Dico – Ma l’obbedienza non è più virtù

La nota riportata di seguito era stata inviata al settimanale della Diocesi “Il Cittadino”, che però non l’ha pubblicata.
Non c’è da sorprendersi per quanto un settimanale diocesano sia riuscito a scrivere la settimana scorsa sulla proposta legislativa inerente diritti e doveri delle persone conviventi. Piuttosto c’è da rattristarsi se il settimanale in questione è quello della tua diocesi cui, nonostante tutto, sei legato.


Leggo l’articolo “Si parla di Dico ma si pensa ai Pacs” (Il Cittadino, 18 febbraio 2007). Davvero è difficile intendere di quali possano essere “sul cruciale piano delle politiche sociali e di solidarietà” i “problemi più gravi di quelli che ci si ripromette di affrontare”, prodotti da tale provvedimento. Per quale strano meccanismo una famiglia fondata sul matrimonio dovrebbe subire ripercussioni negative dal riconoscimento di diritti altrui?
Perché, piuttosto, nessuno in Curia cerca di capire quale è, nella nostra diocesi, la realtà di quelle migliaia di coppie che vivono con amore la loro convivenza – etero e omosessuale – e che da questa legge avranno dei concreti benefici? Non pensano forse che tante di queste coppie frequentano le chiese e, tranne in rari casi, ne escono frustrate dalle vuote parole pronunciate dai pulpiti e non certo arricchite evangelicamente?
L’intervento del “Cittadino”, come tanti altri, non fa altro che allontanare ancora di più quanti, credenti in Cristo e nel suo messaggio profetico, non ne possono più di questa gerarchia ecclesiale: la stessa che nega il funerale a un povero disgraziato, volutamente confonde eutanasia e rifiuto dell’accanimento terapeutico, difende la vita quando non le costa nulla ma non agevola la ricerca scientifica per salvarne altre, non spende una parola di compassione davanti ad una barbara impiccagione mediatica e neppure una intrisa di sano pacifismo di fronte all’allargamento di uno strumento di morte quale una base militare, viola i più basilari principi dei patti concordatari senza rifiutare, con un minimo di coerenza e decenza, i benefici economici che le derivano dagli accordi con lo Stato italiano.
Al di là di ogni giudizio sulle interpretazioni giuridiche che si sono succedute nel tempo, è facile constatare, per esempio, che il mancato gettito dovuto all’esenzione dall’Ici di cui godono le proprietà e le attività di enti ecclesiastici anche con finalità lucrative, non è neppure comparabile alla copertura finanziaria del Ddl sui Dico…
Non c’è che da rimanere in trepidante attesa di “una parola meditata, una parola ufficiale, chiara e vincolante” di Ruini con la consapevolezza e la certezza che la Chiesa ha saputo esprimere anche altre personalità, le quali hanno rassicurato che “l’obbedienza non è più virtù”.
(Francesco Figari)