Acciaierie – Le fontanine dell’Ilva al cimitero di Taranto

Da L’Unità 2 novembre 2007: “Una fontana al cimitero di Taranto: così l’Ilva si lava la coscienza” – La rabbia dei parenti degli operai morti per malattie professionali: “L’azienda offre l’acqua per i fiori dei nostri cari”.
Sandra Amurri scrive che “a Taranto è come se ci fossero state due Seveso” e ripete l’appello di Patrizio Mazza, primario di Ematologia Oncologica dell’ospedale Moscati di Taranto: “Se quella fabbrica non chiude si muore tutti!”.
E per tutti, ce n’è d’avvero: diossina, modificazione del Dna, mortalità per neoplasia molto superiore alla media. Colpa degli impianti – dice l’articolo – che “per continuare ad operare devono essere in possesso dell’AIA” (Autorizzazione Integrata Ambientale).


Il neoeletto sindaco di Taranto, Ippazio Stefàno – sinistra radicale, Udeur, Dc e Nuovo Psi, 76% di preferenze – ringrazia di cuore l’Ilva che, “senza nulla in cambio”, ha deciso di “rendersi utile” raccogliendo l’appello affinché al cimitero ci fosse la possibilità di riempire i portafiori alle fontanine. Costo dell’impianto idrico: 150.000 euro.
“Fare profitti inquinando, contro la normativa europea? E’ ciò che lei chiama nulla in cambio?” chiede la giornalista al sindaco, “Devo andare contro l’Ilva? Ma se non c’è la fabbrica, le famiglie chi le sfama? Inquina? Che la chiudano. Rivolgetevi a Provincia, Regione e Governo”. E spiega che i “giovani chiedono raccomandazioni ai politici per un posto all’Ilva”.
Cornigliano di inquinamento ne sa qualcosa. Di posti di lavoro anche. E vista da una certa distanza, questa storia tarantina, si delinea con contorni a noi noti. Mancano, certo, le sfumature di colore e quel modo di gestire politica e lavoro che nel sud può assumere i contorni di tragicomica spudoratezza. E manca quello sguardo tutto svedese di seguire l’esistenza degli individui: dalla culla alla tomba.
L’Ilva di Cornigliano è legata all’Ilva di Taranto attraverso il processo produttivo. Si lavora a Genova quello che là si produce. Se Taranto non produce, Genova non lavora. Anche i nuovi impianti di zincatura e stagnatura trovano ragion d’essere su queste basi.
Seguano i politici genovesi questa piccola storia. Quelle fontanine potrebbero riguardare anche loro.
(Giulia Parodi)