Università – Politecnico visto come secessione

Secolo XIX, 21 dicembre 2007. “Con un documento approvato all’unanimità, il consiglio di facoltà d’Ingegneria chiede l’istituzione, a Genova, di un politecnico. E’ un passo fondamentale verso l’autonomia” che, tuttavia, il resto dell’università percepisce come una pura e semplice secessione. Gianni Vernazza, preside di Ingegneria, intende rassicurare: “Il politecnico non deve nascere sulla spinta di velleità autarchiche. O per motivi di portafoglio”.
Motivi forse ce ne sono. Li suggerisce Il Secolo XIX del 6 maggio 2007: “All’Università di Genova Facoltà in lite per i fondi”. Così titolava la notizia sulle “disparità produttive” rivelate dal bilancio secondo cui Ingegneria da sola aveva ricevuto nel corso del 2006 circa la metà dei finanziamenti per la ricerca di ateneo. A ruota Medicina con poco meno del 25%.


Il dato non deve sorprendere perché Ingegneria è più vicina al mondo produttivo. Del resto, nessun ingegnere è disposto a sostenere che parte di queste entrate non debbano essere ridistribuite a favore, per esempio, delle facoltà umanistiche che per loro natura stentano a trovare finanziamenti esterni. Anche perché, come ricorda Giunio Luzzatto sul Secolo XIX del 21 giugno, i proventi esterni derivano non solo dalla operosità di chi se li procura, ma anche dalla presenza di una Università con importanti e articolate infrastrutture culturali e logistiche. Come a dire che, tutto sommato, Ingegneria è stimata anche perché fa parte dell’Università. A queste osservazioni Ingegneria risponde con un atteggiamento rassicurante. “Il Politecnico è bene che nasca come integrazione tra diverse discipline, non come isolamento degli ingegneri dal resto dell’Ateneo, dice Pier Paolo Puliafito (Secolo XIX, 21 dicembre).
Non fa invece parte della diplomazia ricordare le critiche al modo in cui è stato scoperto e poi gestito il cosiddetto “buco di bilancio”, il dissesto finanziario di 15 milioni di euro che ha fatto parlare a molti di incompetenza e che ha costretto il Senato accademico a “commissariare” la direzione amministrativa dell’Università (Secolo XIX, 8 giugno 2007). E nemmeno fa parte della diplomazia ricordare il malumore che deriva a Ingegneria, la terza facoltà più grande dell’Ateneo (295 docenti e ricercatori su un totale di 1620) dall’essere permanentemente esclusa, al momento delle elezioni del rettore, da un blocco di potere eterogeneo ma compatto ruotante intorno a Medicina, la facoltà più grande (376), e Scienze (310).
Nel dichiararsi contro la scissione dell’Ateneo, Giunio Luzzatto scriveva nell’articolo citato che “quasi sempre, si discute delle scelte universitarie, anche quando hanno importanti conseguenze sul territorio e sulle prospettive di sviluppo, solo all’interno di ristretti vertici accademici”. In un’intervista (Repubblica, 7 dicembre 2007) il presidente della Regione, che è anche un ingegnere, si pronuncia a favore del Politecnico. Il resto è silenzio.
La creazione di un Politecnico, di un istituto superiore di scienze applicate, riguarda in particolare – e da sempre – la facoltà di Architettura. Ma Architettura (85 docenti e ricercatori) finora tace. L’Università di Genova è finanziata in larga misura con fondi pubblici: colpisce che il dibattito, ammesso che ci sia, debba essere sotterraneo, che la cittadinanza ne sia esclusa.
(Oscar Itzcovich)