Categoria: CGIL

  • OLI 349: SINDACATO – Cgil, tra Mary Poppins e azione unitaria

    (una scena dal film Mary Poppins)

    Forse non tutti gli iscritti alla Cgil si chiederanno cosa sia stato delle sedici ore di sciopero generale annunciate in marzo e mai effettuate.
    Probabilmente solo in parte hanno cercato le ragioni della manifestazione romana con Cisl e Uil, in un sabato di giugno, in nome di un’unità sindacale umiliata nei fatti alla Fiat.
    Ma risulta che molti tesserati si stiano chiedendo come la Cgil intenda proteggerli da un governo che ricorda nei metodi e nelle intenzioni il banchieri avidi del film Mary Poppins, pellicola tanto cara a Matteo Renzi che sull’articolo 18 – “utilizzando un tecnicismo giuridico” – dichiara: “non me ne po’ fregà de meno”.
    Chi in Cgil afferma che da marzo ad oggi sono cambiate le cose dovrebbe cercare di spiegarlo agli iscritti che faticano a scorgere la nuova fase e non si illudono affatto che il decreto lavoro possa essere contrastato con dei presidi. Perché molti di loro fanno i conti con disoccupazione, cassintegrazione, licenziamenti, precariato, blocco del turn over e dei contratti con un governo che è passato dalla lotta allo spread alla spending review con risultati invisibili rispetto ai sacrifici richiesti.
    Nemmeno la famiglia, ammortizzatore per vocazione – religiosamente evocata dagli squallidi governi precedenti – è rimasta in agenda. Anzi si avvia ad essere l’officina dove assenza di lavoro e tutele per giovani e meno giovani offrirà nuovi ruoli alla miseria. La notizia del vertiginoso incremento degli sfratti è già segnale.
    Per queste e altre ragioni – aumento dei ticket, tagli alla spesa sanitaria, welfare al collasso – è doveroso chiedersi quando la forza dell’azione unitaria sindacale produrrà proposte concrete o quanto meno lo scatto in avanti che faccia sentire i lavoratori parte di un progetto di crescita e non vittime di una guerra.
    Nel frattempo se i momenti di mobilitazione in agenda rimarranno quelli di un sabato romano di giugno e l’azione di contrasto al governo verrà lasciata alla sola Fiom, Monti e i suoi ministri potranno procedere senza timori, tenuti a rispondere anziché agli interessi dei cittadini, unicamente a quelli delle banche.
    (Giovanna Profumo – foto da internet)

  • OLI 337: SOCIETA’ – 8 marzo, maschilismo italiano

    Il 9 marzo le donne della CGIL di Genova hanno organizzato un’interessante iniziativa in occasione della giornata della donna dove è stata proiettata la piece “libere” di Cristina Comencini ed è stato distribuito del materiale informativo tra il quale un opuscolo contenente le tappe storiche delle conquiste dei diritti da parte delle donne italiane, dal 1900 ad oggi. Nel 1902 si introduce, ad esempio, la prima forma del “congedo di maternità”, nel 1946 il diritto al voto e nel 2009 la legge anti stalking (atti persecutori).
    Nel documento non c’erano due tappe fondamentali nel cammino per i diritti delle donne italiane: la prima é del 1975, quando le donne italiane conquistano il diritto di mantenere la propria cittadinanza italiana sposando un cittadino straniero, grazie alla sentenza n.87/75 della Corte costituzionale che ha dichiarato l’illegittimità di una precedente norma che prevedeva la perdita della cittadinanza italiana indipendentemente dalla volontà della donna. La seconda è del 1983 quando le donne italiane conquistano il diritto di trasmettere la cittadinanza italiana ai propri figli di padre straniero, grazie alla sentenza n.30/83 della Corte costituzionale che ha dichiarato costituzionalmente illegittima una norma del 1912 che stabiliva la condizione di cittadino solo per i nati da padre italiano.
    Fino al 1975 la donna italiana perdeva la propria cittadinanza italiana quando sposava un cittadino straniero e fino a 29 anni fa (1983) i figli di una donna italiana coniugata con un cittadino straniero erano come gli immigrati e dovevano chiedere il rilascio del permesso di soggiorno. Sono due esempi lampanti sul maschilismo della società italiana e su quanto occorre lottare ancora per raggiungere condizioni di pari opportunità. Ciononostante, molti italiani ed, ahimè, italiane preferiscono occuparsi del maschilismo di altri popoli e religioni e non si accorgono delle disuguaglianze, delle disparità e delle violenze che subiscono le donne italiane. Ed in molti casi questo interesse verso il maschilismo di altri popoli è finalizzato a giustificare ed a diffondere stereotipi, xenofobia e discriminazioni nei confronti degli uomini e delle donne che appartengono a quei popoli che vivono in Italia.
    (Saleh Zaghloul)

  • OLI 330: IMMIGRAZIONE – Venerdì in piazza contro una tassa ingiusta

    La Camera del Lavoro di Genova ed altre associazioni genovesi organizzano venerdì 10 febbraio 2012 ore 16.30 una manifestazione davanti alla Prefettura di Genova contro la tassa sul rilascio dei permessi di soggiorno. Una tassa che varia da 80 a 200 euro decisa con un decreto degli ex ministri Maroni e Tremonti entrato in vigore il 30 gennaio scorso, che si aggiunge ai circa 73 euro che ogni immigrato paga già per il rilascio ed il rinnovo dei documenti di soggiorno, costo esagerato che già nel 2007 l’ex ministro dell’Interno Giuliano Amato aveva definito “una vera rapina”, promettendo di ridurlo. Ma non ha fatto in tempo. Poco prima della caduta del governo Berlusconi i leghisti hanno invece fatto in tempo ad imporre quest’ulteriore tassa. Così, il rilascio di un documento di soggiorno può costare fino a 273 euro a persona. E’ un vero scandalo: è una tassa xenofoba che colpisce duramente le tasche dei migranti e il nostro paese fa una figura da paese incivile e xenofobo quando invece è un paese solidale dove i razzisti e gli incivili sono una minoranza. Il nuovo governo (i ministri Cancellieri e Riccardi) aveva promesso di modificare il decreto Maroni – Tremonti, ma non sono riusciti a farlo entro il 30 gennaio.
    La CGIL chiede al governo di “cancellare questa odiosa tassa” e di iniziare un confronto serio con il sindacato sull’immigrazione. Occorre intervenire urgentemente per affrontare la questione alla radice: non basta cancellare l’ultima tassa, ma riportare l’onere per il rilascio ed il rinnovo dei documenti di soggiorno degli immigrati nei limiti in corso negli altri paesi civili dell’Unione Europea.
    (Saleh Zaghloul –  Illustrazione di Aglaja)

  • OLI 320: PAOLO ARVATI – Un rito laico per il commiato

    Pochi giorni fa è morto Paolo Arvati. Nell’articolo che gli dedica Luca Borzani su La Repubblica ed. Genova di mercoledì 9 novembre troviamo le parole che descrivono la sua opera: sociologo, direttore dell’Istituto Gramsci, esperto di statistica di livello nazionale, docente universitario, dirigente del Comune di Genova, intellettuale rigoroso, militante del Pci, ma, scrive Borzani: “soprattutto era la Cgil il suo riferimento”. Infatti era stato dirigente sindacale, nella Cgil Scuola e nella Camera del Lavoro, ma non era invecchiato nel sindacato, aveva saputo cambiare. Il suo legame col movimento sindacale e operaio però non si era mai interrotto, e si era espresso nella sua attività di ricerca storica e sociale.
    Un rito laico lo ha salutato, come avevano chiesto lui e sua moglie. Il luogo, un piazzale all’aperto, quello della Camera del Lavoro di Genova.
    La sfera del trascendente, del religioso, non era assente: la rappresentava un amico, sindacalista e membro della Tavola Valdese, ma si presentava sotto la forma della ricerca, della indagine etica e intellettuale, dell’interrogativo, e non sotto quella dell’affidamento e della fede.
    E’ stato un rito semplice, che è riuscito a restituire l’immagine della persona che si stava salutando: una personalità limpida, e schiva, priva di qualsiasi boria; una grande intelligenza e uno stile di lavoro e di vita caratterizzato dal rigore; una inesauribile curiosità intellettuale e una costante disponibilità verso tutti.
    Le persone che affollavano il cortile, dal racconto di questa vita che avevano avuto la fortuna di incrociare, ricevevano di riflesso frammenti della propria.
    Nello spazio di un’ora la cerimonia si è conclusa. Tutto, mi pare, era in armonia col carattere di Arvati.
    Nel momento del commiato incontro un compagno della Cgil, ora in pensione, che dice: “I riti bisognerebbe abolirli. Tutti i riti”. L’amica che è con me reagisce “No, i riti sono essenziali, anche per chi è laico. Non possiamo fare a meno dei riti!”.
    Paolo Arvati ha potuto avere un luogo che ha accolto, con dignità e senso, il rito laico del suo commiato.
    Ma questa è una possibilità rara, nata da una storia personale non comune.
    Per la maggioranza non esistono luoghi in cui svolgere riti alternativi a quelli religiosi. Dovrebbero essere luoghi belli, diffusi in tutti i quartieri. Una città rispettosa delle storie, dei sentimenti e dei pensieri di tutti i suoi cittadini dovrebbe essere capace di crearli.
    Hanno parlato di Paolo: Ilvano Bosco, segretario della Camera del Lavoro; Adriano Bertolini, membro della Tavola Valdese; Marco Doria, storico; Giorgio Ghezzi, presidente della Fondazione Di Vittorio.
    (Paola Pierantoni)

  • OLI 310: ANNIVERSARI – Il G8 parallelo della Cgil

    Epoca di anniversari. Dieci anni dal G8. Per me, all’epoca sindacalista Cgil, non sono solo le emozioni, i fatti, la vitalità e i drammi di quei tre giorni a tornare in superficie, ma i tormenti che li hanno preceduti e seguiti all’interno del sindacato. Ci ripenso perché sono emblematici di una difficoltà di rapporto tra grandi strutture organizzate e movimenti che blocca le possibilità di cambiamento, in allora come adesso.
    A premessa alcuni fatti e date.
    Un direttivo Cgil del 12 giugno 2001 fu il primo ed unico momento di discussione politica della Cgil genovese “in preparazione del G8”. La Cgil nazionale, e quella di Genova e della Liguria non aderirono all’appello del GSF. Nei tre giorni del G8 “l’apparato politico” della Cgil fu invitato a “presidiare” la sede nel timore di possibili attacchi. Chi andò alle iniziative fu considerato “in ferie”, decisione poi rientrata dopo le proteste degli interessati. Aderì invece qualche Camera del lavoro di altre città e la Fiom nazionale: sabato 21 luglio il pulmino della Fiom fu per molti una zattera nella tempesta. Il 24 luglio il direttivo della Cgil fu nuovamente convocato e decise a maggioranza di rinviare a settembre la discussione su quel che era avvenuto a Genova.
    Attraverso qualche frammento dagli appunti di quei giorni tento un ritratto di questo G8 parallelo.
    “… Nessuna discussione ha coinvolto, preparato in questi mesi passati i lavoratori e noi stessi ad affrontare i temi che faranno sì che tra un mese Genova sarà epicentro di cose piuttosto complicate … è come se in tutto questo periodo un torrente ci sia corso di lato mentre noi stavamo attenti a non farci bagnare … In tutti questi mesi non abbiamo stabilito un rapporto con questa discussione e con questi soggetti. Potevamo farlo o tentare di farlo? … Al direttivo è intervenuto un ragazzo che ha provato a spiegare qualcosa del GSF. E’ stato interrotto molte volte, l’equazione era: movimenti anti global e GSF = centri sociali casinisti e pericolosi da tenere alla larga. Ma una persona giovane non la si cassa così, si fa parlare e poi si contro argomenta.”
    “… Per un mese almeno la città è stata piena di dibattiti, presentazione di libri, di riviste … i genovesi hanno risposto in gran numero, pochissimi i sindacalisti visti in giro: è illogico che i dirigenti sindacali non siano stati spinti a seguire i dibattiti, a rendersi conto di persona, e non tramite TV, di quel che avveniva, anche alle manifestazioni, che è sempre parecchio diverso dal sentirselo raccontare.”
    “ … Noi siamo in ritardo e lontani. Ormai noi siamo lontani dal rapporto con i punti di sofferenza più acuta dell’epoca attuale, lontani dalle persone giovani non appiattite sulla apatia”
    “… Rinviata a settembre la discussione sui fatti del G8. Mi rammarico di non avere avuto l’autonomia di pensiero ed emotiva per dire il mio no a questo congelamento che contrasta con tutto quello che penso e sento. Grande delusione nei confronti di me stessa. Come si può bloccare una cosa così evidentemente naturale come quella di confrontarsi su un evento così coinvolgente, così importante, appena avvenuto, ed anzi ancora in corso? In questi giorni ognuno di noi vive il suo trauma individualmente, qui in Cgil è tutto un andare e venire da una stanza all’altra, ma non siamo monaci in un convento!”
    (Paola Pierantoni)

  • OLI 307: G8 / PUNTO G – Genere, globalizzazione e Cgil

    Monica Lanfranco di Marea

    Nella pila di documenti raccolti ai tempi del G8 ritrovo una mia lettera del 7 giugno 2001 alle donne della Segreteria della Cgil genovese. Parlavo della iniziativa “Punto G, genere e globalizzazione”, organizzata un mese prima del G8 di Genova dalla “Marcia mondiale delle donne”, protagonista la rivista Marea. In allegato c’era il materiale preparatorio della conferenza.
    Il tono era quello di una disperata invocazione: “ … Vi chiedo di leggere questo materiale e di pensarci su … si tratta di una occasione di riflessione da non perdersi assolutamente, alla quale aderire, alla quale invitare a partecipare … è ovvio che vi sono diversi gradi di radicalità che emergono dai documenti, ma se così non fosse, che discussione sarebbe? Confrontarsi con pensieri in cui la radicalità della analisi non è ancora del tutto mediata è indispensabile a poter pensare davvero. Poi si potrà mediare sulle azioni …”

    Laura Guidetti di Marea

    L’adesione non ci fu. Fu “permessa” solo la partecipazione individuale, che in assenza di informazione e promozione, fu naturalmene scarsissima. In una lettera del 13 giugno Laura Guidetti, una delle organizzatrici, scrisse: “Avremmo desiderato maggiore attenzione e adesione … un’altra occasione mancata per sperimentare lavoro comune e collaborazione col sindacato”.
    Conservo precisa memoria della mia emozione lacerata tra l’entusiasmo per la ricchezza di pensieri e di esperienze che vedevo espressa in quella sala, e la rabbia per la cecità della organizzazione a cui appartenevo.

    Lidia Menapace e Valentina Genta di Marea

    In uno dei documenti preparatori Lidia Menapace scriveva: “Dovendo di necessità far ricorso al diritto di espressione politica (non militare!) attraverso le manifestazioni, è decisiva la scelta delle forme … dobbiamo constatare che il militare esercita ancora un appello diffuso sul maschile e si diffonde anche tra le donne … dunque i movimenti di lotta cerchino nella loro memoria storica altri simboli, altre forme che siano efficaci e che rendano impossibile la provocazione violenta del potere … “
    Oltre ai temi della mondializzazione le donne mettevano in discussione le forme di lotta che il movimento stava scegliendo: la questione della zona rossa da violare, in modo più o meno simbolico. Cosa sarebbe potuto nascere da un incontro, da una alleanza, tra il sindacato e il movimento femminista? Magari si sarebbe potuto capire quale poteva essere, in quella occasione, la “mossa del cavallo” esaltata da Vittorio Foa come strategia alternativa allo scontro diretto, capace di spiazzare l’avversario.

    Susanna Camusso

    Oggi, a dieci anni di distanza, un convegno internazionale (*) organizzato dalle donne di Marea (**) e aperto agli uomini, ha fatto riempire la grande sala dell’Aula magna di S. Salvatore. Stesso titolo di dieci anni fa ma nessun “amarcord”, nessuna rievocazione, solo un guardare all’oggi e al futuro. Che immenso sollievo, che senso di speranza!
    E stavolta per la Cgil c’era la massima carica: Susanna Camusso, segretaria generale, donna, e protagonista del movimento delle donne nel sindacato.
    Al traino, una minuscola rappresentanza del “gruppo dirigente” della Cgil genovese.
    (*) http://puntoggenova2011.wordpress.com/
    (**) http://www.mareaonline.it/
    (Paola Pierantoni)

  • OLI 303: IMMIGRATI – La circolare è buona? Allora sospendiamola..

    Molte domande di emersione dal lavoro irregolare (regolarizzazione del lavoro domestico e di cura alla persona del 2009) sono state rigettate in base ad un’interpretazione del ministero dell’interno per la quale il reato di mancato ottemperamento all’ordine del questore di lasciare il territorio dello Stato è ostativo alla regolarizzazione.
    Il Consiglio di Stato con due sentenze del 2 e del 10 maggio 2011, recepisce la giurisprudenza della Corte di Giustizia UE basata sulla Direttiva 2008/115/CE (Direttiva Rimpatri) ed accoglie i ricorsi contro i provvedimenti di rigetto delle domande di regolarizzazione fondati sull’interpretazione ostativa di cui sopra.  
    A questo punto il Ministero dell’Interno il 24 maggio 2011, per evitare ulteriori condanne a pagare i risarcimenti e spese processuali, emana una circolare nella quale si raccomanda agli Sportelli Unici ed Uffici Immigrazione delle Questure di cambiare interpretazione: di accogliere d’ufficio le istanze non ancora definite e di valutare caso per caso le istanze già definite su richiesta del lavoratore straniero interessato.
    Queste sagge indicazioni del Ministero dell’Interno durano solo due giorni e rischiano di sparire del tutto: una seconda circolare dello stesso Ministero del 26 maggio 2011, dispone, infatti, di sospendere temporaneamente tali indicazioni.
    Comportamento denunciato dalla CGIL e dalla segretaria confederale nazionale Vera Lamonica. Nel comunicato stampa del 27 maggio 2011 pubblicato su http://www.cgil.it/ si legge che “La sospensione di un atto, peraltro dovuto, la dice lunga sullo stato di confusione e di pressapochismo in cui ormai versa il Ministero degli Interni in materia di immigrazione. Viene spontaneo pensare anche alla consueta e propagandistica strumentalità, orientata più alla campagna elettorale in atto che alla soluzione dei problemi delle persone. Chiediamo al Ministro – conclude  – di risolvere questo stato di gestione confusionale e di ripristinare da subito diritto e buon senso”.
    (Saleh Zaghloul)