Psichiatria – Diagnosi ricovero e posologia ma senza troppi ideali

Hanno costruito alle spalle del reparto una gabbia per polli. Ha le grate alte e verdi, del colore delle persiane genovesi, e un cancello. Gli infermieri lì non li vogliono portare. Dicono sia umiliante. Spiegano che sarebbe il pollaio per farli fumare. Se ci si affaccia dalla sala da pranzo il “pollaio” si vede: sembra il giardinetto di un asilo. Nella sala da pranzo il problema fumo è ampiamente superato dalle patologie, la sigaretta qui è sostenuta, fornita in gran quantità da parenti e amici che provvedono alle scorte anche di chi è solo e dimenticato.


A far da posacenere bicchieri d’acqua pieni a metà, colmi di cicche. In sottofondo, protetta con una griglia e posta su una mensola in alto, la TV lancia immagini distanti e difformi del paese. Qui filtra solo il necessario: biancheria, qualche dolce – talvolta condiviso con gli altri – il cellulare, gli spiccioli per il caffè e, appunto, le sigarette. Alla macchinetta delle bevande i degenti vanno sotto lo sguardo del personale, per poi sostare dieci minuti – durante l’orario di vista – su un panca antistante l’ingresso del reparto, in pigiama o in tuta, la ciabatta che dondola sul piede. Tra loro si conoscono, fanno rete, selezionano solidali e rompiscatole e si ascoltano. Nella griglia finiscono gli infermieri più buoni e meno buoni, a seconda dei turni e del carattere. Tristezza e rabbia qui vengono curate con i farmaci. La follia è sedata, allora sguardi, parole e gambe rallentano e inciampano come se qualcuno si divertisse a far loro lo sgambetto. Si dorme e si mangia. I più vitali sistemano le sedie e mettono le tovaglie – più simili a lenzuoli – sui tavoli poco prima del pranzo e della cena. Alcune portate, suddivise per paziente, vengono regalate dagli inappetenti ai più golosi in base all’amicizia e alla solidarietà. Qui il dolore è così tanto e libero che sbatte addosso come un muro. Le finestre delle stanze al pianterreno hanno i vetri zigrinati, l’esterno non è accessibile nemmeno allo sguardo ed è una luce bianca quella che filtra del giorno. Quando il reparto è pieno, l’angoscia stanzia su un letto in corridoio in attesa di sistemazione, nove volte su dieci dorme. In reparto non sono previste attività: non si disegna, non si scrive, non sono proposti libri e nemmeno film. Non si fanno maschere di carta pesta e nessun attore passa a recitare qualche brano. L’emergenza psichiatrica qui può durare anche tre settimane e oltre nell’attesa che i farmaci facciano il loro lavoro. E’ l’emergenza del presente, senza troppi ideali, che ricompone il malato e lo restituisce all’esterno con la posologia di cura più adatta alla diagnosi.
In Clinica Psichiatrica la legge Basaglia è rimasta fuori del reparto, nessuno ci creda ancora.