Elezioni/2. Un bel programma non fu mai scritto

Oltre ai manifesti – opera di Fabrizio Ferri, famoso fotografo di divi – la cosiddetta fase uno della campagna elettorale del centro sinistra è stata definita dagli interessati un “percorso di ascolto”: Burlando da solo o col suo vice, Costa, della Margherita, l’hanno dedicata ad incontrare “realtà” sociali e politiche diverse.


“Percorso di ascolto”: sono parole del lessico delle “comunità di accoglienza” e si usano per sottolineare che, per poter aiutare, bisogna prima di tutto capire. Pronunciate da politici navigati sottolineano la loro disposizione a conoscere prima di formulare il loro programma. Perché è il programma, la fase due, il cuore dell’alleanza di centro sinistra. Non a caso già dall’inizio dell’estate il programma è stato il tormentone della sua campagna elettorale: c’è, non c’è, lo stiamo facendo, è importante, non è importante, quello che conta è la “gente” che ci vota… E così via.
Eppure tra il 29 e il 31 luglio la stampa locale aveva informato che Burlando aveva già pronto un “decalogo”, un documento dove venivano indicate le priorità del centrosinistra. Nella riunione del 30 luglio, al Ducale, quella del lancio della sua candidatura, lui stesso che si era dichiarato pronto ad affrontare da subito gli argomenti più “difficili” e cioè “le tasse e gli immigrati” (assimilati – sembra – per impopolarità). Per la formulazione del programma Burlando, oltre l’ “ascolto” e le riunioni coi partiti alleati, si era anche messo alla ricerca (quotidiani del primo agosto) “di un po’ di persone che hanno fatto cose di eccellenza in Liguria”; gente che ci sapeva fare.
A costoro non doveva appartenere l’ex sindaco e magistrato Sansa che, avendo diretto, dalle pagine de la Repubblica del 27 agosto scorso, una lettera alla Festa de l’Unità-nazionale, non era stato preso in considerazione dalla dirigenza DS. Sansa invitava a cogliere l’occasione della Festa per formulare un programma elettorale semplice, non generico e “specialmente disposto ad affrontare i temi chiave della politica a cominciare dagli incombenti pessimi progetti di riforma in materia costituzionale, di federalismo, di ordinamento giudiziario alla tutela dei diritti fondamentali”. Un programma aperto alla elaborazione dei movimenti che, “nella stagione del sopruso degli uni e della timidezza degli altri”, avevano avuto il coraggio di riaprire vittoriosamente il confronto politico.
Anche Burlando, un mese prima, aveva detto che bisognava “essere aperti all’idea che anche da fuori possano venirci contributi importanti”. Alludeva però, più modestamente, alla possibilità di liste civiche.
(Manlio Calegari)