Devastazioni – Sta ai ragazzi fermare il degrado scolastico

Tutta la stampa locale del 6 novembre 2007 ha dato rilievo all’allagamento doloso del liceo scientifico Leonardo Da Vinci. A Genova, rispetto alle principali città d’Italia dove fatti analoghi sono avvenuti nei mesi passati (ad esempio a Milano, al Parini) c’è stata qualcosina in più. Il “fattaccio” infatti è stato consumato grazie ad un “blitz acrobatico” e in un momento (il ponte) che ha permesso di massimizzare i danni. La notizia che il 6 s’era guadagnata le prime pagine locali, già il 7 aveva perso il suo mordente. Mancano le prove che a commettere l’atto vandalico siano stati studenti e in particolare studenti del Leonardo. Inoltre – a detta del preside – mancherebbe una chiara finalità: “non si sa chi abbiano voluto colpire”, ha detto (Repubblica 7 novembre). Il fatto che nella cronaca del 6 novembre appariva intollerabile (il commento del docente del Colombo su Repubblica-Lavoro) è svaporato nel corso di poche ore.


E poi in tempi di violenze efferate e di malcostume diffuso che sarà mai l’alluvione di un edificio scolastico? Bisognerà scoprire i responsabili e punirli ma intanto non esageriamo. E poi, si sa, quella dei ragazzi è una corsa a stupire – i loro telefonini impiegati a documentare chi tocca di più, fa vedere di più, incrudelisce di più, fa casino di più. Non parlar troppo delle loro malefatte potrebbe essere un modo per non sollecitare il loro spirito d’emulazione. E i recenti episodi che hanno riguardato vere e proprie caccie – sempre a scuola! – al “frocio”, al “marocchino”, al “rumeno di merda”. Silenzio anche su quelli? Certo sono episodi gravi, da sanzionare, ma possono essere sciolti dal contesto quotidiano caratterizzato da un’informazione xenofoba e torbida? Vogliamo imputare ai ragazzi comportamenti che appartengono ad un quotidiano di cui sicuramente non sono loro i primi responsabili? Ma ragionando in questo modo, cioè dichiarandoli irresponsabili, non si mina alla base lo stesso progetto educativo?

Problemi molto seri di cui dibattono solo i soliti noti. Peccato perché sono problemi quotidiani su cui la scuola – insegnanti, genitori e in qualche caso anche studenti – discute e sperimenta. Purtroppo nell’indifferenza della politica e dell’informazione.

Unica recente eccezione l’articolo “La scuola di Babele. Barcellona anticipa il futuro” (Repubblica, 6 novembre 2007). Parla dell’istituto Miquel Tarradell, premio educazione 2005; scuola pubblica col 90% di figli di immigrati da 30 nazionalità e famoso come i mitici asili nido di Reggio Emilia di qualche anno fa. L’articolo merita di essere letto per esteso. L’esperimento messo gradualmente a punto a Tarradell per affrontare tensioni e violenze quotidiane si basa sulla responsabilità collettiva. Nelle classi sono nate figure di mediatori, di responsabili e di “giudici” scelti dai ragazzi, tra i “buoni” ma anche tra i duri per intervenire negli scontri, per prevenire, per migliorare. La strada dei metal-detector e delle telecamere non portava da nessuna parte, ha detto il preside. L’integrazione e il destino della scuola può solo essere messo nelle mani dei ragazzi.

Chi l’avrebbe mai detto, vero?
(Manlio Calegari)