Media e società – Chi difende i bambini dal falso buonismo

Solo l’ipocrisia regnante può spiegare il recentissimo exploit di un organo di vigilanza Rai, che con tanto di decreto ha censurato l’emittente pubblica per non avere omesso i nomi o i volti di alcuni ragazzini islamici addestrati a diventare kamikaze o tagliagola. Chi, prima di qualsiasi altro, dovrebbe proteggere i piccoli dai rischi della vita, dalla violenza in particolare, se non i genitori? Ma se un padre o una madre, con il sostegno del fanatismo collettivo, si dicono orgogliosi di spingere i figli a uccidere e uccidersi, come è possibile contestare all’informazione di aver reso noto, seppure in maniera cruda, ma efficace, simili aberrazioni?


Che questa difesa a oltranza, senza se e senza ma, degli interessi di bambini e adolescenti, puzzi di falso buonismo, di patacca, è dimostrato ogni giorno dalla realtà prima che dai media. Lo testimonia l’indifferenza generale, polizia compresa, verso le minorenni sui marciapiedi. E non sono forse speculazioni alla ricerca di audience quelle avvenute in tv sull’uccisione del bimbo di Cogne, con tanto di villetta dell’orrore in miniatura, per mettere in scena le trovate di un avvocato-politico smanioso di protagonismo? Tanto per restare in ambito locale sembra difficile conciliare il vantato rispetto verso le “fasce protette” con un tragico episodio accaduto di recente all’ospedale pediatrico Gaslini.
Una ragazza non ancora quindicenne si presenta all’astanteria dopo una notte insonne, di dolori a una gamba, così forti che si sentiva “scappare il cuore”. La dimettono con una caviglia fasciata e l’invito a tornare dopo qualche giorno; ma poco dopo la giovane muore. Il primo sospetto che la causa fosse un’embolia, dovuta alla frattura, è stato escluso dall’autopsia; e ora sono cominciati lunghi esami di laboratorio nel tentativo di dare una risposta al perché del decesso. Nel frattempo però il Gaslini, con una scelta a dir poco inopportuna, ha creduto bene di far sapere che la ragazza era obesa…
La madre, quasi non bastasse il suo dolore, ha dovuto intervenire sulla stampa per ricordare che la sua era una ragazzona alta uno e ottanta, sportiva, piena di vita, non una malata. Ma a breve distanza i medici o i loro portavoce, con un’insistenza un po’ sospetta, hanno ribadito la tesi dell’obesità. Un simile comportamento si spiega forse con le loro difficoltà per un’altra morte inspiegabile di pochi giorni prima, vittima un piccino ecuadoregno; ma non sembrano estranei neppure i dettami della sottocultura regnante, per cui magro è bello (fino all’anoressia) e grasso è “out”, ovvero brutto, debole, malato. Pensare che un tempo si diceva “bello grasso” per indicare chi aveva il privilegio (di classe) di poter mangiare a sazietà.
(Camillo Arcuri)