Si terrà a Genova il 10 dicembre 2014 a partire dalle ore 9.00 al Salone Del Bergamasco della Camera di Commercio Via Garibaldi 4 di Genova il convegno il “Messa in sicurezza del territorio e lavoro edile: presente e futuro” organizzato da Fillea Cgil Genova e Camera del Lavoro Metropolitana di Genova con il patrocinio della Camera di Commercio di Genova.
Milioni di danni causati dalle alluvioni di questi giorni, di questi anni. Migliaia di lavoratori edili genovesi e liguri sono disoccupati ormai da tempo.
Saranno presentati alla cittadinanza ed alle istituzioni le proposte della Fillea CGIL; la sfida è di utilizzare bene ed in fretta le risorse a disposizione contro il dissesto idrogeologico impiegando lavoratori edili autoctoni e migranti che vivono e abitano in Genova e in Liguria.
Categoria: CGIL
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OLI 418: CONVEGNO – 10/12 Sicurezza del territorio e lavoro edile
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OLI 416: CGIL – A Roma il Nidil diventa grande
Corre come una maratoneta e tiene alta la bandiera quasi fosse la fiaccola olimpica.
C’è chi sorride al suo passaggio – Ma che ci fa qui? – E’ impazzita! – osservano alcuni
Lei si chiama Carla: Guardi è la prima che ho trovato. Avevo quella dell’ulivo, sarei potuta venire anche con quella, ma non so dov’è finita… così ho portato questa, tanto è lo stesso! Qui nessuno lo dice, ma sono tutti elettori del Pd!
Carla ha la faccia di una che il Partito l’ha visto in tutte le salse: Pci – Ds – Ulivo – Ds + Margherita – Pd. Con Ochetto, Rutelli, Prodi, Veltroni e ha visto il partito liquido. E in quel fiume di gente che scorre verso il Colosseo, dove, per la prima volta, si manifesta contro le scelte di un segretario del Pd, Carla sembra davvero fuori posto. Un uomo la stessa bandiera la tiene bassa, listata a lutto, come a giustificarsi. Tanto sta commemorando un morto.
Gli altri, quelli che manifestano contro il tradimento, mostrano le molte facce di Renzi nei loro striscioni, così il patto del Nazareno si trasfigura in quello divino della cappella Sistina con Adamo che diventa Renzi creato dal dio Berlusconi. E la dicotomia si ripropone di continuo come se i due fossero fratelli della stessa madre. A Roma, in effetti, sfila un popolo di orfani. Ma sono tantissimi e politicamente in balia dell’attesa che il vuoto lasciato da Renzi a sinistra venga occupato prima di tutto da idee e programmi. Una Cgil rinnovata schiera sul palco tre giovanissimi a fare da conduttori. Una di loro ha la grinta di un dj. In corteo gli striscioni del Nidil muovono i primi passi, piccoli e fragili in confronto a quelli della FIOM o dello Spi. C’è solo da sperare che le altre categorie – zie ricche – con un sano spirito di sussidiarietà, si decidano a far crescere i tanti Nidil distribuiti sul territorio con risorse e persone, affinché si sappia chi tutelano e i giovani possano iscriversi. Una delegata, nel 2009 aveva chiesto esattamente questo durante un congresso della Cgil genovese. Ma allora non era stata cosa. Oggi con Renzi forse tutto cambierà.(Giovanna Profumo – foto dell’autrice)
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OLI 415: SINDACATO – 25 ottobre, la Cgil cerca le parole
Sembrava che Susanna Camusso avvesse stigmatizzato bene il senso dell’appuntamento romano di sabato 25 ottobre.
Pareva che, finalmente, e coerentemente, si fosse deciso di fare ricorso a parole sensate – come nella piu chiara tradizione morettiana – e c’era chi, delegato, iscritto, simpatizzante si era rallegrato di quelle parole. Non erano certo parole grosse. Non prospettavano una deriva grillina della Cgil. Si limitavano soltanto a segnare un confine tra chi sarebbe stato benvenuto all’appuntamento e chi era meglio non venisse: Se votate la fiducia non venite in piazza pareva avesse detto Susanna. Peccato che non fosse così.
Peccato che fosse poi arrivata la smentita. Un capolavoro di comunicazione sindacale nel quale veniva anche scritto: Non volendo peccare di dietrologia, devo pensare che ieri la redazione di Repubblica sia stata per qualche attimo fagocitata in una sorta di buco nero che ha deformato le informazioni, con l’invito a chiunque abbia a cuore la creazione di nuovo lavoro, la lotta ferma e risoluta al precariato e alla cattiva occupazione, la progressiva e continua estensione dei diritti – a cominciare dalla maternità, dalla malattia, dalle ferie, dalla giusta causa, dall’applicazione del principio a uguale lavoro uguale retribuzione, a partecipare, allargando l’invito anche a coloro che pur non condividendo le posizioni del sindacato vogliano approfondirle
Ma allora perché manifestare a Roma?
Se l’azione parlamentare non è discriminate e se alla manifestazione sono benvenuti tutti su quali parole si testimonia il dissenso? Se poi, in piazza, venisse Renzi, così per approfondire?
Cosa distingue l’azione sindacale?
È evidente: sono passati dodici anni dallo sciopero (perché di quello di trattava) sull’articolo 18, il contesto è peggiorato, ma proprio il contesto non dovrebbe suggerire ai vertici della Cgil un’azione più incisiva? Un’assunzione di ruolo che preveda anche il rischio di contarsi davvero?
Nella vaghezza non si produce confusione?
E ancora, se fosse stato Berlusconi a schernire e umiliare il sindacato come oggi di fatto accade quotidianamente per bocca di Matteo Renzi, quale sarebbe stata la risposta?
(Giovanna Profumo – foto dell’autrice) -
OLI 402: LETTERE – Caro Sergio, ecco l’equivoco
Caro Sergio,
In occasione dell’incontro su Conflitto e Capitale allo Zenzero, ho ricordato con emozione le mie tappe di iscritta Fiom all’Ilva, delegata e la decisione di dimettermi.
Era per me un privilegio parlare con te del bilancio, ancorché in perdita, di una militanza sindacale figlia della tua azione politica e della tua capacità di difendere diritti e lavoro.
Posso ammettere che se tu non fossi stato Segretario Cgil io, allora, non avrei nemmeno sperato in una svolta. Te ne sono grata.
Quello che volevo capire era con che occhi vedessi le piazze, il desiderio di cambiamento del 2002 legate al decennio che ci è piombato addosso dopo. Quali le tue emozioni di leader rispetto allo scarto tra l’occasione unica e la perdita dell’occasione stessa che, a mio parere, ha accelerato il declino di questo paese. Più semplicemente se ti capitava di ripensarci passeggiando con i tuoi figli, quale fosse il tuo bilancio interiore.
Hai risposto: Non equivocate un grande consenso sociale con un pari consenso politico e poi hai ammesso credo di aver sbagliato ad aver accettato la richiesta di fare il sindaco di Bologna, dovevo stare da un’altra parte a provarci.
Al tuo fianco Deborah Lucchetti – portavoce dell’associazione Abiti Puliti che si sta battendo per i diritti minimi dei lavoratori tessili in Bangladesh, in Cambogia e Vietnam – ci ha fornito dettagli inediti da un girone dantesco.
Allo stesso tavolo, parlavate di lavoro, ma si poteva percepire uno scarto tra il patrimonio emotivo di Deborah, che raccontava di svenimenti di massa sulle macchine da cucire e di come agire un cambiamento concreto, e il tuo patrimonio umano di una pacatezza vuota che mi è parsa distante dalla passione che aveva animato la tua azione sindacale anni fa. Come se la politica di questi anni avesse spento qualcosa in te. La tua analisi lucida sulla tua impossibilità di incidere in Europa per frenare il TTIP, sull’importanza del made in, e la storia del lavoro in questi anni in Italia e nel mondo si è conclusa con la previsione che le persone che lavorano rivendicheranno rispetto e lo faranno con strumenti inediti in condizioni mutate.
Mentre dal suo osservatorio Deborah raccontava di un conflitto solitario, aspro, che andrebbe appoggiato anche da noi, fatto di scioperi, arresti di lavoratori e della difficoltà di trattare con un padrone incorporeo come le multinazionali, sostenute da governi intenti ad ostacolare i diritti. Governi che decidono salari da fame e favoriscono la devastazione del territorio. Scelte globali che impattano in Italia con aziende che lasciano macerie e politiche che smantellano tutele sociali a favore della finanza, in un’assenza del conflitto capitale-lavoro. Il tutto favorito da una pericolosa incomprensione delle dinamiche della globalizzazione da parte di sindacati, partiti e società civile.
Deborah chiedeva se era possibile incrinare questa idea putrida di sviluppo e, nel riconoscersi minoranza, sollecitava una svolta seria ad una maggioranza di cui tu, in quel contesto, eri rappresentante. Ma a me non è parso che fossi particolarmente animato dalla volontà di essere parte di questa svolta.
Poi il dibattito è finito. Ed io ho compreso perché ho equivocato. Non si trattava di consenso sociale e nemmeno di consenso politico.
Si trattava di persone
(Giovanna Profumo) -
OLI 390: LAVORO – I mondiali del 2022 in Qatar, un calcio alla sicurezza dei lavoratori
Sono molte le vergogne del gioco del calcio, dalla violenza negli stadi agli stipendi miliardari dei calciatori, ma una delle più gravi è quella della morte di almeno un lavoratore al giorno fra quelli che stanno costruendo in Qatar gli stadi e le infrastrutture per i mondiali di calcio 2022. La CGIL e la Fillea/Cgil sono impegnate nella campagna promossa dalla Confederazione Internazionale dei Sindacati (Ituc) per denunciare le condizioni di semi schiavitù in cui sono costretti migliaia di lavoratori immigrati (1 milione e 200 mila, provenienti in gran parte dal Nepal, dall’India e dallo Sri Lanka, e si prevede che un altro milione raggiungerà il paese).
“L’assenza di tutele e di diritti causa una media di una morte al giorno”, dice Sharan Burrow, segretario generale della Confederazione Internazionale dei Sindacati. I lavoratori, secondo il quotidiano inglese The Guardian, vivono in comunità sovraffollate e in condizioni igieniche disastrose, che favoriscono il diffondersi di malattie e costringono alla ricerca disperata di cibo.In Qatar ma anche in Arabia Saudita e altri paesi del Golfo, le norme che regolamentano i visti di lavoro, il cosiddetto “kefala system” (in base al quale i lavoratori devono avere uno sponsor nel paese ospitante, in genere il datore di lavoro, che è responsabile per il loro status giuridico, per i visti d’ingresso e per i permessi di soggiorno) fanno sì che i lavoratori non possano cambiare impiego senza il permesso dei datori di lavoro né lasciare il paese senza il loro consenso firmato. C’è un controllo totale dei datori di lavoro sui loro dipendenti, tanto che “nessun lavoratore si sente libero di parlare senza condizionamenti a un ispettore del lavoro”. Una ricerca pubblicata nel giugno 2013 sul Journal of Arabian Studies dice che il passaporto del 90 per cento dei lavoratori monitorati è in possesso dei loro datori di lavoro. (Proprio in questi giorni sta girando su Youtube un video di un saudita che picchia selvaggiamente un operatore ecologico filippino).Se non si interviene subito il numero dei lavoratori che perderanno la vita sarà superiore a quello dei giocatori di tutte le nazionali che scenderanno in campo ai Mondiali. Occorre intervenire per fermare la strage dei lavoratori in Qatar e per cambiare le leggi sull’immigrazione in quel paese, in Arabia Saudita e gli altri paesi del Golfo del petrolio. Sia chiaro che non sono accettabili interventi militari, niente guerre e bombardamenti per favore. Ci sono tanti mezzi per intervenire senza esercitare violenza contro i popoli di questi paesi. Suggerisco: non tenere i mondiali 2022 in Qatar.(Saleh Zaghloul – immagine da internet)
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OLI 362: RICORDO – Lorenzo Bozzo, nel silenzio e appartato.
Un’immagine di Lorenzo Bozzo Il 26 Novembre 2012 si sono svolti i funerali di un ottimo sindacalista, Lorenzo Bozzo, persona intelligente, riflessiva, colta, curiosa, onesta. E indipendente.
L’avevo conosciuto negli anni ’70, quando ero delegata di fabbrica, e lui era nella segreteria della FLM, il sindacato unitario dei metalmeccanici.
Dopo quella grande stagione aveva naturalmente continuato il suo impegno nel sindacato, ma ora pare impossibile ricostruirne il percorso: il tentativo di rintracciare in Cgil qualche dato sulla sua biografia è andato a vuoto. Solo un’amica è riuscita, con l’aiuto di un anziano pensionato, a trovare tracce dell’attività di Lorenzo, al di fuori però del mondo sindacale: una serie di articoli che spaziano tra temi molto diversi, a testimonianza della sua curiosa attenzione, pubblicati nel 2001 sul Corriere di Sestri Ponente.
E’ in questo modo che sono riuscita a ricuperare un suo ritratto. Al funerale, nella chiesa di Piazza Baracca a Sestri Ponente c’erano non più di venti persone, quasi tutti familiari. Tra loro l’amatissima nipote.
Fuori una decina di sindacalisti con le bandiere d’ordinanza. Molto dimenticato.
Lo ricorda qui un piccolissimo gruppo di persone che lo avevano conosciuto e apprezzato. Magari qualche lettore di Oli vorrà scriverci, e aggiungere i suoi ricordi.Da Andrea Tozzi: oggi pomeriggio, ho incontrato M. C. che mi ha dato la triste notizia della recente scomparsa di Lorenzo Bozzo, l’indimenticabile compagno di tante lotte e belle iniziative per la salute e il lavoro. Nel silenzio e appartato. E’ incredibile come sia facile scomparire, non lasciare tracce di sé! Non mi è venuto in mente alcun tangibile documento o foto con Lorenzo Bozzo. Spero che da qualche parte ce ne siano, chissà! Eppure resta per me indelebile la sua presenza negli anni del mio lavoro in Valpolcevera. Mi piaceva in lui la disponibilità all’ascolto, l’indipendenza di giudizio, l’interesse pragmatico per i risultati concreti. Era sempre attento al miglioramento delle condizioni di lavoro, non lo riguardavano gli stereotipi di sigla. Parlava lentamente, senza alzare la voce, dopo aver ragionato, insieme, sempre cercando una linea comune, aggregante. Apparentemente sommesso e appartato negli incontri, era però ben convinto e consapevole di cosa fosse corretto e utile. Sempre disponibile quando intravvedeva un’aggregazione attiva, per migliorare le cose. Disinteressato e sincero, sempre pronto ad aiutare a capire le cose del mondo per, se possibile, contribuire a migliorarle.
Da Claudio Calabresi: ero fuori Genova, vedo con tristezza la notizia. Non sapevo nulla di Lorenzo da tanto tempo, ne avevo perso le tracce ma non il ricordo, indelebile. Penso fosse molto vecchio, non so come è invecchiato negli ultimi anni ma forse posso immaginarlo, conoscendone un po’ il carattere. Rimangono i ricordi dei tanti anni in cui ci siamo incrociati, di molte cose fatte insieme (le appassionate e appassionanti giornate ai Giovi … ), il valore di una persona dai toni miti ma dalle idee forti. Un uomo di un sindacato lontano nel tempo (purtroppo), degli anni del secolo scorso; altri come lui ormai sono quasi tutti scomparsi, come sembrano scomparsi almeno alcuni dei valori sui quali ci si incontrava.
Da Antonio Manti: Un ricordo flash della sua attenzione e del suo rispetto per chi lavora. Durante un corso di formazione ai Giovi Lorenzo ammoniva: “Compagni, non buttate le cicche per terra e lasciate in ordine per rispetto delle compagne che devono rimettere a posto!”
Da Paola Pierantoni: ricordo un sindacalista intelligente e paziente, una persona colta, curiosa, che ascoltava davvero, e capiva. Interessato al sindacato, e a quello che si muoveva intorno al sindacato, e non a se stesso. Credo (anzi, sono certa) che sia l’unico uomo in Cgil ad aver letto nel 2008 le tesi di laurea sui Coordinamenti Donne Flm, poi pubblicate nel libro “Non è un gioco da ragazze”. Non mi sembra che ci siano più persone così.
(Paola Pierantoni – Immagine dal Corriere di Sestri Ponente) -
OLI 361: POLITICA – Roberto Benigni visto da uno “straniero”
E’ stato molto bravo, anzi, splendido, Roberto Benigni ieri a spiegare i primi 11 articoli della Costituzione Italiana. Io seguivo con molta attenzione e ammirazione, mia figlia si chiedeva “Ma perché non si candida, meglio il comico Benigni che il comico Grillo, almeno è un uomo di cultura!”.
Ogni tanto, guardo bene il marchio della TV, ma è proprio vero, siamo su Rai Uno!
Saranno anni che non seguo quasi nulla su quel canale (ad eccezione delle partite di calcio della nazionale italiana).
Finita la performance meravigliosa di Benigni, ho subito messo “mi piace”, su facebook, sul post che gli diceva semplicemente “Grazie”.Grazie perché ha ridato dignità alle persone che fanno politica e che, nonostante la desolante realtà dei politici e dei partiti italiani, non hanno mai smesso di fare politica intesa come contributo per il bene della collettività.
Grazie perché mi sono reso conto di essere una “piccola costituzione” italiana fatta persona che cammina per le strade. Non c’è uno solo dei principi costituzionali negli undici articoli spiegati che non faccia parte delle fondamenta della mia cultura e della mia persona, e che non cerchi, faticosamente, in ogni momento, di mettere in pratica. Ieri sera, mi sono sentito più italiano io (che non ho la cittadinanza italiana), di moltissimi italiani. Non che non lo sentissi già prima: è fin troppo facile a confronto di un certo presidente del consiglio italiano, di tutti quelli come lui e di un intero partito italiano razzista e secessionista.
Ma il legame emerso ieri, grazie a Benigni, tra italianità e Costituzione, mi ha dato una grande conferma, ed ho aggiunto alla lista persino certe istituzioni italiane, con il consenso di mia moglie e mia figlia (italiane).
Faccio una proposta al governo italiano: la smetta di vessare i cittadini stranieri che fanno domanda di permesso di soggiorno, della carta di soggiorno o della cittadinanza italiana, con richieste xenofobe come il versamento di somme esagerate di denaro, oppure esami di lingua, di cultura o contratti di integrazione (soggiorno a punti). Basterebbe che i nuovi cittadini assistessero almeno una volta in pubblico ed in silenzio alla presentazione di Benigni degli undici articoli principali della Costituzione Italiana.
Il grandissimo Benigni ha sbagliato su due cose: parlando dell’Unione Europea come se fosse l’intero contenente europeo, ha dimenticato una bruttissima e recente guerra nel cuore dell’Europa, a pochi chilometri di distanza dal nostro Paese, come se i Balcani e i paesi dell’ex Yugoslavia non facessero parte dell’Europa e come se il bombardamento di Belgrado non fosse una guerra. Se ne è dimenticato perché era una guerra condotta tra gli altri da Bill Clinton e Massimo D’Alema, persone forse simpatiche a Benigni?
Il secondo sbaglio è che non ha citato, tra gli altri, il nome di un grande sindacalista e padre costituente, l’allora segretario della CGIL, Giuseppe Di Vittorio, il contributo del quale è stato fondamentale in particolare nella stesura del primo articolo della costituzione che definisce l’Italia “una Repubblica democratica, fondata sul lavoro”.
(Saleh Zaghloul – Immagini da internet) -
OLI 354: Immigrazione – Il flop della sanatoria
Circa 130 mila datori di lavoro che impiegavano (in nero) immigrati senza permesso di soggiorno hanno presentato una domanda di condono nel periodo dal 15 settembre al 15 ottobre in base ad un apposito decreto del governo Monti. Lo stesso decreto prevede anche la regolarizzazione della situazione di soggiorno dei lavoratori dichiarati dai loro datori di lavoro. Nessuno sa con precisione quanti sono gli immigrati che vivono in Italia senza permesso di soggiorno. Alcune stime, prima della regolarizzazione/condono, indicavano la presenza di circa 500 mila, altri di un milione di irregolari. La ministra dell’Interno Annamaria Cancellieri commentando tali risultati ha detto che “l’obiettivo era cercare di far venire fuori, all’aperto, tutte le situazioni di ‘nero’ che c’erano”. “Probabilmente – dice – non erano tante, il fenomeno non era così diffuso come si pensava”. Commenti negativi sono giunti dalla Caritas Ambrosiana, dall’Arci e dalla Cgil che chiedono al Governo un ripensamento. Jamal Quaddorah, responsabile immigrazione della Cgil Campania, dice che la sanatoria è stato un grande fallimento visto che le stime parlavano di circa 500 mila immigrati irregolari. Il sindacalista della CGIL ha denunciato il fatto che molti datori di lavoro hanno fatto pagare il costo del condono ai lavoratori immigrati e che altri hanno licenziato i lavoratori pur di non pagare tali costi (1000 Euro + 6 mesi di contributi previdenziali e fiscali arretrati), altri hanno dichiarato come lavoratori domestici i loro lavoratori edili o agricoli per pagare i costi minimi del condono. Valentina Brins dell’Associazione Italia Razzismo, commentando il “Poche domande? Pochi irregolari” della ministra Cancellieri, dice di non essere d’accordo e che “il motivo della scarsa partecipazione è legato alla difficoltà di rispettare tutti i parametri previsti. Oltre tutto non si ha mai dato una minima garanzia di non essere espulsa o comunque denunciata, alla persona il cui datore di lavoro non fosse riuscito a terminare positivamente la pratica di regolarizzazione.” Strano modo quello adottato dal governo Monti per regolarizzare gli immigrati attraverso domande di condono che presentano i loro datori di lavoro che li impiegano irregolarmente. Persino un governo di politici avrebbe capito che non avrebbe funzionato e che “rischia di offrire un messaggio ai datori di lavoro che in questo momento, di guerra dichiarata contro l’evasione fiscale, non pare certo opportuno: è possibile farla franca perché tanto, prima o poi, ci sarà un nuovo condono”. La regolarizzazione infatti doveva essere per gli immigrati, non per chi li aveva fatti lavorare in nero: andava rilasciato un permesso di soggiorno a tutti coloro che non avessero commesso reati gravi.
(Saleh Zaghloul) -
OLI 353 – LAVORO E SICUREZZA: Il ruggito del coniglio
Questa storia è apparsa sul n. 35 di La Rassegna Sindacale, il settimanale della Cgil. D’accordo con l’autore abbiamo pensato di condividerla con i lettori di OLI
Nell’immaginario collettivo il padrone cattivo è quello che ti uccide con i suoi fumi tossici, quello che ti spezza la schiena facendoti trasportare a spalla i sacchi di cemento, quello che ti lascia cadere da un ponteggio fuori norma o quello che ti costringe a guidare un camion per 18 ore e che ti porta a schiantarti contro un cavalcavia in autostrada. In effetti è il tuo scarso potere contrattuale che lo permette, ed il fatto di essere parte di una attività lavorativa di piccola dimensione non aiuta: l’impossibilità di manifestare i tuoi diritti, per altro veramente ridotti sempre più all’osso, in un mercato della forza lavoro pieno di contraddizioni e di fame, affogato in una crisi in continua evoluzione, senza prospettive di futuro, sperando solo che accettando il lavoro a rischio tu possa starne fuori ancora un poco, magari sino alla fine. A volte il potere di chi il coltello lo tiene per il manico si manifesta in ambiti che fanno veramente gridar vendetta, anche in ambiti dove tradizionalmente il rischio non è elevato, laddove il potere in se è l’oggetto del contendere, il potere per il piacere di esercitarlo. Si presenta allo Sportello Sicurezza di Genova una lavoratrice per chiedere informazioni ed aiuto, impiegata in un ufficio amministrativo in una azienda con una decina di addetti. Il datore di lavoro è in sede con loro e con lui moglie e figlia. Mentre mi descrive il suo problema osservo un diffuso rash cutaneo, tipo morbillo, su braccia e collo, ha il viso e la fronte gonfi e arrossati. Mi chiede aiuto, anzi conforto e mi spiega che un paio di anni or sono, la figlia del suo datore di lavoro aveva comperato un coniglio, uno di quelli da compagnia, da tenere in giro per casa, ed aveva incominciato a portarselo in ufficio, libero di andare in giro fra scrivanie e server. Di lì a poco incominciarono a manifestarsi i primi segni di una reazione allergica, come quella in opera al momento, ma dopo un paio di giorni di mutua la sua richiesta di allontanarlo venne accolta e il coniglio venne riportato a casa. Benché le manifestazioni allergiche più evidenti cessassero, da allora la lavoratrice incominciò a riconoscersi intollerante a vari alimenti e sostanze. La causa scatenante era stata eliminata, ma era stata innescata una sequenza di sintomi poco piacevoli, non più direttamente collegati, pustole, bruciori e pruriti agli occhi, frequenti starnuti ed altro. Alcuni giorni fa, prosegue nella descrizione la lavoratrice, il coniglio è riapparso, la simpatica famiglia ha fatto sapere che è stato trasferito definitivamente in ufficio, in quanto a casa rosicchia i mobili e sporca. Il risultato è che ora si mangia i mobili dell’ufficio, i faldoni di documenti, lascia ciuffi di pelo ed escrementi sotto le scrivanie, in quanto è libero di girare come e dove e più gli aggrada. Alla lavoratrice rispuntano le manifestazioni allergiche e non le resta che tornare dal medico che, invece di inviarla ad una specifica visita allergologica, le prescrive un paio di giorni di riposo ogni volta per ridurle le manifestazioni. Alla richiesta specifica di allontanamento dell’animale le viene, dalla simpatica famigliola amante degli animali, indicato l’ordine di priorità: prima il coniglio e solo dopo lei. Se l’animaletto tanto caro non le piace, può andarsene. Dispiace che, in questo caso come tante altre volte, non vi siano spazi di contrattazione, certo le abbiamo consigliato visite specialistiche per, a futura memoria, avere traccia e poter fare rivalsa, le abbiamo parlato di rischio biologico, le abbiamo proposto una serie di percorsi formali, le abbiamo garantito, qualora volesse, un intervento nostro o di qualche organismo di controllo, le abbiamo proposto di mangiarsi il coniglio, o di aspettare che incominciasse a rosicchiare i fili elettrici in tensione od ancora di lasciar aperta la porta del giro scale. Ci abbiamo anche riso sopra, ma in effetti ambedue sapevamo che avrebbe dovuto tenersi coniglio ed allergia, almeno sino alla fine della crisi, sino all’ affacciarsi di un nuovo posto di lavoro. Così come quel suo collega che nel cantiere rischia sul ponteggio o respira diossina, certo nell’ottica che il diritto al lavoro sia subalterno al diritto alla salute. Sempre, diritto costituzionale, se hai il potere contrattuale per poterlo pretendere.
(Aris Capra – Responsabile Sportello Sicurezza CDLM Genova – disegno di Guido Rosato)