Categoria: Lavoro

  • OLI 290: 8 MARZO – Costanza e le compagne

    De Ferrari in rosa contro i femminicidi in Messico. Foto P.P.

    Sms di Costanza (*) : Ho chiamato per sapere come stai. Io sono alle prese con lo studio di altri concorsi e la prossima settimana andrò a Roma per le prove preselettive del concorso per le segreterie dei tribunali. A presto e un abbraccio a tutti.
    Sentita al telefono dice che studia di notte e nei week-end, quando non lavora. Sabato ha saltato il pranzo per non interrompere la concentrazione. Aspetta i risultati dei cinque scritti del concorso fatto per il Senato. L’accento morbido del sud adesso vira allo stanco. Ma non si arrende. Meta un lavoro vero a tempo indeterminato, con continuità di salario e contributi.
    Di Matilde la madre mi dice che ha perso il posto nella cooperativa dove ha lavorato per cinque anni. La società ha chiuso baracca. Burattino, forse lei. Matilde, laureata in psicologia, ha una bimba all’asilo e un bimbo alla scuole elementari. Unico salario quello del marito, impiegato in un ente pubblico. Da leccarsi le dita.
    Ilaria, laureata anche lei, un lavoro a tempo interminato adesso lo ha. Lavora in un ristorante sessanta ore a settimana per milleduecento euro al mese. E’ giovane. E’ rimasta un po’ indispettita da una domanda del suo capo che le ha chiesto, sornione, se si sentisse più vacca o più porca. Ultimamente orari di lavoro e stanchezza hanno avuto la meglio. Non ce l’ha fatta a partecipare alla manifestazione del 13.
    Carmen, laurea e dottorato di ricerca, ha lavorato tutto il mese di dicembre in un negozio, promuove prodotti locali in molti eventi, quando la chiamano. Il 13 è tornata da un viaggio di lavoro, non ha potuto partecipare alla manifestazione.
    Marie ha un contratto di lettrice in un’università toscana. Sono stati ridotti salari e ore a tutti i lettori della facoltà. Quando non insegna, traduce cataloghi e libri. Ha lavorato a Natale e Capodanno. La pagano con molto ritardo e candidamente afferma: “Il lavoro c’è. Sono i soldi che non ci sono più”. Il 13 traduceva.
    Del calo di attenzione rispetto al tema lavoro parla il documento dell’associazione Lavoro e Libertà, primi firmatari Cofferati e Bertinotti, che si dicono indignati dalla “continua riduzione del lavoro, in tutte le sue forme, a una condizione che ne nega la possibilità di espressione e di realizzazione di sé”. Chiedono come sia “possibile che di fronte alla distruzione sistematica di un secolo di conquiste di civiltà sui temi del lavoro non vi sia una risposta all’altezza della sfida”.
    La parabola delle donne attraversa il lavoro. Di fabbrica, ufficio, professionale o artigianale, oggi sempre più precario. Al quale si somma quello di cura in famiglia. Una sconfitta che si consuma in silenzio nelle nostre case, nei giardinetti con i figli, nell’accudire genitori anziani. Una sconfitta che disegna il profilo di una donna che non rivendica più nulla. Troppo affannata per essere in piazza. Aggiornata dall’sms dell’amica, della madre, della figlia. Che le raccontano la meraviglia di una piazza piena il 13 febbraio.
    Il prossimo appuntamento è per l’otto marzo, 8ma occasione per parlare con forza di donne e lavoro. La libertà, per troppe, ha da venire.
    Sito di Se non ora quando
    (*) Oli 273 
    (Giovanna Profumo)

  • OLI 290: PAROLE DEGLI OCCHI – Non toccate il cantiere di Riva

    Lotta e solidarietà per il futuro dei Cantieri di Riva Trigoso.
    Foto Giorgio Bergami.

  • OLI 288: LAVORO – I giornalisti si ribellano al lavoro sottopagato

    Il lavoro precario e sottopagato non risparmia i giornalisti. L’iniziativa di terrelibere.org, curata da Raffaella Cosentino, ha uno slogan che richiama le battaglie degli africani di Castel Volturno: “non lavoro per meno di 50 euro”. E’ una “promessa” che viene fatta, soprattutto a sé stessi, di rifiutare lavori per meno di quella cifra, simbolica e minimale, pur sempre superiore ai pochi euro che spesso si vedono offrire da quotidiani e riviste. Dalla home page del sito: “Chi aderisce alla campagna promossa dall’ebook “Quattro per cinque” non accetta più di scrivere senza garanzie. “Io mi sono sempre rifiutato – scrive Gabriele Del Grande nella prefazione – motivo per cui non ho mai scritto con una serie di quotidiani che Raffaella Cosentino cita nella prima parte del suo libro e che poi sono i quotidiani che fanno le loro battaglie ipocrite contro il precariato. Ma come ben spiega anche lei, il fenomeno è ben più vasto, e anche i principali quotidiani italiani non ne sono esenti”.
    Il sito propone l’acquisto di un libro in formato pdf a 4 euro, dal titolo “Quattro per cinque”, a memoria dei cinque proiettili ricevuti dall’auto della giornalista Angela Corica, pagata quattro centesimi a riga per l’articolo non piaciuto alle cosche locali.
    Inutile dire che l’iniziativa non ha trovato spazio sui quotidiani tradizionali che di tale sfruttamento vivono, pur essendo finanziati dallo stato e ricchi di pubblicità a pagamento. Avrà quindi ragione Beppe Grillo nella sua ormai decennale battaglia contro l’Ordine dei giornalisti e contro il finanziamento pubblico all’editoria? Il numero di firme raccolte nei suoi referendum direbbe di si.
    http://www.terrelibere.org/terrediconfine/i-giornalisti-sfruttati-si-ribellano-seguendo-lesempio-degli-africani-di-castel-volturno
    http://40per50.blogspot.com/
    (Stefano De Pietro)

  • OLI 280: LAVORO – Killerjeans

    L’industria tessile, da sempre, è stata nell’occhio del ciclone per le sue lavorazioni inquinanti e pericolose per la salute. La globalizzazione del mercato e della produzione hanno risvegliato antichi problemi che da noi in Europa sembravano superati, mentre in realtà, a quanto pare, sono stati solo trasferiti lontano dalla vista dei consumatori. Un esempio di questo modo di operare è la sabbiatura dei jeans, necessaria per dare quella apparenza di consumato, schiarito, usato, tanto cara ai nostri fashion-designer. Tralasciando quelli che sono i presupposti psicologici che portano all’adozione di questa moda, resta però sul piatto una lavorazione che ha dimostrato di essere molto pericolosa per la salute delle persone, quando eseguita senza alcuna protezione.
    La “Clean Clothes Campaign” marca oggi un primo risultato, molto importante per migliaia di persone che effettuano la sabbiatura in Turchia, ossia lancia un appello internazionale ai produttori di jeans e ai governi affinché questa lavorazione sia eliminata dalla produzione, sdradicando alla base i problemi che si porta dietro. Infatti dagli studi eseguiti risulta che la sabbiatura porta a silicosi già in 6 mesi di lavoro, contro i 20 anni dei minatori. Da qui il nome di killer-jeans, scelto per il prodotto sotto accusa. La Turchia si è unita a questa campagna, appoggiandola. Alcuni produttori, tra i quali Levi-Strauss, hanno dichiarato che smetteranno a breve di vendere jeans sabbiati.
    La notizia non sembra essere di grande interesse per i giornali nazionali, completamente assorbiti dalle rivelazioni di Assange: si sa che il raffreddore dei Re è sicuramente più importante del cancro dei contadini.

    (Stefano De Pietro)

  • OLI 278: ILVA – I figli dell’accordo

    Italsider 1953 –  Foto (C) Giorgio Bergami

    Adesso che Malacalza se n’è andato a La Spezia con le sue dieci bobine sulle spalle – manufatti politicamente enormi –  il sindaco Marta Vincenzi sente la necessità di ridiscutere la questione aree di Cornigliano con relativa capacità occupazionale.

    Le dichiarazioni sui quotidiani genovesi si sprecano e le istituzioni, anziché proporre un progetto proprio, continuano ad invitare Riva a cedere aree, e al tempo stesso lo coinvolgono in cordate di salvataggio del teatro dell’Opera, con un atteggiamento schizofrenico, decisamente incomprensibile.
    Nulla si dice di coloro che, dopo una collocazione negli enti pubblici durata cinque anni, sono rientrati nello stabilimento siderurgico. La stampa scrive che hanno lavorato nel mese di ottobre una sola settimana – alcuni anche meno – e sono rimasti a casa per tre.
    Nell’attesa che il rientro si armonizzi con tempi e salario più umani e che i contratti di solidarietà vengano condivisi in maniera equa tra tutti gli addetti dello stabilimento, quei lavoratori si sarebbero aspettati da Marta Vincenzi, oltre che un saluto – arrivato solo dall’assessore Margini – una riflessione politica più ampia. Per esempio relativa allo spreco di risorse umane – prima operative nei molti settori di Comune e Provincia – oggi affidate ad un programma di rientri legato indissolubilmente ad una crisi siderurgica gravissima. Che vede allontanare sempre di più il traguardo di un lavoro vero.
    La richiesta, fatta a fine settembre dal sindaco Vincenzi al gruppo Riva di versare due milioni di euro per continuare il lavori di pubblica utilità negli enti pubblici, è apparsa assai tardiva, molto simile ad uno spot per consolare coloro che dicevano che in stabilimento di lavoro non ce ne sarebbe stato per tutti.
    E non si può certo dire che il tempo per pensare e proporre non ci sia stato in cinque anni.
    Se non fosse vera questa storia sarebbe ridicola. Buffo lo spostamento dalla siderurgia agli enti pubblici per tornare in siderurgia. Strani i percorsi attraverso i quali i lavoratori dell’ILVA sono dovuti passare per essere formati e imparare nuovi lavori, grande la capacità di adattamento sempre nuova richiesta loro a fronte di un salario decisamente ridotto nella busta paga di ottobre.
    Molti di loro si dichiarano “figli dell’accordo di programma”. Ma sono solo figli dello spreco: di soldi, di risorse. E di idee.
    (Giovanna Profumo)
  • OLI 274: ILVA – Perché quegli sguardi avviliti?

    Mercoledì 13 ottobre. Fabbrica di Cornigliano, 8.30 del mattino.
    Le macchine scivolano alla spicciolata nel grande parcheggio davanti alla portineria.
    Si sono lasciate alle spalle un lungo percorso costeggiato da container colorati.
    No. Non ci sono giornalisti della stampa locale a raccontare il fatto. Anche se la prima tranche di rientri in fabbrica – 55 dipendenti – dopo cinque anni di cassa integrazione, è di certo un evento cittadino. Occasione unica per chi vorrebbe occuparsi di cronaca del lavoro.

    Le facce, soprattutto donne, sorridono beffarde all’ineluttabile. Impiegate over quaranta che si salutano e si abbracciano per poi cercare nella borsa il badge, scovato nei cassetti e dimenticato per un lustro, puntualmente scambiato con l’addetto della proprietà con un pass più nuovo e meno ingiallito. Ma con la stessa foto vecchia di anni.
    La fabbrica alla loro destra sembra inerte, come chiusa dentro il suo imballo azzurrino. Alla loro sinistra il cantiere è in movimento. Un pullman – sedili imbottiti e impolverati – le accompagnerà insieme ai colleghi alla scuola siderurgica per il loro primo giorno di lavoro. Che è poi formazione.
    Nella catena di montaggio che li ha visti oggetto dell’accordo di programma donne e uomini si sono sentiti spostati come merce da una fase all’altra di un ciclo che li ha visti in azienda, poi in Comune e Provincia, ed oggi ancora in azienda. E il 13 ottobre non esitano a dichiararsi “merce di scambio”.
    Dopo di loro, a scaglioni, entreranno gli operai. Per tutti è prevista una settimana in fabbrica e tre a casa. Con salario tutelato.
    Con una proposta così di che si lamentano?
    E perché quegli sguardi avviliti?
    Gli hanno spiegato che lavoreranno meno che negli enti pubblici. Li hanno esortati a comprendere che questa è la madre di tutti gli accordi che verranno dopo. Hanno detto loro che l’offerta è talmente innovativa da essere stata d’ispirazione per il teatro dell’opera cittadino. E loro stessi hanno detto sì al contratto di solidarietà consapevoli che in cambio ci sarebbe stato il vuoto.
    Capire perché sentano di non avere in mano nulla, e perché avvertano l’assenza totale di un progetto occupazionale serio è compito di sindacato e politica. Nessuno dei due ha affrontato la questione con serietà. Nessuno dei due ha registrato i picchi di un malessere molto diffuso che insieme al salario chiedeva l’impegno su un’occupazione vera.

    In immagine, la lettera che l’assessore Margini ha inviato in questi giorni ai cassintegrati ILVA rientrati in stabilimento in ottobre.

    (Giovanna Profumo)

  • OLI 273: LAVORO – Costanza ha un progetto

    Costanza ha un progetto. E’ stata costretta a pianificarlo. Il suo contratto in una nota università del centro Italia scadrà nel 2012. E sa che le promesse di stabilizzazione, visti i buchi di bilancio, non saranno mantenute.
    Quindi, cosa ha deciso?
    Costanza ha scelto di investire denaro, tempo libero e ferie per sostenere concorsi.
    E’ dal 2008 che, sistematicamente, progetta la sua vita su questo obbiettivo.
    Costanza è una ragazza del Sud. L’accento morbido alleggerisce il racconto della sua vita, dove lavoro, studio, programmi, prove scritte e orali fanno da fondamenta delle sue giornate. E’ “davvero stressata” ammette, ma vuole farcela. Deve provare. Anche per quel solo posto da funzionario in quel comune in Toscana, che “sai, forse, sarà già assegnato, ma almeno ho la speranza di entrare in graduatoria…”.
    Nell’ordine Costanza ha monitorato i concorsi del Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca, segretario comunale, funzionario per la Crocerossa, funzionario all’Agenzia delle Entrate, Consigliere parlamentare al Senato della Repubblica, funzionario al comune di Genova. Dovrà studiare per funzionario alla Banca d’Italia, e per un posto di funzionario comunale in una piccola città.
    Oggi è felice. Ha saputo di aver passato la selezione per il Senato – 1500 iscritti, 267 ammessi – è corsa a comprare i libri mancanti per le prove scritte che si terranno dal 29 novembre al 3 dicembre a Roma. Affannata elenca le materie: “costituzionale, amministrativo, unione europea, storia contemporanea…” ed esclama: “sette posti!”. Meta che le pare ancora impossibile da raggiungere, ma certo, adesso, più vicina.
    Costanza non ha figli, né compagno. Quindi, per lei, il motto è: un lavoro vero, purché sia. Non le importa se Nord o Sud. Mappa lo stivale e pianta la sua bandiera immaginaria in qualunque luogo sia sede di concorso. La vita affettiva verrà dopo. La vita affettiva, oggi, non si può nemmeno immaginare. Consulta i siti dei bandi quotidianamente. Studia da sempre e, non avendo mai mollato i libri, le è stato più semplice proiettarsi nei codici della pubblica amministrazione. Anche, se a tratti, ripensando ai test, riconosce che è impossibile sapere tutto, essere in grado di tener botta alle domande. Spiega che alcune materie vanno studiate assiduamente per un tempo che varia dai sei mesi all’anno. E le energie, nel suo racconto, fisicamente sembrano spostarsi là. Quasi fosse un’arte marziale o la preparazione di un virtuoso musicista. Sul timore che quei posti siano comunque destinati ad altri e non a lei glissa elegantemente e lo sguardo scivola sulla durata delle graduatorie. I tre anni sono già un arco di tempo accettabile per concedere alla speranza uno spazio dignitoso.
    Costanza è una magnifica quarantenne.
    Fazio dovrebbe invitare una persona come lei in trasmissione e concederle i quindici minuti che destina a Bersani e ad altri illustri ospiti per raccontare la sua storia. La commemorazione dei centocinquant’anni di unità d’Italia passa anche attraverso le bandierine che Costanza pianta nel paese a caccia di un lavoro vero.
    http://www.mininterno.net/concorsi.asp
    http://www.simoneconcorsi.it/concorsinatto/lkz2.htm
    (Giovanna Profumo)

  • OLI 273: SICUREZZA SUL LAVORO – Dietro il velo della ipocrisia

    OLI ha deciso di pubblicare l’appello lanciato da Marco Bazzoni per il ritiro della campagna del Ministero del lavoro Sicurezza sul lavoro “La pretende chi si vuole bene”, serie di spot zuccherosi che colpevolizzano i lavoratori lanciata mentre il governo sta facendo a pezzi il Testo Unico sulla Sicurezza sul Lavoro.
    Un esempio di cui non si ha quasi traccia sui giornali? L’art. 12 del Disegno di Legge 2243 “Disposizioni in materia di semplificazione dei rapporti della Pubblica Amministrazione con cittadini e imprese”, in discussione alla Camera, prevede:

    • l’obbligo di denunciare solo gli infortuni con prognosi superiore ai 14 giorni (oggi il limite è tre giorni);
    • la cessazione dell’obbligo di segnalare alla autorità giudiziaria le lesioni con prognosi superiore ai 30 giorni;
    • l’eliminazione dell’obbligo delle aziende di tenere il “Registro degli infortuni”.

    Aris Capra, responsabile dello Sportello sicurezza della Camera del lavoro di Genova, ci fornisce dei dati interessanti: in Liguria nel 2008 gli infortuni da 4 a 14 giorni (quelli che come per magia scomparirebbero) sono stati 7804, il 38,2% di tutti gli infortuni riconosciuti. C’è bisogno di spiegare che la denuncia agli enti competenti di tutti gli infortuni ha una grande importanza per inquadrare la complessiva situazione di insicurezza di una azienda, e quindi per prevenirne il ripetersi, e il verificarsi di casi più gravi? C’è bisogno di spiegare che il registro degli infortuni, a disposizione degli organi competenti e del Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, è un fondamentale strumento di controllo e di prevenzione? Non crediamo che ce ne sia bisogno: dietro a queste norme “semplificatrici” non c’è ignoranza, ma calcolo e malafede. Sarebbe bene che gli organi di informazione dessero il loro contributo per stracciare il velo di ipocrisia governativo e farci vedere cosa c’è dietro.
    Lo fanno Il Fatto Quotidiano del 6 ottobre e L’Unità dell’11 ottobre, con diversi articoli raccolti sotto il titolo: La sicurezza sul lavoro è uno spot «vergogna». L’appello: venga ritirato. Ma sono casi isolati. Sulla nostra stampa locale riusciamo a rintracciare solo l’intervento di Antonio Perziano, segretario della Camera del lavoro, nella rubrica “Punti di vista” de Il Secolo XIX del 6 ottobre. Ci è sfuggito qualcosa?
    Prima di lasciare la parola all’appello, una piccola nota che prendiamo da Il Fatto Quotidiano dello scorso 21 agosto: “Marco Bazzoni è un lavoratore di 36 anni. Da 16 fa l’operaio in una fabbrica di Firenze che produce frantoi, presse per il settore enologico. I suoi compagni di lavoro dal 2003 lo hanno nominato Rls (Responsabile [Rappresentante, ndr] dei lavoratori per la sicurezza). Da allora è diventato un vero esperto in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro. Non c’è redazione di giornale o direttore che sfugga alle sue mail, ai suoi comunicati. Scrive a tutti”.
    Lui scrive a tutti, ma i “tutti”, a quanto pare, fanno orecchie da mercante.

    (Paola Pierantoni)

  • OLI 273: SICUREZZA SUL LAVORO – Ritirate quello spot

    Questo è un appello per il ritiro dello spot del Ministero del Lavoro: “Sicurezza sul lavoro. La pretende chi si vuole bene”. Un messaggio e due spot
    rivolti solo al lavoratore e non a tutti gli “attori” coinvolti.
    Dopo aver frantumato il Dlgs 81 del 2008 del Governo Prodi, hanno ben pensato di correggerlo con il decreto correttivo Dlgs 106/09 (sanzioni dimezzate ai datori di lavoro, dirigenti, preposti, arresto in alcuni casi
    sostituito con l’ammenda, salvamanager, ecc).
    Ora il governo cerca di rifarsi la “verginità” con spot inutili che costano alle nostre tasche ben 9 milioni di euro. Spot non solo inutili, ma anche dannosi per l’immagine di chi ogni giorno rischia la vita, e non perché gli piaccia esercitarsi in sport estremi. Spot che colpevolizzano sottilmente il lavoratore stesso, nascondendo una realtà drammatica: l’attuale organizzazione del lavoro offre ben poche possibilità al lavoratore di ribellarsi a condizioni di lavoro sempre più precarie in tema di sicurezza.
    E’ una campagna vergognosa perché oggi il lavoratore ha ben poche possibilità di rispettare lo slogan “Sicurezza sul lavoro. La pretende chi si vuole bene”, quasi che la mancanza di sicurezza fosse imputabile al
    fatto che il lavoratore non vuole bene a se stesso ed ai suoi familiari. Non dice nulla di chi deve garantire la sicurezza per legge, ovvero i datori di lavoro. Sottovaluta i rapporti di forza nei luoghi di lavoro. Non accenna
    minimamente al fatto che i lavoratori, specialmente di questi tempi, sono sempre più ricattabili e non hanno possibilità di scegliere di fronte ad un lavoro in nero, un lavoro precario e un lavoro a tempo determinato, mentre devono viceversa sottostare a ritmi da medioevo.
    La campagna dovrebbe invece avviare un processo di comunicazione diffusa, in modo da rendere nota a tutti la necessità di un impegno costante da parte di tutti gli “attori” coinvolti, soprattutto di chi deve garantire la sicurezza. Questi spot devono essere sostituiti da una campagna di comunicazione che dovrà puntare sulle responsabilità civili, penali e non ultime anche etico-morali che l’imprenditore deve assumersi per tutelare l’integrita’ delle persone che lavorano per lui.
    Via questi spot vergognosi. Pretendiamo viceversa più ispettori ASL e più risorse, affinché la mattanza quotidiana dei lavoratori abbia fine. Non si raggiunga il profitto a tutti i costi e soprattutto non lo si faccia attraverso il sacrificio di vite umane innocenti.
    Primi firmatari:
    Marco Bazzoni – Operaio metalmeccanico e Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza – Firenze.
    Andrea Bagaglio – Medico del Lavoro-Varese.
    Leopoldo Pileggi – Rappresentante dei lavoratori per La Sicurezza-Correggio.
    Daniela Cortese – RSU/RLS Telecom Italia Sparkle-Roma

    Chi vuole aderire all’appello, invii il proprio nominativo, azienda, qualifica e città al seguente indirizzo email: bazzoni_m@tin.it
    E se volete vedere gli spot …
    http://www.lavoro.gov.it/Lavoro/AreaComunicazione/CampagneComunicazione/2010/20100727_Campagna
    _Comunicazione_salute_sicurezza.htm

  • OLI 273: LAVORO – Salviamo le Cinque Terre anche da Trenitalia

    Salviamo le 5 Terre anche da Trenitalia. La tempestività con cui le Ferrovie, a ridosso degli scandali, hanno sospeso il servizio di biglietteria, presso i point gestiti direttamente dall’Ente Parco, lungo le stazioncine tanto amate da centinaia di migliaia di turisti, lascia esterefatti. Ora hanno inviato, dicono, una task force, ovvero il loro personale viaggiante che a ciglio dei binari garantirà il servizio di emissione biglietti. Circa un milione di euro di credito vantano le Ferrovie verso l’Ente Parco, quelle Ferrovie che ogni giorno dell’anno fanno impazzire i pendolari.
    Un acuto dispiacere credo abbia pervaso i cittadini per quanto è successo in quella parte di Liguria ormai famosa come Portofino, anzi di più, tra ragazzzi stranieri che arrivano qui apposta e non scendono nella piazzetta dei vip.
    Perchè apre il cuore, suscita speranze, l’allegro e incessante viavai
    di turisti che salgono, scendono per stradine, sentieri, sciamano per i vicoli dei borghi. Sono famiglie con bambini, adulti, gente di ogni età, scuole, ma soprattutto è tanta gioventù. E molti sono stranieri, vengono da ogni parte del mondo, è un tamtam sulla rete, fra Facebook, un passaparola in Erasmus a visitare quel lembo di terra italiana , patrimonio dell’Unesco.
    Funzionava tutto nel Parco, nonostante un sottobosco di innominabili, che ha distrutto una dei vanti della nostra Regione e su cui la magistratura doverosamente accerterà. Perchè intanto FS mette in crisi una gestione davvero accogliente, fatta da 200 ragazzi premurosi ed affabili? Ora da Trenitalia spiegano che è una sospensione temporanea, in attesa che venga saldato il debito, meno di un milione di euro. Proprio le Ferrovie che hanno passivi e disservizi vergognosi e qui hanno un giro di tre milioni di passeggeri.
    Al di là degli scandali, malinconici spettacoli per noi cittadini, stanchi, ammutoliti e preoccupati dal presente e dal futuro, salviamo le 5 Terre. E con loro quei 200 ragazzi che ogni giorno, sabato e domenica sempre, vi lavorano, rispondono gentili, sorridenti ad ogni dubbio del turista. Ora rischiano seriamente di essere lasciati a casa, in una Regione già così martoriata per l’occupazione.
    Saprà intervenire la politica, anche se si sa le risorse sono poche? Sono lavoratori anche loro questi ragazzi, che non hanno ammortizzatori sociali, solo alle spalle famiglie senza più parole e speranza.
    (Bianca Vergati)