Immigrati – La voce di Padre J. contro la moneda

Basta percorrere i pochi metri che da Portoria conducono all’Acquasola, salire la decina di scalini che separano dal sagrato della chiesa di Santa Caterina, dove ogni domenica viene celebrata la funzione in spagnolo, per trovarsi proiettati in una realtà transoceanica. Famiglie, individui vestiti a festa, numerosissimi bambini e adolescenti: per la comunità latinoamericana la messa questa volta ha un valore in più.


Ad officiare padre J., un sacerdote ecuadoriano poco più che trentenne che arriva da un minuscolo paese della sierra, le cui condizioni economiche si aggravano di anno in anno con il complicarsi della crisi economica. Ma se durante l’omelia padre J. si infervora non è per denunciare lo stato di povertà del suo paese. Sarebbe come raccontare a tutto il suo pubblico una storia già nota, un messaggio che arriva quotidianamente, tredici centesimi al minuto, nei phone center diffusi capillarmente nel tessuto urbano della città.
Il motivo costante è il disfacimento dei valori sociali e familiari nella comunità emigrata. “Voi vivete qui, ancora prima di essere lavoratori qui”. Un richiamo all’eccessiva importanza attribuita ai valori materiali, un’esortazione a tenere saldi i legami resi difficili dalla lontananza nel caso di famiglie separate tra i due continenti, oppure dallo stile di vita (i ritmi di lavoro sfiancanti o la mancanza di sostegno sociale per chi arriva ed è totalmente sradicato) per chi vive già in Italia.
Padre J. è uno dei numerosi sacerdoti sudamericani che, tra i primi atti del suo pontificato, papa Benedetto XVI ha invitato in visita nelle città europee. Prima di ripartire padre J. ha chiesto di essere accompagnato per il centro storico. Una lunga passeggiata con la videocamera davanti ai locali di via Gramsci, una zoomata su piazza della Commenda. Al suo ritorno, insieme alle immagini di Madrid, di Colonia, di Città del Vaticano, mostrerà alla sua gente l’altra faccia della moneda, quella che non filtra dalle rubriche sull’emigrazione presenti su ogni giornale ecuadoriano: il percorso tortuoso, i lati oscuri e vulnerabili delle comunità emigrata.
(Eleana Marullo)