La conoscenza della lingua italiana è senza dubbio un fattore molto importante per l’integrazione e l’inserimento sociale e lavorativo e gli stessi immigrati sono i primi a considerarla tale e a chiederne l’organizzazione di corsi di insegnamento. Tutta un’altra cosa è quella di usare la conoscenza della lingua per escludere gli immigrati da diritti e servizi: è il caso dell’obbligo, che scatterebbe dal 9 dicembre 2010, di superare un test di lingua italiana per ottenere il permesso di soggiorno CE (ex carta di soggiorno). Una misura prevista dal primo pacchetto sicurezza del governo Berlusconi.
La carta di soggiorno (ora permesso CE) ha una durata a tempo indeterminato ed è stata istituita per consolidare la situazione di coloro che soggiornano regolarmente in Italia da lungo periodo (almeno 5 anni) e per risparmiare loro (ma anche ai lavoratori degli uffici immigrazione delle questure e degli sportelli unici delle prefetture) la lunga, costosa e faticosa pratica del rinnovo del semplice permesso di soggiorno. Fino a quando l’immigrato non ottiene la Carta di soggiorno rischia sempre (ad ogni rinnovo ed ogni volta che perde il lavoro) di perdere il Permesso di soggiorno e di diventare irregolare o “clandestino”. Chi è senza Permesso di soggiorno è costretto a lavorare in nero ed è più esposto al ricatto della criminalità. Un pacchetto “sicurezza” degno di questo nome avrebbe dovuto facilitare il rilascio della Carta di soggiorno, un documento che consolida la regolarità del soggiorno, ad oggi posseduto solo da una minima parte dei soggiornanti di lungo periodo, che teoricamente ne avrebbero diritto, a causa dell’applicazione restrittiva di una norma migliorabile.
Coincidenza vuole che venerdì scorso, a pochi giorni dal 9 dicembre, è stato presentato il 44° Rapporto Censis dal quale risulta che l’85% degli immigrati ha una conoscenza della lingua italiana almeno sufficiente: l’8,9% ha un’ottima conoscenza, il 33,1% ne ha una conoscenza buona, per la gran parte (circa il 43%) il livello è sufficiente, mentre la quota di chi non conosce a sufficienza l’italiano risulta pari al 15,1% del totale. E’ difficile non conoscere la lingua italiana (livello A2, italiano per principianti) dopo 5 anni di soggiorno regolare in Italia (sommati a qualche anno di soggiorno irregolare). Test inutile che finirà per aggravare la situazione degli sportelli unici per l’immigrazione già alle prese con pratiche arretrate di sanatoria, flussi, rinnovi, ricongiungimenti, ecc, e minacciati di perdere 650 lavoratori precari. Test inutile che costerà allo Stato significative risorse finanziarie in una fase delicata dove non si trovano risorse per necessità sociali molto importanti.
(Saleh Zaghloul)
Categoria: Immigrazione
-
OLI 281: IMMIGRAZIONE – Conoscere la lingua è fondamentale per l’integrazione, il test di italiano la ostacola
-
OLI 279: IMMIGRAZIONE – Il permesso che vorrei
La settimana scorsa ha visto la realizzazione in numerose città italiane di iniziative di solidarietà con i migranti di Brescia e contro il lavoro nero dei migranti a Genova CGIL e ARCI hanno organizzato un presidio davanti alla prefettura giovedì scorso ed una delegazione ha incontrato il prefetto. Pare che la mobilitazione abbia avuto qualche risultato: il governo ha accettato venerdì scorso due ordini del giorno, uno firmato da deputati del centro sinistra e l’altro da deputati del centro destra, che chiedono di estendere la regolarizzazione anche ai lavoratori non domestici. Negli ordini del giorno accettati dal governo si chiede inoltre di estendere la durata del permesso per ricerca di lavoro (oggi è di appena sei mesi), per evitare che chi ha perso il posto a causa della crisi economica diventi irregolare e soggetto all’espulsione. I deputati del Pdl hanno chiesto inoltre al governo di rispettare i tempi per i rinnovi dei permessi di soggiorno, mentre il Pd ha chiesto di convocare un tavolo istituzionale sul tema delle truffe a danno degli immigrati e prevedere una normativa in tempi brevi che permetta a questi stranieri di denunciare la truffa subita senza il pericolo di essere espulsi dal territorio italiano.
Provvedimenti che se vengono realizzati migliorerebbero la situazione ma non bastano a risolvere i problemi della clandestinità e del lavoro nero. La Camera del Lavoro di Genova chiedeva infatti la regolarizzazione permanente (non dopo 5/6 anni di lavoro nero) dei lavoratori di tutti i settori lavorativi che dimostrano la sussistenza di un rapporto di lavoro; e, quando il datore di lavoro si oppone alla regolarizzazione, di rilasciare il permesso di soggiorno a chi denuncia e dimostra di essere impiegato in nero. Per la CGIL di Genova la lotta alla clandestinità va affrontata a monte, favorendo gli ingressi regolari attraverso quote flussi corrispondenti al vero fabbisogno del paese ed attraverso l’introduzione del permesso di soggiorno per ricerca lavoro ed il ripristino dell’ingresso per sponsor. Per evitare che chi è già regolare venga ricacciato nella clandestinità, viene richiesto di consolidarne la situazione attraverso l’abolizione del contratto di soggiorno e lo scioglimento di ogni legame tra durata di contratto di lavoro e durata del permesso di soggiorno.
In questa fase di dura crisi e con un governo insensibile alle tematiche dell’immigrazione, la CGIL propone la sospensione di questa norma o almeno il prolungamento da 6 a 12 dei mesi di disoccupazione. L’obiettivo però è l’abolizione del contratto di soggiorno che facilmente porta all’espulsione anche di chi è regolare in Italia da venti anni dopo 6 mesi di disoccupazione.
Il consolidamento della situazione dei regolari potrebbe avvenire facilitando e semplificando il rilascio del permesso CE (ex carta di soggiorno) a tempo indeterminato a tutti gli immigrati che ne hanno diritto, adottando interpretazioni meno restrittive e riformando la legge sulla cittadinanza: la più arretrata d’Europa ed applicata in modo molto restrittivo. -
OLI 277: FESTIVAL DELLA SCIENZA – I piccoli futuri italiani che amano la Torre di Pisa
Festival della Scienza. Un laboratorio prevede che i partecipanti, bambini e ragazzi delle medie, disegnino una carta geografica secondo le loro conoscenze. Gli animatori stimolano i giovani partecipanti “Che luogo conoscete, che città avete visto, che cosa immaginate?”. Animali, monumenti, bandiere, mostri, paure e la lavagna si popola.
I bambini di una tra le prime classi si siedono rumorosi sul tappeto, e sulla carta piazzano innanzitutto i continenti. Molto piccoli, di prima elementare, hanno una geografia un po’ confusa ma colorata e piena di spunti per capire il loro mondo. “Cosa ci mettiamo sulla nostra mappa, bambini?”. Uno gnomo dalla felpa grigia si alza e dice “Mettiamo la Francia” “E dove” incalza l’animatore “In Europa”.”Altri posti?” “La Spagna!-in Europa” “La Germania – in Europa”.
Una maestra interrompe il gioco e si rivolge ad un altro scricciolo dal nome e dall’aspetto esotico e gli propone “Mettiamo sulla carta il luogo da cui provengono i tuoi genitori, Mukesh?“ e lui risponde “Ah si, l’India” e con il pennarello disegna una bella India tra la Francia e l’Italia, nel bel mezzo d’Europa…
Nella stessa giornata, un altro bambino patito di geografia e proveniente dal Sudamerica, sui nove anni, scalpita. “Cosa vuoi disegnare, Juan? Un monumento del tuo Paese?”. “Si, risponde il bimbo, con un sorriso “la Torre di Pisa!”.
Qualche turno dopo un altro bambino, sempre di sei, sette anni, decide di disegnare qualcosa sul continente da cui è arrivato, l’Asia: è un posto in cui è stato da poco ed ha visto degli enormi ottovolanti: si chiama Gardaland…”.
Caso complicato, con una ragazzina cinese un po’ più grande: qualche difficoltà di lingua, tanta timidezza, ai suoi compagni che le chiedono di disegnare il suo paese o qualcos’altro, risponde che lei non sa niente, non conosce nulla, non sa disegnare e non le piace nulla. Verso la fine del laboratorio però si alza e disegna un po’ imbarazzata la cosa che le è venuta in mente: la Torre di Pisa.
Sembra proprio che queste terze generazioni, questi giovani studenti abbiano ben chiaro qual è il loro Paese e si riconoscano in esso, nella sua lingua, nei suoi luoghi e monumenti. Peccato che non si possa affermare il contrario, visto che il Paese – con le sue leggi miopi – non li riconosce come propri cittadini.
(Eleana Marullo)
-
OLI 277: IMMIGRATI – Meno male che ci sono Costituzione ed Unione Europea
Nello scorso settembre sono state emesse tre sentenze di vari livelli di giudizio che hanno tutelato i cittadini immigrati dalla discriminazione di una pubblica amministrazione inefficiente e “poco amica” degli immigrati:
1) Il Consiglio di Stato, con sentenza del 29 settembre 2010, ha dato ragione ad un cittadino straniero al quale la questura di Bologna aveva rifiutato il rinnovo del permesso di soggiorno solo perché il suo reddito non era sufficiente. Per il Consiglio di Stato, invece, occorre che in sede di revoca o rifiuto del permesso di soggiorno sia rispettata la Convenzione europea dei diritti del uomo (del 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con legge 4 agosto 1955 n. 848) e si tenga conto della situazione familiare dello straniero. Lo straniero in questione è “coniugato in Italia e con figli minori – uno dei quali nato in Italia – frequenta le scuole italiane”.
2) Il Tribunale Amministrativo Regionale della Lombardia, con sentenza del 21 settembre 2010, ha dato ragione ad una cittadina dello Sri Lanka alla quale il Comune di Milano aveva revocato il sussidio integrativo al minimo vitale in quanto non titolare del permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo (ex carta di soggiorno), ma in possesso del solo permesso di soggiorno con validità biennale. Il TAR della Lombardia invece ha fondato la sua decisione sulla sentenza 187/2010 della Corte Costituzionale che ha dichiarato incostituzionale la norma che esclude gli immigrati regolarmente soggiornanti privi del permesso CE dal diritto all’assegno di invalidità.
3) La Corte di Cassazione, con sentenza 19893 del 20 settembre 2010, ha dato ragione ad una cittadina ecuadoriana alla quale la Questura di Genova aveva rifiutato il rinnovo del permesso di soggiorno in quanto nel 2006 si era separata dal cittadino genovese con il quale si era sposata nel 1999. Per la Cassazione, invece occorreva applicare il decreto legislativo n. 30 del 2007, di attuazione della direttiva 2004/38/CE relativa ai diritti dei cittadini dell’Unione Europea e dei loro familiari, in base al quale la cittadina ecuadoriana ha il diritto al rinnovo del permesso di soggiorno in quanto il suo matrimonio aveva avuto una durata superiore a tre anni.
Tre sentenze che dimostrano l’arretramento e la chiusura della politica italiana nel governo dell’immigrazione, dove, per trovare basi giuridiche positive che aiutino l’integrazione degli immigrati ed il rispetto dei loro diritti, occorre ritornare alla Carta Costituzionale del 1948 o rivolgersi all’Europa, alle sue direttive e convenzioni.
Le tre sentenze dimostrano inoltre che non c’è cosa più falsa di quella che propagandano partiti e giornali xenofobi a proposito di legalità ed immigrazione. La legalità ed il rispetto della legge è un interesse concreto degli immigrati i quali si rivolgono volentieri ai giudici che spesso ristabiliscono la legalità dando loro ragione. La verità è che Costituzione, Unione Europea, legalità, leggi, regole e giudici danno fastidio ai più forti, ai più ricchi ed ai razzisti.
(Saleh Zaghloul) -
OLI 275: IMMIGRAZIONE – Puglia, la Corte Costituzionale da ragione a Vendola
Il Presidente del Consiglio aveva chiesto l’intervento della Corte Costituzionale sollevando la questione di legittimità di alcune disposizioni della Legge Regionale Puglia sull’Immigrazione (L. 22/2010). La sentenza della Corte Costituzionale n.299 del 22 ottobre 2010 ha dato ragione all’operato della Regione governata da Vendola su almeno tre questioni importanti:1) Il Testo Unico sull’immigrazione garantisce l’assistenza sanitaria gratuita agli immigrati irregolarmente soggiornanti per le cure urgenti o essenziali, anche a carattere continuativo, e prevede inoltre che a loro sia rilasciato un tesserino con il codice STP (Straniero Temporaneamente Presente). La legge pugliese prevede che gli assistiti con il codice STP abbiano diritto alla scelta del medico di base. Il governo ha protestato contro questa misura non prevista dalle disposizioni nazionali ma la Corte Costituzionale ha dichiarato legittima questa disposizione.2) Il governo, modificando il Testo Unico sull’immigrazione, con la legge 132/2008, ha escluso i cittadini dell’Unione Europea (ad esempio i romeni) non iscritti all’anagrafe dall’assistenza sanitaria gratuita di cui fruiscono i cittadini non europei irregolarmente soggiornanti. La legge pugliese invece prevede per i cittadini appartenenti all’Unione Europea privi dei requisiti per l’iscrizione al sistema sanitario l’assistenza gratuita con il codice ENI (Europeo Non in Regola) con le stesse modalità per l’attribuzione e l’accesso alle prestazioni previsti per i cittadini irregolari non appartenenti all’Unione Europea assistiti con il codice STP. Berlusconi ha protestato ma la Corte Costituzionale ha dichiarato legittima anche questa disposizione.3) La Legge Regione Puglia n. 22/2010, infine, usa la vecchia formulazione del Testo Unico, cancellata dalla modifica governativa, per stabilire che “le disposizioni della legge regionale si applicano qualora più favorevoli anche ai cittadini appartenenti all’Unione Europea”. Una norma di buon senso che non è piaciuta al governo Berlusconi, che ha sollevato la questione di legittimità costituzionale; e la Corte, anche in questo caso, ha dichiarato la legittimità della norma.Tre provvedimenti di diritto, di buon senso, di civiltà e di provata costituzionalità che insieme all’iscrizione a tempo indeterminato al Sistema Sanitario Regionale degli immigrati regolari (vigente sempre in Puglia) attendono di essere adottati dalla Regione Liguria e dalle altre Regioni di centro sinistra.(Saleh Zaghloul) -
OLI 274: IMMIGRAZIONE – Decreto flussi: meglio che niente?
Stando al Sole 24Ore dell’11 ottobre, il decreto che istituisce le quote di ingresso dei lavoratori immigrati potrebbe essere pubblicato in Gazzetta Ufficiale a Novembre. L’ultimo decreto risale al 2007 e riguardava gli ingressi del 2008.
Il decreto flussi si è dimostrato uno strumento insufficiente per rendere possibili gli ingressi regolari di lavoratori immigrati necessari per l’economia e per il sistema del welfare italiano: occorrono altri strumenti come lo sponsor, il visto ed il permesso di soggiorno per ricerca lavoro e la regolarizzazione permanente, senza dover uscire e rientrare in Italia, di chi già presente e lavora in nero in quanto senza permesso di soggiorno. Il decreto flussi, inoltre, è stato usato male stabilendo quote d’ingresso molto basse non corrispondenti al vero fabbisogno del paese o addirittura bloccandole del tutto come ad esempio per il 2009 ed il 2010.
I pochissimi ingressi regolari hanno incentivato gli ingressi clandestini ed i trafficanti, e le norme rigide ed autolesioniste sul rilascio e il rinnovo del permesso di soggiorno (il legame tra contratto di lavoro e permesso di soggiorno ovvero il contratto di soggiorno), hanno finito per ricacciare nella clandestinità persone che avevano faticosamente ottenuto il permesso di soggiorno. Perciò il decreto flussi è stato utilizzato dai datori di lavoro per regolarizzare i loro lavoratori impiegati in nero. Tutti sanno dell’assurdo viaggio di andata (nel paese d’origine) e ritorno (in Italia) al quale è costretta la maggiore parte dei lavoratori, anche i pochi fortunati le cui pratiche sono andate a buon fine. L’assurdo è che il legislatore lo sa benissimo, e che, sapendolo, invece di sistemare il tutto in Italia risparmiando ai lavoratori ed ai loro datori di lavoro il costo di un inutile viaggio, impone la più rigida delle interpretazioni della legge, che ammette alla regolarizzazione solo lavoratori non presenti in Italia, costringendo i lavoratori ad uscire clandestinamente dal Paese.
L’esigenza di serietà e razionalità di governo che la crisi ormai richiede fortemente porterà prima o poi ad una revisione della legge sull’immigrazione in senso più favorevole agli interessi generali del paese. Non è possibile, ad esempio, realizzare una seria lotta all’evasione fiscale e contributiva continuando a dire “no” ai datori di lavoro onesti che chiedono che venga rilasciato il permesso di soggiorno ai loro lavoratori irregolari oggi costretti a lavorare in nero, e di poter dunque versare nelle casse dello Stato i contributi previdenziali (ed indirettamente le tasse e le imposte) per loro.
Fino a quando ciò non avverrà è impossibile concordare con chi – come il governatore del Veneto Luca Zaia – propone di limitare le quote del decreto flussi, perché l’unica conseguenza sarebbe impedire a molti immigrati che già lavorano in quella regione, di regolarizzarsi, costringendoli a continuare a lavorare in nero.
Provoca quindi un certo sconcerto vedere che ad essere d’accordo con Zaia ci sia Paolino Barbiero, segretario provinciale della Cgil trevigiana: un dirigente sindacale, un rappresentante dei lavoratori.
(Saleh Zaghloul) -
OLI 265: IMMIGRAZIONE – I clandestini messicani e la lattuga
Dalle indagini Demos (Repubblica del 14 giugno) si scopre che ora in Italia l’immigrato fa meno paura: soltanto il 37% degli italiani che ha problemi di lavoro, guarda con diffidenza l’immigrato e pensa che “quello” gli stia rubando il posto. L’Italia è un paese sempre più multietnico, come rileva Istat, con una crescita pari al 7% di stranieri nel 2009 rispetto all’anno precedente. In più l’emigrazione sembrerebbe non conoscere crisi, in Italia come nel mondo. Secondo le tabelle del rapporto della Word Bank Migration and Development, gli emigrati nel mondo, contro ogni previsione e nell’anno della crisi, hanno spedito nei paesi di origine 338 miliardi di dollari. (Il Sole 24 ore del 10 giugno).Pur avendo il ciclo negativo del mondo industrializzato causato un rallentamento di nuovi arrivi, non ha scoraggiato quelli già in loco, certi di trovare una situazione migliore comunque rispetto al loro paese e che li convince a resistere per un futuro migliore per i figli. Inoltre la più decisiva spiegazione attiene al tipo di mansioni che generalmente svolge l’immigrato: terziario, operaio, edile, agricolo o servizi alla persona, che risentono poco di fluttuazioni negative del mercato. Una situazione che li rende indispensabili e che per paradosso viene vista da molti disoccupati “locali” come una rendita di posizione.Vedi gli operai stranieri nel ricco nordest italiano, pure in crisi.Tutto il mondo è paese però. L’Arizona che si lamentava dei clandestini messicani, deve adesso fare i conti con la lattuga.La durissima legge contro gli immigrati irregolari, varata il 23 aprile dal governatore repubblicano signora Jan Brewer, rischia infatti di trasformarsi in un micidiale boomerang per la più fiorente e ricca produzione agricola dello stato. In queste terre si coltiva, impacchetta e commercializza, in tandem con la California, il 95% di tutta la lattuga americana. Un primato mondiale di 50mila tonnellate, secondo solo a quello della Cina, che per le tasche dei farmer dell’Arizona vale 1 miliardo di dollari l’anno con manodopera poco costosa e assolutamente insostituibile, i braceros messicani senza documenti.Un vero e proprio esercito, stimato dal Department of Labour in 2,5 milioni, fatto di pendolari che attraversano ogni giorno il confine in mezz’ora di bus. Ma, soprattutto, da uno sterminato stuolo di stagionali che da ottobre a marzo, i mesi d’oro della prelibatissima lattuga iceberg, vivono a Yuma e dintorni accampati nelle roulotte appositamente predisposte dai proprietari agricoli. Molti dei quali hanno cominciato la scorsa settimana a protestare contro il provvedimento a loro parere rischioso. Un malcontento raccolto dalla potentissima Western Growers Association, il sindacato del 90% dei produttori agricoli di California e Arizona, secondo cui la messa in fuga della manodopera illegale rischia di mettere in pericolo gran parte della produzione.Il lavoro straniero illegale dà una risposta, distorta ma reale, a una domanda del mercato. Settori come l’agricoltura, l’edilizia e, soprattutto, i servizi hanno necessità di personale introvabile sul territorio e che le politiche d’immigrazione anziché agevolare fanno di tutto per ostacolare. In quel caso l’immigrazione clandestina non solo consente enormi guadagni agli imprenditori ma offre ciò che non offre quella legale. Una forma di risposta deviata e alterata just in time alle necessità dell’economia. Che se ne infischia dei rifugiati, dei diritti di quella merce umana, e pronta a non volere la manodopera immigrata quando non serve più: Rosarno, Italia, insegna. Pronta a protestare quando gliela si sottrae. -
Immigrazione – I clandestini messicani e la natura
Dalle indagini Demos (Repubblica del 14 giugno) si scopre che ora in Italia l’immigrato fa meno paura: soltanto il 37% degli italiani che ha problemi di lavoro, guarda con diffidenza l’immigrato e pensa che “quello” gli stia rubando il posto. L’Italia è un paese sempre più multietnico, come rileva Istat, con una crescita pari al 7% di stranieri nel 2009 rispetto all’anno precedente. In più l’emigrazione sembrerebbe non conoscere crisi, in Italia come nel mondo. Secondo le tabelle del rapporto della Word Bank Migration and Development, gli emigrati nel mondo, contro ogni previsione e nell’anno della crisi, hanno spedito nei paesi di origine 338 miliardi di dollari. (Il Sole 24 ore del 10 giugno).
-
Società – Razzismo insinuante
Il nuovo razzismo, quello più pericoloso, non dichiara apertamente la propria natura. Non dice di essere contro i migranti, i neri, i rom, i musulmani, gli ebrei in quanto tali. Hitler ed il regime dell’apartheid in Sud Africa, grazie a dio, sono stati sconfitti. Il nuovo razzismo ha imparato a nascondersi, preferisce esordire con la frase “non sono razzista, ma …”, dopo di che possono seguire una marea di parole di ogni brutalità. Non sono razzista “ma i migranti rubano il lavoro, sono ladri, vendono droga, stuprano le donne” … ecc. In certi casi le frasi con il “ma” fanno anche morire dal ridere (per non piangere) come quella raccolta da un giornalista de l’Unità nei primi anni novanta: “Io non sono razzista, sono loro che sono arabi”.

