Dinasty. L’altro D’Alema. quello dell’Amiu

Mentre Franco Manzitti lunedì 5 settembre condivide con il lettori la caccia ad un quarantenne candidabile per Tursi, il suo giornale pubblica venerdì 16 un’intervista di Raffaele Niri a un Ratzinger dei DS, D’Alema Piero Antonio, cugino di Massimo, nominato amministratore delegato dell’Amiu.


“Trentacinque anni, drago dell’organizzazione aziendale”, ammette che sarebbe “poco realista a sostenere che questo cognome pesante non aiuti, soprattutto essendo il cognome di una persona ritenuta seria e intelligente. Il mio – precisa – è un po’ il problema dei figli d’arte: De Sica, Agnelli, Maldini”. L’imbarazzo di Pericu di fronte a questa nomina –“se si fosse chiamato Sciaccaluga ci avrebbe certamente dato meno problemi”– scivola nell’intervista come un appunto irrilevante, da rimuovere con saggezza.
Niri tratteggia la figura di uno “che si fa le fotocopie da solo”, che rinuncia a week end nell’abitazione romana, che si preoccupa del salvataggio dei cassonetti dalla rabbia genoana, e si concede pause pranzo veloci per risparmiare tempo. Piero Antonio D’Alema si è “fatto le ossa in una formidabile palestra di management internazionale, la Andersen Consulting” e gli “piacerebbe lasciare un segno”, vuole che Amiu oltre ad essere “una azienda grande” diventasse “una grande azienda”.
Il nuovo A.D. detta le linee future: “spero di chiudere entro l’anno l’accordo col Comune con la stessa logica di bagni comunali e farmacie: quando li ha rilevati Amiu facevano acqua, adesso sono in attivo”; e ancora: “si possono risparmiare soldi in acquisti mirati, non è possibile che il privato con lo sport ci guadagni e il pubblico ci perda. Garantiremo le fasce deboli e lasceremo alle società gli spazi gestiti in concessione”. Per il verde – parchi di Nervi – “occorrono modelli nuovi” anche perché ben “il 72% per cento dei cittadini pensa che la qualità dei servizi pubblici locali condizioni il giudizio di chi governa la città”.
Il giudizio. Per le elezioni. Poi la tenerezza. Per quei trentenni e quarantenni genovesi che –a detta di Franco Manzitti– dovrebbero “farsi avanti in un sistema partitico e di alleanze tuttora blindato” facendo politica e assumendo “iniziative anche dirompenti su un territorio che non aspetta altro”; anche se “forse” –precisa il direttore della testata genovese– “non c’è terreno e spazio sufficiente in una politica che sembra ridotta più che altro, sia a destra che a sinistra, a sistemare i propri fedeli e gli amici degli amici, per veder nascere nuove e più giovani leadership.”
A Piero Antonio D’Alema piace “da morire” giocare a Risiko: “faccio lo splendido” – ammette – con strategie a sorpresa. Gli astri nascosti della politica genovese sono avvisati.
(Giulia Parodi)