Non abbiamo i numeri per tornare al nucleare

(Repubblica, 16 novembre 2007)
A proposito di ritorno al nucleare, abbiamo sessantamila metri cubi dì scorie radioattive di II e III categoria (con tempi di decadimento secolari) stoccati in 4 centrali nucleari dismesse. Abbiamo 4 centri di ricerca nucleari ormai chiusi e 8 impianti nucleari ormai logori e vetusti.
Dovremmo costruire un deposito nazionale di scorie radioattive grande come lo stadio di San Siro, su un’estensione pianeggiante di un chilometro quadrato, in zona non sismica, ben asciutta, poco piovosa e a bassa densità abitativa; con muri di calcestruzzo alti 10 metri e spessi 50 centimetri, al cui interno collocare un alveare di celle, sempre di calcestruzzo, dove posizionare i rifiuti a loro volta inseriti in altrettanti contenitori d’acciaio. Un deposito di scorie radioattive da controllare e presidiare militarmente per 3 secoli onde evitare possibili contaminazioni e possibili atacchi criminali.


Abbiamo finora speso 500 milioni di euro, dal 1999 al 2007, per la messa in sicurezza di queste scorie (senza riuscirci) da parte della Sogin, società pubblica e finanziata con la bolletta elettrica delle famiglie italiane.
La domanda che faccio è la seguente: un paese che non ha saputo, dopo vent’anni, chiudere con la precedente stagione nucleare pur creando un’azienda pubblica di smantellamento ha i numeri per riaprirne una nuova?
(Daniele Rovai)