alla demolizione e invece salvata. Oppure, una decina d’anni fa, il mantenimento a liberi usi pubblici della Loggia di Banchi, in sinergia con altre associazioni coordinate nel Forum dei cittadini e delle associazioni del Centro storico.
    Più in generale, non si oppongono solo dinieghi ma soprattutto si propongono alternative concrete e ben argomentate alle attuali prassi in tema di mobilità dei cittadini e delle merci, gestione dei rifiuti, arredo urbano e via dicendo.

    Di fronte a tanto impegno civile, monta però una certa amarezza considerando quanto sta accadendo negli ultimi anni, con la ripresa alla grande del saccheggio del territorio e degli sfregi a quanto ereditato da chi ci ha preceduto. Come se anni di lotte non fossero serviti a nulla. Anzi, rispetto a mezzo secolo fa la situazione è ancor più grave: se un tempo poteva esserci almeno la scusa dell’ignoranza, oggi la speculazione procede arrogantemente tra mistificazioni e manipolazioni della verità, con normative compiacenti e incurante della crescita culturale e delle sensibilità sviluppatesi grazie anche a Italia Nostra e ad altre analoghe realtà. Sarà opportuno che tutta la società non stia a guardare ma riprenda la battaglia, in prima linea al fianco di Italia Nostra.
    (Ferdinando Bonora)

  • OLI 281: INFORMAZIONE – Morte in sala operatoria

    La notizia in sé stessa, a parte il contenuto umano che trasmette, non è eclatante: un paziente muore in sala operatoria e il Corsera ne dà notizia con un articolo della sua redazione online. Nei fatti, i parenti del deceduto prendono a calci e pugni l’equipe medica. L’ospedale, su denuncia dei parenti, apre un’inchiesta che porterà ad appurare i fatti sulla morte del malato. Riveste un certo interesse analizzare i variegati commenti dei lettori. Da notare che il titolo è ineccepibile, fornisce una notizia esatta.
    1. Togliamo ai medici il diritto di essere umani – non è possibile continuare a sentire casi del genere. I medici devono capire che la vita degli altri è importante almeno quanto la loro. Togliamo ai medici, tutti, il diritto di essere umani, bisogna che sappiano che la gente è pronta ad affrontarli con tutti i mezzi per vedere riconosciuti i loro diritti. Togliamo ai medici la disgraziata possibilità  di sbagliare e di trincerarsi dietro fantasiose storie di difficoltà  operatorie e formiamo medici che non sbagliano mai, che ridonano la vita a tutti, che sappiano risolvere ogni tipo di urgenza senza nessuna possibilità di inconveniente perché tutti i casi di malasanità , oramai è chiaro, sono tutti determinati dai loro errori. Togliamo loro i diritti di essere umani.
    2. Colpa dei “media” – Sono un medico chirurgo, e posso solo dire, senza scendere nel dettaglio del gravissimo episodio, che la colpa principale è di voi “media”, in quanto al solo scopo di un “presunto scoop” non ci pensate due volte a titolare una notizia “…caso di malasanità….” senza andare ad intervistare i diretti interessati esprimendo giudizi affrettati, e come di moda oramai, istruendo i processi sulla carta stampata o in studi televisivi, inasprendo cosi gli animi…ovviamente per gravissimo episodio intendo l’aggressione al personale sanitario e parasanitario, nel più profondo rispetto e dolore della perdita di una vita umana.
    3. I medici devono pagare – In un Ospedale Romano, sei mesi fa, la mia compagna veniva operata per l’asportazione di due noduli ai seni con conseguente biopsia. Una settimana fa, una nuova ecografia rivela che, nonostante il referto dell’intervento affermi il contrario, i noduli sono ancora lì, tali e quali. Immediato il ricorso ai nostri legali.
    4. Anche il titolo è una forzatura… – “Muore durante un’operazione”. Poi leggi invece che era appena iniziata l’anestesia, e che, essendo gravemente malato di anemia mediterranea, il rischio era forte e ben conosciuto. Bisognerebbe smetterla di alimentare idee sbagliate nella gente. E bisognerebbe anche smettere di compatire le persone violente. Quel genere di sceneggiate non sono infrequenti, e con i malati e le povere vite perse non hanno nulla a che fare. Non sono manifestazioni di dolore, ma di ben altro.
    5. Occorre prima capire! – Cosa è successo veramente in sala operatoria? I parenti erano stati bene informati del rischio elevato che correva il ragazzo o qualcosa è andata storta oltre ogni previsione? Esempio: ci si è accorti solo tardivamente di una errata manovra di intubazione oro-tracheale con ovvie e nefaste conseguenze? Sono un medico ma sono dalla parte dei parenti … almeno fino a prova contraria!
    6. Guardate cosa scrivono i lettori – Concordo pienamente con chi attribuisce gran parte della colpa di questi episodi ai media che pur di cercare lo scoop non hanno la benchè minima attenzione alla obiettività dei fatti. Tutto questo ha portato ad un concetto di immortalità sempre più diffusa : non si può morire, se accade deve essere colpa di qualcuno. Invece morire succede e può succedere in qualsiasi momento senza che per questo sia colpa di qualcuno. E’ ovvio che per casi simili ci saranno indagini adeguate, come sempre ci sono ma non certo per furore di popolo. Accadrà che nessuno vorrà più assumersi dei rischi e si faranno sempre meno interventi. questo sta già accadendo da tempo. Di fronte a casi del genere, invece di gridare all’untore ognuno si faccia per la sua parte il Mea Culpa. Guardate cosa scrive un lettore “formiamo dei medici ..che ridiano la vita a tutti…” Se potessero esistere medici simili nessuno morirebbe mai. Per formare questo tipo di fantascientifici medici forse dovremmo rivolgerci a Gesù… ma forse neppure…. Se ci sono persone (e tante) che scrivono questo vuol dire che lo credono.
    http://roma.corriere.it/roma/dilatua/cronaca/articoli/2010/12/04/ragazzo-muore-durante-operazione-reazione-genitori_full.shtml
    (Stefano De Pietro)

  • OLI 281: IMMIGRAZIONE – Conoscere la lingua è fondamentale per l’integrazione, il test di italiano la ostacola

    La conoscenza della lingua italiana è senza dubbio un fattore molto importante per l’integrazione e l’inserimento sociale e lavorativo e gli stessi immigrati sono i primi a considerarla tale e a chiederne l’organizzazione di corsi di insegnamento. Tutta un’altra cosa è quella di usare la conoscenza della lingua per escludere gli immigrati da diritti e servizi: è il caso dell’obbligo, che scatterebbe dal 9 dicembre 2010, di superare un test di lingua italiana per ottenere il permesso di soggiorno CE (ex carta di soggiorno). Una misura prevista dal primo pacchetto sicurezza del governo Berlusconi.
    La carta di soggiorno (ora permesso CE) ha una durata a tempo indeterminato ed è stata istituita per consolidare la situazione di coloro che soggiornano regolarmente in Italia da lungo periodo (almeno 5 anni) e per risparmiare loro (ma anche ai lavoratori degli uffici immigrazione delle questure e degli sportelli unici delle prefetture) la lunga, costosa e faticosa pratica del rinnovo del semplice permesso di soggiorno. Fino a quando l’immigrato non ottiene la Carta di soggiorno rischia sempre (ad ogni rinnovo ed ogni volta che perde il lavoro) di perdere il Permesso di soggiorno e di diventare irregolare o “clandestino”. Chi è senza Permesso di soggiorno è costretto a lavorare in nero ed è più esposto al ricatto della criminalità. Un pacchetto “sicurezza” degno di questo nome avrebbe dovuto facilitare il rilascio della Carta di soggiorno, un documento che consolida la regolarità del soggiorno, ad oggi posseduto solo da una minima parte dei soggiornanti di lungo periodo, che teoricamente ne avrebbero diritto, a causa dell’applicazione restrittiva di una norma migliorabile.
    Coincidenza vuole che venerdì scorso, a pochi giorni dal 9 dicembre, è stato presentato il 44° Rapporto Censis dal quale risulta che l’85% degli immigrati ha una conoscenza della lingua italiana almeno sufficiente: l’8,9% ha un’ottima conoscenza, il 33,1% ne ha una conoscenza buona, per la gran parte (circa il 43%) il livello è sufficiente, mentre la quota di chi non conosce a sufficienza l’italiano risulta pari al 15,1% del totale. E’ difficile non conoscere la lingua italiana (livello A2, italiano per principianti) dopo 5 anni di soggiorno regolare in Italia (sommati a qualche anno di soggiorno irregolare). Test inutile che finirà per aggravare la situazione degli sportelli unici per l’immigrazione già alle prese con pratiche arretrate di sanatoria, flussi, rinnovi, ricongiungimenti, ecc, e minacciati di perdere 650 lavoratori precari. Test inutile che costerà allo Stato significative risorse finanziarie in una fase delicata dove non si trovano risorse per necessità sociali molto importanti.
    (Saleh Zaghloul)

  • OLI 281: SOCIETA’ – Bambini ai margini

    Esperanza, quattordici anni, ha le mani piccole e sporche, come quelle di sua mamma Gloria, di anni 39 che sembra molto più vecchia, insieme aspettano l’autobus, tutt’intorno campagna. Dice fiera Gloria che sua figlia lavora alla Fattoria da tempo, raccogliendo frutta, rigovernando. Esperanza è una dei 200 mila bambini, quasi tutti latinos, che lavora nei campi degli Stati Uniti e prima o poi andrà a scuola, finita la stagione. Secondo il Rapporto Fields of Peril arriva quasi a mezzo milione il numero di bambini e adolescenti che, con paghe ridotte e senza vincoli d’orario,“danno una mano” ai grandi seguendo i genitori braccianti. Così è la condizione di parte dei bambini negli States, che hanno speso l’anno scorso 26 milioni di dollari per programmi di tutela dei diritti dei lavoratori nel mondo. E in casa loro?
    Gli States compaiono anche nel rapporto Card 9 dell’Unicef ne “bambini ai margini”, che per la prima volta esamina quanto stanno facendo i Paesi più industrializzati per limitare le disparità per i giovanissimi all’interno della società, rispetto allo standard di opportunità dei coetanei. Sono 24 i Paesi esaminati e l’Italia con gli Usa e la Gran Bretagna, figura agli ultimi posti a fronte dei Paesi scandinavi e della Svizzera: ventunesimo per l’istruzione, penultimo per la salute.
    L’Italia è la “casa” dei suoi cittadini giovani più poveri con un tasso di povertà relativa fra i bambini del 15,5%, ovvero circa un milione e mezzo di ragazzini vive in famiglie con redditi inferiori alla media nazionale. Una famiglia per cui si spende lo 0,06% del Pil a fronte del 2,8% della Germania e del 3,7% della Francia. Il Natale s’avvicina, alberi in piazza, luminarie, messaggini e posta t’invitano a pensare all’infanzia maltrattata. Google nella giornata dei Diritti dei Bambini il 20 novembre ha rappresentato la giornata di un bambino e Facebook ha invitato i suoi utenti a tornare bambini, cambiando l’immagine del proprio profilo con quello del cartone animato preferito. Ma sbiadita è ormai l’immagine Tv di quella bimba americana di cinque anni, che riempiva di mirtilli le ceste e che i suoi fratelli di sette trascinavano poi via: 5500 dollari di multa per l’azienda agricola e la rescissione del contratto con l’azienda di distribuzione. Nulla è cambiato però per i giovani braccianti che possono imbracciare un forcone a dieci anni ma non a sedici come apprendisti dal ferramenta, vige ancora una legge del ‘38 sul lavoro minorile e un tentativo di riforma giace al Congresso da oltre un anno con metà firme dei parlamentari.
    E noi, in Italia, che cosa facciamo? Che cosa rispondiamo alla domanda dell’Unicef, che si chiede – fino a che punto le nazioni ricche tollerano che i bambini più svantaggiati rimangano indietro ai margini del benessere della società? –

    (Bianca Vergati)

  • OLI 281: SOCIETA’ – Call center con il sorriso

    La telefonata arriva durante la preparazione della cena.
    “Sto facendo un sondaggio sui consumi degli italiani, posso farle qualche domanda”?
    Restare incerti sul sì e il no, magari ci si sente un’altra volta e decidere che il tempo della donna al di là dell’apparecchio è importante, perché retribuito. Acconsentire.
    La voce persuasiva accelera come fosse un’auto in gara. Il ricordo restituisce vaghe tappe della corsa: dove fa la spesa? Cosa acquista tra i seguenti prodotti? I suoi consumi aumenteranno per le prossime feste natalizie, resteranno stabili, o diminuiranno? Dove festeggerà Natale e Capodanno? A casa o fuori? Tra questi prodotti – arredamento per la casa, alimentari, giocattoli, elettronica, vacanze – ha registrato un aumento o una diminuzione di acquisto nell’anno trascorso o sono rimasti stabili? Compra normalmente al supermercato? Quale? Compra abitualmente al discount? Quale? La verdura e la carne dove li acquista? Prevede un aumento o una diminuzione nell’acquisto di carne e verdura?
    Le risposte sono sicure. Accelerano con lei. Cambiano marcia quando il sondaggio mostra tratti di inattendibilità. E quell’auto va fermata anche con un solo “veramente non saprei”. Le rifaccio la domanda? Chiede la voce rallentando per stanchezza. No, è che questa cosa, non ha tanto senso. Non ha idea di quanto queste domande siano importanti per lo sviluppo del mercato, precisa, andiamo avanti? Sì, ma le prossime risposte le metta pure lei. Scappano due risate. E la voce si fa amicale. Siamo esseri umani venuti in contatto per volontà di mercato. E il protocollo può cambiare forma, saltare e inciampare in quesiti fatti dall’utente. Giusto per capire le regole del gioco. Che poi sono regole di contratto e di lavoro.
    Lei rimane un po’ stupita. Ma è contenta. Dice di aver già fatto ottanta telefonate. Il suo è un call center siciliano. Ha iniziato alle cinque del pomeriggio e terminerà alle dieci. La nostra è la prima chiamata durante la quale ha riso.
    Grazie.
    Buona fortuna.
    Ne abbiamo bisogno.
    Tutti.
    (Giovanna Profumo)

  • OLI 280: PAROLE DEGLI OCCHI – L’Italia s’è desta

    Foto di Giorgio Bergami ©

    Piazza Caricamento e dintorni, martedì 30 novembre 2010, di prima mattina: i preparativi per la grande manifestazione contro i tagli all’istruzione. Anche a Genova, come nel resto d’Italia, migliaia di studenti, ricercatori e docenti delle medie superiori e dell’università scendono in piazza a difesa della scuola, della cultura e del loro futuro.
    Lo stesso stanno facendo operai e altri lavoratori, per la loro occupazione e per il futuro loro e di tutti.

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