Contrappunto – Campioni: la altra faccia della medaglia

Dopo ventinove pagine di calcio nazionale, ventinove – mi sembra superi il limite stabilito agli spinelli nella nuova legga sulla droga – Repubblica, lunedì 10 luglio, nella sezione della cronaca genovese apre con un redazionale di Franco Manzitti sui dubbi di un giovane diplomato.


L’autore scrive in prima persona. La voce del diciannovenne prende corpo, grazie al giornalista, per raccontare incertezze, dubbi, scenari, rispetto ad una scelta universitaria, dettata, pare, più dall’opportunità, che dal cuore: farò il medico in una regione che taglia gli ospedali? Farò l’ingegnere? Farò l’avvocato, in una città che non ha più clienti? Mi occuperò di turismo? Di vecchi, in regione solcata da anziani e badanti al seguito? Cos’è mai l’IIT? E un lavoro in porto?
L’ironia della sorte può farti incontrare, lo stesso giorno, un giovane laureato genovese – consapevolissimo della sua scelta – che ti racconta di aver interpellato eminenti professori italiani, con riviste al seguito, per sua tesi, di avergli scritto, di aver cercato in sostanza quel confronto che è poi ricerca, profondità di studio, crescita, senza aver mai ricevuto risposta. Lo stesso racconta dell’entusiasmo autentico ricevuto all’estero, narra della collaborazione e dell’aiuto costruttivo avuto oltre i confini nazionali. Aggiunge le tinte fosche di certi concorsi per dottorato genovesi, dove molti studenti, seppur meritevoli, vengono invitati a non presentarsi. “Ma se il professore ha già scelto…che senso ha spendere tutti quei soldi! Che ci metta la faccia e basta! Che la finiscano con questa pantomima”. Sussurra di concorsi genovesi, che si perdono senza riceverne ragione. Accenna agli orari degli istituti universitari genovesi, degni di un consolato, parla delle b iblioteche inaccessibili.
Tra Manzitti e lui il divario tra finzione e realtà, che contiene la differenza tra potere e impotenza. Forse, un domani, l’inchiesta giornalistica renderà giustizia ai giovani, ad una generazione alla quale stanno tagliando le gambe.
Per adesso le ventinove pagine dell’Italia vincitrice ai mondiali ci restituiscono la misura della nostra nazione: abbiamo vinto.
(Giulia Parodi)