Liberazione/2. La musica della Marini? Meglio fave e salame

A Palazzo Ducale, la sera del 24 Aprile, un concerto straordinario ha festeggiato la Resistenza mettendo fianco a fianco due immagini dell’Italia diversissime tra loro.
Prima una grande signora della canzone, Giovanna Marini, con la sua splendida capacità di raccontare cantando, ci ha riportato agli anni dietro di noi.


Le Fosse Ardeatine, il 18 Aprile del 1948, la morte di Pasolini, i treni di Reggio Calabria nel 1972, la morte di Carlo Giuliani ci sono arrivati attraverso musiche e parole severe. Nessuna facile concessione. Una riduzione all’essenziale che tiene insieme emozione, ragionamento e ricordo. Un preziosissimo legame ricostruito con fatica e passione con la nostra tradizione musicale popolare.
Subito dopo “L’orchestra di Piazza Vittorio” ci porta all’Italia di oggi, alle molte nazionalità e culture che vi convivono in mondi separati e paralleli, e ai tentativi, ancora oscuri e incerti di costruire una identità civile comune.
Questa orchestra è nata nel 2002 a seguito della battaglia condotta da un gruppo di artisti, cineasti, musicisti e scrittori, per salvare lo storico Cinema Apollo di Roma dalla sua trasformazione in sala Bingo. La sala è a pochi passi da Piazza Vittorio, nel multietnico quartiere dell’Esquilino e tra le diverse iniziative organizzate per il suo rilancio c’è stata anche quella di creare un’orchestra con musicisti di comunità diverse, ognuno con il suo bagaglio di musica popolare.
Le nazionalità dei musicisti, diretti da Mario Tronco, sono Ecuador, Italia, USA, Senegal, Tunisia, Marocco, India, Argentina, Ungheria, Cuba, Romania.
Le lingue, nelle canzoni, si intrecciano, e così gli stili musicali. La musica che ne risulta è molto, molto bella.
Tutti i musicisti vivono a Roma, una musica italiana, quindi? No, una musica indefinibile, ma nata in Italia. Nata da una realtà sociale italiana. Qualcosa che inizia ad appartenerci, che non sollecita più solo l’interesse artistico o esotico per una musica di terre lontane, ma che racconta qualcosa di noi, adesso. Penso a tutto questo mentre ascolto la splendida voce araba di uno dei cantanti e guardo le immagini dei partigiani che scorrono, proiettate sul fondo, trait d’union di tutto lo spettacolo, e della nostra storia.
La parte musicale, conclusa da un gruppo francese, è intervallata da brevi letture e testimonianze sulla Resistenza. Il pubblico, un po’ bagnato e infreddolito applaude con entusiasmo.
Il TG3 delle 19.30 del 25 Aprile non fa il minimo cenno a questo evento culturale. Però ci parla di fave, salame, chierichetti …
(Paola Pierantoni)