Referendum – Domande e risposte nei gazebi del NO

1) Anche il centrosinistra ha cambiato la Costituzione a colpi di maggioranza.
E’ vero. La riforma voluta dal centrosinistra nel 2001 ha introdotto il federalismo e lo ha fatto con il supporto di pochi voti in parlamento. Un grave errore che era meglio evitare. Riforme così importanti non possono essere fatte da soli. Ma un errore non giustifica un nuovo errore che ha ben più gravi conseguenze.


2)La Costituzione è vecchia. Fatta nel ’48, deve essere cambiata.
La necessità di cambiare la Costituzione è tutt’altro che dimostrata. La Costituzione non è mai “invecchiata” nel suo insieme ed è ancora espressione di idee e principi validi ed attuali. Può esservi l’opportunità di qualche specifica modifica costituzionale che, tuttavia, dovrebbe essere realizzata con una larga convergenza parlamentare. Non è sensato cercare un nuovo assetto costituzionale con l’attuale situazione politica e culturale. C’è infatti il rischio reale di adeguare la Costituzione non già a nuove vere o presunte esigenze, ma agli aspetti peggiori della turbolenta esperienza politica e istituzionale che ha segnato il Paese nelle ultime legislature.
3) Molti articoli sono costituiti da una sola riga.
Le costituzioni devono esprimersi con formulazioni semplici, di immediata comprensione e leggibilità, che consentano anche ai non addetti ai lavori di capire il significato di una norma costituzionale e di identificarsi con essa.
4) Il costo della politica: il progetto del centrodestra prevede una congrua riduzione del numero di deputati e senatori.
Le parti relative alla forma di governo e alla forma di Stato del progetto – e in particolare quelle che concernono la riduzione del numero dei deputati e dei senatori – entrerebbero in vigore tra dieci anni, ovvero nel 2016! Invece, le parti relative alla devolution, sulle quali la Lega ha tanto insistito, entrerebbero in vigore subito.
5) Il Presidente del Consiglio ha finalmente poteri.
E’ la parte più pericolosa del progetto di riforma. Se passa questa riforma l’Italia non sarà più una repubblica parlamentare. Il Primo Ministro è in sostanza inamovibile per tutta la legislatura. Il Presidente della Repubblica perde il potere di scioglimento della Camera che in pratica passa integralmente al Primo Ministro. La decisione sull’ordine del giorno della Camera e del Senato è rimessa nelle mani del Governo. Nessuna assemblea legislativa può accettare che la propria agenda sia decisa dall’esecutivo: l’autonomia della fissazione dell’ordine del giorno fu tra le prime rivendicazioni dei Parlamenti moderni contro l’assolutismo regio. Dal progetto emerge un iperdecisionismo senza freni che stravolge l’equilibrio e il bilanciamento tra i poteri. Solo chi aderisce a questa concezione, fa bene a votare sì.
6) Ma la riforma non tocca i diritti fondamentali del cittadino.
La riforma tocca la seconda parte della Costituzione e cioè l’ordinamento della Repubblica. Solo apparentemente non riguarda i suoi principi fondamentali perché incide profondamente nelle istituzioni che quei principi dovrebbero garantire: in primo luogo sanità e istruzione. La riforma introdurrà disparità di trattamento tra cittadini di regioni diverse. Sarà problematico l’accesso ai centri di eccellenza da parte dei non residenti e sarà irrimediabilmente compromessa una effettiva solidarietà sociale, principio fondamentale della Costituzione. Minando la seconda parte della Costituzione, si compromettono i diritti dei cittadini garantiti dalla prima.
7) Qual è il quorum necessario?
Non è previsto un quorum di partecipazione. Il referendum è valido qualunque sia la percentuale di votanti. Ciò potrebbe indurre molti a non votare, con il rischio di una approvazione della riforma, viste le dichiarazioni del centrodestra, che considera questo appuntamento un’occasione di rivalsa rispetto all’esito delle elezioni politiche.