Centro storico – Per la riqualificazione più soldi che idee

Prima un manifesto sulla saracinesca che denunciava “il silenzio assordante che sta distruggendo tutti”, ora un precoce annuncio di ferie estive: il locale La Madeleine, è stato chiuso a seguito di una ordinanza della Procura della Repubblica a causa del rumore che disturbava gli abitanti della zona, ed ora, di sera, la mancanza di quella luce fa venir voglia di cambiare strada.


Uno scacco pesante questa chiusura, un fallimento di cattivo auspicio che rende evidente l’assenza di soggetti autorevoli e di mediatori capaci di stabilire regole di buon senso e di farle rispettare. Qualche anno fa, ricordo, la musica dal vivo alla Madeleine doveva tassativamente cessare entro le 23.30 / 24, ed i gestori di allora (parlo degli anni 1998 – 2000) erano in grado di far rispettare questo limite. Non per questo il locale era deserto, ed anzi gruppi musicali di buon livello vi si esibivano di fronte ad un pubblico estremamente giovane, stipato nei pochi metri quadrati disponibili.
Da qualche anno invece nel nostro centro storico sembra che si debba perennemente oscillare tra draconiane iniziative di desertificazione (ultima la effimera cacciata degli artisti di strada e delle bancarelle da via San Lorenzo), e il “liberi tutti”: libero chi fa rumore fino ad ore improponibili, libero chi spaccia, libero chi inscena risse, libero chi orina per strada, mentre le popolazioni locali, rigorosamente divise per fasce anagrafiche ed appartenenze nazionali, si ritagliano come possono i loro spazi.
Tutto il tessuto sociale e commerciale della zona, del resto, ha una identità sempre più confusa, problematica e divisa. La forte espansione della imprenditoria commerciale immigrata, ad esempio, per una parte si rivolge al complesso degli abitanti, colmando dei vuoti di generi (frutta e verdura, surgelati, fast food …) e di orario, ma nella sua parte maggioritaria sta producendo una rete di esercizi indirizzati quasi esclusivamente ai soli residenti immigrati (call centers, macellerie islamiche, specifiche tipologie di abbigliamento ed altrettanto specifici esercizi di parrucchieri e di estetica, mini-markets minimalisti). Contemporaneamente iniziative pubbliche come “L’incubatore di imprese” finanziato a fine anni 90′ dal progetto Urban II hanno inseguito il sogno (rapidamente e dolorosamente infranto) di un turismo a caccia di graziose botteghe artigiane. Nel frattempo un vorticoso turn over di effimeri negozietti di regali, straccetti e collanine, si accompagna alla scomparsa, goccia a goccia, di esercizi che offrono generi preziosi e sempre più introvabili. Esempio di questi giorni un negozio di farine e cereali di via del Campo che, volendo cedere, trova solo acquirenti stranieri che lo sostituirebbero con l’ennesimo negozio di abbigliamento da sbarco.
Ora su via della Maddalena stanno per piovere parecchi soldi: un milione di euro, metà dalla Camera di Commercio e metà dal Comune, “per guidare questa zona verso una possibile riqualificazione”. Si attende di conoscere l’idea urbanistica e sociale che la indirizzerà. In via del Campo i soldi del 2004 hanno prodotto, letteralmente, solo un miglioramento estetico di facciata. Speriamo che non si replichi.
(Paola Pierantoni)