Albero e foresta – Immuni dal razzismo finché sono bambini

immIl dibattito che si è svolto venerdì 24 novembre su “Genova: immigrazione e convivenza, diritti e doveri” è stato l’iniziativa di esordio di una associazione neonata: “L’albero e la foresta” che si propone “di superare insieme ai cittadini la contrapposizione ideale e pratica tra chi guarda all’albero, o addirittura alla foglia del proprio interesse particolare e chi si sforza di guardare alla foresta degli interessi generali”, con lo scopo “di sollecitare le amministrazioni locali a migliorare la qualità della vita a Genova dialogando costantemente con i cittadini”.


Le sedie previste (realisticamente poche) sono state tutte occupate dai circa cinquanta convenuti; tra loro qualche immigrato. Le persone chiamate a parlare (gli amministratori Luca Borzani, Milò Bertolotto, Giuliano Bellezza, Pasquale Ottonello, la mediatrice culturale Graciela del Pino, e Andrea Chiappori della Comunità di S. Egidio) hanno fatto interventi brevi, diretti, proponendo complessivamente argomenti seri e non banali, e il pubblico si è sentito sollecitato ad intervenire.
Marco Mezzani, presidente della associazione, introduce dicendo che occuparsi di integrazione e convivenza non è una questione di solidarietà e di cuore, ma di cervello, e cita ad esempio il fatto che uno dei fattori di successo della Spagna di questi anni è stato l’alto tasso di immigrazione accompagnato da una politica nazionale e locale che, a differenza di quanto avviene in Italia, ne ha capito per tempo il potenziale. A seguire, le due ore dell’incontro propongono diversi aspetti della nostra realtà cittadina: l’integrazione operata dalla scuola che sembra procedere in maniera liscia e felice fino alle elementari, ma si blocca già negli ultimi anni delle medie, e poi in misura sempre maggiore nelle superiori. Il deserto che aspetta i ragazzi appena messo il piede fuori dalle aule scolastiche. Il paradosso di continuare ad essere una famiglia “extracomunitaria” con un figlio italiano ed uno ecuadoriano, anche dopo aver ottenuto la nazionalità italiana. I rischi e i limiti che derivano dalla perdita di valore della politica e dall’intreccio sempre più forte tra fede e politica. I miracoli di supplenza richiesti all’associazionismo, e la deresponsabilizzazione delle istituzioni. Il successo del protocollo tra Comune ed Istituti scolastici nel riequilibrare il numero degli iscritti italiani e stranieri nelle scuole, ma anche lo scacco di non essere riusciti ad ottenere l’allontanamento dello spacciatore di stanza davanti ad un istituto scolastico, e che quindi ha potuto continuare indisturbato la sua azione di polo di attrazione. Il rischio di una pluralità di monoculture che conducono esistenze parallele. La miopia di una sinistra naif che non si accorge che l’immigrazione produce disagio e sentimenti razzisti soprattutto tra le fasce popolari della popolazione, e lascia che la concentrazione di immigrati nei quartieri avvenga senza una corrispondente creazione di servizi.
(Paola Pierantoni)