Processi-tv – La giustizia di Ferrara sui bambini dell’asilo

Bastava il titolo, “la vergogna della giustizia”, per togliere ogni illusione circa il tenore della trasmissione tv condotta dall’intelligentone Ferrara sulla 7, subito dopo la scarcerazione di cinque dei sei accusati di abusi sui piccoli dell’asilo di Rignano Flaminio. Nessuno spazio era riservato ai tanti dubbi che pure il caso lascia e forse lascerà per sempre insoluti, soprattutto a causa dei ritardi e degli errori che hanno segnato l’inizio delle delicatissime indagini. Ma poco o nulla importava al programma di approfondire i diversi aspetti, nel tentativo di aiutare a capire qualcosa di più su quanto accaduto realmente ai 15 bambini.


Se qualcuno provava a citare particolari discordanti rispetto alla scontata tesi assolutoria, come ha cercato di fare lo psicoterapeuta Cancrini, ha avuto il fatto suo: bruscamente interrotto, zittito, gli è stato perfino rinfacciato di far parte dei comunisti italiani (forse un motivo per dubitare dei suoi titoli professionali?). Di più: con alcune testimonianze, tra cui i cronisti del Foglio di casa Berlusconi, è stata insinuata addirittura l’ipotesi che i veri sospettati di turbe a sfondo sessuale siano i genitori dei piccoli dell’asilo. Ma queste sono variazioni aberranti sul tema di fondo. Che restava quello del titolo: la “vergogna della giustizia”. Ovvero incitare al linciaggio dei giudici come risposta al linciaggio morale subito su giornali e tv da sei cittadini accusati senza prove.
La legge del taglione di Ferrara non era frutto di improvvisa indignazione. Dietro la preordinata aggressività esibita in tv, era facile riconoscere tutto l’armamentario del vecchio e mai abbandonato disegno di delegittimare la funzione giudiziaria, di dimostrare che l’opera dei tribunali non merita né rispetto né fiducia. Come ignorare gli echi dell’insistente campagna orchestrata per anni dal “partito degli avvocati” contro un cardine del vivere civile quale l’ordinamento giudiziario? In questo senso il campione mediatico dei voltagabbana ha offerto ripetute prove di fedeltà al verbo del Silvio suo signore, di cui non si possono dimenticare gli epiteti di “mentecatti” o “persecutori” riservati ai magistrati, “colpevoli” di lesa maestà per averlo processato in base a reati caduti infine in prescrizione.
(Camillo Arcuri)