I cani sporcano, le persone insultano

Sto per aprire il portone di casa dopo una domenica mattina passata al Festival della Scienza quando vedo un po’ più su, all’angolo del palazzo, il solito cane che alza la gamba per pisciare. La padrona è una signorile donnetta che ai miei rimbrotti reagisce venendomi incontro per chiedere spiegazioni. Ne nasce un imbroglio in cui sottolinea con disprezzo: che il suo è un cane (“cosa devo fare?”), che non sono democratico e quindi voto per il PD (“è antidemocratico, continui a votare pd!”), inoltre che sono nevrotico e parlo come mangio perché mi sono permesso di darle del Tu e ho detto metastruttura di tutte le chiacchiere sceme con cui ha infiocchettato il suo discorso.


Va bene! Magari ero nella fase del cittadino modello che va a prenotare gli appuntamenti di un affollatissimo festival (non so quanto frequentato dai genovesi), e proietta una immagine di se di persona giusta e responsabile oppure ero “nero” per tutta una serie di questioni personali e universali legate a quella domenica mattina. Comunque sia, questa linda sciura genovese, un po’ agèe – notaio o ex avvocato o matrona di casa di professionista affermato – con il suo cane nero, della stessa razza di quelli dei malavitosi, con la sua bella giacchetta che svolazza, libera, per via Assarotti e piazza Manin di domenica in tarda mattinata, non lo può portare nelle aiuole il cane? alle Mura dello Zerbino che sono lì dietro? così l’animale fa anche una piccola sgambata e non orina contro i palazzi storici del Barabino.
E invece lo stramaledetto stronzo maleducato sono io che ho dato del Tu a lei i cui pensieri devono essere così esclusivi da toccare il cielo.
Ah! nel frattempo – mi dimenticavo! – il cane era andato a pisciare nel medesimo posto, come le avevo detto, con rancore, che sarebbe successo; da ciò nuove discussioni.
Ma sì! avrà ragione lei! mi sono detto aprendo il portone di casa anche se avvertivo ancora alle mie spalle un refolo ingiurioso che mi arrivava indistinto.
Avrà ragione perché, a lei così nobile, non è mai successo di scendere a piedi per via Assarotti alle sei di mattina, prima che ci passino a pulire, sporca sino all’inverosimile, olezzante da far ribrezzo, dove insozzarsi è inevitabile.
Se non fossi paranoico penserei che insieme al “blocco universitario” e ad “azione universitaria”, agli infiltrati, al carcere per chi occupa e alle classi diverse per gli stranieri, adesso diventa legge e pratica comune reprimere ogni banale invito alla decenza, al senso di responsabilità, al decoro (per altro borghese). L’atteggiamento della signora di cui sopra mi ricorda in effetti il poco aristocratico “menefrego!” che anche Ber. ha contribuito a sdoganare.
Oppure nei fatti è già così e io me ne sono accorto soltanto domenica mattina.
(Elio Rosati)