La lettera – La realtà, quella vera è fuori dai giornali

Bravi. Anche questa volta avete fatto il vostro numero, vi siete intrufolati tra le notizie e le avete sublimate nelle vostre velenose e sagaci note. Immagino già il vostro lettore tipo che scarica la posta dal suo ufficio, magari con una tazza di caffè in mano e una copia del quotidiano in borsa. Vi legge e pensa “Ma guarda come sono acuti, a questo non avevo pensato”, oppure, a seconda dei giorni, ” Questa mi pare una sciocchezza”. E, sorbendo il caffè, vi da quasi sempre ragione e magari pensa che gli abbiate dato qualche spunto per leggere la realtà.


Realtà, appunto. Ma avete voi di Oli avete un’idea, per quanto vaga, di cosa sia la maggior parte della realtà che vi circonda? Beh, quella, miei cari, non la leggete sui giornali. E, reciprocamente, quella realtà né legge o conosce voi né si avvia al lavoro col quotidiano in borsa la mattina. La realtà, quella che in questo momento un lavoro vero non ce l’ha. C’è la realtà di una, due generazioni, col cuore rattrappito da una precarietà che non mette in discussione soltanto il “drink del sabato sera” o lo “shopping di Natale”.
Questo ciarpame lo leggete sui vostri amati giornali, miei cari, che non ne ritraggono neppure l’ombra deforme e che al massimo ogni tanto se ne escono fuori con la “storia” del mese, “precario laureato fa 8 lavori in 2 anni”, come se fosse un aneddoto. Ve la racconto io, la realtà che proprio sfugge alle vostre griglie mentali: ti affittano per due mesi, tre mesi di lavoro interinale e poi a casa, e non sai come potrai arrivare al mese dopo. Ti sloghi una caviglia e devi restare a letto, oppure rimani incinta, e sei fuori. Ti ritrovi a fare tre, quattro lavori, ed in tutti vai male. Magari ti lasci alle spalle anni di studi e di titoli per arrancare dietro alla sopravvivenza a singhiozzo dei contratti a progetto. Insegui chimere di stages e scuole che ti promettono occupazione e invece non fanno che accrescere l’iper-qualificazione che ti rende così poco appetibile al mercato del lavoro.
Allora sale, da dentro, una mano fredda che ti afferra e preme, la senti dolorosamente sulla superficie delle viscere, e ti tira giù, là dove non ci si interroga ma si cammina a testa bassa, dove pensare fa male perché aguzza la consapevolezza; meglio tirare avanti senza troppe opinioni. In quel posto non si comprano i giornali perché non si hanno i soldi ma anche perché sono tremendamente distanti dalla realtà che si vive, proprio come voi. Se tra un gioco intellettuale e l’altro vorrete un giorno dare un’occhiata alla realtà, distogliete lo sguardo dalle pantomime dei potenti che leggete sui giornali e guardate in basso.
(Daphne)