Arrivata all’ultima puntata di Alice mi si affollano in testa un sacco di domande su quella che sarà la mia vita.
In questo posto ci sono già da un anno e mezzo, sta diventando un tempo lungo, incomincio ad avere paura. Paura di rimanerci incastrata. Di adattarmi. Di non avere più il coraggio di cambiare. Di lavorare ho bisogno, e so benissimo che fuori di qui non c’è l’Eden, che tutto in giro è pieno di lavori brutti e precari, ma è che questo lavoro … non si limita ad essere un lavoro.
Tanto più è brutto, ripetitivo, stressante, privo di autonomia, tanto più l’azienda cerca di farti il lavaggio del cervello, perché tu te la creda, perché, oltre a lavorare male, tu sia pure contento di farlo. Dovete capire che lavorare in un call center non è il classico lavoro da cui esci, chiudi la porta e sei “libero”… Lavorare in un call center significa sorridere a tutti i colleghi, vivere in simbiosi con alcuni di loro, e lasciare quella porta sempre aperta…. anche dopo l’orario di lavoro…
E’ come essere a scuola, con tanto di registro di classe e pagelline a fine mese. Manca solo la firma della mamma quando sei assente. Ecco, siamo considerati scolaretti e non lavoratori con la loro dignità. Della atmosfera scolastica c’è proprio tutto, comprese le pizzate di classe. Fantastiche mangiate e ubriacature di gruppo dove si sparla di tutto e tutti e ci si sfoga a raccontare aneddoti esilaranti sui nostri amatissimi clienti…
Ma il meglio deve ancora venire. Eh sì. Se vi chiedessi quale è per voi, più ancora delle interrogazioni, un ricordo indelebile della scuola, scommetto mi direste: la gita di classe!!!! Qua però non si chiama più gita di classe, ma “outdoor”, a noi piace l’inglese.
Come a scuola però la gita non è solo svago e divertimento, deve anche essere istruttiva…
E allora, con l’aiuto del nostro psicologo, ci fanno fare dei giochi di gruppo per incentivare lo spirito di squadra… Un esempio? La costruzione di un ponte tibetano: lo facevano anche Qui,Quo,Qua alle giovani marmotte. Un gruppo lo costruisce e gli altri si devono fidare e passarci sopra, capita la metafora? Oppure il giro nel bosco al buio tutti legati insieme da una fune. (mistico, ricorda “Il mistero della strega di Blair”) …
Poi dopo il momento “ludico” si entra in aula e si fa un pò di lezione “seria” per stimolare nelle nostre menti l’attaccamento all’azienda, naturalmente sempre con lo psicologo: ci mancherebbe!
Fantastico, no? E, come nella scuola dei vecchi tempi, chi se ne sta per conto suo viene considerato asociale, e chi frequenta i soggetti asociali viene avvertito, per il suo bene, di stare alla larga dalle cattive compagnie…
Ho 22 (ventidue) anni, e comincio ad essere stanca. E preoccupata. Non mi sento pronta a fare il giro in canoa o a scarpinare in campagna con lo psicologo alle costole, vorrei solo lavorare ed essere rispettata. Speriamo che il giorno della mia psico-gitarella sia ancora lontano…
(Laura Chioetto)