Caso Telecom – Gli osannati macellai del parco buoi

Quanti possono aver letto l’istruttivo “fondo” di Scalfari della domenica di Pasqua? Molti rifiutano a priori gli articoli di economia, pensando di non capirci niente (frutto di un’informazione classista che non a caso ha sempre tenuto lontano i subalterni dalle cose padronali); altri pensano che il fondatore di Repubblica sia una voce di partito, un partito che non c’è; i più erano fuori a far festa; insomma pochi, rispetto al gran bisogno, avranno avuto modo di capire finalmente qualcosa non tanto e non solo sul caso Telecom, quanto sulla colossale truffa che oggi passa sotto il nome di libero mercato azionario e via dicendo.


Con la lucidità e la sintesi di sempre, il grande vecchio del giornalismo italiano spiega i meccanismi -sia chiaro, legalmente consentiti- delle scatole cinesi e dei patti di maggioranza, per cui uno come Tronchetti Provera può impossessarsi della principale azienda tecnologica italiana, versando di proprio solo lo 0,6 per cento del capitale, per poi fare gli affari propri, a spese della massa di quegli azionisti ridotti a rango di ossi dea spolpare. In questo senso Scalfari fa eco alle parole durissime usate da Guido Rossi, già presidente di Consob, Montedison, ultima Telecom, insomma uno che le cose le conosce direttamente e che nei giorni scorsi non ha esitato a paragonare certe scorribande borsistiche con quelle della Chicago anni trenta. Gangsterismo o qualcosa di simile. Il tutto reso possibile dalla mancanza di “una griglia di istituzioni capace di rappresentare e difendere quella maggioranza polverizzata e senza voce” che il linguaggio borsistico definisce con rea lismo “parco buoi”, animali da macello.
Le vittime predestinate si identificano nell’azionariato popolare, ossia i piccoli e medi risparmiatori che le banche controllano e convogliano verso i vari forni inceneritori (casi Parmalat, Bond argentini, ecc.). Bastano questi pochi cenni per rendersi conto del gran lavoro moralizzatore, o semplicemente riequilibratore, che aspetta un governo che si rispetti, a maggior ragione se di centrosinistra. Le riforme, quelle vere, potrebbero cominciare saggiamente, impedendo questi giochi di potere alle spalle di un ceto medio diffuso, da sempre cornuto e mazzato. Sarebbe un modo, forse, per dare apparentemente ragione a chi grida contro i “comunisti nemici del mercato”, quello senza regole ( “Telecom, sotto accusa l’intervento di Prodi”, già strilla a tutta pagina il SecoloXIX). Ma ne varrebbe la pena.
(Camillo Arcuri)