Memoria G8 – La corte europea chiede chiarezza

“Chi non vuole ricordare il passato è condannato a riviverlo.” E allora bando alla pigrizia e sforziamoci di ricordare, anche se fa male o dà fastidio.
Nelle dieci puntate precedenti ho cercato di raccontare su piazza Alimonda quello che in troppi hanno voluto nascondere. La Corte europea di Strasburgo, invece, ha accolto il nostro ricorso perché ha riscontrato lacune e contraddizioni nell’archiviazione e nella organizzazione dell’ordine pubblico che ha generato i fatti che hanno portato anche all’omicidio di Carlo.


La Corte ha posto una serie di quesiti al governo italiano, chiedendo una risposta entro il 9 febbraio. Come era da attendersi, il governo, questo governo (nostro non riesco proprio a scriverlo, e anche ripetere italiano mi fa specie), ha chiesto una proroga e tutto lascia prevedere che ne chiederà ancora. Poi, come è nelle aspettative delle persone oneste di questo paese, il “peggior governo della storia repubblicana” (l’espressione è di quell’impenitente estremista no global di Oscar Luigi Scalfaro) toglierà il disturbo. E il nuovo governo italiano (questa è una fiduciosa apertura di credito) si preparerà a rispondere. Lo farà anche il nuovo Parlamento italiano (qui ci sta anche la maiuscola, dal momento che sarà stato liberato dall’incongrua presidenza dei Pera e dei Casini), che avrà avviato i lavori di una autorevole Commissione parlamentare d’inchiesta (autorevole perché sarà d’inchiesta e non sarà presieduta da un insolente avvocaticchio che confonde gli assassinati con i vacanzieri).
La ricerca della verità negata si accompagnerà con il rispetto della memoria. Chissà, forse riusciremo anche a superare le banali osservazioni toponomastiche di un prefetto che si rimpalla la responsabilità con il ministro dell’interno, e a collocare nell’aiuola centrale di piazza Alimonda un pezzo di marmo con la scritta “Carlo Giuliani, ragazzo, 20 luglio 2001”. Non essendo sulla cancellata di una chiesa, non offrirà a suscettibili parrocchiani più timorosi della verità che di un peccato di superbia, l’occasione di ricadere nell’errore.
(11 – continua)
(Giuliano Giuliani)