Parlamentari. Che cosa non si fa per diventare questore

In assenza di notizie dai giornali, proponiamo un quiz curioso (mica ci sono solo i giochini estivi sotto l’ombrellone): chi è l’onorevole ligure che per un po’ di quattrini in più e qualche altro privilegio, non ha esitato a fare incetta di voti per sé tra i banchi della parte avversa, schierandosi contro la candidatura espressa dal suo partito a Montecitorio?


In ballo c’era la nomina a questore della Camera dei deputati, uno dei tanti incarichi che vengono divisi con tacito accordo: due alla maggioranza e uno alla minoranza, secondo le indicazioni provenienti dai gruppi parlamentari. Al momento del voto in aula, ciascuno approva il proprio candidato, gli altri si astengono, e viceversa. Così la prassi.
L’eccezione, piuttosto recente, ha visto un’onorevole assumere un’iniziativa, forse non molto onorevole, certamente singolare, facendo campagna elettorale per sé non tra i propri colleghi di partito, piuttosto orientati a seguire le indicazioni del capogruppo, ma tra quelli del settore contrapposto. Si dirà, l’ambizione non ha limiti. Forse, però insieme alla gratificazione (?) di fregiarsi del titolo di “questore”, c’era anche qualcosa di più tangibile: come 14 milioni di vecchie lire in aggiunta ai 20 mensili della cosiddetta indennità parlamentare, più l’auto con autista di servizio e ammennicoli vari. Insomma un prezzo considerato sufficiente per venir meno a una linea o uno stile di coerenza apprezzabile.
A rivelare la gherminella è stato il tabellone luminoso della Camera, che a sorpresa ha attribuito una settantina di voti “imprevisti”, non della sua area, all’onorevole ligure; che tuttavia non ce l’ha fatta a superare il candidato ufficiale. L’incidente ha avuto un seguito per via delle voci a tutto volume che non pochi hanno udito fuoriuscire dallo studio ovattato del capogruppo parlamentare, deciso a impartire una sonora ramanzina all’onorevole