Ricordi. La “santa inquietudine” di Lucia D’Arbitrio

Lucia D’Arbitrio, “Luce del libero arbitrio”, come ha subito anagrammato qualcuno, non si è accontentata di essere un’affascinante signora della borghesia genovese; la “santa inquietudine” che l’animava le ha fatto scegliere altre strade, che ha percorso con la forza della sua convinzione, non priva però di quel tocco d’ironia e di levità che facevano di lei una persona preziosa.


Era “specialista in cause impossibili”, l’ha definita affettuosamente il giurista Guido Alpa, ammettendo tuttavia che i diritti della terra e degli animali, da lei propugnati in anteprima, ora stanno diventando realtà; mentre Luigi Manconi ha tenuto a ricordare che fu lei l’ispiratrice costante, esigente, della proposta parlamentare per riconoscere i gruppi di ricerca inter-religiosi, fino a ieri ignorati dalla legge, quasi clandestini.
Ma Lucia non faceva solo politica, nel senso più alto del termine; sapeva anche spendersi di persona. Giorgio Moroni ha citato un caso: quando per liberare un cliente di suo marito (l’avvocato Cesare Manzitti) dalle accuse di una falsa testimone fuggita poi in Australia, non esitò a prendere l’aereo e andare a scovarla dove si era rifugiata, portarla davanti al console italiano e farle dire finalmente la verità. Si capisce bene che una donna di questa tempra, quando, giovanissima, venne a Genova da Napoli, non ebbe un incontro facile con le chiusure di questa città; ma se certe sue iniziative controcorrente facevano mormorare qualcuno (aprì tra l’altro la sua casa ad amici e sconosciuti per finanziare la campagna elettorale di Carlo Rognoni dei Ds), alla fine riuscì a conquistare tutti, anche i più restii, col dono della grazia leggera che elargiva con naturalezza.
Decine di testimonianze, voci spontanee e musiche a lei care, hanno dato vita a un ricordo commosso e vibrante di Lucia, pochi giorni dopo la sua scomparsa, all’età di 48 anni vinta da un tumore incurabile. Quella di sabato 23 aprile, nella sala convegni di Portofino Vetta, è stata una commemorazione laica d’intensa spiritualità. E non solo perché a parlare di lei, c’erano quanti, compreso un sacerdote, l’affiancavano nel suo lungo cammino in cerca di verità, o quanti le erano vicini nella quotidianità degli affetti; e neanche perché il programma eseguito da alcuni giovani musicisti si è concluso col brano tenerissimo composto da Matteo in memoria di Lucia, sua mamma. Nell’aria si sentivano soprattutto le parole che aveva lasciato per i presenti: “Non prendete un’aria solenne o triste… pregate, sorridete, pensate a me”. Così è stato.
(Camillo Arcuri)