Call center – Lavoro a progetto? Un vero abuso

Da qualche tempo, per fortuna, si inizia da più parti a guardare dentro al mondo dei call centers (Vedi Oli n. 72, 73, 74, 75, 76).


Nel Regno Unito la Local Authority per la Salute e Sicurezza ha affidato allo Health and Safety Laboratory uno studio in larga scala sulle condizioni di lavoro in questo settore con lo scopo di sviluppare linee guida e buone pratiche per la azione di enti pubblici, imprenditori e sindacati. Il lungo e dettagliatissimo rapporto di ricerca pubblicato nel 2003 sottolinea che questo ambito lavorativo “assolutamente specifico” determina rischi altrettanto specifici per la salute psico-fisica di chi ci lavora. La particolarità di questo contesto sta nella natura essenzialmente organizzativa dei fattori di rischio: ritmi, scarso livello di autonomia, modalità di controllo della prestazione, monotonia, perdita di senso del lavoro e precarietà si aggiungono, aggravandoli, ai danni potenziali del lavoro al video terminale o svolto in ambienti inadeguati.
In Italia nessuna “Pubblica Autorità” ha assunto l’iniziativa di condurre ricerche di livello nazionale, ma si stanno diffondendo (Milano, Torino, Napoli, Bologna, Genova) indagini a iniziativa sindacale spesso realizzate in collaborazione con le locali ASL. Anche a Genova questi lavoratori incominciano ad essere parecchi: più di 1000 tra Telecom, H3G, ESSETI, Call & Call, Poste Italiane, CUP, più un numero imprecisato distribuito nei call centers per la vendita di prodotti alimentari, o nel settore dei trasporti (Trenitalia, Costa Crociere, Grimaldi, DHL, TNT, Radio Taxi…)
Capita raramente che i locali “media” ne parlino, però negli ultimi due mesi ho raccolto tre articoli interessanti. Sulla edizione spezzina del Secolo XIX del 28 settembre si parla delle proteste sindacali per il trattamento normativo ed economico (“Call center, tre euro e mezzo all’ora senza ferie e indennità di malattia”) previsto per i 500 operatori del nuovo servizio 892 892 avviato da Comdata a la Spezia. Il 13 Ottobre (Call center, la società promette: subito il 70% delle assunzioni”) la parola passa all’amministratore delegato Andrea Armani che risponde in modo “piccato” alle accuse sindacali e garantisce che il 70% dei lavoratori sarà “contrattualizzato” entro il 2006. Quanto ai ritmi… “Ci dicono che stressiamo i lavoratori ma, se facciamo i conti, non mi sembra proprio”;dopotutto “ogni operatore impiega 60 secondi medi di tempo a risposta, e gestisce 30 / 35 chiamate all’ora”. Circa 200 telefonate per turno frammentate in microcomunicazioni a getto continuo: in effetti, che problema c’è?
Ma che strano mondo quello di oggi! Un tempo per prendere uno a lavorare bisognava “contrattualizzarlo” proprio subito, dal primo minuto secondo.
Per fortuna Tiziano Treu intervistato dal Sole 24 Ore del 5 Ottobre in merito alle modifiche che l’Unione vuole portare alla Legge Biagi dice esplicitamente: “Oggi abbiamo il lavoro a progetto nei call center: questo è un abuso”.
(Paola Pierantoni)