Categoria: DIRITTI

  • OLI 308: INFORMAZIONE – Che succede in quelle sale?

    Aula Magna San Salvatore – Punto G 2011 Genere e globalizzazione

    C’è una caratteristica della informazione cittadina per cui spesso, anzi, quasi sempre, gli eventi di pensiero e approfondimento (dibattiti, convegni) vengono annunciati, ma non raccontati una volta che sono avvenuti.
    Come se riguardassero esclusivamente le persone in sala, e non mettesse conto di trasmetterne almeno qualche suggestione a chi – per mille motivi – non ha occasione di frequentare certe sedi, di essere presente a certi appuntamenti.
    Quando la cosa ha un certo rilievo, prima che tutto avvenga, o il giorno stesso a margine, viene intervistato chi ha organizzato l’evento, e se capita la presenza di una persona “famosa” può magari scapparci un’altra intervista, ma più in là non si va.
    Il tutto, quando va bene, viene annunciato e raccontato da chi è parte in causa.
    Manca comunque, e sistematicamente, l’occhio critico di un giornalista che si sieda in quella sala, e cerchi di percepire e di trasmettere quel che vi avviene. Che sta succedendo lì? Chi c’è in sala? Che ruolo gioca in città chi ha organizzato l’evento? Che rapporto si crea tra pubblico e organizzatori? Cosa raccontano della città le persone che si sono riunite in quella occasione? Cosa c’è da cogliere di veramente importante nelle parole che vengono scambiate, in quelle che vengono taciute, nella atmosfera del luogo?
    Certamente è impossibile – anche con le migliori intenzioni – pensare di adottare questo metodo per tutto quel che avviene in città.
    Ma il fatto è che non succede mai, e questo mai determina la natura e la qualità di quel che riesce ad emergere alla superficie della informazione.
    Chi organizza, nei giorni successivi, raccoglie rassegne stampa, e nel caso che all’evento sia stato comunque dedicato “spazio” può anche compiacersene. Ma ben che vada si tratta di uno spazio asettico, neutro, che non alimenta domande e che addormenta i conflitti.

    Recente occasione per queste riflessioni sono state le notizie di stampa sul meeting internazionale del 25 e 26 giugno “Punto G – Genere e globalizzazione”, che nulla hanno trasmesso su alcuni, determinanti, punti di contraddizione che hanno impegnato, e anche diviso, le donne in sala. Ne cito alcuni:
    Violenze al G8: ne è stata colpevole solo l’azione repressiva della polizia, o è necessaria una assunzione di responsabilità anche da parte del movimento no global?

    Precarietà: come può il sindacato “avere la percezione profonda di questa condizione” senza garantire una rappresentanza dei precari nei luoghi di lavoro? E’ possibile muoversi in questa direzione?
    Relativismo culturale, multiculturalismo, e rispetto della “libertà di scelta”: sono atteggiamenti culturali progressisti, o sono in contrasto con i diritti fondamentali delle donne che ora si trovano a dover combattere su un doppio fronte?

    (Paola Pierantoni)

  • OLI 301: GIUSTIZIA – E’ ancora notte alla Diaz.


    Grande rilievo è stato dato dai media alla notizia, trascinata dai clamori del festival di Cannes, che si farà un film sui fatti della notte della Diaz, avvenuta nel corso del G8 di Genova, il 21 luglio 2001.
    Quest’anno fra l’altro ricorre il decennale del G8 di Genova e sarà un’occasione preziosa per ripensare storie, fatti, tragedie, conflitti, speranze e conquiste che l’hanno segnato, lasciando un’impronta indelebile nell’anima di Genova, nei percorsi personali di decine di migliaia di giovani e meno giovani, nel costituirsi di movimenti contro le ingiustizie, per la pace, per un nuovo mondo possibile.

    Un ripensamento non ripiegato su sé stesso, non nostalgicamente attaccato a certezze militanti di un passato che non c’è più, che cerca verità e giustizia, perché sono dovute a coloro che soffrirono le violenze, la repressione e le umiliazioni di un apparato istituzionale opaco, sordo e brutale nel suo non capire e nel suo non sapere agire. Un momento di riflessione collettiva e aperta che cerca nella memoria di quello che è stato, nel luglio 2001 e negli anni a seguire, le risorse e le energie per alimentare di speranze trasformative il futuro, per dare un senso forte alla parola verità, perché la giustizia sia messa al centro dell’agire comunitario e non un accessorio del potere e del potere della ricchezza. Senza giudicare: ci pensano i giudici che l’hanno fatto egregiamente in quasi tutte le sedi, resistendo alla forza dei poteri della politica senza idee e senza ideali, dando dimostrazione di cosa possa voler dire applicare la Costituzione.
    “Voi G8, noi sei miliardi”, era la parola d’ordine chiara, trasparente e innocente come l’acqua di un ruscello; ad essa vennero contrapposte zone rosse, armi ed armature, marchi della prepotenza, che inevitabilmente finirono per sollecitare l’emulazione e istanze di rivalsa e di rancore.
    “Voi la crisi, noi la speranza” è la parola d’ordine con la quale si vuol guidare ora il momento di riflessione collettiva e dare senso agli incontri, ai seminari, agli approfondimenti politici e culturali, ai momenti di festa, di musica, di teatro, che animeranno Genova per un mese, dalla fine di Giugno al 24 luglio, giorno dell’assemblea conclusiva. Il programma avrà i suoi momenti culminanti negli ultimo giorni, quando si coaguleranno gli incontri di più ampia e profonda incidenza e partecipazione, che si vuole locale, nazionale e internazionale.
    In particolare sono da tener presenti: la giornata del 19 luglio, dedicata ai migranti e al Mediterraneo; il 21 luglio con Genova e la memoria (Piazza Alimonda, Carlo Giuliani); il 23 luglio con il seminario sulla guerra nel Maghreb, il 23 luglio con la manifestazione e il concerto; il 24 luglio con l’assemblea internazionale conclusiva.
    Un gruppo di persone, coraggiose e motivate da passione politica ancora non pallida, sta lavorando a questo programma; molte organizzazioni a partire dalla CGIL, dall’ARCI e dalla FIOM, sono proficuamente impegnate; le istituzioni politiche locali sembrano salutarmente intenzionate a cooperare.
    Ma, dopo le scuse per la peregrinazione, torniamo al film, che avrà per titolo: Diaz – Non pulire questo sangue. Un film che ha avuto una gestazione difficile e ha suscitato molte perplessità nella decisione di farlo e di offrirlo al pubblico. Tratta di una delle pagine più buie e tragiche della democrazia italiana. La notte della “sospensione dei diritti”, come affermò Amnesty, della “macelleria cilena” come disse un funzionario di polizia presente; la notte che fece impallidire l’allora Ministro degli interni, quando seppe, come rivelato in un’intervista dalla moglie.
    Ci furono, dopo furiosi e immotivati pestaggi, 93 arresti di dormienti. 25 condanne in secondo grado di giudizio sono state comminate a funzionari di polizia.
    La Fandango e Domenico Procacci, che ne è il responsabile, nel produrre questo film fanno un atto di coraggio, si assumono una positiva responsabilità.

    Ma allora perché consegnare prima la sceneggiatura al capo della polizia? Perché l’approvi?
    E perché non prendere in considerazione le richieste di ascolto delle vittime della Diaz, come protestano gli esponenti di “ Verità e giustizia” e Heidi e Giuliano Giuliani?
    Ma lo stupore e l’amarezza per questo atto è ancora più profondo, ancora più radicale.
    Riguarda l’assoluta libertà dell’arte, la ripulsa di ogni censura, la bruttezza di ogni mutilazione.
    Forse la notte della Diaz è ancora buia, è ancora fra noi.
    (Angelo Guarnieri)

  • OLI 301: CITTA’ – Tutti in piazza



    Sabato 14 maggio. Piazza De Ferrari, cuore della Genova moderna, ospita come sempre la variegata complessità di situazioni di cui è fatta la città. A distanza di poche ore, manifestazioni assai diverse per spirito, stile, modalità e partecipanti.

    In mattinata, nell’ambito del convegno “Unità, Federalismo, Fraternità: un percorso possibile”, promosso a Palazzo Ducale dal cattolico Movimento dei Focolari in occasione del 150° anniversario dell’Unità d’Italia, è stato predisposto uno “stand artistico-creativo per coinvolgere i passanti”, con un grande icosaedro troncato cosparso di variopinte impronte di mani e alcune gioiose ragazze che dispensano in letizia abbracci alla gente.

    http://www.focolare.org/it/news/2011/03/22/convegno-%E2%80%9Cunita-federalismo-fraternita%E2%80%9D/

    Nel pomeriggio, un’affollata vivace protesta che ha unito diversi comitati sorti contro una certa modernità che avanza proponendo in tutta Italia innovazioni lusinghiere, che però non convincono tutti: a molti esse appaiono soltanto opportunità di arricchimento per pochi speculatori e cause di irreparabili devastazioni del patrimonio comune.

    http://www.dibattitopubblico.com/genova/

    (Ferdinando Bonora, foto di Giorgio Bergami ©)

  • OLI 290: LAVORO E LIBERTA’ – Uomini dal pensiero scisso

    Il 10 febbraio alle 17 il Teatro della Corte era affollatissimo per la presentazione, a Genova, della neonata associazione “Lavoro e Libertà” (*).
    Il titolo dato all’evento, “Lavoro e/o vita”, era tale da sollevare forti aspettative in un animo femminile. Certo, sullo sfondo c’erano la vicenda della Fiom e la tragedia della Thyssen, perno del lavoro teatrale “La menzogna” di Pippo del Bono, programmato a completamento dell’evento: ma l’antitesi tra vita e lavoro non è rappresentata solo dalla radicalità della morte sul lavoro.
    Nel coniugare i termini “lavoro” e “vita” il pensiero femminile corre infatti immediatamente al conflitto tra lavoro retribuito e lavoro di cura: un tempo si diceva tra produrre e riprodurre, dove riprodurre non si riferiva solo alla maternità, ma alla riproduzione sociale, alla cura del mondo. Erano temi centrali nelle lotte di qualche decina d’anni fa, e oggi sono il nucleo duro e irrisolto nelle vite di giovani donne che appena messa fuori la testa dal mondo degli studi si ritrovano investite da una disparità che non avevano supposto.
    Invece questa questione, che fonda tutt’oggi organizzazione sociale, economia, organizzazione del lavoro, e rapporti nella famiglia non ha trovato alcuno spazio negli interventi.
    C’era di che andarsene più che deluse: tutto quel che ha saputo offrire l’autorevole palco totalmente maschile (Cofferati, Bertinotti, Landini, Del Bono, Gad Lerner) è stato – a tratti – l’uso di un linguaggio politicamente corretto (lavoratori e lavoratrici … ecc.).
    C’è da interrogarsi seriamente su questa scissione del pensiero, per cui un elemento di analisi della realtà centrale per qualsiasi donna che ci abbia pensato un po’ su, non riesce a farsi strada nelle parole di uomini che hanno praticato per tutta la vita il sindacato e la politica, e che non possono ignorare i molti pensieri prodotti su questo nodo di fondo da donne sindacaliste, politiche e pensatrici.
    Di lì a tre giorni il richiamo delle donne avrebbe portato in piazza un milione di persone, trentamila o più a Genova. Cofferati, dicono le pochissime che nella gran folla hanno potuto accorgersene, sale (impropriamente) sul palco. Davvero, non è quello che serve.
    (*) http://www.lavoroeliberta.it/
    (Paola Pierantoni)

  • OLI 287: PAROLE DEGLI OCCHI – Oppio dei popoli

    Foto di Giorgio Bergami ©

    Foto di Paola Pierantoni ©

    Nelle foto di Giorgio Bergami, Venerdì 28 gennaio 2001: locandine in edicola e manifestanti per strada.
    Lo sciopero indetto dalla Fiom contro le politiche di Fiat e governo e a favore dei diritti dei lavoratori ha mobilitato molti settori della società civile e dell’associazionismo, con affollate manifestazioni in diverse città, tra cui Genova. Oltre a tale evento, molte emergenze e criticità stanno investendo l’Italia e il resto del mondo, ma invece di promuovere conoscenza e riflessione su questi temi vitali, la stampa preferisce attirare l’attenzione (e vendere di conseguenza più copie) evidenziando soltanto quanto attira il grande pubblico, in questo caso il calcio. Si perpetua così quell’azione di anestetizzazione e stordimento delle coscienze in atto da tempo attraverso la carta stampata e la televisione.
    Ma non tutti ci cascano…

    Nelle foto di Paola Pierantoni, tre manifestazioni degli ultimi mesi: 27 gennaio 2011, flash mob delle donne alla Stazione Brignole per le dimissioni di Berlusconi; 11 novembre 2010, manifestazione a De Ferrari in difesa delle politiche sociali; 6 giugno 2010, lo sbarco della Nave dei Diritti.

    P.S.: Ecco una perla del Secolo XIX online del primo Febbraio. I tre sondaggi hanno ovviamente un’importanza paragonabile.
    (segnalato da Stefano De Pietro)

  • OLI 284: DIRITTI – Appello per la FIOM

    Una delle persone della redazione ha ricevuto nella sua posta personale una mail di Chiara Ingrao a sostegno dei diritti dei lavoratori della Fiat e della battaglia della FIOM. E’ una bella lettera, esplicitamente destinata alla diffusione, e abbiamo deciso di pubblicarla.

    Cari tutti/e,
    intanto buon anno, anche se l’anno non mi sembra cominciare sotto i migliori auspici. Tanto per citarne una, nei prossimi giorni lavoratori e lavoratrici della Mirafiori saranno costretti a votare su un quesito assurdo: o accetti orari di lavoro più pesanti, meno pause, più straordinario, turni di notte, malattia non pagata, rinuncia a diritti indisponibili come il diritto di sciopero e di rappresentanza sindacale democraticamente eletta, o la fabbrica chiude. Molti hanno sottolineato quanto il ricatto sia menzognero, oltre che ignobile: non è vero che sia così semplice per la Fiat andarsene dall’Italia, non è vero che i SUV (i SUV!!) che vuole produrre a Mirafiori si possono produrre ovunque e poi caricarli su navi o tir e portarli a scorrazzare in giro per il mondo, non è vero che dalla crisi Fiat si esce distruggendo il sindacato e spremendo i lavoratori oltre ogni limite, ma serve ricerca, nuovi prodotti e un nuovo piano industriale, riconversione ecologica e innovazione tecnologica, e così via.
    Cose di buon senso, che invece vengono bollate come pericoloso estremismo, mentre sempre di più circolano fra noi interrogativi angosciosi: e se la prossima volta, per ottenere un investimento in Italia, chiedessero alle lavoratrici di rinunciare alla maternità, che per esempio non è garantita né negli Stati Uniti né in Cina? Se ci chiedessero di far cucire palloni ai bambini anche qui in Italia, anziché fare campagne internazionali contro il lavoro minorile? Se ci chiedessero di cancellare le ferie, le festività, di lavorare 18 ore al giorno? Nelle campagne di Rosarno già si fa: invece di indignarsi, perché non esportiamo quei modelli di lavoro anche in fabbrica? Dov’è il confine, di questa corsa al ribasso per inseguire un’idea di globalizzazione sempre più feroce? E non lo abbiamo già visto nella crisi finanziaria globale, quali risultati può portare dare mano libera totale alle imprese, senza alcun controllo né vincoli? … non rassegnarsi a un centrosinistra plaudente o “neutrale” di fronte al più grave attacco alla libertà, alla democrazia, alla dignità dei lavoratori, mai verificatosi negli ultimi 50 anni. Se siete iscritti o sostenitori del PD, andate nelle sezioni, scrivete ai vostri gruppi dirigenti, chiedete che il vostro partito ascolti e rifletta, che non si consegni inerme ai ricatti del più forte. Se come me sostenete SEL, o Italia dei valori, o la Federazione della sinistra, chiedete di non arroccarsi nelle proprie giuste scelte, ma invece di continuare a incalzare il PD e perfino “i moderati”, perché una violazione della democrazia come quella cui stiamo assistendo, probabilmente la DC non l’avrebbe mai accettata. Se siete impegnati nei movimenti nella scuola, nelle università, nella cultura, che tanta forza e speranza ci hanno comunicato in questi mesi, fate della vicenda Fiat uno dei temi centrali della vostra riflessione e del vostro lavoro. Infatti che speranza c’è per la cultura nel nostro paese, se vince la cultura della giungla? Che speranza c’è per i diritti di precari e migranti, se ogni idea di diritti viene spazzata via come un orpello inutile?”

    Su questa vicenda stanno circolando due appelli, uno di Micro Mega:
    http://temi.repubblica.it/micromega-appello/?action=vediappello&idappello=391202

    e uno della FIOM: www.fiom.cgil.it

    Sottoscriverli o meno è questione di scelta e orientamento personale. Conoscerne l’esistenza e poterli valutare è un diritto di informazione.

  • OLI 283: LETTERE – Opposizione laica alla giornata degli “Stati vegetativi”

    Nella deriva integralista che ci avvolge, ci toccherà tra poco (9 febbraio 2011) anche la “Giornata Nazionale degli Stati Vegetativi” istituita lo scorso anno dal Governo per marcare, con una decisione macabra, strumentale, priva di rispetto, l’anniversario della morte di Eluana Englaro.
    Ma una opposizione sta nascendo, e la guida la Consulta torinese per la laicità delle Istituzioni (http://www.torinolaica.it/ ).

    La chiara ed esplicita difesa della libertà di seguire un’etica che non coincida con quella delle gerarchie cattoliche è, una volta di più, assunta da gruppi, associazioni, movimenti non partitici a cui pare ormai delegato il ruolo di assumere posizioni politiche sulla base di un pensiero, di una opzione etica, di un progetto culturale e sociale, e non di calcoli prevalentemente attenti alle possibili alleanze, o ai presunti futuribili consensi elettorali.
    La crescente separazione di questi due piani dell’agire politico sta sempre più indebolendo il ruolo e le prospettive della opposizione parlamentare, e in particolare quelli del P.D.
    Nel frattempo le persone inventano nuove modalità e spazi per fare informazione, cultura e politica. Può essere che la divaricazione di questa forbice diventi finalmente insostenibile, e inneschi un cambiamento profondo che riapra i giochi.
    Tra questi soggetti di politica diffusa c’è la Consulta torinese per la laicità delle Istituzioni (http://www.torinolaica.it/ ) che sta guidando l’opposizione alla giornata degli stati vegetativi, e ha lanciato il seguente appello:

    No alla tortura di stato.
    Proclamiamo il 9 febbraio “Giornata della libertà di scelta sulla propria vita”

    Per il prossimo 9 febbraio il Governo, su proposta della sottosegretaria Roccella, ha istituito la Giornata Nazionale degli Stati Vegetativi. Decisione moralmente mostruosa, poiché offende la memoria di Eluana Englaro, che in quel giorno finalmente, dopo quindici anni di non vita, vedeva un anno fa rispettata la sua volontà sul proprio corpo, portata avanti con coraggio, determinazione e amore paterno da Beppino Englaro. Decisione istituzionalmente irricevibile, poiché ufficializza come “delitto” una sacrosanta sentenza della magistratura. Decisione che infanga la Costituzione, poiché con essa il governo intende addirittura solennizzare la pretesa che la vita di ogni cittadino, anziché appartenere a chi la vive, sia alla mercé di una maggioranza parlamentare.
    Di fronte a tutto ciò, diventa doveroso che tutta l’Italia democratica e laica proclami il 9 febbraio Giornata nazionale della libera scelta sulla propria vita, onorando così la memoria di Eluana Englaro, di Piergiorgio Welby, di Luca Coscioni, e dei tanti altri che oltre alla tragedia della condanna a morte per malattia hanno dovuto affrontare anche la violenza di coloro che vogliono costringere i malati alla tortura delle sofferenze terminali, quando essi non lo ritengono accettabile e dignitoso per se stessi.
    La Consulta Torinese per la Laicità delle Istituzioni, in collaborazione con la rivista MicroMega, chiede a tutte le associazioni laiche, a tutte le testate giornalistiche e i siti web, a tutti i cittadini che si riconoscono nei valori della Costituzione, a tutte le personalità del mondo della cultura e dello spettacolo che sentono il dovere elementare di rispettare e far rispettare la decisione di ciascuno sul proprio fine-vita, di mettersi immediatamente in contatto per organizzare insieme, a Torino, la giornata del 9 febbraio come giornata di libertà , di dignità e di autodeterminazione per tutte e per tutti.
    A tale appello, che ha come primi firmatari Tullio Monti, Coordinatore della Consulta Torinese per la Laicità delle Istituzioni e Carlo Augusto Viano, Presidente del Centro studi Piero Calamandrei, hanno già aderito il Comitato 19 giugno, il Coordinamento Torino Pride LGBT e Donne di Torino per l’autodeterminazione.
    Per sottoscrivere l’appello invia una mail a info@torinolaica.it
    (A cura di Paola Pierantoni)

  • OLI 281: SOCIETA’ – Bambini ai margini

    Esperanza, quattordici anni, ha le mani piccole e sporche, come quelle di sua mamma Gloria, di anni 39 che sembra molto più vecchia, insieme aspettano l’autobus, tutt’intorno campagna. Dice fiera Gloria che sua figlia lavora alla Fattoria da tempo, raccogliendo frutta, rigovernando. Esperanza è una dei 200 mila bambini, quasi tutti latinos, che lavora nei campi degli Stati Uniti e prima o poi andrà a scuola, finita la stagione. Secondo il Rapporto Fields of Peril arriva quasi a mezzo milione il numero di bambini e adolescenti che, con paghe ridotte e senza vincoli d’orario,“danno una mano” ai grandi seguendo i genitori braccianti. Così è la condizione di parte dei bambini negli States, che hanno speso l’anno scorso 26 milioni di dollari per programmi di tutela dei diritti dei lavoratori nel mondo. E in casa loro?
    Gli States compaiono anche nel rapporto Card 9 dell’Unicef ne “bambini ai margini”, che per la prima volta esamina quanto stanno facendo i Paesi più industrializzati per limitare le disparità per i giovanissimi all’interno della società, rispetto allo standard di opportunità dei coetanei. Sono 24 i Paesi esaminati e l’Italia con gli Usa e la Gran Bretagna, figura agli ultimi posti a fronte dei Paesi scandinavi e della Svizzera: ventunesimo per l’istruzione, penultimo per la salute.
    L’Italia è la “casa” dei suoi cittadini giovani più poveri con un tasso di povertà relativa fra i bambini del 15,5%, ovvero circa un milione e mezzo di ragazzini vive in famiglie con redditi inferiori alla media nazionale. Una famiglia per cui si spende lo 0,06% del Pil a fronte del 2,8% della Germania e del 3,7% della Francia. Il Natale s’avvicina, alberi in piazza, luminarie, messaggini e posta t’invitano a pensare all’infanzia maltrattata. Google nella giornata dei Diritti dei Bambini il 20 novembre ha rappresentato la giornata di un bambino e Facebook ha invitato i suoi utenti a tornare bambini, cambiando l’immagine del proprio profilo con quello del cartone animato preferito. Ma sbiadita è ormai l’immagine Tv di quella bimba americana di cinque anni, che riempiva di mirtilli le ceste e che i suoi fratelli di sette trascinavano poi via: 5500 dollari di multa per l’azienda agricola e la rescissione del contratto con l’azienda di distribuzione. Nulla è cambiato però per i giovani braccianti che possono imbracciare un forcone a dieci anni ma non a sedici come apprendisti dal ferramenta, vige ancora una legge del ‘38 sul lavoro minorile e un tentativo di riforma giace al Congresso da oltre un anno con metà firme dei parlamentari.
    E noi, in Italia, che cosa facciamo? Che cosa rispondiamo alla domanda dell’Unicef, che si chiede – fino a che punto le nazioni ricche tollerano che i bambini più svantaggiati rimangano indietro ai margini del benessere della società? –

    (Bianca Vergati)

  • OLI 277: DIRITTI UMANI – Ricordi Ken Saro-Wiwa?

    La giornata e’ limpida, il cortile di una delle sedi dell’Universita’ di Roma Tre tranquillo sotto l’effetto del post pausa pranzo. L’attenzione e’ volta a captare tutti gli stimoli attorno, primo fra tutti le iniziative promosse sulle locandine. Sperando che almeno queste voci ciclostilate non vengano ammutolite dal sistematico sgretolamento della formazione e della ricerca italiana. Lo sguardo corre sui manifesti, come un retaggio dei trascorsi universitari, e si ferma sul volto sorridente di un uomo di colore. Il primo pensiero e’ ad un concerto ska-reggae. In realtà si tratta di una serata dedicata a Ken Saro-Wiwa, poeta, scrittore, attivista nigeriano giustiziato nel 1995, per aver avuto il coraggio di denunciare gli oltraggi delle multinazionali petrolifere sul delta del Niger e di sostenere i diritti delle popolazioni locali progressivamente depauperate delle loro ricchezze naturali. Molte associazioni si riuniranno il 10 novembre a partire dalle 20 al Brancaleone di Roma per ricordarlo a 15 anni dalla morte.
    Mi accorgo di non conoscere la sua storia, sebbene così importante ed attuale anche per noi italiani. Non solo la Shell, imputata nel processo per la morte di Ken Saro-Wiwa, ma anche l’Eni opera nella stessa zona con alta intensità drenante e vistosi versamenti di petrolio dai suoi stabilimenti nel delta del Niger.
    Mi stupisco a pensare come 30-20 anni fa la sensibilità fosse più acuta, Stephen Biko, la mobilitazione per Nelson Mandela e l’emozione per la sua scarcerazione e i suoi primi passi da uomo libero, il premio ad un film doloroso come “Un mondo a parte”. Possiamo forse giungere ad un ricordo netto ancora del conflitto in Rwanda, ma poi… Tutto si spegne sotto le luci della ribalta, l’informazione ci rimbalza da un episodio all’altro senza consentire di soffermarsi sui dettagli, i pochi che rimangono impressi sono spesso legati a volti famosi che si prestano ad iniziative benefiche. Benvengano comunque, anche se l’attenzione al problema è offuscata dalla patina della celebrità messa a disposizione.
    Una sottile dittatura mediatica, silenziosa ma pervasiva, cancella e sostituisce i ricordi con immagini d’effetto.

    La vera prigione
    Non è il tetto che perde
    Non sono nemmeno le zanzare che ronzano
    Nella umida, misera cella.
    Non è il rumore metallico della chiave
    Mentre il secondino ti chiude dentro.
    Non sono le meschine razioni
    Insufficienti per uomo o bestia
    Neanche il nulla del giorno
    Che sprofonda nel vuoto della notte
    Non è
    Non è
    Non è.
    Sono le bugie che ti hanno martellato
    Le orecchie per un’intera generazione
    E’ il poliziotto che corre all’impazzata in un raptus omicida.
    Mentre esegue a sangue freddo ordini sanguinari
    In cambio di un misero pasto al giorno.
    Il magistrato che scrive sul suo libro
    La punizione, lei lo sa, è ingiusta
    La decrepitezza morale
    L’inettitudine mentale
    Che concede alla dittatura una falsa legittimazione
    La vigliaccheria travestita da obbedienza
    In agguato nelle nostre anime denigrate
    È la paura di calzoni inumiditi
    Non osiamo eliminare la nostra urina
    E’ questo
    E’ questo
    E’ questo
    Amico mio, è questo che trasforma il nostro mondo libero
    In una cupa prigione.
                                  Ken Saro Wiwa

    http://it.wikipedia.org/wiki/Ken_Saro-Wiwa
    http://www.youtube.com/watch?v=IZSLAmygCWU
    http://www.youtube.com/watch?v=i0Z1DuDqrOU

    (Maria Alisia Poggio)