Intervista – Assistenza agli anziani: chi ci guadagna e chi ci perde

Nel 2003 nasce la “Asp Brignole”, Agenzia di Servizi alla Persona creata per assorbire le vecchie IPAB (Istituzioni di pubblica assistenza e beneficenza) gravate da inefficienze gestionali, carenze strutturali e da una pesante situazione debitoria.
Ma anche la Asp precipita rapidamente nel gorgo del debito e nel novembre del 2008 un accordo firmato anche dal sindacato ne decreta la fine: alcune strutture passano alla Asl3, altre restano in capo alla Asp – sempre pubblica – che però le gestirà attraverso una società privata: la Brignole Servizi Srl. Assunzione dei precari. Ripianamento del debito attraverso la vendita del patrimonio immobiliare.
Le più recenti notizie di stampa paiono tuttavia ottimistiche: un articolo sulla Gazzetta del Lunedì del 5 gennaio 2009 parla di “una probabile soluzione del caso Brignole” e di “un percorso individuato ed elaborato e quindi condiviso da tutti che dovrebbe andare in porto a breve termine”.
Ma il quadro è davvero così rassicurante? A parlarne con Antonello Sotgiu, segretario regionale della CGIL Liguria, non sembra proprio.


Genova, famosa nel mondo per l’età media elevatissima dei cittadini, come assiste i suoi anziani?
C’è una evoluzione negativa, inversamente proporzionale alla crescita del bisogno. Il mercato privato è già largamente maggioritario e rischia di arrivare rapidamente a coprire il 100% della assistenza per gli anziani che, comunque, è assolutamente insufficiente: per i posti letto extra ospedalieri siamo ad un terzo di quel che prevede il Piano sanitario nazionale, al di sotto della media del Nord Ovest e della stessa media nazionale. Inoltre e c’è una caduta nella qualità del servizio, il pubblico sta perdendo le sue competenze interne, e finisce per fare solo da portafoglio. La programmazione è sempre più nelle mani dei soggetti terzi.
La parte pubblica della assistenza residenziale agli anziani tuttavia esiste, ed è rappresentata tuttora dalla Asp Brignole.
Quando nacque la Asp Brignole nel 2003 la giudicai una bella scommessa. Avevo delle buone speranze. E invece…
E invece?
E invece la situazione è gravissima. Continua ad esserci un disavanzo strutturale annuo di 6 milioni di euro, il debito accumulato è di 26 Ml. di euro, e la speranza di ripianarlo con la vendita del patrimonio è molto incerta: il patrimonio immobiliare del Brignole è valutato a 30 ml. di euro, ma hai presente quale è oggi la situazione del mercato immobiliare? Aggiungi che una parte del patrimonio è gravato da mutui ipotecari della Carige, che gli appartamenti sono quasi tutti occupati da persone non in condizioni di acquistarli… E se il debito non viene ripianato l’azienda cessa di esistere.
E quindi?
E quindi, se le cose vanno avanti così, buona parte di questi 600 anziani verranno assistiti dal mercato privato.
Ma allora il tentativo di risanamento compiuto con la Asp è stato un fallimento completo: tu parli – mi sembra la cosa più grave – di un debito strutturale annuo di 6 milioni di euro. Di chi sono le responsabilità?
La parte pubblica non ha creduto in questa operazione. Anzi ha compiuto scelte che di fatto hanno creato le premesse perché fallisse. Te le elenco:
– l’azienda è stata fatta partire gravata da un debito pregresso di 9 milioni di euro. Il che ha comportato, già dall’inizio, il gravame degli interessi sul debito.
– al personale (giunta Biasotti) è stato riconosciuto il contratto della sanità pubblica, che prevede oneri indiretti molto superiori a quello della sanità privata, ed una parte accessoria di cui la Regione non si è fatta carico, scaricandola sul Brignole. Fai conto che l’insieme di queste due voci ammonta a circa 1,5 ml. euro / anno.
– Asl3 e Comune non hanno mai teso a garantire una piena copertura dei posti letto e dei posti nel centro diurno.
Quale era la copertura?
Per il centro diurno il 15%…
Il 15 % erano i posti non coperti?
No! Il 15 % erano i posti coperti, l’85 % quelli “liberi”.
Pare pazzesco, a Genova. E per i posti letto?
Lì eravamo ad una copertura media dell’85%.
Volevo capire una cosa: il finanziamento sia per il Brignole che per le strutture private accreditate viene dal pubblico, con le “rette”. Come è che per i privati questo settore risulta un buon affare, mentre il Brignole precipita nei debiti?
I motivi sono tre: a) Gli oneri sul debito. b) La concentrazione al Brignole dei casi più critici, i non autosufficienti, le persone dimesse dagli ospedali, che hanno necessità di una assistenza sanitaria, i cui costi non sono adeguatamente riconosciuti dalla Regione. c) I contratti applicati al personale: al Brignole quello della sanità pubblica, altrove la giungla delle sigle: Uneba Anaste, Agidae, Aiop, Aris / Sanità Privata; Cooperative Sociali.
Quali le differenze?
Il contratto delle Cooperative Sociali, il peggiore, il più diffuso, comporta una differenza di 150 / 200 euro al mese, a cui aggiungere condizioni normative molto peggiori.
Beh, a vederle passare in rassegna una dopo l’altra queste cose assumono il sapore di un sabotaggio intenzionale…
Vedi tu…
Ma l’onere di ripianare il debito, di riconoscere rette adeguate era così insostenibile per la finanza regionale?
No. E’ una questione di scelta. Fai conto che ora, per risolvere il problema ormai insostenibile delle persone dimesse ma ancora bisognose di un periodo di riabilitazione in residenza, il San Martino si sta creando una struttura di 110 posti letto. Hai idea di quanto costi in più un posto letto ospedaliero?
E il sindacato?
Anche noi abbiamo gravi responsabilità. Scarsa o nessuna gestione sugli aspetti della situazione finanziaria, della gestione dei servizi. Poi quando si è via via aggravata la situazione dei contratti precari abbiamo trattato con “la pistola alla tempia”, giungendo nel novembre 2008 all’accordo che sai.
Ma la qualità della assistenza offerta dal Brignole come è?
La qualità è ottima. Ora rischiamo di perderla.
(Paola Pierantoni)