Categoria: Immigrazione

  • OLI 429 – MIGRANTI: Il walzer spietato da Ventimiglia al sud, a tempo di Migration compact

    OLI 429 – MIGRANTI: Il walzer spietato da Ventimiglia al sud, a tempo di Migration compact

    Cosa hanno in comune l’inizio dellla stagione balneare nell’estremo ponente ligure, l’insolita quantità di forze dell’ordine alla stazione Principe e la presentazione del Migration compact a Strasburgo? Se si avesse la pazienza di tessere insieme la topografia definita da questi luoghi, salterebbe agli occhi una linea che parte dalla stazione di Genova, arriva al confine di Ventimiglia per poi ripartire, alla volta dell’aeroporto Colombo di Genova, ed arrivare nel sud dell’italia.
    Ma partiamo dal principio, o da uno dei principi. La situazione dei migranti accalcati a Ventimiglia sta diventando sempre più conflittuale. La Lampedusa del nord, il luogo in cui si accalcano i migranti che hanno come meta altri paesi d’Europa e non vogliono quindi essere costretti a rimanere in Italia, cerca soluzioni per dare una sistemazione ai migranti, che al momento hanno trovato rifugio sulla spiaggia alla foce del Roja e nella chiesa di Sant’Antonio ma che presto saranno trasferiti al centro sportivo PalaRoja, convertito in un centro di accoglienza provvisoria.
    Ma la stagione balneare si avvicina e si cerca una soluzione per effettuare una operazione di “whitewashing” in vista dell’arrivo dei turisti.
    Quindi, ormai da poco più di una settimana, sono iniziati dei veri e propri rastrellamenti a Ventimiglia che si concludono con la raccolta di un numero di migranti pari a quelli che possono essere accompagnati su un pullman, ciascuno accompagnato da un poliziotto.
    I rastrellamenti non avvengono soltanto a Ventimiglia, ma anche alla stazione di partenza: la stazione di Genova Principe in questi giorni presenta un affollamento inconsueto di forze dell’ordine, che effettuano controlli mirati (e selettivi) sulle persone per rastrellare i migranti in partenza per Ventimiglia. Controlli a tappeto anche sui treni. diretti verso la frontiera.
    Torniamo a Ventimiglia: una volta riempiti, i pullman partono alla volta dell’aeroporto di Genova. Ai migranti vengono sequestrati i cellulari, affinché non possano informare sulla destinazione. A Genova i pullman arrivano dall’autostrada direttamente sulla pista, le operazioni sono fatte in sordina, lontano dai passeggeri comuni in arrivo o in attesa di imbarcarsi.
    Quindi i migranti vengono trasbordati sul bus interno dell’aeroporto dove vengono perquisiti e poi caricati sull’aereo. I vettori sono charter della Bulgarian Air o di Mistral Air/Poste Italiane, la destinazione il sud Italia. Arrivati qui, ritornano al punto di partenza, cioè negli hot spot dove erano in alcuni casi pochi giorni prima, e cercano nuovamente di raggiungere Ventimiglia, in un disperato movimento perpetuo.
    A chi giova trattenere in questo grottesco balletto persone che vorrebbero soltanto essere libere di lasciare l’Italia?
     I costi di queste operazione, tra mobilitazione delle forze dell’ordine, i trasferimenti e la gestione dei centri di identificazione, sono altissimi per l’Italia. I costi umani per persone, già sradicate dalla propria vita e spesso in fuga da pericoli che ne minacciano la sopravvivenza, sballottate come pacchi e private della libertà personale, sono inimmaginabili.
    Forse queste operazioni vanno lette alla luce della recente presentazione del Migration Compact, il piano UE per l’immigrazione, che prevede la stipula di accordi con i paesi di provenienza, in particolare con Etiopia, Eritrea, Niger, Nigeria, Mali, Libano e Giordania.
    Gli accordi, formulati sul modello di quelli già stipulati con la Turchia e con la Libia prevedono il ritorno dei migranti nei paesi d’origine. Spesso però i paesi da cui i migranti scappano sono retti da regimi dittatoriali e repressivi, finanziati dai soldi europei purché si riprendano le persone fuggite. Che il walzer Ventimiglia – Genova – Sud Italia sia il preludio dell’”Aiutiamoli (a morire) a casa loro”?

    (Eleana Marullo)

  • OLI 420: SCUOLA – Quante bambine perdute?

    Incontro la Maestra Tina in via Cairoli, è furibonda.
    La settimana scorsa, mi racconta, ho finito il giro delle scuole del circondario. Ogni anno, ad inizio anno scolastico, vado a trovare i miei bambini che sono andati in prima elementare, parlo con le maestre e vedo come stanno. Ma non riuscivo a trovare O. Pensando che fosse tornata in Bangladesh sono andata al negozio di frutta e verdura del papà per avere notizie.
    Quando mi vede il papà mi accoglie sorridendo, gli chiedo della bambina e mi dice che è a casa con l’ultima nata. – E la scuola? – Quale scuola? Mi risponde lui. – In Italia tutti i bambini e le bambine devono andare a scuola. Se no vengono i Carabinieri. Il padre si scusa, dice che non sapeva, che da loro non usa. – Mi aiuti lei maestra! E così l’ho accompagnato a fare l’iscrizione a scuola. Ma pensa, quanti mesi ha perso O. di scuola e quanti mesi ha perso la scuola per lavorare con O.? Una bimba sveglia, curiosa, che ha voglia di imparare.
    Ma come è possibile che una bambina nata in Italia, che ha fatto la scuola materna nel nostro paese, ad un certo punto sparisca così? Quale sistema di vigilanza abbiamo? La domanda della maestra è importante, e io la ringrazio. Se non ci fosse lei, che di sua iniziativa e utilizzando il suo tempo libero, va a trovare i “suoi bambini”, nessuno si sarebbe accorto di O. E chissà se ci sono altre O. che vivono chiuse tra le mura domestiche ad allevare fratellini, a cucinare e a lavare, a soli sei anni, magari di fianco a casa nostra, che hanno condiviso la stessa aula dei nostri figli l’anno precedente.
    (Arianna Musso)

  • OLI 411: IMMIGRAZIONE – Ingiustizie della burocrazia

    La parificazione del migrante al cittadino italiano in materia di autocertificazione non è ancora piena (parificazione). Ne sono esclusi tutti i certificati che sono richiesti esplicitamente da disposizioni del Testo Unico sull’immigrazione o dal suo Regolamento di attuazione. Il 22 agosto 2014, è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il decreto legge 119/2014, che rinvia la piena parificazione, per la quarta volta, al 31 giugno 2015. La cosa sta diventando una barzelletta. Se fosse consentita l’autocertificazione, nessuno impedirebbe all’amministrazione che riceva la dichiarazione sostitutiva di verificare se tale dichiarazione sia veritiera. A questo scopo, basterebbe inviare una e-mail all’amministrazione competente (e leggere poi la risposta). Per di più, lo si potrebbe fare nei soli casi in cui lo si ritenga opportuno. Tutto questo comporterebbe una diminuzione del carico di lavoro delle amministrazioni. Sembra però che i dirigenti delle amministrazioni pubbliche siano affezionate ai grandi carichi di lavoro, salvo poi lamentarsi che l’organico è sottodimensionato. Da noi, a Genova, ad esempio, si continuerà a chiedere agli immigrati che presentano domanda di ricongiungimento familiare o carta di soggiorno (ed altre domande) di consegnare il certificato di idoneità igienico sanitaria dell’alloggio. Nella nostra città, questo certificato viene rilasciato da un geometra iscritto al collegio della provincia di Genova e costa circa 70 euro. Chissà quali motivazioni ci sono alla base di questa idea “geniale”, visto, che dal 1998 fino al 2002, lo stesso certificato veniva rilasciato dagli uffici comunali costando circa 3 euro, dove veniva, semplicemente e quasi nella totalità dei casi, attestato che l’alloggio non presentava problemi igienico sanitari. Occorre, dunque che qualcuno intervenga per porre fine a questa discriminazione: non è giusto far pagare tutti questi soldi a cittadini che ne hanno un estremo bisogno e in tempi di crisi. Il Comune ha il dovere morale di riprendere il rilascio di questi certificati ai costi precedenti fino a quando avrà fine la barzelletta dei rinvii. Che intervengano gli assessori competenti e se è necessario intervenga il Sindaco in persona, sono certo che Doria farà cessare questa ingiustizia.
    (Saleh Zaghloul – immagine di Guido Rosato)

  • OLI 386: IMMIGRAZIONE – Il sogno americano sarà mai italiano?

    “Rachid il laureato”, titolava così pochi giorni fa Repubblica e i Tg hanno dedicato gioiosi servizi alla storia del giovane marocchino, 26 anni, arrivato quattordici anni fa con i fratelli e laureatosi al Politecnico di Torino, vendendo accendini e fazzoletti. I compagni stralunavano ad incontrarlo fuori dalle aule, ma poi è diventato uno di loro, la gioventù non è così classista.

    Un vanto per la nostra Università, frequentata da 66 mila stranieri, di cui 52 mila extracomunitari, un bel traguardo per il ragazzo immigrato e anche per il Bel Paese perché significano nuova linfa, nuovi talenti, che diventeranno parte della nostra società, così vecchia e così giovanilmente “ignorante”per competenze alfabetiche, secondo l’Ocse in coda ai Paesi occidentalizzati.
    Il Sole 24 ore, nel suo inserto di Economia e Società del 29 settembre, pochi giorni prima di Lampedusa, dedicava una pagina  “all’immigrazione che fa profitti”, gli immigrati sono anche produttori e consumatori. Provocatorio e un po’ “leghista”,  l’articolo analizzava invece pacatamente il saggio di Alvaro Vargas Llosa “Global Crossing:immigration, civilization, and America”: riguardo l’immigrazione non c’è nulla di nuovo e nulla da temere, si sottolineava, se non i luoghi comuni.
    Oggi l’immigrazione internazionale pesa per il 3% della popolazione mondiale e la questione islamica ne riguarda una percentuale modesta,  mentre l’argomento migliore su cui giocano i “chiusisti” è l’idea che la ricchezza, ovvero l’occupazione, sia una torta da fare a fette, ogni lavoro ad un immigrato sottrae pane ad un lavoratore autoctono. Ma, rileva l’autore, se così fosse, come mai negli Usa dal 1950 fino alla crisi del 2008, quando si è triplicata la forza-lavoro composta pure da tanti  immigrati, non si era mai registrato alcun aumento a lungo periodo nel tasso di disoccupazione?
    Si dirà poi che gli immigrati competono in prevalenza per lavori a bassa specializzazione, vanno a danneggiare una categoria di lavoratori fra i più deboli; ma sostiene Vargas, “gli immigrati hanno quasi per definizione spirito imprenditoriale”: un sesto delle start up  statunitensi è sorto per iniziativa di un americano di prima generazione. Cita esempi illustri, come Sergey Brin di Google, che lasciò la Russia da bambino, Pierre Omidyar, fondatore di Ebay, figlio di immigrati iraniani, Jerry Jang, di Yahoo, arrivato da Taiwan.
    Nel nostro Paese una larghissima maggioranza di nuovi imprenditori sono stranieri, anche sotto casa vediamo tanti negozi di frutta e verdura un tempo spariti e ora riaperti da immigrati, che cercano una chance di vita dignitosa, aiutano la nostra economia. Eppure in Italia ci vogliono fino a ventiquattro mesi per ottenere lo stato di rifugiato, e aridi, realistici conti rilevano che un rifugiato costa trenta euro rispetto ai centosedici di un detenuto.
    Curiosamente, nell’Europa, che pure considera la libertà di movimento uno dei suoi pilastri, solo un europeo su dieci è nato da genitori stranieri: al di là della pietas per il cimitero del mare, forse siamo noi del civile Antico Continente i veri chiusisti.
    (Bianca Vergati – foto di Giovanna Profumo)

  • CARTOLINE DI OLI – Immigrazione:il M5S e le leggi da cancellare

    Certo che il Movimento 5 Stelle deve chiarire la sua posizione su immigrazione e asilo, certo che non mi piace quello che sostiene sulla disumana situazione delle nostre carceri: su questo ha ragione il Presidente della Repubblica, ma è molto significativo che tra tutti i gruppi presenti al Senato della Repubblica siano stati due senatori del Movimento a presentare l’emendamento (passato in commissione) per l’abrogazione del reato di clandestinità. Questo mi piace e la dice lunga sulla drammatica situazione degli altri gruppi parlamentari. Più i parlamentari del Movimento 5 Stelle capiscono che non è soltanto questione di onesti e disonesti (importantissima, per carità), più si emancipano dal loro capo (Grillo ha già dichiarato che la presentazione dell’emendamento è iniziativa personale), più mi piaceranno. Non basta cancellare il reato di clandestinità ma tutta la legge Bossi – Fini e tutto il decreto Maroni sulla sicurezza per iniziare a ragionare sul miglioramento della Turco Napolitano. In questo concordo con quanto ha scritto Franca Fortunato nel suo articolo pubblicato su Il Quotidiano della Calabria il 09.10.2013: “Alla presidente della Camera Laura Boldrini e alla ministra dell’Integrazione Cécile Kyenge, e a quante/i volessero seguirle, chiedo con forza di alzare le loro pretese e chiedere autorevolmente la cancellazione della vergogna dei Centri di Identificazione ed Espulsione (CIE), del decreto legge sulla “sicurezza” e della Bossi – Fini. Non permettano che la loro esperienza di donne venga neutralizzata dai partiti al Governo e in Parlamento, in nome della “stabilità””.
    (Saleh Zaghloul – immagine di Guido Rosato)

  • LE CARTOLINE DI OLI: Lampedusa, Nobel, governo e una legge assassina

    (Portale della Basilica di San Lorenzo – Genova – 4 ottobre 2013)

    Non ci vogliono premi Nobel: è fuorviante, bisogna aprire le frontiere normali alle persone disperate che fuggono dalla guerra, dalla persecuzione di dittatori o di razzisti. Queste persone devono avere il diritto di arrivare regolarmente sicuri come tutti le altre persone che entrano da porti, aeroporti o valichi di frontiere terrestri, non devono essere costrette a consegnarsi nelle mani di scafisti e trafficanti.
    Occorre modificare la Bossi-Fini in questo senso. Mi offendono gli insulti razzisti ad una ministra italiana di colore, ma mi offende di più la presenza di una ministra di colore in un governo incapace di modificare una legge come la Bossi-Fini, incapace di cancellare il reato di clandestinità, incapace di dare il diritto di cittadinanza italiana ai figli degli immigrati in Italia, incapace di dare il diritto di voto amministrativo agli immigrati regolari.
    (Saleh Zaghloul)

  • LE CARTOLINE DI OLI – L’isola di Gorée

    Disegno di Guido Rosato

    L’isola di Gorée è annoverata tra i siti turistici più famosi al mondo per la sua storia. All’epoca della schiavitù, la maggior parte degli schiavi catturati nella sub regione di Mali, Gambia, Benin, Burkina ecc… passavano attraverso Gorée per essere “esportati” verso gli Stati Uniti, nei campi di canna da zucchero.
    Si parla di più di un milione di schiavi e per questa ragione la maggior parte dei presidenti africani, europei e statunitensi hanno visitato l’isola.
    Il sindaco Joseph Ndong è l’attuale presidente della federazione calcio senegalese ed è originario di questa località. Il primo deputato nero nel parlamento francese, Blaise Diagne, era anche lui nativo di Gorée.

    Monumento alla liberazione dalla schiavitù, Gorée
    Foto da internet

    Situata a qualche chilometro dalla capitale senegalese, Gorée prima dell’indipendenza faceva parte di quattro dipartimenti del Senegal, successivamente di Dakar, Saint Louis e Rufisque. Le persone la abitavano erano considerate come cittadini francesi, ma – nonostante la  situazione turistica – Gorée ha sempre avuto problemi di infrastrutture.
    A nord dell’isola, di fronte a Dakar, si trova un grande museo storico che è stato costruito dai francesi tra il 1852 e il 1856 ed ha preso nome dal vice Ammiraglio Jean II D’Estrée, che sottrasse l’isola agli olandesi nel 1667.
    Nel 1977 il Senegal ne intraprese un impegnativo restauro, diretto dal belga Guy Thilmans. Dopo dodici anni, il nuovo museo fu inaugurato il 3 marzo 1989.
    Chiedo ai nostri amici turisti che vogliono visitare il Senegal di dare un’occhiata a Gorée, per vedere come i nostri antenati schiavi furono trattati in quel luogo.
    (Moustapha Niang)

  • LE CARTOLINE DI OLI – Quando l’immigrazione diventa mortale

    Disegno di Guido Rosato
    Tutta la comunità senegalese è in collera dopo la morte del giovane Mame Mor Diop, 25 anni.
    Il 19 luglio, a Ventimiglia, mentre scappava dalla polizia, è caduto in acqua, secondo le informazioni raccolte da un connazionale senegalese. Il giovane Mame Mor è morto nel fiore degli anni lasciando la famiglia a cui lui provvedeva.
    Quel che è accaduto è una vergogna e dimostra ancora una volta l’incapacità dei nostri governanti a trattenere la gioventù africana in Africa.
    I giovani connazionali di Mame Mor sono uccisi o torturati ogni giorno e rischiano la loro vita in Europa per aiutare i loro genitori, mentre i nostri leader africani non cercano una soluzione per fermare l’emigrazione.

    Manifestazione di protesta a Ventimiglia
    Foto da internet

    I soldi che i giovani africani spendono per venire in Europa potrebbero essere un punto di partenza per un lavoro in Africa: il Dio che è in Africa è lo stesso che è in Europa, l’Europa non fa la fortuna, è come qualsiasi paese del mondo.
    Amici, l’Italia non può più contenere i suoi immigrati: sono milioni gli africani.
    Non è facile a dirsi, ma la realtà è che tocca a noi africani educare i giovani e far capire loro che soltanto il lavoro paga, permette di credere in se stessi e di rimanere nel proprio paese.
    Ma le autorità italiane, dal canto loro, devono essere consapevoli che l’immigrato è un essere umano come tutti gli altri e non una bestia selvaggia da cacciare e uccidere: se lascia il suo paese, è per cercare una vita migliore.
    (Moustapha Niang)

  • OLI 384: AFRICA – I governanti esiliano i giovani (ma comprano case in Europa)

    Il 1960 è l’anno di indipendenza per la maggior parte dei paesi africani, dopo molti anni di colonizzazione. Da allora, molti dei paesi africani sono rimasti com’erano prima dell’indipendenza. Eppure il continente possiede enormi ricchezze: oro, diamanti, ferro, per citarne alcune.
    Ma questo vecchio continente ha seri problemi di sviluppo.
    E’ questo che spinge i suoi giovani ad espatriare verso l’Europa e ad imbattersi in enormi problemi: alcuni prendono le canoe per raggiungere l’Europa, perdendo la vita in mare.
    Se l’Africa fosse stata ben governata, i suoi giovani non avrebbero bisogno di lasciarla ma, purtroppo, non è questo il caso. E’ l’ora che i governanti sappiano che l’Africa non appartiene a loro ma ai suoi figli. I governanti devono fare in modo che i giovani africani rimangano nei propri paesi. Per farlo, si devono utilizzare le risorse del continente per servire il paese, creando lavoro per i giovani. Ma la maggior parte dei governanti usa la ricchezza per il profitto della propria famiglia. Alcuni comprano grandi case in Europa o in Asia.
    Quando l’Africa uscirà da questa dittatura, che continua a crescere, allora i giovani sapranno che l’Africa appartiene a loro e prenderanno in mano il destino del continente. La ricchezza, l’intelligenza, la capacità e la forza intellettuale non sono utilizzate, di chi è quindi la colpa?
    (Moustapha Niang – traduzione Eleana Marullo – foto Giovanna Profumo)

  • OLI 380: ESTERI – Voci dalla stampa internazionale

    La Siria rimprovera Erdogan per la violenza contro la rivolta turca
    New York Times, 1 giugno 2013 (Reuters): “La Siria ha allegramente rovesciato i tavoli sul primo ministro turco Tayyip Erdogan, sabato, per la sua risposta alle manifestazioni anti-governative, chiedendogli di fermare la violenta repressione delle proteste pacifiche o dimettersi” … “ le tv di stato siriane hanno trasmesso ore di filmati in diretta da Istanbul, dove migliaia di manifestanti si sono scontrati per il secondo giorno con la polizia che ha sparato gas lacrimogeni e cannoni ad acqua.” http://www.nytimes.com/reuters/2013/06/01/world/middleeast/01reuters-turkey-protests-syria.html?hp&_r=2&

    Erdogan definisce l’alcolismo:
    The Australian (APP): “Coloro che bevono sono alcolisti,” ha detto (Erdogan), prima di aggiungere: “Non voglio dire tutti, ma coloro che bevono regolarmente”
    http://m.theaustralian.com.au/news/breaking-news/erdogan-rejects-dictator-claims/story-fn3dxix6-1226655594916

    Erdogan: I social network sono la peggiore minaccia alla società.
    New York Times, 03 giugno 2013: “Ora abbiamo una minaccia che si chiama Twitter” ha detto. “I migliori esempi di bugie possono essere trovati lì. Per me, i social media sono la peggiore minaccia alla società.”
    http://www.nytimes.com/2013/06/03/world/europe/turkey-premier-says-protests-will-not-stop-plans-to-demolish-park.html?ref=todayspaper&_r=1

    Fosse accaduto in un paese musulmano sarebbe stato in prima pagina.
    The Times of Israel, 04 giugno 2013: “Una studentessa è stata espulsa da una scuola ultra-ortodossa per infermieri nel centro di Israele per aver messo in dubbio la sua fede.”
    http://www.timesofisrael.com/student-expelled-from-ultra-orthodox-school-for-loss-of-faith/

    Israele pianifica di espellere gli immigrati neri
    The Guardian, 03 giugno 2013: “Israele ha in programma di inviare migliaia di migranti africani in un paese non identificato, secondo un documento del tribunale, nel tentativo di affrontare una delle questioni più pressanti di Israele: cosa fare con un afflusso di circa 60.000 migranti africani che sono entrati di nascosto in Israele dall’Egitto nel corso degli ultimi otto anni.”
    http://www.guardian.co.uk/world/2013/jun/03/israel-plan-migrants-deport-east-africa
    (Saleh Zaghloul)